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Handicap, lavoro, educazione e integrazione

La prima forma di complessità su cui si vuole porre attenzione è quella relativa alle persone portatrici di handicap, persone cioè in situazione di svantaggio sociale a causa di un deficit fisico o mentale. Il tema che si sta per trattare non è uno dei più dibattuti da Ettore Gelpi ma è una problematica che lui tiene costantemente in considerazione e su cui sviluppa, anche se brevemente, un discorso coerente e innovativo, focalizzando l’attenzione sulle questioni del lavoro, della formazione e dell’integrazione sociale delle persone portatrici di handicap.

Fra tutte le forme di diversità e di svantaggio, l’handicap è, probabilmente, quella più difficile da accettare. La scienza, la medicina, la psicologia e la psichiatria continuano nei loro progressi mentre l’uomo e la donna contemporanei continuano a rifiutare l’handicap, soprattutto se di natura mentale. Le leggi si perfezionano nella direzione dell’integrazione lavorativa e sociale dei soggetti disabili ma le persone comuni hanno paura di vivere con l’handicap e di camminarvi accanto. Mentre le società del Sud del mondo hanno attitudini molto inclusive nei confronti dei disabili fisici e mentali, le società del Nord sembrano sfruttare la creazione dei servizi aperti e integrati per i disabili per liberare i singoli individui dalle responsabilità riguardanti la solidarietà e l’amore verso persone che dovrebbero essere uguali alle altre347.

L’handicap, nella maggior parte dei casi, ha origine in fattori genetici o legati alla gravidanza e al parto, fattori dunque che l’uomo può controllare molto limitatamente. Ci sono però molte forme di disabilità su cui l’essere umano ha grandi responsabilità come, ad esempio, quelle provocate dai conflitti armati. In questo caso la prevenzione potrebbe essere molto efficace ma, troppo spesso, si preferisce evitare la pianificazione della pace per poi sviluppare, in un secondo momento, la dimensione dell’emergenza umanitaria. I media contribuiscono a normalizzare e a contenere i danni della guerra creando una distanza tra questi nuovi handicappati e il mondo cosiddetto sviluppato, tanto che i disabili vengono percepiti come creature virtuali e non come esseri umani reali. Grande è il contributo dei media anche nell’esaltazione del sentimento umanitario che segue i disastri, la cui origine però, è opportuno ricordarlo, è “umana” e non naturale348.

«Siamo testimoni di forme abbastanza evidenti di ipocrisia nella nostra società. Da un lato, ci sono lodevoli sforzi per aiutare le diverse categorie di disabilità. D’altra parte, si creano le disabilità più gravi attraverso la guerra, la fame, la tortura, la detenzione, ecc. a) 800 milioni di malnutriti possono essere e saranno facilmente affetti da disabilità; b) i 1320 milioni di esseri

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Cfr. Griggin C., Ettore Gelpi: l’educazione a tutto campo, op. cit., p. 140.

347 Cfr. Gelpi E., Lavoro futuro, op. cit., pp. 110-111. 348 Cfr. ivi, p. 110.

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umani che non avevano accesso all’acqua potabile, così come i 1.730 milioni di abitanti che avevano un sistema di depurazione dell’acqua nel 1980 sono naturalmente più probabilmente suscettibili di contrarre il tracoma, la schistosomiasi; c) dei 42 milioni di persone non vedenti, la maggior parte lo è diventato a causa delle scarse condizioni igieniche e di vita. In effetti, una parte significativa di qualsiasi forma di disabilità potrebbe essere evitata; d) gli handicap che hanno la loro origine nei diversi tipi di tortura sono evidenti […]. Forse potremmo evitare molti

handicap attraverso le politiche del lavoro, le condizioni di vita, il rafforzamento delle

libertà»349.

Nella vita quotidiana le persone con disabilità incontrano molti problemi perché, oltre alle difficoltà oggettive che riguardano tutti gli aspetti del vivere quotidiano, sono spesso frustrate, deluse e insoddisfatte a causa della competizione che è alla base delle pratiche educative, del lavoro, dello sport, del tempo libero e, in generale, della vita sociale nella sua interezza. L’impegno dell’azione educativa è, pertanto, finalizzato a ridurre le forme di distanza materiale, psichica e sociale dei portatori di handicap e a favorire una loro piena integrazione lavorativa, educativa e sociale.

Dal punto dell’integrazione lavorativa dei disabili, grandi passi sono stati fatti a livello legislativo e le nuove tecnologie della comunicazione stanno dando un grande contributo nel ridurre i problemi legati al superamento delle distanze per coloro che, fisicamente, non hanno la possibilità di muoversi e spostarsi facilmente. La rivoluzione culturale è ancora in atto, invece, per quello che riguarda il tempo libero e il divertimento considerati a volte superflui, come se l’handicap annientasse i desideri di svago e divertimento. È importante che il tempo libero non sia una delle tante forme di esclusione fra il disabile e il normodotato ma una delle tante occasioni di integrazione e di valorizzazione delle aspirazioni di ciascuno.

Dal punto di vista formativo, uno dei primi obiettivi è quello di rafforzare degli strumenti che consentano ai portatori di handicap di ridurre la loro distanza psicologica, materiale e sociale e, in questo campo, i risultati sono effettivamente tangibili. Parallelamente, occorrono nuovi paradigmi per permettere, al di là degli aspetti strumentali, una piena integrazione di tutti nella formazione e nella società. Le nuove tecnologie, che a volte portano scarsi risultati nei sistemi educativi in generali, nelle situazioni di disabilità raggiungono grandi successi anche perché le necessità particolari di queste situazioni obbligano chi ci lavora ad essere

349 Gelpi E., Institutions et luttes éducatives, op. cit., pp. 166-167.

Testo originale: On est témoin de formes d’hypocrisie assez manifestes dans nos sociétés. D’un côté, il y a des

efforts louables pour aider différentes catégories de handicapés. De l’autre côté, on crée les handicaps les plus graves par la guerre, la famine, la torture, la détention, etc. a) 800 millions de mal nourris peuvent et pourront être des individus facilement concernés par des handicaps; b) Les 1320 millions d’êtres humains qui n’avaient pas accés à l’eau potable, ainsi que 1730 millions d’habitants qui ne disposaient d’aucun système d’assainissement de l’eau en 1980 sont naturellement davantage susceptibles de contracter le trachoma, le bilharziose; c) Parmi le 42 millions d’aveugles, la majorité l’est devenue suite à de mauvaises conditions d’hygiène et de vie. En effet, une partie significative de toute infirmité pourrait être prévenue; d) Les handicaps qui ont leur origine dans les différents types de torture sont évidents on soi[...]. Peut- être pourrait-on éviter plusieurs handicaps par des politiques du travail, des conditions de vie, des renforcements de libertés.

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molto creativo e ad usare tutti gli strumenti a disposizione: l’handicap spinge educatori e ricercatori a trovare nuove soluzioni attingendo, nello stesso tempo, dalla pedagogia classica e dalle nuove tecnologie dell’educazione350.

La rivoluzione culturale a favore dell’integrazione dei disabili è, dunque, in parte in corso e in parte ancora da compiere. Prendendo spunto dalle società tradizionali, dove non vi erano luoghi per isolare o separare i portatori di handicap, bisognerebbe reintrodurre il rispetto verso i disabili senza però rafforzare la resistenza alla competizione che sembra essere diventata il punto focale delle società attuali e che produce, su un piano virtuale, un numero infinito di handicappati, ossia i perdenti della competizione. “Si diventa ‘handicappati’ perché si è contratta una malattia, perché si è vecchi, perché si è perso il proprio appartamento, e non si può far ricorso alle comunità tradizionali che erano ben più solidali di fronte a tali forme di miseria umana”351. Attenzione dunque alle culture dell’aiuto e dell’assistenza destinate a una parte della società, non solo ai portatori di handicap, perché insidiosamente possono condurre a molteplici forme di dipendenza ed a una visibilità escludente. Il problema centrale non è di accettare la persona disabile come “diversa” ma di trovare soluzioni per minimizzare le difficoltà provocate dall’handicap. Vedere l’altro non tramite il suo deficit ma come una persona che ama la musica, la pittura o la poesia, vedere una donna bionda, mora o rossa senza pensare alla sua sedia a rotelle: questa è la cultura dell’inclusione che deve essere prima di tutto posseduta dagli educatori, dai medici e dagli allenatori sportivi e poi diffusa a tutti352.

È interessante notare che alcuni aspetti innovativi dell’educazione sono stati prima sviluppati e sperimentati nel campo dell’educazione speciale e, successivamente, trasferiti nelle scuole e nelle altre sedi dell’educazione. Un esempio fra tutti è il caso dell’individualizzazione dell’insegnamento che è stata applicata, in principio, nelle esperienze educative con bambini ed adulti portatori di handicap e poi promossa come strategia educativa adatta a tutti. Inoltre, la storia dell’educazione speciale è ricca di esperienze di lotta contro i pregiudizi e contro la paura anche se, ancora adesso, insegnanti, educatori e genitori sono a volte prigionieri delle rappresentazioni di una società che teme la differenza, sia essa sociale, culturale o fisica.

Nella formazione degli educatori e degli insegnanti, si tende a separare il settore dell’educazione speciale all’interno del sistema educativo generale e, quindi, a formare separatamente le persone che si occupano di tale attività. Al contrario sarebbe utile una formazione integrata, iniziale e continua, per i due tipi di operatori poiché ciò porterebbe conseguenze molto positive nell’integrazione di tutti gli attori del sistema formativo.

350

Cfr. Gelpi E., Lavoro futuro, op. cit., p. 112.

351 Ivi, pp. 112-113. 352 Cfr. ibidem.

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“Purtroppo, l’immagine riduttiva e ‘umanitaria’ che si ha, spesso, dell’educazione speciale ha conseguenze sugli educatori operanti in questo campo. Se la finalità dell’educazione si rivolge a esseri umani, produttori e cittadini, appare molto indebolita da diverse azioni provenienti dalla pedagogia speciale, perché non si ha fiducia in quei bambini, in quegli adulti portatori di handicap, a pieno titolo uomini con uguali diritti, produttori efficaci e cittadini attivi”353.

Se l’integrazione è l’obiettivo di ogni azione educativa riguardante soggetti portatori di handicap, è evidente che tutti i differenti tipi di educatori sono interessati nella loro educazione. D’altra parte, i contenuti e i metodi educativi dovrebbero essere rivisti nel loro insieme per favorire al massimo la produzione, la creazione e l’espressione in relazione ai differenti mezzi di ciascuno. Questo discorso non è valido solo per i disabili ma per ogni individuo che ha il diritto a sentirsi valorizzato all’interno delle strutture educative e sociali. Difatti, i grandi temi delle nostre società (autogestione, partecipazione, eliminazione della violenza, nuovi rapporti tra paesi) riguardano tutta l’educazione, in ogni sua forma e declinazione. L’integrazione dei disabili, a tutti i livelli della vita sociale, significa la loro partecipazione alla gestione delle nostre società evitando tutti i discorsi puramente morali e pieni di compassione perché i disabili partecipano, come tutti gli altri individui, alla trasformazione, alle innovazioni o ai ritardi delle nostre società354.