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Per iniziare a comprendere il pensiero di Ettore Gelpi su tematiche come educazione, educazione permanente e educazione degli adulti, risulta particolarmente utile rileggere e ripensare un suo intervento al convegno IRRSAE/ER (Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica) svoltosi a Bologna dal 28 al 30 aprile 1986, dedicato al tema “Educazione permanente: le competenze istituzionali”. Il titolo dell’intervento di Gelpi è “Educazione permanente = educazione”; si è deciso di utilizzare queste stesse parole come titolo di questo paragrafo perché particolarmente appropriate e calzanti per definire, in maniera globale, la sua concezione educativa. All’interno del vasto e articolato dibattito terminologico nel settore dell’educazione permanente a cui è stato fatto riferimento nel paragrafo precedente e in cui innumerevoli termini e sempre più innovativi (lifelong learning, formazione continua, learning society, ecc.) si susseguono e sembrano aggiungere caratteristiche particolari a termini più vecchi (educazione degli adulti, educazione popolare, ecc.), le parole di Gelpi sembrano aprire uno spazio di serenità, fungono da calmante contro i futili turbinii di vocaboli per affermare che, prima di tutto, si sta parlando di educazione e che, qualsiasi termine si usi per definire specifiche correnti pedagogiche o offerte formative destinate a utenze ben definite, si tratta sempre e comunque di forme specifiche di un medesimo processo: quello educativo rivolto a tutte le categorie di persone in tutte le età dell’esistenza. Si potrebbe dire che, fra tutti, il termine più corretto da usare sia semplicemente “educazione” perché in essa si possono racchiudere tutte le sue più particolari declinazioni. Come lo stesso Gelpi sostiene, l’educazione permanente è la riconquista di un concetto di educazione finora limitato dal punto di vista storico e formale, “i fatti formali, scolastici e universitari, sono estremamente importanti, ma EP (educazione permanente) vuol dire tutto l’insieme dell’esperienza educativa”159.

L’intervento di Ettore Gelpi inizia con il ricordo di alcune personalità importanti per l’educazione permanente, che hanno pagato il loro impegno con la vita: Olaf Palme (politico svedese che ha introdotto il termine “educazione ricorrente”), Martin Luther King (che ha

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visto l’educazione come mezzo fondamentale per l’integrazione), Mohandas Karamchand Gandhi (che ha saputo servirsi dell’educazione per la riunificazione del popolo indiano), Francisco Ferrer i Guàrdia (pedagogista spagnolo fondatore della Escuela moderna) e Mamadou Dia (politico senegalese impegnato nella costruzione del Senegal indipendente).

L’intervento è organizzato in dieci punti riguardanti alcuni aspetti fondamentali dell’educazione e, a posteriori, si potrebbe dire che, in questo intervento, Ettore Gelpi racchiude sinteticamente molte delle tematiche a lui care rispetto all’educazione e all’educazione permanente: educazione e stato; educazione permanente come fatto legislativo; educazione e paesi del terzo mondo; mezzi di comunicazione di massa; educazione formale e non formale; ricerca educativa; ruolo degli educatori; globalità dei processi formativi. Anche se tutti questi temi sono sviluppati molto più dettagliatamente e approfonditamente in altri documenti e in altri interventi, è affascinante la loro organizzazione in una sorta di decalogo.

1. Al primo punto troviamo il rapporto tra educazione e Stato: qualsiasi riflessione sulla formazione a livello internazionale (e nazionale) non può prescindere da una riflessione sullo Stato moderno e sulla sua organizzazione, cercando però di non cadere nel principio che lo Stato sia totalmente dipendente dall’economia o, viceversa, totalmente autonomo rispetto ad essa. Lo Stato non ha lo stesso peso nei paesi centrali e in quelli periferici e, in ambito formativo, è possibile commettere degli errori dato che le risposte educative possono essere date non solo da strutture pubbliche ma anche da altri agenti formativi come, ad esempio, i movimenti religiosi. I paesi del terzo mondo, spesso pessimisticamente rappresentati nei dibattiti sulla formazione, anche se vivono tragedie grandissime e lottano, a volte, per la sopravvivenza, presentano grandi momenti di espansione delle strutture educative formali e non formali. Sovente invece, la crisi educativa è più presente nei paesi ricchi rispetto a quelli considerati in via di sviluppo.

2. L’educazione permanente non è dunque solo una questione teorica ma anche un fatto legislativo. Considerata nella sua accezione più globale, essa è il filo conduttore del processo educativo e implica politiche e atti legislativi nuovi: “non sono legislatori e politici che cambiano, ma sono le società che cambiano e i legislatori e i politici registrano tale cambiamento, anche in società con sistemi politici diversi”160.

3. Mentre anni fa l’educazione permanente sembrava riguardare solo i paesi più ricchi perché quelli del terzo mondo avevano il problema, considerato più urgente, della scolarità iniziale e della lotta contro l’analfabetismo e l’educazione permanente appariva come non indispensabile, attualmente l’educazione permanente riguarda effettivamente la totalità dei paesi.

160 Ivi, p. 57.

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4. D’altra parte, l’educazione si trova a doversi confrontare con popolazioni con alti livelli di istruzione e altamente esposte ai mezzi di comunicazione di massa; non si può non considerare questi cambiamenti e cercare di limitarne i rischi e di coglierne le potenzialità.

5. Vi è, in molti casi, una contraddizione fra la domanda educativa e l’offerta educativa delle strutture formali esistenti: o la struttura educativa pubblica diventa capace di dare qualcosa che le unità educative presenti all’interno delle strutture di produzione non sono in grado di dare, oppure rischia di rimanere emarginata perché non ci saranno più persone interessate a servirsene. È quindi opportuno stimolare delle ricerche in questa direzione affinché la struttura pubblica possa dare un servizio effettivamente diversificato rispetto alle strutture produttive e amministrative.

6. Occorre riflettere anche sulla ricerca educativa. Una ricerca importante si può sviluppare nelle strutture educative e amministrative se sono in grado di comprendere che l’educazione, al pari della tecnologia, del capitale e del lavoro, è una condizione senza la quale esse non possono crescere. La ricerca in educazione, però, ha tempi lunghi e non deve essere paragonata ad altri settori che pretendono ed ottengono, al contrario, risultati abbastanza immediati.

7. Sovente, l’impreparazione di parti importanti della popolazione fa sì che i processi educativi non si innestino su effettive conoscenze reali. I lavoratori (o i contadini) posseggono moltissime conoscenze che i formatori devono impegnarsi a valorizzare ed accrescere attraverso attività educative di tipo formale.

8. Se dunque nella società contemporanea viviamo una grande diffusione dell’educazione, stanno emergendo anche nuove figure di educatori, educatori degli adulti, formatori di formatori.

9. Riflettendo sulle globalità dei processi formativi, si evidenzia la “moltiplicazione delle possibilità educative lungo tutto il periodo della vita, unità e pluralismo delle strutture educative, revisione periodica dei contenuti insegnati, unificazione dei saperi trasmessi (attraverso dei fili conduttori che possono essere, ad esempio, la storia) e, parallelamente, varietà di forme di comunicazione culturale, educazione ininterrotta e alternata”161.

10. Il processo educativo si può realizzare solo se la società impara a camminare su due “gambe”: le strutture produttive, che permettono di partecipare al processo di trasformazione tecnologica e scientifica volto a liberare le persone dalla schiavitù dei lavori manuali e intellettuali ripetitivi, e le strutture di informazione, che contribuiscono a stimolare lo sviluppo culturale. Concludendo, l’educazione permanente non è un progetto utopico ma un programma capace di svilupparsi con la partecipazione di tutte le forze in campo, siano esse

161 Ivi, p. 61.

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reazionarie, conservatrici o progressiste. “La scelta è fra educazione per controllare o manipolare e un’altra per creare delle nuove relazioni internazionali che permettano alle popolazioni di esprimersi, inventare il futuro e rifiutare ogni forma di tutela, dipendenza, conformismo, oppressione e demagogia”162.

Il concetto di educazione promosso da Ettore Gelpi è dunque assolutamente totale e omnicomprensivo:

«Per me, comunque, l’educazione permanente non è l’educazione degli adulti, né è formazione professionale o ri-addestrando. Molte volte nel passato, noi abbiamo confuso l’educazione con l’istruzione scolastica. L’educazione permanente è una concezione di formazione che non è confinata all’istruzione. L’educazione permanente è, per me, uguale all’educazione stessa»163.

L’educazione permanente, pertanto, include in sé ogni forma di specifica esperienza educativa dell’uomo, dalla nascita alla morte, ed è capace di sostenere effettivamente la realizzazione positiva, completa e democratica di ogni individuo nella società: “educazione allo sviluppo, creatività, invenzione, cooperazione, democrazia, partecipazione, autogestione, ricerca di valori significativi, libera espressione individuale e collettiva, diritto di tutti all’esperienza estetica, soddisfazione bisogni di base e di quelli non essenziali’”164 sono tutte parti di un unico grande processo educativo.

Saul Meghnagi conferma che per Ettore Gelpi i termini “educazione” e “educazione permanente” coincidono perfettamente e sottolinea come, coerentemente con il pensiero di Danilo Dolci, l’attività educativa sia una delle possibili forme di sviluppo della democrazia e di messa in discussione dei rapporti di potere:

«Per educazione Gelpi intende educazione permanente, in ogni luogo e in ogni tempo, ma lui introduce in questo una parola che oggi non è molto in voga, cioè le questioni di potere. Questo richiamo al potere, in che misura l’attività educativa ridefinisce i rapporti di potere all’interno della società dando a chi ha di meno, sul piano culturale, degli spazi maggiori? Il rapporto con Danilo Dolci è un rapporto che vede nell’educazione una forma possibile di sviluppo della democrazia, di partecipazione a tutti i processi legati al terremoto, legati alla mafia, legati al controllo del territorio, legati alla partecipazione popolare. Quindi lui introduce questo termine del rapporto di potere»165.

Le tematiche affrontate in questo paragrafo saranno approfondite nei paragrafi e nei capitoli

162 Ivi, p. 62.

163

Gelpi E., Lifelong education and international relations, in Wain K. (a cura di), Lifelong Education and

Participation, Malta University Press, Malta, 1985, p. 17.

Testo originale: For me, however, lifelong education is not adult education, nor is it vocational training or re-

training. Many times in the past, we have confused education with schooling. Lifelong education is a conception of education which is not confined to schooling either. Lifelong education is a total education policy; it is, for me, equal to education itself.

164 Gelpi E., Education permanente: créativités et resistances, “Rocznik Pedagogiczny”, 9/1984, p. 45.

Testo originale: Education pour le développement, la créativité, l’invention, la coopération, la démocratie, la

participation, l’autogestion, la recherche des valeurs significatives, la libre expression individuel et collective, le droit de tous à l’expérience esthétique, la satisfaction des besoins essentiels et "non essentiels".

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successivi; si è ritenuto tuttavia importante delinearle qui in maniera organizzata per mostrare la complessità, la completezza e la globalità del pensiero educativo di Ettore Gelpi che, anche quando analizza specifici fatti educativi, non perde mai questa dimensione totale dell’educazione, cercando costantemente di mettere in relazione i singoli casi con realtà più grandi e di portata globale.

3.3 Educazione e territorio: un’ipotesi di indicatori per le politiche locali di educazione