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Gli effetti della fusione, la retrodatazione e la postdatazione

2. I profili giuridici

2.12 Gli effetti della fusione, la retrodatazione e la postdatazione

Per quanto riguarda le operazioni di fusione, occorre procedere a una distinzione tra effetti «reali» (detti anche esterni o assoluti) ed effetti «obbligatori» (o interni, esplicandosi solo tra le parti).

Sono effetti «reali» dell’operazione straordinaria in questione:

 l’estinzione delle società incorporate o fuse come autonomi soggetti di diritto;

 la successione universale della società incorporante o risultante dalla fusione nel patrimonio e nella totalità dei rapporti giuridici facenti capo alle società estinte;

 l’annullamento delle azioni o quote nelle società estinte e la loro conversione, in base al rapporto di cambio, in azioni o quote della società incorporante o risultante dalla fusione.

L’art. 2504-bis c.c., come osservato in precedenza, prevede che la fusione abbia effetto dal momento in cui è stata eseguita l’ultima iscrizione dell’atto di fusione nel registro delle imprese. A partire da tale data si produrranno i cosiddetti effetti «reali» e la società risultante dalla fusione o la società incorporante, subentrerà nei diritti e negli obblighi delle società partecipanti, proseguendo in tutti i loro rapporti anteriori all’operazione, anche processuali51. In merito ai rapporti di

51

La giurisprudenza, prima dell’introduzione di tale previsione normativa, si era già espressa in questo senso, sostenendo che l’operazione di fusione producesse una successione universale: Corte di Cassazione, 6 marzo 1997, n. 2321, secondo cui in sede di fusione propria o per incorporazione, si realizza una «successione universale per cui si estingue definitivamente un soggetto e subentra un

lavoro dipendente, si ha la prosecuzione con la società incorporante o risultante dalla fusione. Inoltre risulta applicabile l’obbligo previsto per le imprese con più di quindici dipendenti, di dare comunicazione scritta almeno venticinque giorni prima della fusione, alle rispettive rappresentanze sindacali e associazioni di categoria, della data certa o presunta dell’operazione, dei motivi della stessa, delle conseguenze dal punto di vista giuridico, economico e sociale per i lavoratori e delle eventuali misure previste nei loro confronti52.

Il secondo comma dell’art. 2504-bis del c.c. prevede che nel solo caso di fusione per incorporazione, possa essere stabilita una data di efficacia «reale» successiva alla data dell’ultima iscrizione dell’atto53

. Al contrario, non è possibile anticipare l’efficacia reale della fusione.

La data fissata dalla legge per la decorrenza degli effetti «reali», non è modificabile da parte dell’autonomia privata; per questo, fatte salve le sole fusioni per incorporazione (in cui può essere stabilita una data successiva), dottrina e giurisprudenza sono unanimi nel ritenere che l’effetto reale della fusione non possa essere anticipato o retrodatato.

Riguardo agli effetti «obbligatori», l’art. 2504-bis terzo comma del c.c., stabilisce che «per gli effetti ai quali si riferisce il primo comma dell’art. 2501-ter, numeri

5) e 6), possono essere stabilite anche date anteriori», rispetto a quella di

efficacia reale. Pertanto, sia per le fusioni proprie che per le fusioni per incorporazione, è possibile anticipare:

 la data a partire dalla quale le azioni o quote assegnate ai soci delle società fuse o incorporate in cambio di quelle estinte, parteciperanno agli utili della società risultante o incorporante (retroattività reddituale);

 la data (che potrebbe essere diversa da quella precedente) dalla quale gli effetti patrimoniali delle operazioni compiute dalle società incorporate o

già riguardanti i soggetti fusi o incorporati». Tale conclusione è stata confermata dall’intervento del

legislatore del 2003, che all’art. 2504-bis ha previsto espressamente il passaggio in capo al soggetto risultante dalla fusione o incorporante, di tutti i rapporti, «anche processuali, anteriori alla fusione».

52

Legge 29 dicembre 1990 n. 428, articolo 47, terzo comma.

53

A tale comportamento si può far ricorso per ragioni pratiche, quando la data dell’ultima delle iscrizioni è prossima alla chiusura dell’esercizio, stabilendo che l’efficacia reale è posticipata alle ore zero del primo giorno dell’esercizio successivo.

fuse, fino alla loro estinzione, saranno imputate al bilancio della società risultante dalla fusione o di quella incorporante (retroattività contabile). Esiste poi un terzo tipo di retroattività, quella fiscale ai fini delle imposte sui redditi, che teoricamente è distinta dalle altre due, ma che nella prassi è strettamente legata alla retroattività contabile, nel senso che, una volta stabilita quest’ultima, sembra che debba necessariamente verificarsi anche quella fiscale, sia pur nei limiti più stringenti previsti dall’art. 172 comma 9 del Testo unico delle imposte sui redditi. Quest’ultimo, infatti, prevede che «l’atto di fusione può

stabilire che ai fini delle imposte sui redditi gli effetti della fusione decorrano da una data non anteriore a quella in cui si è chiuso l’ultimo esercizio di ciascuna delle società fuse o incorporate o a quella, se più prossima, in cui si è chiuso l’ultimo esercizio della società incorporante».

La retroattività fiscale risponde a innegabili esigenze pratiche, manifestate dai contribuenti, quali:

 la possibilità di evitare la redazione di un apposito bilancio di chiusura per la società incorporata o fusa e di una distinta dichiarazione dei redditi, per il periodo che intercorre dall’inizio dell’esercizio alla data di efficacia «reale» della fusione;

 la possibilità di compensare perdite dell’incorporata di tale periodo con utili dell’incorporante e viceversa, dovendo ambedue essere imputati al bilancio d’esercizio dell’incorporante successivo alla fusione.

Mentre l’art. 2504-bis del c.c., non sembra porre alcun limite all’autonomia privata nel retrodatare gli effetti reddituali e contabili, al contrario la norma tributaria fissa dei limiti precisi, che secondo la dottrina prevalente manifesterebbero la loro efficacia anche sul piano civilistico.

Dato che la retrodatazione è solo un’ipotesi eventuale, se per gli effetti contabili e reddituali, non è prevista una data anteriore, occorre ritenere che tali effetti si producano a partire dalla medesima data di efficacia reale della fusione. Lo stesso vale per l’effetto fiscale, poiché la retroattività da tale punto di vista, potrebbe essere anche disposta in un secondo momento, in sede di redazione dell’atto di fusione.

L’art. 2504-bis quarto comma, regola il primo bilancio successivo alla fusione, e stabilisce che le attività e le passività siano iscritte ai valori risultanti dalle scritture contabili alla data di efficacia della fusione medesima; tale disposizione regola inoltre, l’imputazione a bilancio del disavanzo e dell’avanzo di fusione, e ciò sarà analizzato puntualmente in seguito.

Infine, l’ultimo comma dell’articolo in esame recepisce la posizione della Corte Costituzionale54, chiarendo definitivamente la responsabilità dei soci illimitatamente responsabili di società che abbiano partecipato a una fusione eterogenea. Il legislatore ha stabilito che la fusione attuata mediante costituzione di una nuova società di capitali, oppure mediante incorporazione in una società di capitali, non libera i soci a responsabilità illimitata, dalla responsabilità per le obbligazioni delle rispettive società partecipanti alla fusione, anteriori all’ultima delle iscrizioni prescritte dall’art. 2504, se non risulta che i creditori abbiano dato il loro consenso.

2.12.1 La retroattività reddituale

Il problema dell’individuazione della data alla quale può farsi risalire la retroattività reddituale, è collegato ai seguenti aspetti:

 le modalità con cui è stato valutato il patrimonio della società incorporata o fusa ai fini della determinazione del rapporto di cambio;

 il diritto o meno dei soli soci dell’incorporata all’utile prodotto nel periodo interinale55 e fino alla sua estinzione.

Tale problema, è inoltre connesso alla definizione della retroattività contabile, perché per la dottrina prevalente non sembra possibile stabilire date distinte, una per la retroattività reddituale, e un’altra per quella contabile.

Per quanto riguarda l’attribuzione degli utili del periodo interinale, la contabilizzazione della fusione deve rispettare il contenuto del progetto e dell’atto di fusione.

54

Corte costituzionale, sentenza 20 febbraio 1995, n. 47.

55

Nella fusione, per periodo interinale si intende il periodo che intercorre tra la data alla quale viene riferita la determinazione del rapporto di cambio (e che per la generalità della dottrina è quella di riferimento della situazione patrimoniale ai sensi dell’art. 2501-quater del codice civile), e la data di efficacia reale della fusione.

Pertanto occorre distinguere i seguenti casi:

 se nella valutazione del patrimonio di ciascuna delle società incorporate e nella determinazione del rapporto di cambio si è tenuto conto dell’utile maturato dall’inizio dell’esercizio fino alla data della situazione patrimoniale ex art. 2501-quater, allora gli utili del periodo interinale saranno attribuiti a tutti i soci, vecchi e nuovi e saranno distribuiti dall’incorporante dopo l’attuazione della fusione;

 se nella valutazione del patrimonio di ciascuna delle società incorporate e nella determinazione del rapporto di cambio, non si è tenuto conto degli utili già conseguiti dalle singole società e di quelli previsti fino alla conclusione del periodo interinale, sarà necessario precisare la data dalla quale le azioni o quote parteciperanno agli utili (art. 2501-ter n. 5);

 se nel progetto di fusione non viene prevista alcuna retrodatazione, o viene precisato che tutti gli effetti, anche quelli reddituali e contabili, si produrranno dalla data di efficacia reale della fusione, gli utili prodotti nel periodo interinale, saranno di esclusiva spettanza dei soci dell’incorporata. Ciò comporta che nel bilancio d’apertura, ai fini dell’incorporazione, detti utili saranno esclusi dal patrimonio netto di riferimento dell’incorporata e saranno rilevati come debiti nei confronti dei soci della medesima.

2.12.2 La retroattività contabile e fiscale

La retroattività contabile consente di imputare al bilancio dell’incorporante, gli effetti patrimoniali e reddituali delle operazioni di gestione poste in essere dagli amministratori dell’incorporata, nel periodo intercorrente tra la data alla quale viene fatta risalire la retroattività e la successiva data in cui si produce l’effetto reale della fusione. Ciò non significa che per il periodo in cui ha effetto la retroattività, l’incorporata sia legittimata a non tenere la contabilità e a non redigere il bilancio d’esercizio, e che le operazioni di gestione possano essere rilevate esclusivamente nella contabilità dell’incorporante.

La data alla quale può essere fatta risalire la retroattività contabile, non può essere anteriore a quella di chiusura del precedente esercizio dell’incorporante.

Una conferma di tale tesi si può riscontrare nella disciplina della retroattività fiscale, prevista dall’art. 172 del Testo unico delle imposte sui redditi. In base a tale norma gli effetti fiscali della fusione non possono decorrere da una data anteriore a quella in cui si è chiuso l’ultimo esercizio di ciascuna delle società fuse o incorporate, o a quella se più prossima, in cui si è chiuso l’ultimo esercizio della società incorporante.

La retroattività contabile e la retroattività fiscale sono strettamente collegate, perché il reddito d’impresa si determina in base al risultato economico che emerge dal bilancio.

Pertanto se viene pattuita la retroattività contabile, automaticamente ciò comporterà anche quella fiscale, ossia l’attribuzione ai fini fiscali del risultato di periodo dell’incorporante e la sua inclusione nel bilancio e nella dichiarazione dei redditi di quest’ultima.

Per una parte della dottrina è dubbia l’ammissibilità della retrodatazione contabile nelle fusioni proprie, perché nascendo la nuova società dopo l’iscrizione dell’atto di fusione nel registro imprese, si verrebbe ad attribuire la soggettività fiscale e il possesso dei redditi a un soggetto non ancora nato, che alla data da cui decorre la retroattività non ha ancora un patrimonio e non ha compiuto alcun atto di gestione. Inoltre la nuova società che non esiste come soggetto giuridico neanche ai fini tributari, non ha ancora chiuso alcun esercizio, e questo è un requisito necessario ai fini della retrodatazione fiscale, richiamato dall’art. 172 del Testo unico delle imposte sui redditi56

.