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Esempi letterari di narrazione inattendibile

IL NARRATORE INATTENDIBILE

2.1 Esempi letterari di narrazione inattendibile

Un romanzo in cui si può trovare una dimostrazione di questo tipo di narrazione è La coscienza di Zeno di Italo Svevo (1923). Nella prefazione,

101 S. Chatman, op. cit., passim. 102 Ivi, p. 156.

lo psicoanalista, Dottor S., dichiara di voler pubblicare per vendetta alcune memorie, redatte in forma autobiografica da un suo paziente, Zeno Cosini, che si è sottratto alle sue cure. Questi appunti costituiscono il contenuto del libro, pertanto a raccontare le proprie vicende è lo stesso paziente; egli però è falso, inganna il lettore ma anche se stesso. Pagina dopo pagina, il lettore si trova costretto a rassegnarsi: non può sapere nient'altro se non quello che Zeno ha raccontato; forse può sospettare, essere quasi certo che il protagonista abbia mentito, ma non ha modo di sostituire nulla a quella menzogna, in quanto le uniche informazioni di cui è in possesso sono quelle fornitegli da Zeno103.

Sulla falsa riga del romanzo di Svevo, si può citare Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello (1904); anche in questo caso, la storia è narrata in prima persona dal protagonista, che si definisce “fu” in seguito ad una circostanza fortuita ed imprevista: dopo il ritrovamento del cadavere di un uomo, Mattia Pascal viene dichiarato defunto. A differenza del romanzo di Svevo, però, il lettore è consapevole della bugia del narratore: sa che egli non è realmente morto, quella che sta leggendo non è dunque la memoria di un defunto; si fa fatica però a porre la propria fiducia in un personaggio che ha assecondato la notizia della propria morte, assumendo un'altra identità (si fa chiamare Adriano Meis), facendo “morire” anche quella e rimanendo così “senza identità”. La storia del romanzo di Pirandello è, dunque, una storia di equivoci, simulazioni, falsità, menzogne, di cui il lettore è

consapevole; nonostante ciò, la voce narrante de Il fu Mattia Pascal è sospetta di menzogna, una menzogna ai danni di tutti quelli che gli stanno intorno. L'inattendibilità di Mattia Pascal sta proprio in questo: nel suo essere bugiardo, nell'instabilità della sua narrazione; mette in luce l'ambiguità della natura umana, pone il lettore all'interno di un mondo in cui il protagonista finge con gli altri, con tutti tranne che con lui, ma non per questo può essere considerato affidabile104.

Uno dei casi più esemplari di narrazione inattendibile della letteratura di inizio Novecento è L'assassinio di Roger Ackroyd di Agatha Christie105. In un paesino fittizio chiamato King's Abbott, in Inghilterra, Dorothy Ferrars, una ricca vedova che si vocifera abbia ucciso il marito, si suicida. Pochi giorni dopo, il più ricco e illustre cittadino del villaggio, Roger Ackroyd, viene assassinato, con un pugnale, nello studio della sua villa. Hercule Poirot, famoso detective belga, ormai ritiratosi dalla professione per coltivare zucche a King's Abbott, viene incaricato di indagare sul caso da una parente della vittima, Flora Ackroyd; ad affiancarlo nelle indagini c'è James Sheppard, il medico del paese. Tutta la storia è narrata in prima persona proprio dal dottore, che sembra essere un uomo piuttosto preciso e meticoloso: il suo racconto appare molto dettagliato e il lettore può provare addirittura simpatia per lui. James

104 Cfr. L. Pirandello, Il fu Mattia Pascal, Roma, 1904. Il romanzo apparve dapprima a puntate

sulla rivista Nuova Antologia; qualche mese dopo, fu pubblicato in volume.

105 Conosciuto anche con il titolo Dalle nove alle dieci, The Murder of Roger Ackroyd è stato

scritto nel 1926 e pubblicato per la prima volta in Italia nel 1937. È considerato uno tra i romanzi gialli più famosi e ingegnosi di Agatha Christie.

sembra a tutti gli effetti un uomo ordinario, annoiato per la vita monotona che conduce a King's Abbott, dove vive con la sorella Caroline, e sempre disponibile nei confronti di tutti. Il narratore racconta tutto ciò che accade in quei giorni di indagini, anche delle cose che possono sembrare insignificanti, tant'è che il lettore non può far altro che convincersi di essere stato messo al corrente di tutto, o quantomeno di tutto ciò che Sheppard sa. Vengono celate, per ovvi motivi, soltanto le “piccole intuizioni” di Poirot; infatti, nonostante, come si è detto, il dottore gli faccia da assistente, l'investigatore belga non gli rivela sempre tutto ciò che pensa.

Quello che sembra essere un normale resoconto di un'indagine per omicidio, da parte di un testimone oculare dei fatti, rivela però un colpo di scena finale: James Sheppard è l'assassino di Roger Ackroyd. Poirot, infatti, dopo aver scagionato tutti i possibili sospettati, primo fra tutti Ralph Paton, figliastro del defunto ed erede della sua fortuna, dimostra la colpevolezza del dottore. A questo punto Sheppard rivela al lettore la verità, raccontando come ha architettato l'omicidio del signor Ackroyd e i motivi che lo hanno spinto a compiere quel gesto; il dottore, infatti, dalla morte di Ashley Ferrars, aveva preso a ricattare Dorothy, facendosi dare ingenti somme di denaro per non rivelare che era stata lei ad uccidere il marito. Con il suicidio della signora Ferrars, James si convince che, prima di morire, ella aveva sicuramente raccontato la verità ad Ackroyd, cui era intimamente legata; così, per mettere a tacere l'uomo, il dottore aveva deciso di

ucciderlo. Il piano da lui architettato era molto meticoloso e puntava a far ricadere i sospetti sul figliastro di Roger; il resoconto di Sheppard, sotto forma di manoscritto, voleva anche essere la storia del primo insuccesso del famoso detective Poirot, ma alla fine si trasforma nella confessione dell'omicidio e nella pianificazione del suicidio dello stesso dottore. Il lettore, dunque, viene a conoscenza dell'inganno, ma si rende conto che tutto ciò che gli è stato raccontato corrisponde, tuttavia, al vero: Sheppard non ha raccontato delle vere e proprie menzogne, si è, per così dire, “limitato” a celare alcuni particolari fondamentali per la scoperta del vero colpevole. Ma se James Sheppard è riuscito, per ovvie ragioni, ad ingannare il lettore, non è riuscito a fare lo stesso con Hercule Poirot, ed è stato così costretto a confessare e a suicidarsi per non subire l'umiliazione né la punizione per il suo crimine. Risulta impossibile, per come è costruito il racconto e per come viene presentato il narratore, sospettare che sia proprio lui l'assassino; il lettore conosce solo ciò che gli viene raccontato da Sheppard, si fida di lui e non potrebbe fare altrimenti, essendo la sua unica fonte di notizie.

Nel 2000 è uscito un film, tratto dal romanzo, per la serie tv Poirot. Il film comincia alla fine della vicenda, con Poirot che sfoglia il diario del Dr. Sheppard; il detective rivela di aver trovato un diario in cui un assassino aveva scritto per i posteri la storia di un omicidio estremamente spregevole. La voce di Poirot legge le prime pagine del diario di Sheppard; rivela, sì,

che ciò che sta leggendo è il diario dell'assassino, ma non dice il suo nome, quindi di fatto lo spettatore non sa, come nel romanzo, chi sia il colpevole: lo scopre soltanto alla fine. A differenza del libro, però, Sheppard, uccide anche John Parker, maggiordomo di casa Ackroyd, perché vicino a scoprire la verità. Alla fine il dottore, messo alle strette, confessa tutto ciò che ha fatto, dal ricatto agli omicidi, davanti al detective, all'ispettore capo di Scotland Yard, Japp (amico di Poirot)106, e alla sorella Caroline: la sua voce racconta minuziosamente ciò che è avvenuto, mentre le immagini lo mostrano allo spettatore. Terminato il racconto, Caroline fornisce al fratello l'arma per minacciare Poirot e l'ispettore Japp, e tentare la fuga; alla fine, però, James usa l'ultimo colpo di pistola per suicidarsi, davanti agli occhi dei due uomini e della sorella. Il film si conclude con la voce di Hercule Poirot che informa lo spettatore di aver deciso di mantenere segreta quella storia, almeno per il momento, e chiude in cassaforte il diario del dottore.