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I reati fallimentari

3. La disciplina antecedente alla riforma del diritto societario

3.2 I profili penali

3.2.2 I reati fallimentari

L’operazione di leveraged buy out è caratterizzata da un notevole grado di rischio di insolvenza, che potrebbe condurre al fallimento delle società coinvolte. In questi casi, le conseguenze penali diventavano ancora più gravi, in quanto

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«L’amministratore, che, avendo in una determinata operazione per conto proprio o di terzi un interesse

in conflitto con quello della società, non si astiene dal partecipare alla deliberazione del consiglio o del comitato esecutivo relativa all’operazione stessa, è punito con la multa da lire 400.000 a 4.000.000. Se dalla deliberazione o dall’operazione è derivato un pregiudizio alla società, si applica, oltre la multa, la reclusione fino a 3 anni».

avrebbero potuto astrattamente configurarsi anche i reati fallimentari di bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice, previsti rispettivamente dagli articoli 216 e 223, 217 e 224 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare).

L’imprenditore che si trova in uno stato irreversibile di insolvenza, può essere dichiarato fallito, e a seguito della dichiarazione di fallimento, possono essere applicate le sanzioni penali previste dai reati di bancarotta, che possono distinguersi in due categorie, a seconda del fatto che siano stati causati in maniera dolosa o colposa: bancarotta fraudolenta (art. 216 l.f.)95 e bancarotta semplice (art. 217 l.f.)96. Inoltre si parla di bancarotta propria, se il reato è stato commesso dal fallito, e di bancarotta impropria, se il reato è stato commesso da soggetti diversi dal fallito.

L’art. 223 l.f., punisce i reati di bancarotta fraudolenta impropria, commessi da persone diverse dal fallito, e al primo comma, assoggetta gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori di società dichiarate fallite che abbiano commesso uno dei fatti indicati dal 216 l.f.97, alle pene previste per il reato di bancarotta fraudolenta98da parte dello stesso articolo. Nelle operazioni di MLBO, potrebbe essere commesso dagli amministratori il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, mentre le altre condotte previste come penalmente rilevanti dall’art.

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La bancarotta fraudolenta punisce i comportamenti dolosi, avvenuti con la consapevolezza di portare l’impresa in una situazione di crisi finanziaria irreversibile tale da causare il fallimento della stessa.

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La bancarotta semplice, punisce invece quei comportamenti prevalentemente di natura colposa. In tal caso non si ha quindi la consapevolezza di arrivare all’insolvenza o di arrecare un pregiudizio ai creditori.

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L’art. 216 l.f. individua tre tipiche condotte di bancarotta fraudolenta: bancarotta patrimoniale, documentale e preferenziale. Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale ha come oggetto di riferimento il patrimonio della società. Consiste nel sottrarre, distrarre, occultare, dissimulare, distruggere o dissipare beni della società. Si ha bancarotta fraudolenta patrimoniale anche quando si espongono passività inesistenti allo scopo di recare pregiudizio ai creditori (art 216 l.f., primo comma, n.1). La bancarotta fraudolenta documentale ha come oggetto di riferimento i documenti della società. Si realizza nel caso di manipolazione degli stessi e in particolare, consiste nel sottrarre, distruggere o falsificare le scritture contabili in modo da rendere impossibile o più difficoltosa la ricostruzione del patrimonio della società e del movimento dei suoi affari, al fine di ottenere un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori (art 216 l.f., primo comma, n.2). La bancarotta fraudolenta preferenziale tutela, invece, la par

condicio creditorum. Sono pertanto puniti i pagamenti effettuati dal fallito o la simulazione da parte del

medesimo di titoli di prelazione, allo scopo di favorire alcuni creditori a danno degli altri (art. 216 l.f., terzo comma). Per integrare questi reati di bancarotta fraudolenta, è necessario che sussista un particolare elemento psicologico, il dolo, ovverosia l’intenzione di recare pregiudizio ai creditori e produrre il fallimento della società.

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L’art. 216 l.f. prevede la reclusione da tre a dieci anni per l’imprenditore dichiarato fallito, che abbia compiuto uno dei fatti indicati dal medesimo articolo.

216 l.f., non possono verificarsi. Pertanto, occorre accertare se gli amministratori della società dichiarata fallita hanno distratto in tutto o in parte i beni della società. La «distrazione» consiste nell’atto di sottrarre i beni dal patrimonio soggetto a garanzia creditoria, senza che al patrimonio stesso sia conferito il corrispettivo, o comunque in modo tale da rendere i beni in tutto o in parte indisponibili ai creditori99. Pertanto, distrarre un bene, significa sottrarlo alla funzione di garanzia, ma anche destinarlo a uno scopo diverso da quello dovuto. La distrazione sussisterebbe anche quando i beni sociali vengono utilizzati per finalità differenti da quelle cui erano destinati, o quando il ricavato della loro alienazione sia volontariamente impiegato per fini diversi rispetto a quelli dell’impresa, in modo da sottrarlo alla stessa funzionalità dell’azienda e alla garanzia dei terzi100. Inoltre, la distrazione sarebbe ravvisabile anche quando tali atti di disposizione vengano compiuti in epoca non prossima al fallimento.

Nelle operazioni di MLBO, la condotta distrattiva potrebbe consistere nella destinazione dei cash flow della società risultante dalla fusione, alla restituzione del debito originariamente contratto dalla newco.

Secondo una prima interpretazione, un’operazione di LBO non può mai integrare gli estremi della bancarotta fraudolenta per distrazione, dato che il pagamento del prezzo dell’acquisizione (l’atto di disposizione patrimoniale) viene effettuato prima della fusione con le risorse degli enti finanziatori, o dopo la fusione con le risorse della società risultante, società diversa dalla target. Né prima né dopo la fusione, sarebbe imputabile agli amministratori della target il reato di cui si discute, dato che non avviene alcuna distrazione del patrimonio della stessa per il pagamento del debito della newco.

In base a una seconda interpretazione, potrebbe qualificarsi come distrattivo, l’uso dei cash flow della target per il pagamento del debito della newco. Deliberando la fusione per incorporazione nella newco, la target si accollerebbe il debito contratto dalla società veicolo, distraendo in questo modo parte del suo patrimonio a favore di un’altra società, e configurando in caso di fallimento, il

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Cassazione Penale, Sez. V, 4 aprile 2003, n. 22022.

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reato di bancarotta per distrazione. Un’interpretazione rigorosa del dettato normativo sembrerebbe escludere la configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta distrattiva nell’ambito delle operazioni di merger leveraged buy out, ma non è possibile escludere che la giurisprudenza, aderendo alla seconda interpretazione citata, si pronunci in senso contrario, ritenendo imputabile in capo agli amministratori di target il reato medesimo se si verificasse il fallimento della società risultante dalla fusione.

In caso di dichiarazione di fallimento della società risultante, in capo agli amministratori poteva trovare applicazione il reato di cui all’art. 223, secondo comma, n. 2, in forza del quale le pene previste per il reato di bancarotta fraudolenta sono applicate anche agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori delle società dichiarate fallite se «hanno cagionato con

dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società».

Con l’espressione «operazioni dolose» si intendono gli atti che implicano una disposizione del patrimonio, compiuti dagli amministratori della società, con l’intenzione di conseguire un profitto per sé o per altri, a danno della società e dei creditori. Per integrare la fattispecie in esame, può bastare anche la sola intenzione di arrecare un danno alla società o ai creditori. Pertanto, qualunque comportamento doloso di amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori, consistente in una infedeltà nei confronti della società, valeva ad integrare la fattispecie in esame. In sostanza, si riteneva che tutti gli atti che avevano prodotto un aumento dei debiti della società post-fusione, tali da provocare una situazione economico-finanziaria non sostenibile, erano causa dello stato di insolvenza e quindi sanzionabili come ipotesi di bancarotta fraudolenta ai sensi del punto 2 art. 223 della legge fallimentare.

Per quanto concerne i reati di bancarotta semplice impropria, l’art. 224 della l.f. prevede che agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci ai liquidatori di società dichiarate fallite, si applichino le pene previste dall’art. 217101

, nei casi in cui abbiano commesso uno dei fatti previsti dal suddetto articolo. L’art. 217, n. 2,

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L’art. 217 l.f. prevede la reclusione da sei mesi a due anni, per l’imprenditore dichiarato fallito, che abbia compiuto uno dei fatti indicati dal medesimo articolo.

prevede e sanziona la condotta degli amministratori che abbiano consumato una notevole parte del patrimonio della società in operazioni manifestamente imprudenti, e ciò rappresenta il comportamento criminoso che potrebbe verificarsi in un’operazione di LBO. Per «operazioni manifestamente imprudenti», si intendono quelle caratterizzate da un elevato grado di rischio, che appaiono avventate e, in quanto tali, sconsigliate. Si potrebbe ritenere che un’operazione di leveraged buy out possa qualificarsi come manifestamente imprudente, quando non sia accompagnata da un business purpose che escluda la sua irrazionalità e l’elevato rischio.

Infine l’art. 224, n. 2 della legge fallimentare, è una disposizione generale di chiusura, che applica le pene previste dall’art. 217 l.f., agli amministratori che abbiano concorso a cagionare il dissesto della società con inosservanza degli obblighi ad essi imposti dalla legge.