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Educazione e territorio: un’ipotesi di indicatori per le politiche locali di educazione

L’educazione permanente è una delle prime scienze umane che mette in rilievo il rapporto di interdipendenza tra l’uomo e la natura, la cultura, la produzione, la società e, in generale, il territorio. Come sostiene Paolo Orefice, il principio dell’educazione per tutti si configura sia come istanza individuale, collegata cioè al bisogno di autorealizzazione della personalità di ogni individuo, sia come istanza collettiva, cioè come bisogno di affermazione nella collettività socioculturale di cui si fa parte. L’educazione passa dunque per processi di apprendimento individuali ma anche socioculturali e, poiché tutti gli individui dovrebbero essere coinvolti nel processo educativo, ciò può avvenire solamente all’interno delle forme reali della convivenza umana e attraverso il coinvolgimento di tutti quelli che vivono la propria esperienza in un determinato contesto sociale e culturale, concretamente individuabile in un quartiere, una città, un paese e, in generale, ogni area territoriale di sviluppo del processo di apprendimento166. In generale, lo spazio che viene chiamato “territorio” coincide per molti aspetti con quello della quotidianità.

L’idea di territorio va intesa come uno spazio fisico e temporale, come una sorta di ecosistema in cui l’uomo cerca di realizzare la propria identità e non semplicemente come possesso di un luogo localizzato e circoscritto. Come sostiene Anna Lorenzetto, “scoperta e riscoperta di questo spazio-territorio non significa solo – anche se questo può verificarsi materialmente con l’occupazione di terre incolte o di case disabitate – mettere i picchetti per delimitare il possesso di una porzione di terra, o esporre una bandiera rossa alle finestre per indicare il possesso di una casa in senso fisico e giuridico, ma significa in primo luogo, iniziare un lungo cammino alla ricerca del proprio ambiente e della propria identità: così che la vita e il tempo che stiamo vivendo come presenza sulla terra, e la vita degli altri, e lo spazio di tutte queste vite nei problemi e nelle vicende dei sistemi costruiti dall’uomo che si intrecciano in essi e per essi, disegnino il passaggio terreno di questo nostro itinerario, nella

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tensione di nuove conoscenze, nella conquista di antichi e nuovi valori”167.

Il territorio non è uno spazio chiuso, separato degli altri territori, un pretesto identitario per escludere e discriminare, esso va invece pensato e vissuto come uno spazio reale di confronto, di espressione delle differenze e di punti di vista diversi, come ambito concreto dell’esercizio della cittadinanza. Il territorio è, potenzialmente, una rete di opportunità, uno spazio per costruire relazioni e fare esperienze, anche se non educa in modo automatico, va conosciuto, filtrato, compreso, strutturato con cura in una prospettiva intenzionale168; è in questa organizzazione intenzionale che si situa la relazione dialettica tra educazione e territorio.

Le dimensioni educative locali dovrebbero consentire di valutare i bisogni educativi della popolazione, di cogliere le dinamiche economiche e politiche globali e di recepire suggerimenti da esperienze verificatesi altrove. Si rende necessaria, pertanto, una reale politica di decentramento educativo, di partecipazione, di costante collaborazione tra le attività degli enti locali, delle associazioni e dei responsabili delle politiche educative a livello nazionale e internazionale. Discutere sul rapporto tra educazione permanente e territorio significa dare importanza ad alcune cose: la formazione di giovani e adulti ai processi economici, culturali e politici in atto, il riconoscimento, sul piano formale, di competenze e conoscenze tecniche e scientifiche acquisite nella prassi quotidiana, l’apprendimento di metodologie della ricerca educativa adatte ad essere usate nel lungo periodo169. Queste riflessioni costituiscono la base teorica per lo sviluppo di molteplici iniziative locali rivolte a tutte le classi di età, diversificate per tipologia dei soggetti coinvolti ed attività messe in atto ma tutte accomunate dall’esigenza di “fare sistema” cercando delle modalità di coordinamento e dalla necessità di superare la dicotomia tra formazione scolastica ed extrascolastica.

Ettore Gelpi sostiene che educazione, territorio e comunità sono concetti spesso genericamente messi in relazione positiva tra di loro. Questa connessione è spesso ambigua perché non esiste una relazione astrattamente positiva tra territorio ed educazione e tra territorio e formazione permanente; le comunità non sono necessariamente e sostanzialmente “educanti”. “Comunità educante” è un termine usato, solitamente, per indicare che in una comunità esistono diverse occasioni formative o, in un’ipotesi migliore, per specificare un impegno finalizzato alla realizzazione di una comunità senza conflitti sociali, economici e

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Lorenzetto A., Relazione introduttiva, in Viccaro G. (a cura di), Educazione permanente e territorio,

Convegno Internazionale, Firenze, 23-27 maggio 1978, Le Monnier, Firenze, 1979, pp. 4-5.

168 Cfr. Vitale S., Educazione e territorio. Una relazione pericolosa?, 24 giugno 2012, in

http://ecolescuolapubblica.wordpress.com/2012/06/24/educazione-e-territorio-una-relazione-pericolosa-2/, consultato in data 30 settembre 2012.

169 Cfr. Lorenzetto A., Relazione introduttiva, in Viccaro G. (a cura di), Educazione permanente e territorio, op.

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culturali. Ciò andrebbe però verificato attraverso indicatori adatti a rivelare se effettivamente le specifiche realtà traggono vantaggio da percorsi di educazione permanente: autoistruzione, integrazione di formazione generale e professionale, partecipazione alla vita associativa, ecc.

La relazione tra educazione permanente e comunità non interessa solo i territori ma tutte le attività educative, gestite a livello nazionale, regionale o locale dato che ogni singola comunità richiede di essere collegata con realtà più grandi, a livello regionale, nazionale o internazionale. Le politiche educative devono tener conto della complessità delle attività educative che si svolgono nei quartieri, nei luoghi di lavoro, nelle associazioni e attraverso i mezzi di comunicazione di massa. A tal proposito, le strutture educative a dimensione nazionale e internazionale sono tenute a modificare il proprio ruolo: da strutture impositive e ispettive a organismi di definizione delle politiche generali, di consulenza, coordinamento e informazione. In questo modo le strutture educative e culturali, i luoghi di lavoro, i quartieri, la vita associativa e i mezzi di comunicazione di massa possono realmente diventare i riferimenti per i responsabili delle progettazione delle politiche educative a ogni livello.

La vita associativa (sindacale, politica, culturale, ecc.) può contribuire a promuovere educazione e cultura e a influenzare le strutture educative per renderle più rispondenti alla reale domanda educativa. I mezzi di comunicazione di massa assumono invece un ruolo educativo centralizzatore e unificante, dato che hanno una dimensione quantitativa importante, sia nei contenuti che nelle metodologie di trasmissione. “Una politica educativa e culturale che si sviluppa nel territorio deve tener presente quanto avviene nel sistema di produzione e nei mezzi di comunicazione di massa, se non vuole essere politica che si limita a collegarsi con un pubblico marginale non necessariamente rappresentativo”170. Attuare politiche di decentramento educativo e di educazione permanente in un determinato territorio significa, pertanto, mettere in relazione i responsabili delle politiche educative a livello nazionale ed internazionale con gli enti locali e le associazioni al fine di progettare e realizzare strutture educative funzionali ai criteri di massima utilizzazione delle risorse umane e alle richieste educative della popolazione.

La nozione di territorio gioca un ruolo centrale per elaborare delle politiche locali di educazione permanente perché consente di rendere operativo il principio della continuità nello spazio. Il territorio, secondo Francesco Susi, assume quattro significati principali: il territorio come luogo dell’azione educativa, in quanto ogni azione educativa non può che riferirsi a una specifica unità territoriale con una popolazione e delle risorse ben definite; il territorio come luogo di partecipazione all’azione educativa, in quanto nessuno meglio dei soggetti cui si

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Gelpi E., Educazione permanente e territorio: appunti per una riflessione, in Viccaro G. (a cura di),

Educazione permanente e territorio, Convegno Internazionale, Firenze, 23-27 maggio 1978, Le Monnier,

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rivolge l’offerta formativa conosce i propri bisogni; il territorio come contenuto del programma di formazione, in quanto gli individui si impegnano più volentieri in un’attività di formazione se possono trovarvi una risposta ai loro problemi tangibili e poiché questi problemi nascono e si sviluppano nel territorio in cui si vive, è il territorio che diventa il contenuto della formazione; il territorio come distretto socio-educativo e culturale, in quanto la dimensione territoriale è uno strumento per riunificare e ricomporre i processi formativi, nella prospettiva del sistema formativo integrato171.

Ettore Gelpi si interessa molto alle città e alle aree metropolitane come luoghi in cui si producono nuove esigenze relativamente all’educazione permanente. Anche se ogni generalizzazione riguardo a queste due tipologie di aree demografiche è arbitraria perché la densità della popolazione è variabile e può evolvere rapidamente, anche all’interno della stessa città, questi contesti sono importanti da studiare all’interno del settore dell’educazione permanente perché sono luoghi di conflitti e di incontri, ricchi di proposte educative e culturali. Le richieste educative sono in crescita ma la loro natura può essere molto differente a seconda dell’età dei residenti, alla vocazione produttiva della città, alla sua posizione geografica, all’abbondanza o alla penuria di forme associative172.

Al di là del dibattito teorico, è interessante poter delineare degli indicatori formali utili per tracciare le politiche locali di educazione permanente. Ettore Gelpi propone delle variabili articolate intorno alla capacità-possibilità individuale-collettiva di produrre educazione permanente oltre che di usufruirne:

- i livelli di istruzione della popolazione;

- l’apertura da parte dei cittadini nei confronti di momenti di formazione collettiva;

- la disponibilità delle strutture formative istituzionali ad ospitare non solo la cultura “accademica” ma anche le realtà culturali espresse localmente;

- la ricerca di costanti e positive integrazioni tra formazione generale e formazione professionale;

- la valorizzazione del contributo dei lavoratori, in quanto potenziali educatori; - il grado di partecipazione dei cittadini alla vita associativa;

- il superamento delle disuguaglianze fra strutture formative urbane e rurali173.

Da un’analisi approfondita di queste variabili possono derivare politiche di educazione permanente effettivamente rispondenti alle domande formative della popolazione, alle caratteristiche del territorio e capaci di valorizzare le potenzialità dei singoli.

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Cfr. Susi F., Educare senza escludere. Studi e ricerche sulla formazione, Armando, Roma, 2013, pp. 30-31.

172

Cfr. Gelpi E., Offre et demande éducatives et culturelles dans les Aires Métropolitaines, in Cesareo V., Storti N. (a cura di), Oltre l’obbligo: enti locali e formazione, Franco Angeli, Milano, 1991, pp. 21-42.

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3.4 Educazione permanente e educazione degli adulti come “educazione a tutto