Ettore Gelpi inizia a lavorare per l’UNESCO nel 1971, quando viene inviato come esperto per seguire il progetto di formazione dei maestri presso l’École normale supérieure di Bouaké, in Costa d’Avorio. Nel 1972 è nominato, come successore di Paul Lengrand, direttore della sezione Lifelong Education presso la sede UNESCO di Parigi per conto della quale svolge diverse missioni in tutto il mondo, in particolare in America Latina, Africa e Asia e dove organizza incontri, seminari e conferenze con esperti internazionali dell’educazione formale e non formale. Essere il successore di Lengrand è un compito particolarmente ambito ma anche difficile perché investito di molte aspettative. Paul Lengrand è uno dei personaggi chiave che ha contribuito a formulare il principio di un’educazione permanente nel quadro dell’UNESCO: sociologo francese militante del movimento di éducation populaire e fondatore, insieme a Dumazedier, Rovant e Cacérès, del movimento Peuple et Culture, pone come obiettivo dell’educazione quello di fare di ogni essere umano un autodidatta, nel senso più pieno del termine e nella sua globalità.
Il 1972 è anche l’anno del rapporto Faure dell’UNESCO62 che segna un cambio di prospettiva nel dibattito internazionale sull’istruzione: l’uomo non deve essere sottoposto a priori a un mandato di formazione dall’esterno bensì ricevere, attraverso la formazione permanente, le opportunità e gli strumenti che gli consentano di sviluppare la propria personalità e di appropriarsi del mondo che lo circonda. Il rapporto Faure prende dunque in
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considerazione l’uomo in ogni età del suo sviluppo e sottolinea la necessità di un’educazione e di una formazione permanente e inesauribile. In questa prospettiva viene data grande importanza all’acquisizione delle capacità di apprendimento al di sopra della mera acquisizione di nozioni. Ettore Gelpi costruisce intensamente il suo lavoro sulla base del rapporto Faure ampliandone l’orizzonte con una riflessione lungimirante sul rapporto tra istruzione, lavoro e cultura. Una delle conclusioni che ne derivano è il riconoscimento del lavoro e dell’associazionismo come fondamento e propulsore per il progresso dell’individuo e della collettività. Gelpi vuole imprimere al concetto di educazione permanente “una sua impronta personale, grazie a una riflessione profonda e originale sulle interazioni in atto e potenziali tra educazione, lavoro e cultura, dove lavoro e vita associativa sono concepiti come fondamento e motore del miglioramento individuale e collettivo. Senza illusioni sulla capacità di rinnovamento delle istituzioni educative esistenti, esplora e valorizza nuove modalità di formazione e di espressione realizzate o sperimentate dalle associazione di base e dai sindacati, nel Nord e nel Sud del mondo, spesso in contesti di lotte politiche e di conquiste sociali assai contrastate”63.
All’UNESCO Ettore Gelpi è il grande promotore dell’educazione degli adulti “non tanto come è vista adesso, come un must della società della conoscenza, che negli anni ‘70 non c’era ancora, come una modalità di studiare tutta la vita per essere flessibile, capace di cambiare lavoro, di apprendere le tecnologie che cambiano velocemente […]. In realtà Ettore ha sempre visto l’educazione degli adulti come un processo di potenziamento dello sviluppo, l’ha visto molto proiettato nei paesi industrializzati quasi come una forma di emancipazione rispetto alle disuguaglianze e nei paesi meno industrializzati, soprattutto nei paesi meno industrializzati, o sottosviluppati, come una traccia per poter uscire dal sottosviluppo, quindi l’educazione, e l’educazione degli adulti, come una via per uscire dal sottosviluppo, dalla povertà, per lottare contro l’ingiustizia; c’è dentro un impegno politico oltre che un programma scientifico e di intervento di policy”64.
La permanenza di Ettore Gelpi presso l’organizzazione internazionale è caratterizzata da importanti riconoscimenti ma anche da difficoltà e ostacoli. Negli ambienti internazionali e sovranazionali si avverte in maniera molto chiara lo scontro fra le grandi potenze dell’epoca sui temi della decolonizzazione e delle nuove forme di dipendenza economica e culturale dei paesi in via di sviluppo. In questo contesto politico, nonostante le pressioni di cui è costantemente oggetto, Gelpi continua a mettere la sua attività di funzionario internazionale al servizio di tutti gli Stati membri e non solo delle grandi potenze. La storia dell’UNESCO dal
63 Chiappano N., Italiano, europeo, cittadino del mondo, op cit. 64 Estratto dall’intervista a Enzo Mingione.
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1970 in poi, con l’elezione, nel 1974, dell’africano Amadou Makhtar Mbow a direttore generale e l’abbandono dell’organizzazione da parte della Gran Bretagna e degli Stati Uniti (gli USA rientreranno solo nel 2003), è un’esplicita dimostrazione di come le tensioni politiche internazionali si riflettano all’interno dell’organizzazione.
Moltissime sono le missioni che Ettore Gelpi fa per conto dell’UNESCO, tutte caratterizzate dal suo modo di fare assolutamente informale: lui non vuole recarsi nei luoghi solo per fare un discorso di buoni principi, lui vuole incontrare le persone che lo interessano, visitare le scuole, organizzare conferenze con persone che invece non sono ben accolte dai governi. Ettore Gelpi mette in piedi una eccezionale rete internazionale, soprattutto con i paesi dell’America Latina e dell’Africa, e ancora oggi ci sono nel mondo moltissime persone e associazioni che impostano il loro lavoro sul suo operato.
Il lavoro di Ettore Gelpi all’UNESCO non è dunque facile e ovattato: entrato da giovane, trova un “tappeto rosso” di viaggi, offerte di lavoro come consulente e organizzatore di riunioni, inviti a manifestazioni mondane; dopo anni di lavoro nell’animazione delle popolazioni più sfavorite, si ritrova senza incarichi patinati perché rifiuta, nella sua attività internazionale, di sventolare le bandiere dei paesi più potenti. L’approccio istituzionale e burocratico dell’UNESCO contrasta con il modo di fare di Gelpi che invece è solito battersi senza troppe limitazioni per ottenere ciò che vuole, apprezzando anche posizioni contrarie alle sue. Nelle riunioni ufficiali, le cose sono molto complicate e, specialmente durante la guerra fredda, ci sono sottili equilibri da mantenere. Ettore Gelpi vuole però parlare con persone esperte e impegnate nei fatti, non burocrati, vuole lavorare senza troppe costrizioni e obblighi formali:
«Per esempio, quando si facevano queste riunioni internazionali, in cui bisognava che ci fossero tanti del blocco dell’est e tanti del blocco dell’ovest, lui, che aveva molto viaggiato e conosceva la gente, non voleva che gli mandassero un burocrate del Ministero dell’Educazione, era sempre molto informato e cercava di far venire le persone che invece potevano realmente dare un contributo originale. Per questo ha dovuto combattere molto. Era sempre molto vigilante su questo, molto attento, non voleva solo approfittare della posizione dell’UNESCO in quanto burocrate, lui avrebbe potuto fare un sacco di cose, sarebbe potuto diventare anche molto di più come carriera, ma a lui interessava portare queste persone che potevano veramente dare un contributo alle discussioni in corso, ai lavori, ai progetti»65.
Questo suo modo di fare ostile a ogni forma di gerarchia e burocrazia non è ben visto negli ambienti dell’UNESCO e, probabilmente, questo lo porta a non fare carriera: Ettore Gelpi, nonostante il suo lavoro continuativo e instancabile all’UNESCO, non passa mai dal grado “P” (professional) al grado “D” (director).
A testimoniare il modo in cui Ettore Gelpi vive l’ambiente dell’UNESCO, si riporta un estratto di un suo intervento all’Assemblea straordinaria del 3 giugno 1988, dopo aver
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ricevuto una lettera di non rinnovo del suo incarico:
«Vi informo che ho ricevuto una lettera di non rinnovo dell’incarico, ma io preferisco chiamarla di licenziamento, lavorando da 16 anni e due mesi per l’UNESCO. Sono offeso, ma non distrutto da tale comunicazione. Sono orgoglioso, insieme a tutti gli altri colleghi, di essere qui a lottare per impedirvi, oggi come in futuro, di mettere delle persone alla porta dichiarando dei vincoli di bilancio senza dar loro i mezzi per difendersi [...]. Ma perché gli ultimi tre anni sono in una situazione di estrema precarietà contrattuale, quando, al contrario, le attività di cui mi occupo stanno avendo un grande sviluppo negli Stati membri che spesso mi vogliono come collaboratore nelle loro azioni? Ho due ipotesi: la prima è che, dopo questi 30 licenziamenti, un nuovo elenco di funzionari, pregati di lasciare la casa, sarà preparato e, in questo periodo di difficili rapporti di lavoro, si preferisce allontanare membri attivi nella difesa del personale. Il secondo assunto è che, nel mio lavoro, io considero che i 158 paesi membri dell’UNESCO hanno gli stessi guadagni e che non ci sono Stati che sono più Stati degli altri. Sono fiero di aver lottato per una democrazia internazionale più giusta che dovrebbero permettere ai paesi più poveri di avere rispetto verso la loro identità culturale ed educativa e il diritto a vivere in condizioni di dignità [...]»66.
La stanza numero 3014 dell’edificio sede dell’UNESCO a Parigi è, in ogni caso, per Ettore Gelpi il punto di partenza per ideare il suo “Meccano international” 67, titolo di un suo importantissimo testo ma anche, probabilmente, la sua concezione delle relazioni mondiali, il suo modo di operare costantemente, cercando di capire il perché delle cose e di andare al di là delle apparenze. Anche se attualmente molto difficile da reperire, il testo contiene una delle più attente e suggestive analisi di Ettore Gelpi sul sistema-mondo. Partendo dal racconto di una passione nata nell’infanzia, quella per gli orologi e per i meccanismi che li muovono, Gelpi riesce ad interpretare, seguendo le stesse logiche, la complessità delle relazioni internazionali. Come guardando dentro la cassa di un orologio troviamo delle viti, delle rotelline, degli ingranaggi che, funzionando insieme, possono fornire l’orario perfetto, guardando dietro i sistemi di relazioni internazionali troviamo “un groviglio di interessi; delle ambizioni, a volte tragiche, a volte comiche; della paura e alcuni desideri repressi”68. L’interdipendenza è una necessità per tutti, anche se gli Stati continuano a vivere con ritardo
66 Testo originale: Je vous informe que j’ai reçu une lettre de non-renouvèlement d’engagement mais que je préfère appeler de licenciement en ayant travaillé 16 ans et deux mois à l’UNESCO. Je suis offensé mais non brisé per une telle communication. Je suis fier, avec tous les autres collègues, d’être ici à me battre pour empêcher, aujourd’hui ainsi que dans le futur, de mettre des personnes à la porte en indiquant des contraintes budgétaires sans leur donner les moyens de se défendre. [...] Mais pourquoi suis-je depuis trois ans dans une situation contractuelle extrêmement précaire lorsqu’au contraire les activités dont je m’occupe sont en train d’avoir un grand développement dans les Etats membres qui m’associent souvent à leurs actions ?J’ai deux hypothèse: la première est qu’après ces 30 licenciements une nouvelle liste des fonctionnaires, priés de quitter la maison, sera préparée et dans cette période de relations de travail difficile on préfère éloigner des membres actifs dans la défense du personnel et de la fonction indépendante. La deuxième hypothèse est celle que dans mon travail je considère que le 158 pays membres de l’ UNESCO ont les mêmes croîts et qu’il n’y a pas d’Etats que sont plus Etats que les autres. Je suis fier aussi de m’être battu pour une démocratie internationale plus juste qui doit permettre aux pays le plus démunis d’avoir respecté leur identité culturelle et éducative et le droit de vivre da des conditions de dignité. [...]
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Gelpi E., Un meccano international, op. cit.
68
Ivi, p. 9.
Testo originale: Un magot d’intérêts; des ambitions, parfois tragiques, parfois comiques; de la peur, et des
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le trasformazioni che portano a una crisi: si dovrebbero mettere in atto iniziative tese a creare una democrazia internazionale dove tutti gli individui e tutti i Pesi possano contribuire a trovare risposte positive. Dalla crisi però può nascere una trasformazione che porta al vero e proprio sviluppo e proprio di questo si occupa il testo: “esso è inteso come un manuale irrispettoso e interrogatorio sullo sviluppo e sulla crisi, alla ricerca di ciò che ostacola lo sviluppo e ciò che vi contribuisce per smascherare i manipolatori – in senso lato - e far luce sulle vittime capaci di ribellarsi, o purtroppo senza possibilità di resistenza: un invito a superare il sogno o il determinismo per quanto riguarda la possibilità dello sviluppo individuale e collettivo, e a impegnarsi nelle lotte per la trasformazione del mondo”69. È possibile ipotizzare, a questo punto, che il termine “meccano”, somigliando al termine francese “mécano” (meccanico), possa indicare, oltre alla visione del mondo come un vero e proprio meccano, cioè un gioco composto di elementi metallici modulari, che si possono unire tra loro in vario modo mediante piccoli bulloni per ottenere costruzioni o macchine in miniatura, anche un riferimento al lavoro del meccanico, che non ha timore di sporcarsi le mani e che lavora per rimettere in moto degli ingranaggi non funzionanti con tutti i mezzi a disposizione, dalle tecnologie più sofisticate ai mezzi più semplici ed immediati.
Nel 1984, collegandosi al testo “Storia della Educazione” Ettore Gelpi partecipa presso l’UNESCO alle riunioni preparatorie per la scrittura di una storia universale dell’educazione (mai realizzata), capace di restituire all’intera umanità i differenti patrimoni educativi che appartengono alle diverse civiltà e di affrontare non solo la storia del passato e la situazione attuale, ma anche di riflettere sulle problematiche future. La storia universale dell’educazione, tenendo conto delle singole storie nazionali e regionali e dei cambiamenti educativi e culturali fra le differenti istituzioni educative, deve rimanere centrata sui fatti educativi, non solo sul pensiero pedagogico: ciò faciliterebbe la comprensione globale dell’educazione70.
«[…] Attraverso L’UNESCO, sto lanciando un progetto di storia universale dell’educazione per permettere alle società di riconoscersi attraverso le loro storie dell’educazione. Si parla di identità culturale; ho introdotto il tema di identità educativa. L’identità educativa permette alle società di riconoscersi nel loro patrimonio culturale educativo. Ho già ricevuto la risposta di molti paesi; i paesi del terzo mondo sono molto interessati a una ricostruzione storica del loro patrimonio educativo»71.
69 Ivi, p. 14.
Testo originale: Il se veut être un manuel irrespectueux et interrogatif sur le développement et sur la crise, à la
recherche de ce qui entrave le développement et de ce qui y contribue pour démasquer les manipulateurs – au sens large – et faire la lumière sue le victimes capables de se révolter, ou malheureusement sans possibilités de résistance: une invitation à dépasser la rêve ou le déterminisme en ce qui concerne la possibilité du développement individuel et collectif, et à s’engager dans les luttes pour la transformation du monde.
70
Cfr. UNESCO, Projet d’une Historie universelle de l’éducation. Rapport des reunions exploratoires des 20-
01-1984 et 09-02-1984, inedito.
71 Gelpi E., Educazione Permanente = Educazione, in Grazia R. (a cura di), Educazione permanente. Le competenze istituzionali, Atti del convegno IRRAE/ER, Bologna, 28-30 aprile 1986, p. 62.
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Interessato a mantenere i contatti con la vita politica e culturale anche al di fuori delle organizzazioni internazionali, dal 1975 al 1995 Gelpi dirige un seminario di educazione comparata presso l’Institut des Sciences Sociales du Travail (ISST) dell’Università Sorbona di Parigi I dove orienta e segue il lavoro di molti ricercatori stranieri e dei paesi in via di sviluppo e dove, dal 1989, dirige anche alcune tesi di dottorato. All’Università Parigi I e a Rennes è poi insegnante in un master post laurea (DEA e DESS).
Impegnato da sempre nello studio dell’educazione comparata come metodologia di ricerca, dal 1985 al 1988 è presidente della Francophone Society of Comparative Education di Parigi.
L’esperienza all’UNESCO costituisce per Gelpi la possibilità di analizzare la tematica dell’educazione degli adulti da un punto di vista privilegiato perché ha la possibilità di osservare e mettere in relazione l’esperienza di 144 paesi. Numerosi e particolarmente interessanti sono i testi pubblicati in questo periodo. A parte il già ricordato “Meccano international”, è doveroso citare diversi testi, alcuni pubblicati esclusivamente in lingua inglese, francese o spagnola, che hanno avuto poca diffusione in Italia. Nel 1974 Ettore Gelpi cura la voce “Storia dell’Educazione” per l’Encyclopaedia Britannica, una delle più importanti enciclopedie generaliste in lingua inglese72. Del 1979 è il testo, in due volumi, “A future for lifelong education”73, pubblicato con la collaborazione di Ralph Ruddock, nel quale sono raccolte riflessioni di Gelpi sul suo lavoro negli ultimi cinque anni. Nel testo Gelpi, facendo continuamente riferimento ad esperienze relative a diversi paesi, affronta molte delle tematiche a lui care: educazione degli adulti e sviluppo, educazione e famiglia, educazione e società industriale, lavoro ed educazione e anche apprendimento delle lingue per i lavoratori migranti e i loro figli.
Il volume del 1982, “Institutions et luttes educatives: strategies pour des politiques d’education permanente”74 raccoglie le riflessioni e i risultati di circa venti anni di ricerca educativa all’interno e all’esterno delle istituzioni educative e sollecitate dai movimenti educativi, culturali, politici e sindacali, nella convinzione che “immaginare l’educazione del futuro significa prendere in considerazione le relazioni nord-sud, la divisione internazionale del lavoro, l’esplosione della comunicazione, spesso unidirezionale, a livello globale. È un invito agli educatori a riflettere sul futuro, ma soprattutto sulle reali contraddizioni economiche, sociali e politiche che esistono oggi”75.
72
Gelpi E., Education, History of, in Encyclopaedia Britannica, Helen Hemingway, Chicago, 1974, pp. 316-408.
73 Gelpi E., A future for lifelong education, Università di Manchester, Manchester, 1979.
Volume I: Principles, policies and practices. Volume II: Work and education.
74
Gelpi E., Institutions et luttes educatives: strategies pour des politiques d’education permanente, Edilig, Parigi, 1982.
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Dedicato alla tematica della dimensione internazionale dell’educazione permanente e alle interdipendenze globali è invece il testo “Lifelong education and international relations”76 del 1985. Nello stesso anno Ettore Gelpi compila la voce “Lifelong Education: Issues and Trends” per la “International Encyclopedia of Education”77, pubblicata a Oxford dall’editore Pergamon. Nel 1990 viene pubblicato “Educacion permanente: problemas laborales y perspectivas educativas”78, risultato delle interazioni di Ettore Gelpi con colleghi spagnoli e dell’America Latina.
Verso la fine del suo mandato all’UNESCO, nel 1992, Gelpi pubblica il testo bilingue “Complessità umana: ricerca e formazione. Conscience terrienne: recherce et formation”79.