4. La disciplina introdotta dalla riforma del diritto societario
1.1 Il principio di neutralità
La fusione è un’operazione fiscalmente neutrale sia per le società partecipanti che per i rispettivi soci. L’art. 172 primo comma del TUIR, dispone infatti che «la fusione tra più società non costituisce né realizzo né distribuzione di
plusvalenze e minusvalenze dei beni delle società fuse o incorporate, comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento». Per effetto del suddetto
principio, il patrimonio della società estinta (fusa o incorporata) confluisce all’interno di quello della società incorporante o risultante dalla fusione senza che tale circostanza determini un «realizzo fiscale» delle relative componenti, a condizione che gli elementi attivi e passivi trasferiti mantengano gli stessi valori fiscali che avevano presso le società incorporate o fuse. Tale continuità riguarda sia i beni patrimoniali (strumentali e non) che possono generare plusvalenze o minusvalenze, sia i beni merce che viceversa danno luogo a ricavi.
Il secondo comma dell’art. 172 del TUIR, sancisce altresì l’irrilevanza fiscale delle differenze di fusione, sia che derivino dal concambio delle azioni (o quote), sia che siano originate dall’annullamento delle partecipazioni possedute nelle società incorporate. Pertanto il disavanzo e l’avanzo, sia da annullamento che da concambio, sono poste fiscalmente neutrali, e quindi irrilevanti ai fini della determinazione del reddito imponibile della società risultante dalla fusione o incorporante1.
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L’art. 172 secondo comma del TUIR dispone che «nella determinazione del reddito della società
risultante dalla fusione o incorporante non si tiene conto dell’avanzo o disavanzo iscritto in bilancio per effetto del rapporto di cambio delle azioni o quote o dell’annullamento delle azioni o quote di alcuna della società fuse possedute da altre». La norma che ha storicamente disciplinato il trattamento fiscale dei
disavanzi di fusione è stata l’art. 123 del TUIR, la cui formulazione in vigore dal periodo d’imposta 1988 al 31 dicembre 2003, prevedeva l’irrilevanza fiscale dei disavanzi da concambio e annullamento ai fini della determinazione del reddito, con un’eccezione, ossia la possibilità per l’incorporante di rivalutare i beni ricevuti dalle incorporate fino a concorrenza del disavanzo da annullamento, senza configurare una fattispecie fiscalmente rilevante: le plusvalenze iscritte per effetto della fusione non dovevano essere assoggettate a tassazione. Tale schema consentiva di far emergere un consistente disavanzo da
Il disavanzo, oltre a non essere mai deducibile dal reddito d’impresa, non può essere in nessun caso utilizzato per rivalutare dal punto di vista fiscale, i beni della società fusa o incorporata. Conseguentemente, se tale posta ha natura di plusvalenza dei beni delle società fuse o incorporate (poiché i beni dell’attivo hanno un valore superiore rispetto a quello contabile, oppure esiste un valore di avviamento) la società beneficiaria potrà iscrivere in bilancio i maggiori valori, ma solo a fini civilistici. I beni della società estinta conservano in capo al soggetto risultante dalla fusione, lo stesso valore fiscale che avevano presso le società incorporate o fuse. Pertanto, i maggiori valori iscritti, non costituiscono plusvalenze tassabili in capo all’incorporante. Inoltre, gli ammortamenti calcolati sui maggiori valori iscritti non sono fiscalmente deducibili e quindi nella dichiarazione dei redditi occorrerà effettuare le relative variazioni fiscali in aumento. L’unico adempimento richiesto dall’art. 172 comma 2 del TUIR, è di tipo dichiarativo: la differenza tra i valori civilistici e quelli fiscali, che si origina in relazione ai singoli beni dell’attivo derivanti dall’imputazione del disavanzo, deve risultare da un «apposito prospetto di riconciliazione della dichiarazione
dei redditi»2.
annullamento in capo all’incorporante con conseguente successivo affrancamento gratuito dei plusvalori latenti dei beni della società incorporata. Successivamente, la Legge 724/1994 fissò il principio secondo il quale nessun disavanzo di fusione poteva essere utilizzato per il riconoscimento dei maggiori valori in franchigia d’imposta. Veniva sancita di fatto, l’irrilevanza a qualsiasi titolo sia del disavanzo da annullamento che di quello da concambio. Con il D.Lgs. 358/1997, la cosiddetta «Riforma Visco», il riconoscimento fiscale delle differenze di fusione fu subordinato al pagamento di un’imposta sostitutiva del 27% del loro ammontare, che con la Legge 342/2000 fu ridotta al 19%. In via del tutto innovativa, si consentiva di affrancare a pagamento qualsiasi differenza contabile, da concambio o da annullamento, emergente da un’operazione di fusione. A decorrere dal 1° gennaio 2004, con il D.Lgs. 344/2003, furono abrogate le previsioni del D.Lgs. 358/1997 e non risultava più consentito attribuire alcun riconoscimento fiscale a pagamento ai disavanzi contabili emergenti da un’operazione di fusione. In seguito, la legge finanziaria 2008 ha ripristinato la possibilità di optare, nelle operazioni di fusione, per il regime dell’imposta sostitutiva al fine di ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio a seguito di tali operazioni, regime che sarà considerato nel seguito della trattazione.
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Ai fini della riconciliazione tra valori civilistici, iscritti in bilancio, e valori fiscalmente riconosciuti dei medesimi beni, la società incorporante o risultante dalla fusione è tenuta a compilare il quadro RV della dichiarazione dei redditi. Sono tenuti alla compilazione del modello in parola, i contribuenti che, a seguito dell’operazione di fusione, hanno incrementato il valore di bilancio cui si trovavano iscritti determinati beni grazie all’utilizzo del disavanzo di fusione. Tali beni si trovano infatti su un doppio binario, quello civilistico cui corrisponde un certo valore e quello fiscale, cui ne corrisponde un altro. L’Amministrazione finanziaria deve essere informata della discrasia esistente tra i due valori, in modo da poter accertare la corretta determinazione degli ammortamenti fiscalmente rilevanti e dell’eventuale plusvalenza/minusvalenza (sempre fiscalmente rilevante) realizzata al momento della dismissione del cespite.
Con la finanziaria 2008, Legge 24 dicembre 2007, n. 244, in deroga al regime ordinario di irrilevanza fiscale dei maggiori valori che emergono in bilancio a seguito di un’operazione di fusione, viene prevista la possibilità di affrancare tali valori attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP, a condizione che in sede di fusione, siano attribuiti alla società risultante dall’operazione compendi aziendali e non singoli beni3
. Tale regime, si contrappone ed è alternativo a quello della neutralità fiscale e permette alla società incorporante o risultante dalla fusione di scegliere se agire in totale neutralità oppure ottenere il riconoscimento fiscale dei plusvalori civilistici iscritti, mediante corresponsione di un’imposta sostitutiva a scaglioni progressivi, pari al:
12% , per i maggiori valori fino a 5 milioni di euro;
14%, per i maggiori valori tra 5 e 10 milioni di euro;
16%, per i maggiori valori oltre 10 milioni di euro.
L’opzione per l’affrancamento può essere esercitata nella dichiarazione dell’esercizio in cui è stata posta in essere l’operazione oppure nella dichiarazione successiva. L’imposta sostitutiva può essere corrisposta in tre rate annuali, e a partire dal periodo d’imposta nel corso del quale è esercitata l’opzione, si ha il riconoscimento dei maggiori valori attribuiti a immobilizzazioni materiali, immateriali e avviamento. L’affrancamento può essere effettuato anche parzialmente, ma a condizione che per le immobilizzazioni materiali si proceda per categorie omogenee. Restano comunque esclusi dalla possibilità di affrancamento i beni merce e gli elementi dell’attivo che non rientrano nelle categorie delle immobilizzazioni materiali o immateriali, quali i costi pluriennali e le immobilizzazioni finanziarie. Tuttavia, per beneficiare di tale agevolazione è necessario che i beni siano mantenuti, successivamente all’affrancamento, per almeno quattro periodi d’imposta. La cessione dei beni rivalutati prima della conclusione del quarto periodo d’imposta successivo all’opzione, determinerà l’emergere di plusvalenze calcolate
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assumendo il costo non rivalutato, con la possibilità di scomputare dall’imposta ordinaria dovuta, l’imposta sostitutiva assolta con riferimento ai beni ceduti. Nel Documento interpretativo n. 3 dell’OIC del marzo 2009, si afferma che a fronte dell’iscrizione dei maggiori valori delle attività in conseguenza di operazioni straordinarie avvenute in regime di neutralità d’imposta, tranne il caso di iscrizione dell’avviamento, l’impresa deve rilevare «in sede di
contabilizzazione dell’operazione di conferimento, fusione e scissione, imposte differite passive». Tali imposte, data l’irrilevanza fiscale dei plus/minusvalori
emersi dal procedimento di fusione secondo l’attuale normativa tributaria, avranno l’obiettivo di neutralizzare i maggiori o minori carichi fiscali che potranno emergere negli esercizi successivi4. Pertanto, a fronte dell’imputazione del disavanzo ai beni, sarà necessario iscrivere le relative imposte differite; ciò non sarà invece necessario nel caso in cui la differenza contabile è imputata in tutto o in parte ad avviamento, dato che si tratta di una posta residuale che non genera fiscalità differita5. Il Principio contabile OIC 25, stabilisce che «le
imposte differite relative a operazioni che hanno interessato direttamente il patrimonio netto, senza transitare da conto economico, sono contabilizzate nel fondo imposte differite tramite riduzione della posta di patrimonio netto creatasi a seguito dell’operazione stessa». È ciò che avviene in caso di fusione propria,
dove le imposte differite vengono detratte dal patrimonio netto generato dall’operazione di fusione, utilizzando le riserve disponibili dell’incorporante. Invece, nel caso di fusione per incorporazione, si ha un aumento di capitale sociale riservato, e appare improprio ridurre il patrimonio generato a seguito della fusione, dato che l’incremento di patrimonio netto dell’incorporante è interamente rappresentato da capitale sociale. Pertanto, in deroga al Principio contabile OIC 25, le imposte differite sono imputate a incremento del valore del
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ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Fusione e scissione, OIC 4, gennaio 2007.
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Ad esempio: supponiamo che a seguito di un’operazione di fusione emerga un disavanzo di 1000 €, dovuto al plusvalore latente di un immobile iscritto in bilancio per 100 €. Per determinare le imposte differite dobbiamo considerare che 1000 € sia un valore al netto delle stesse. Se l’aliquota fiscale è pari a 31,4% (27,50% di IRES e 3,9% di IRAP), il disavanzo corrisponderà al 68,6% del totale. Pertanto dalla seguente proporzione scaturirà il valore al lordo delle imposte differite:
1000 : 68,6 = x : 100 dove x = 1458 €
bene per cui sono state iscritte, fino al limite del valore economico del bene stesso6. L’eventuale eccedenza è imputata ad avviamento7.
Anche l’avanzo di fusione rappresenta una posta fiscalmente neutra e quindi iscrivibile nel bilancio della società risultante dalla fusione o incorporante senza alcun effetto nella determinazione del reddito imponibile. Esso costituisce in generale una riserva del patrimonio netto assimilabile al fondo sovrapprezzo azioni e pertanto non è tassato al momento della sua formazione, ma in caso di successiva distribuzione ai soci. La disciplina fiscale della fusione prevede inoltre, che l’avanzo debba essere utilizzato per la ricostituzione delle riserve in sospensione d’imposta eventualmente esistenti nel patrimonio delle società incorporate o fuse, aspetto che sarà trattato in seguito.
Il principio di neutralità della fusione riguarda anche i soci, per i quali il comma 3 dell’art. 172 del TUIR dispone che «il cambio delle partecipazioni originarie
non costituisce né realizzo né distribuzione di plusvalenze o di minusvalenze né conseguimento di ricavi per i soci della società incorporata o fusa». Si realizza,
infatti, una permuta pura e semplice a valori fiscalmente identici delle azioni (o quote) possedute nelle incorporate con le azioni (o quote) dell’incorporante di nuova emissione. Nel caso in cui ai soci dell’incorporata venga attribuito un conguaglio in denaro, si ha una deroga al generale principio di neutralità. Infatti, le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci possono essere assoggettati a tassazione come redditi di capitale ai sensi dell’art. 47 comma 7 del TUIR, oppure ricorrendone le condizioni, secondo la disciplina delle plusvalenze esenti ai sensi degli art. 58 e 87 del TUIR.
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L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione 50/E dell’11 giugno 2010, ha chiarito che, in ipotesi di fusione, l’affrancamento dei maggiori valori contabili derivanti dall’operazione può essere esteso anche alla parte di essi imputata alle immobilizzazioni in contropartita dell’iscrizione nel passivo del fondo imposte differite. Sul punto si veda D’ANGELO G., SALVADEO S., Affrancamento delle imposte
differite iscritte sulle differenze di fusione riallocate sulle immobilizzazioni, in Bilancio e reddito
d’impresa, n.10, 2010.
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Per approfondimenti in materia si veda VASAPOLLI A., VASAPOLLI G., Riallineamento dei valori e