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Politiche educative fra vecchia e nuova Divisione Internazionale del Lavoro (DIL)

Per comprendere la relazione tra educazione e nuovo ordine mondiale, è utile situare la problematica del sapere e della formazione in un contesto storico e internazionale. Sostenere che la storia dell’uomo vada di pari passo alla storia della Divisione Internazionale del Lavoro (DIL) non è affatto un’affermazione puramente ideologica ma una realtà storicamente presente, rafforzata negli ultimi anni dalla mondializzazione e dai nuovi sistemi di comunicazione di massa.

Ettore Gelpi, su questo argomento, sostiene ancora una volta l’utilità della storia dell’educazione e di una storia universale dell’educazione come mezzo per riconquistare la propria storia culturale ed educativa:

«Il recupero dell’identità educativa di un paese passa attraverso la riappropriazione della sua storia educativa e culturale. La storia dell’educazione è un patrimonio di ogni popolo, ma la formalizzazione di questa storia in forma scritta non è sempre una realtà. Conoscere e vivere la propria storia educativa se ha già avuto delle possibilità di formalizzazione, scrivere questa storia se non ha ancora avuto una forma scritta, significa anche contribuire alla costruzione di un nuovo ordine internazionale dell’educazione su basi più giuste.

La ricostruzione della storia dell’educazione di un paese può portare a riconquistare le sue pratiche educative. Le dominazioni esterne hanno spesso bloccato - o sospeso momentaneamente - pratiche educative che sono riemerse in seguito della riappropriazione da parte di un paese del proprio destino. Una storia universale dell’educazione e una educazione comparata che coinvolga le problematiche educative contemporanee, e non solo agli aspetti

279 Ivi, p. 453.

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legislativi, o la sola sperimentazione pedagogica, contribuiscono alla costruzione del nuovo ordine educativo internazionale»281.

Riappropriarsi della propria storia educativa è un elemento dinamico che si oppone alle nuove forme di colonizzazione che portano i paesi più potenti a livello economico e militare a cercare di rafforzare il loro potere nei confronti dei paesi più poveri anche servendosi dell’educazione. Le popolazioni e i gruppi sociali dei paesi meno sviluppati, insoddisfatti dell’offerta educativa dei paesi più ricchi, si battono per un’educazione internazionale e democratica e per l’indipendenza educativa.

Gli anni ‘80 sono segnati da una grande intensità dei rapporti internazionali ma il mondo dell’educazione sembra non aver compreso l’importanza di queste dinamiche. La produzione e la trasmissione di sapere e di tecnologie inizia ad essere uno degli aspetti più importanti nell’ambito dei rapporti internazionali (economici, militari, culturali, economici ed educativi) ma questa realtà sfugge ai responsabili dei sistemi educativi, spesso prigionieri delle strutture amministrative e burocratiche o poco preparati in questo settore. La concentrazione di capitali e di tecnologie in una parte dei paesi del pianeta provoca un’ingiusta e drammatica divisione internazionale dell’educazione e della ricerca: mentre alcuni paesi hanno la possibilità di formare ricercatori, universitari e non, in altri paesi la formazione universitaria e alla ricerca è una sorta di formazione del futuro immigrato. L’educazione ha però un ruolo importante da assumere nell’ambito delle relazioni internazionali, un ruolo collegato alla rivoluzione in corso nelle tecnologie informatiche, alla facilità di scambio di esperienze a livello internazionale e all’insoddisfazione delle persone rispetto alle tradizionali forme di educazione. All’interno dell’ordine stabilito sembra tuttavia non esserci una coscienza della necessità di approcci innovativi: l’atteggiamento spesso è negativo e si cerca di censurare e distorcere il nuovo per mantenere la convenzionalità dello status quo. In ogni caso, “nessun ordine per una nuova educazione è possibile se non trova il suo accompagnamento in più ampie riforme a livello internazionale, a livello politico, economico e scientifico, e se prima non sono generate a livello locale e nazionale. Le sfide globali all’educazione permanente che

281 Gelpi E., Introduction: éducation et nuovel ordre mondial, “Éducation et societé”, n. 6, aprile-maggio 1984,

p. 4.

Testo originale: La récupération de l’identité éducative d’un pays passe par la réappropriation de son histoire

culturelle et éducative. L’histoire éducative est un patrimoine de chaque peuple, mais la formalisation de cette histoire sous forme écrite n’est pas toujours une réalité. Connaître et vivre son histoire éducative lorsqu’elle a déjà connu des occasions de formalisation, écrire cette histoire lorsqu’elle n’a pas connu une forme écrite, signifie aussi contribuer à construire un nuovel ordre International de l’éducation sur des bases plus équitables. La reconstitution de l’histoire éducative d’un pays peut amener à la réappropriation de ses pratiques éducatives. Les dominations extérieures ont souvent bloqué – ou momentanément suspendu – les comportements éducatifs qui ont reéemergé à la suite de la reprise en main par un pays de son propre destin. Une histoire universelle de l’éducation et une éducation comparée faisant place aux problématiques éducatives contemporaines, et non pas seulement aux aspects législatifs, au à la seule expérimentation pédagogique, contribuent aussi à la construction du nouvel ordre international de l’éducation.

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questa situazione presenta richiedono gli sforzi di individui creativi, con la consapevolezza della cultura, e il coraggio di lottare per essa”282.

Per parlare correttamente del rapporto tra educazione e Divisione Internazionale del Lavoro, occorre capire ancora più in profondità cosa intendiamo con quest’ultimo termine, che genericamente, come è stato sostenuto nel paragrafo precedente, indica la ripartizione della produzione mondiale di beni e servizi tra i diversi paesi o aree economiche, specializzate in determinati tipi di attività. Occorre distinguere la vecchia DIL, sviluppatasi durante tutto il XIX secolo fino alla prima metà del XX, dalla nuova DIL, che tutt’oggi ci riguarda. Nella vecchia DIL, i paesi industrializzati controllavano il processo produttivo industriale mentre i paesi più poveri e periferici avevano gran parte della produzione agricola, lo sfruttamento delle materie prime e il consumo di una modesta parte dei prodotti dei paesi industrializzati. La nuova DIL, invece, è fondata sullo scambio di prodotti di consumo quotidiano fabbricati grazie all’abbondante ed economica manodopera dei paesi in via di sviluppo, con prodotti molto sofisticati e tecnologicamente avanzati prodotti nei paesi industrializzati. Alcune fasi e alcune operazioni del processo produttivo sono quindi localizzate in determinate parti del mondo, dove il costo della manodopera è molto basso, ma controllate dalle grandi imprese monopolistiche che strutturano e articolano l’economia mondiale283.

Ancora una precisazione: qualunque generalizzazione concepita in base a criteri economici, ideologici o geografici (nord-sud, est-ovest, ecc.) utilizzata per distinguere diversi raggruppamenti di paesi appare superficiale in quanto non tiene conto della specificità interna di ogni paese e dei diversi gruppi che ne fanno parte: lo sviluppo economico non coincide necessariamente con lo sviluppo culturale, sociale ed educativo. Solo tenendo conto di questi limiti, possiamo utilizzare categorie basate esclusivamente su caratteristiche economiche come “paesi industrializzati”, “paesi in via di sviluppo”, “paesi a economia di mercato”, ecc. Il concetto stesso di sviluppo, poi, è soggetto ad alcune considerazioni: nei paesi più poveri i progetti di sviluppo non sono tanto collegati a obiettivi di crescita socio-economica quanto ad altre variabili (militari, energetiche, ecc.) mentre nelle società industrializzate lo sviluppo lineare tradizionale incontra delle crisi. Diventano quindi necessari nuovi modelli, anche teorici, di sviluppo che riflettano sulle relazioni e sui problemi fra le società del centro e quelle della periferia e sulle grandi dinamiche internazionali che sono ancora poco conosciute

282 Gelpi E., Gelpi E., Lifelong education and international relations, in Wain K. (a cura di), Lifelong Education and Participation, op. cit., p. 16.

Testo originale: Moreover, no new education order is possible if it does not find its deeper accompaniment in

broader reforms at international level in the political, economic and scientific frameworks, and unless it is first bred at the local and national levels. The overall challenges to lifelong education this situation presents requires the efforts of creative individuals, with the culture, awareness and courage to struggle for it.

283 Cfr. Palloix C., L’economia mondiale capitalista e le multinazionale. Volume I. Nello stadio della concorrenza, Jaca Book, Milano, 1975, pp. 77-80.

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come le grandi migrazioni continentali ed intercontinentali e la rivoluzione dei mezzi di comunicazione. La nuova DIL influenza anche i rapporti tra le classi sociali di ogni società, in quanto il potere economico e decisionale è spesso nelle mani di piccoli gruppi privilegiati e non della società nella sua interezza.

I paesi periferici hanno subito per secoli gli effetti della vecchia DIL (furto di risorse naturali, tratta degli schiavi, ineguaglianza negli scambi, ecc.) e la nuova DIL perpetua, in qualche modo, queste dinamiche ma, al tempo stesso, genera una moderna rete di relazioni internazionali, caratterizzate da un nuovo equilibrio negli scambi e dall’industrializzazione di alcune zone. La nuova DIL è in evoluzione permanente perché riflette la dinamica politica ed economica dei rapporti di forze internazionali; essa è contemporaneamente causa ed effetto di fenomeni come le grandi migrazioni continentali ed intercontinentali, le relazioni tra sviluppo e sottosviluppo, la natura degli scambi, la trasformazione dei contenuti della produzione e della sua utilizzazione, le mutazioni tecnologiche, le ristrutturazioni industriali, lo sfruttamento del lavoro minorile, gli investimenti, la relazione città-campagna.

La nuova DIL non è il risultato di una negoziazione tra i paesi del centro e quelli della periferia ma il frutto di competizioni e accordi che riguardano solamente i paesi più ricchi e industrializzati. Essa provoca una segmentazione del mercato del lavoro che determina la concentrazione della ricerca, della protezione sindacale e sociale in alcuni paesi mentre in altri non vi è protezione sindacale e professionale capace di gestire le percentuali elevate di disoccupazione, di sottoccupazione, di lavoro non formale e gli ingenti fenomeni di emigrazione. La nuova DIL influenza anche i rapporti sociali e l’organizzazione dello stato nei suoi modi di produzione: generalmente, gli stati del centro tendono ad universalizzare i propri modi di consumo e le proprie ideologie e quelli della periferia tendono a recepirli. La debolezza o l’eccessiva rigidità di uno stato possono però stimolare delle forme di partecipazione dal basso, delle iniziative, delle nuove organizzazioni da parte delle popolazioni. Indubbiamente, il concetto di educazione permanente promosso da Ettore Gelpi si ricollega a questo potenziale innovativo di queste forme di partecipazione dal basso e, anche se potrebbe apparire più facile da comprendere sul piano teorico e dialettico che da attuare nella pratica, è stato da lui messo in pratica per tutta la sua vita e in ogni parte del mondo. Ettore Gelpi crede fortemente che sulla cultura e sull’educazione occorre fare una manovra di emancipazione dalle disuguaglianze internazionali e globali e questo è il suo imperativo politico più importante.

Si apre dunque la questione della relazione tra la nuova DIL e le politiche educative: anche se le dinamiche economiche internazionali influenzano la formazione e i sistemi educativi dei singoli stati, i bisogni educativi sono tuttavia differenti in società differenti e potrebbe essere

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interessante analizzare le teorie e i sistemi educativi, confrontandoli con gli schemi ideologici a cui si riferiscono284. Mentre all’antica Divisione Internazionale del Lavoro corrispondevano sistemi educativi abbastanza stabili, il cui elemento dinamico era costituito dalle lotte sociali e da eventuali periodi di sviluppo economico, con la nuova DIL le attività educative, nei diversi paesi, si moltiplicano e si trasformano velocemente (riqualificazione, corsi di formazione per disoccupati, ecc.).

Anche se è difficile isolare la DIL da altre variabili come le tendenze demografiche, i rapporti tra classi sociali, la presenza o l’assenza di materie prime, le difficoltà per i paesi periferici per raggiungere e mantenere una certa indipendenza sul piano educativo, è pure certo che il caso e la creatività umana possono portare a risultati inaspettati. Le politiche educative non devono avere come riferimento solamente le strutture formali ma considerare che la vera innovazione educativa è strettamente collegata alla creatività culturale e alla partecipazione delle popolazioni alla definizione e alla realizzazione della propria educazione: la lotta per difendere e arricchire la propria identità e la propria cultura è, dunque, una via possibile per negoziare la Divisione Internazionale del Lavoro.

Indubbiamente i paesi più poveri incontrano delle difficoltà legate soprattutto alla poca autonomia sul piano produttivo, difficoltà che conducono, sul piano formativo, al consolidamento della scuola privata dato che un progetto di scuola pubblica metterebbe in discussione la stratificazione sociale, alla problematicità del portare avanti una politica coerente di formazione professionale, alla diffusione di un’educazione non formale legata a istituzioni straniere (economiche, politiche, religiose, ecc.).

La DIL produce una dipendenza dei paesi periferici anche sul piano educativo ed ideologico, in quanto è difficile osservare un trasferimento di formazione dalla periferia verso il centro, di solito si tratta del contrario. La possibilità di scelta in materia economica si collega a una possibilità di scelta in materia educativa: formazione generale e professionale sono spesso coerenti nei paesi del centro e poco coerenti in quelli della periferia. Inoltre il trasferimento di persone dalla periferia verso il centro significa spesso l’emigrazione delle migliori forze fisiche e intellettuali senza avere in cambio vantaggi economici, sociali e culturali. La dipendenza sul piano politico e culturale viene poi consolidata anche dalle reti di informazione e dai centri di ricerca che dipendono, per la maggior parte, dai paesi del centro e provocano la subordinazione dei paesi della periferia.

Anche nei paesi industrializzati, la nuova DIL produce delle conseguenze: segmentazione del mercato del lavoro, nuove forme di divisione sociale del lavoro, sviluppo di settori legati

284 Cfr. Gelpi E., Divisione Internazionale del Lavoro e politiche educative, in Visalberghi A. (a cura di), Quale società?, op. cit., p. 183.

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alla ricerca tecnologica e scientifica, progressiva scomparsa delle industrie a debole valore aggiunto e, a volte, sviluppo di un mercato informale del lavoro. Sul piano educativo tutto ciò comporta: diffusione di insegnamento superiore avanzato, diffusione di centri di ricerca, disoccupazione e sottoccupazione, riqualificazione in relazione alla scomparsa di alcuni settori produttivi, attività sociali e culturali finalizzate a garantire la pace sociale per quanti sono emarginati dal mercato del lavoro (disoccupati, donne, giovani, pensionati anticipati, ecc.), attività di formazione professionale per gli immigrati, trasferimento di uomini e tecnologie nei paesi periferici. Nei paesi in via di sviluppo, invece, la pressione economica sui sistemi educativi implica la formazione di lavoratori qualificati in numero superiore rispetto alla domanda, il che comporta spesso un salario basso e un aumento notevole di formazione in corso di impiego, che va ad aggiungersi ad un orario di lavoro già sovraccarico. L’aumento del livello di istruzione può diventare così un elemento propulsore per lo sviluppo, anche se questa formazione non significa per forza democratizzazione della società285.

Nei paesi del centro, alcune riforme educative (come la realizzazione di efficaci politiche di educazione permanente e la democratizzazione di tutti i livelli di insegnamento) permetterebbero un’estensione del consumo educativo ma la segmentazione del mercato del lavoro accentua le stratificazioni sociali, soprattutto per quanto riguarda le classi più povere. Nei paesi della periferia il costo troppo elevato del mantenimento scolastico dei bambini e dei giovani comporta l’analfabetismo di una parte significativa della popolazione, dato che la maggior parte della popolazione è costituita da persone giovani che non si potrebbero permettere lasciare il lavoro per studiare.

Una soluzione per superare lo stato di cosa attuale (studio per alcuni, lavoro per altri) potrebbe essere l’alternanza studio-lavoro: un’educazione associata alla produzione, fin dall’inizio, comporterebbe un nuovo rapporto della popolazione, giovane e adulta, con le attività produttive ed educative. L’alternanza studio-lavoro è un punto chiave per le riforme educative, sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo.

Sul piano pratico, in ogni caso, “è difficile dare dei suggerimenti in campo educativo; è più utile cercare di indicare una serie di temi su cui lavorare. La nuova DIL pone dei problemi al sistema educativo sul piano formale e non formale: trasferimenti di tecnologie e di formazione, salvaguardia e sviluppo delle lingue e culture locali, aumento o freno dell’autoformazione individuale e collettiva, migrazioni di studenti e formatori, difficile coerenza tra formazione e lavoro, enorme difficoltà di condurre in porto le riforme educative nei paesi della periferia, rapida evoluzione di una formazione professionale appropriata, educazione dipendente in massima parte da strutture dell’informazione (spesso alimentate

285 Cfr. ivi, p. 186-187.

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dall’esterno), dipendenza del sistema educativo dei paesi della periferia dall’aiuto esterno, risposte educative non coerenti a causa della progressiva segmentazione del mercato del lavoro, difficoltà di definire i contenuti educativi della formazione iniziale, risposte del tutto insufficienti alla crescente domanda di bisogni educativi e culturali, lavoro alienato e lavoro creativi, ecc. Tale problematica si riferisce in modo diverso ai singoli paesi, in relazione alle classi sociali, ai livelli di età, ma si può dire che, globalmente, tutti i sistemi educativi sono oggi influenzati dalla nuova DIL”286.

Ettore Gelpi sostiene che sono necessarie nuove fondamenta in campo educativo dato che tutti i settori della produzione, non solo quelli più industrializzati, stanno vivendo delle grandi trasformazioni e i sistemi educativi sono ancora, per la maggior parte, legati a dei sistemi produttivi che stanno cessando di esistere. Questi sistemi educativi sono ancora troppo tradizionali, anche se l’educazione degli adulti e la formazione continua stanno diventando una parte sempre più importante di questi sistemi287.

Il contributo di Ettore Gelpi al dibattito su formazione e Divisione Internazionale del Lavoro non va pertanto inteso come una teoria dell’insegnamento e dell’apprendimento degli adulti, ma piuttosto come un modello di politiche secondo cui l’educazione permanente possa diventare un aspetto irrinunciabile della lotta contro la Divisione Internazionale del Lavoro e le sue conseguenze per tutti coloro che sono in qualche modo “emarginati” da essa. Secondo Timothy Ireland, tre sono le aree di particolare interesse che o sono direttamente presenti negli scritti di Gelpi oppure costituiscono una tipica conseguenza della sua analisi sociale e politica: l’educazione dei lavoratori e il ruolo che in essa svolgono i sindacati dei lavoratori, con particolare riferimento ai lavoratori migranti e alla formazione dei giovani lavoratori; i bisogni linguistici e culturali dei migranti e dei loro figli e di altre minoranze linguistiche e culturali; infine, i bisogni di lifelong education degli anziani, specialmente nella società industriale288. Naturalmente, Gelpi non è il primo ad aver considerato queste aree da un punto di vista di politica educativa, ma ciò che distingue il suo particolare contributo è la consistenza dell’analisi, unita ad una vasta esperienza diretta degli argomenti trattati. Difatti, gran parte dei suoi scritti riguarda, più che specifici progetti e applicazioni di lifelong education, la sistematica esposizione della sottostante analisi del concetto di Divisione Internazionale del Lavoro.

Ettore Gelpi sostiene continuamente che, a causa dei numerosi cambiamenti che stanno avvenendo, stanno aumentando anche le esigenze di formazione; i responsabili politici, così come gli educatori e gli amministratori hanno bisogno di ripensare le soluzioni educative

286

Ivi, p. 189.

287 Cfr. ivi, p. 16-17.

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globalmente e non cercare semplicemente di aggiungere qualcosa alla situazione attuale. Inoltre, in molti paesi, non viene fatto nessun tentativo per rispondere adeguatamente alle richieste di educazione e vi è una grande discrepanza tra l’educazione che viene richiesta e quella che viene effettivamente offerta. Sovente, difatti, le università, gli istituti professionali e le altre istituzioni educative offrono conoscenze che non hanno nessun fascino o che non sono considerate rilevanti dai possibili utenti289.

Uno dei primissimi obiettivi dell’educazione è quello di far conoscere ai lavoratori e ai cittadini i meccanismi del mondo del lavoro, sul piano economico, sociale, organizzativo e culturale ponendo attenzione a non trasmettere, come invece fanno i mezzi di comunicazione di massa, l’idea che il mondo della produzione sia il risultato di un destino immutabile. I lavoratori devono essere coscienti che le condizioni lavorative sono il risultato di lotte e che, quindi, ciascuno può contribuire a determinarne le condizioni290.