• Non ci sono risultati.

Edward Branigan

Rimanendo nell'ambito dell'analisi del punto di vista filmico, la teoria più stimolante e produttiva è probabilmente quella proposta da Edward Branigan nell'opera Point of View in the Cinema. A Theory of Narration and Subjectivity in Classical Film (1984). Egli inizia facendo una distinzione tra narrazione e narrativa, o più in generale tra

enunciazione ed enunciato. Utilizza il termine discorso in riferimento alla totalità di significati generati da un sistema testuale, mentre narrazione o enunciazione sono termini riferiti a quel sottosistema che implica un soggetto in attività, dunque un soggetto che racconta, guarda e ascolta; il risultato di tale attività è un oggetto, ovvero ciò che è ascoltato, ciò che viene guardato, ciò di cui si parla, ciò che si racconta. In sintesi, la narrazione si riferisce non alla storia in sé, ma alla conoscenza della storia, quindi al sapere. Branigan sostiene che vi siano diversi livelli di narrazione in un testo, poiché esso altro non è che una serie gerarchica di coppie di soggetti e oggetti; una coppia soggetto/oggetto può in ogni momento diventare un oggetto per un soggetto di livello più alto45.

La narrazione è un processo dialettico attraverso il quale si realizza una narrativa; sorge spontaneo chiedersi, però, da chi arrivi la suddetta narrativa. Come visto all'inizio di questo capitolo, Branigan rifiuta la concezione della tradizionale teoria della letteratura, rifacendosi piuttosto a Roland Barthes, secondo cui l'autore reale di una narrativa non può mai essere confuso con il narratore di quella stessa narrativa; quindi colui che parla non è colui che scrive, e colui che scrive non è colui che è. Il narratore, allora, non è una persona fisica, ma un'attività simbolica, l'attività della narrazione46. Branigan sostiene che fondamentalmente vi sia solo una singola attività di narrazione in un testo o, personificando quest'attività, può

45 E. Branigan, op. cit., pp. 2-3-4. 46 Ivi, pp. 40-41.

esserci soltanto un singolo narratore nel testo; egli tuttavia può delegare alcune o molte funzioni di narrazione a un altro narratore che dà la storia. Questo nuovo narratore esiste soltanto grazie ad una narrazione maggiore. Branigan, poi, dimostra come le sorgenti della narrazione possano effettivamente moltiplicarsi e pone l'esempio in cui vi è una descrizione di ciò che un personaggio sta pensando e una descrizione di ciò che lo circonda: qui si possono individuare due fonti della narrazione, una nella mente del personaggio e una nello stesso punto di vista del personaggio nella stanza47.

Il narratore onnisciente (o in terza persona) corrisponde a quel livello di narrazione al quale non viene assegnata un'origine dal testo; quindi ciò che non ha origine è onnisciente. Il narratore soggettivo (o in prima persona), invece, è quel livello di narrazione attribuito ad una particolare origine nella diegesi (personaggio) o fuori dalla diegesi (ad esempio un narratore in voce over). Poi c'è il lettore voyeristico che è lo spettatore non visibile e non riconoscibile, che si ha quando il testo non riconosce il proprio spettatore48.

Branigan parla anche del posizionamento della macchina da presa, sostenendo che questo possa essere motivato (Motivated Camera) o immotivato (Unmotivated Camera). Il secondo termine si riferisce ad un'inquadratura che abbia una funzione che non rientri tra le seguenti:

47 Ivi, passim. 48 Ivi, pp. 43-44.

stabilire uno spazio scenografico, seguire o anticipare i movimenti di un personaggio o di un oggetto, seguire o scoprire uno sguardo, selezionare un dettaglio narrativamente significativo, o rivelare la soggettività di un personaggio. L'Unmotivated Camera è una marca di narrazione di secondo livello, in quanto raggiunge una certa indipendenza dalla diegesi, senza però divenire un'invisibile onniscienza49.

Un'altra proprietà del posizionamento della macchina da presa è la sua relativa collocazione in uno spazio possibile o impossibile. La scena tipica di un film classico è narrata dal punto di vista di un ipotetico osservatore capace di muoversi nella stanza; quando la camera è collocata in una posizione impossibile la narrazione rivela la sua origine. Ad esempio, una ripresa da dietro un frigorifero, mentre viene aperto lo sportello, suggerisce un nuovo tipo di osservatore. Anche una dimensione temporale fortemente manipolata suggerisce un maggiore intervento dell'enunciatore50.

In un testo vi sono vari livelli di narrazione; un primo livello è la narrazione del personaggio, cioè quella che per Branigan è soggettività in senso stretto. Ad essa viene associata l'inquadratura soggettiva, ossia il Point of View Shot, in cui lo spettatore vede ciò che vede il personaggio; al polo opposto c'è l'inquadratura oggettiva (Nobody's Shot), ovvero uno sguardo non ancorato ad alcun personaggio e non marcato da alcun segno

49 Ivi, p. 45. 50 Ivi, pp. 54-55.

audiovisivo dell'eunciatore51. Branigan indica, però, una rosa più ampia di figure di sguardo che servono a rendere conto dell'atteggiamento complessivo dell'enunciatore nei confronti del mondo narrato, del personaggio e dello spettatore; esse sono rappresentate nel seguente schema (o “cerchio”)52:

FIGURE 1: The Relation of Four Types of Subjectivity and Two Types of Objectivity in Classical Film Narration where Time is the Textual Present. The Relation is shown as a Circle which results from two variables: the Mental Condition of a Character and the Camera's Framing of the Image. Also shown are Two Subtypes of Subjectivity - Dynamic Perception and the Cheated Point-of-View Shot - and Two Subtypes of Objectivity - Expressive Unmotivated Camera and Impassive Unmotivated Camera.

FRAMING: Not From Point = A Camera Framing which is Not From the Character's Point in Space.

From Point by Metaphor = A Camera Framing which, by a Metaphorical Transfer, is From the Charachter's Point in Space

From Point = A Camera Framing which is From the Character's Point in Space.

Come si può vedere, il cerchio illustra la relazione tra soggettività e oggettività nel film narrativo classico.

51 Ivi, pp. 76-77.

Per quanto riguarda le soggettive vere e proprie, Branigan individua il Point of View Shot, di cui si è parlato poc'anzi, e il Perception Shot, ossia un'inquadratura in cui la macchina da presa, oltre ad assumere la posizione del soggetto nello spazio, riproduce le caratteristiche della sua visione (ad esempio, la sfocatura se il soggetto in questione è miope, o una percezione alterata se è ubriaco, e così via)53. Poi parla di Dinamic Perception, un'inquadratura che riproduce il particolare stato d'animo di un personaggio, ma che non è tecnicamente una soggettiva poiché il punto di vista non coincide esattamente con la posizione del personaggio nello spazio; lo scopo di una ripresa del genere è di rendere una sensazione emotiva, e spesso questo viene ottenuto tramite un movimento che però non corrisponde ad un reale movimento del personaggio. Un esempio può essere una scena in cui il personaggio vede un oggetto importante su un tavolo e la macchina da presa, partendo approssimativamente dalla sua posizione, fa una carrellata in avanti su quell'oggetto; il personaggio non si è mosso, ma sta focalizzando la sua attenzione su quell'oggetto e lo spettatore lo percepisce attraverso la carrellata in avanti. Dal lato opposto inserisce il Cheated Point of View Shot, la falsa soggettiva, ossia un'inquadratura che a prima vista si presenta come una soggettiva, ma che poi si rivela non riferibile allo sguardo del personaggio; non c'è dunque corrispondenza spaziale tra l'inquadratura e lo sguardo del personaggio. Le soggettive improprie, invece, sono quelle inquadrature in cui la camera è posta alle

spalle del personaggio e lo spettatore vede ciò che vede lui, ma non si può parlare di vera e propria soggettiva perché di fatto il personaggio è in campo54. Branigan illustra anche le forme di sguardo semi-soggettive e le distingue in Character Projection e Character Reflection. La prima, dal punto di vista tecnico, non è una soggettiva poiché il personaggio a cui quel tipo di sguardo può riferirsi è presente nell'inquadratura; da un punto di vista psicologico ed emotivo, però, l'inquadratura ha i segni dello stato d'animo e della percezione del personaggio: la soggettività si sovrappone all'oggettività, in una sorta di soggettiva metaforica55. Con Character Reflection, invece, Branigan indica un altro tipo di soggettiva metaforica, la quale però non reca i segni dello stato d'animo del personaggio; è piuttosto una semi-soggettiva in cui la scena viene vista attraverso un riflesso che sdoppia la visione del personaggio, ma che proprio per il fatto di essere un riflesso è caratterizzato dall'impassibilità totale56. Un esempio può essere una scena in cui c'è un personaggio che si sta guardando allo specchio e l'inquadratura mostra il riflesso di questo personaggio; ad un tratto questi viene aggredito e allora lo spettatore vede l'aggressione attraverso lo specchio che quindi si sostituisce allo sguardo del personaggio, senza avere le sue caratteristiche emotive. Per quanto riguarda le forme di sguardo oggettive marcate, invece, Branigan distingue tra Expressive Unmotivated Camera e Impassive Unmotivated Camera. Nella prima, si trovano speciali

54 Ivi, pp. 88-89. 55 Ivi, p. 127. 56 Ivi, p. 133.

marche audiovisive, come un particolare movimento della macchina da presa o una trovata di montaggio, che tendono a creare particolari effetti emotivi e psicologici; forniscono quindi una sorta di commento dell'enunciatore nei confronti del racconto. La seconda, invece, si carica di un valore principalmente autoreferenziale; la non motivazione è data dall'impassibilità, dal rifiuto a concedere un movimento o uno stacco che lo spettatore, istintivamente, sente necessario. Entrambe, comunque, sono immotivate, non funzionali alle esigenze dell'azione.

Infine, bisogna citare lo sguardo in macchina, che si ha quando un personaggio rivolge il proprio sguardo verso la macchina da presa. Branigan sostiene che in questo modo lo spettatore venga chiamato direttamente in causa, in quanto questo sguardo è rivolto al di fuori dello spazio diegetico; in tal modo, si stabilisce una particolare relazione tra quel personaggio e lo spettatore, soprattutto in virtù del fatto che non tutti i personaggi “guardano in macchina”57.

A proposito della soggettiva è opportuno citare anche la cosiddetta soggettiva libera indiretta, individuata da Pier Paolo Pasolini nella sua raccolta di saggi Empirismo eretico (1972). Si tratta di una particolare forma di sguardo che rappresenta la traslazione cinematografica del discorso libero indiretto usato in letteratura. A differenza del discorso diretto e di quello indiretto, nel discorso indiretto libero avviene un'interazione dialogica all'interno di una stessa voce, quella dell'autore, fra

discorso riportante (dell'autore) e discorso riportato (del personaggio). Il discorso diretto riporta il discorso altrui così com'è; il discorso indiretto, invece, deve riportarlo analizzandolo, interpretandolo. Questa raffigurazione tende generalmente a riprodurre fedelmente la realtà, sia pure da un altro punto di vista, anche per metterla in discussione, per parodiarla, e così via. Nel discorso indiretto è il discorso riportante a dominare su quello riportato; in quello indiretto libero, invece, non solo la parola dell'autore influisce su quella riportata, ma quest'ultima a sua volta modifica quella che riporta58.

Nel cinema, al discorso diretto corrisponde la soggettiva, mentre a quello indiretto l'oggettiva. Pasolini mostra che anche il discorso libero indiretto, al pari degli altri due, è realizzabile in ambito cinematografico, e questo avviene in quello che egli chiama cinema di poesia, la cui esistenza è subordinata all'adozione, da parte dell'autore, non soltanto della psicologia del personaggio, ma anche della sua lingua; in questo caso l'immagine è in semi-soggettiva: in essa si trovano insieme, senza sintesi, due punti di vista. Questo sdoppiamento all'interno di una stessa immagine, è quello che Pasolini chiama, appunto, soggettiva libera indiretta. Egli sostiene che essa sia un'operazione stilistica e non meramente linguistica, che si concretizza in un monologo interiore privo dell'elemento concettuale e filosofico astratto esplicito. La soggettiva libera indiretta è stata definita come la materializzazione di un certo modo di intendere la realtà di un personaggio

in tutte le inquadrature; pertanto, ad esempio, se il personaggio è un nevrotico, l'autore deve trasferire questa nevrosi nelle immagini59.