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Esperienza e riflessività

Il pensiero riflessivo emerge, secondo John Dewey, quando il nostro incontro con la realtà, con la nostra esperienza, manifesta difficoltà dal punto di vista inter- pretativo, cioè nel dare senso o significato alla situazione sulla base di quanto già elaborato, oppure operativo, perché ci si trova di fronte a una qualche forma di in- certezza o impossibilità di andare avanti. Il non riuscire a procedere o sul piano co- gnitivo o sul piano dell’azione porta a ritornare su se stessi, a cercare le ragioni di tale difficoltà. Si entra così in quello che è stato definito uno stato problematico che invita a sospendere l’azione per cercare di individuare vie di soluzione. In situazioni di questo tipo tende anche a manifestarsi una più o meno intensa reazione emozio-

nale.98Più in generale la riflessione gioca un suo ruolo fondamentale tutte le volte

che si parla di esperienza. Vediamo perché.

In psicologia l’esperienza può essere considerata sia come sostantivo, sia come verbo. Come sostantivo è: “la valutazione soggettiva (cosciente) degli stimoli rece-

piti, o la conoscenza da essi derivata”; come verbo: “provare qualcosa, imbattersi in qualcosa, trovare qualcosa, sentire, soffrire alcunché, o acquistare coscienza di un oggetto di stimolo, di una sensazione o di un evento interiore”. D’altra parte Kurt

Lewin identificava il campo di esperienza interiore con l’insieme dei contenuti più intimi che emergono progressivamente e con diverso grado di chiarezza alla coscien- za. Esso, quindi, varia da persona a persona sia per estensione, sia per strutturazione, nonché per la dinamica che si svolge nel suo ambito.

Perché un evento, un incontro, una situazione vengano considerati un’esperien- za occorre dunque che si possa riscontrare la presenza di almeno due elementi: uno affettivo, l’altro cognitivo. L’elemento affettivo è dato dalla reazione emozionale che si prova: piacere, paura, tristezza, gioia, rabbia, entusiasmo, soddisfazione, noia, rim- pianto... Quello cognitivo consiste nel cercare di capire il perché, il senso di tale emozione, la sua radice profonda. Naturalmente ciò può essere vissuto a un livello più o meno intenso e coinvolgente, ma la reazione emozionale e la riflessione critica, anche se in forme talora assai attenuate, fanno parte di ogni forma di esperienza.

La filosofia tende ad approfondire ulteriormente tale prospettiva. Con il termine esperienza non si intende “il semplice fare, l’essere coinvolto in qualche forma di attività; l’esperienza non coincide con il mero vissuto... modo diretto e naturale di vivere nell’orizzonte del mondo. L’esperienza prende forma quando il vissuto diven- ta oggetto di riflessione e il soggetto se ne appropria consapevolmente per compren- derne il senso... Il fare esperienza va inteso come il movimento dello stare in contatto di sé, il disporsi in atteggiamento di ascolto pensoso rispetto al divenire della propria presenza nel mondo. L’esperienza richiede ascolto: ascolto di sé, dei propri vissuti emotivi e cognitivi”.99

98MANDLERG., Mind and Body, New York, Northon, 1984.

In realtà la parola «esperienza» deriva dal latino experiri (passare attraverso), cioè provare, sentire, essere colpito da una situazione di vita. Il concetto di esperien- za è diverso da quello di attività alla quale si partecipa. L’attività riguarda per un ver- so le cose che si fanno e per un altro il perché le si fa, cioè le mete che ci si propone di raggiungere. L’esperienza riguarda invece il singolo partecipante all’attività, quan- to ne è o non ne è stato coinvolto; la sollecitazione che prova o che ha provato; la modifica o trasformazione interiore che è avvenuta. Naturalmente con livelli o gradi diversi di profondità e di coinvolgimento a seconda dei partecipanti. Dal punto di vi- sta dell’apprendimento è essenziale non solo che si sia sentito o provato qualcosa, ma anche che se ne sia divenuti consapevoli. Si può anche notare come il termine «esperienza» valorizzi due preposizioni: «ex» (= da), che significa partenza, allonta- namento, distacco più o meno volontario dall’ambiente familiare, usuale o iniziale, e «per», che designa viaggio attraverso un ambiente, un mondo nuovo. Anche l’e- spressione tedesca che designa l’esperienza – Erfahrung – racchiude in sé il motivo del viaggio (Fahrt) e quindi la duplice idea della partenza e della peregrinazione. Aprirsi all’esperienza significa dunque sviluppare la tendenza alla riflessività rispet- to a quanto viene vissuto, soprattutto se ciò riveste un carattere di novità.

Come accennato precedentemente, si deve a John Dewey una buona base di ri- ferimento sull’importanza nei processi educativi dell’attività di riflessione e come essi vengono attivati. Dewey distingue tra azioni di tipo routinario e azioni che im- plicano riflessione. Queste ultime sono attivate quando si sperimenta una difficoltà, un evento disturbante, il non poter risolvere immediatamente il problema che ha di fronte. La natura dell’azione che impegna la riflessione si evidenzia da una conside- razione attiva, persistente e puntuale delle convinzioni o della pratica alla luce delle ragioni che le fanno da supporto e delle conseguenze future che ne derivano. Si tratta di un modo di incontrare e rispondere in maniera globale ai problemi, alla propria identità. Non sono coinvolti solo processi logici e razionali, vengono sollecitati anche, se non soprattutto, intuizione, emozioni e passione, per cui non si tratta di mettere solamente in gioco un insieme di tecniche. Tutto ciò implica apertura men- tale, senso di responsabilità, pieno coinvolgimento. La riflessione, secondo Dewey: «[...] ci libera da ciò che è puramente impulsivo e di routine [...] e ci abilita a dirigere le nostre azioni con una prospettiva, a progettare in vista di finalità consapevolmente adottate. Ci abilità a conoscere la natura di ciò che stiamo per fare».100

Rispetto a Dewey, Donald Schön101ha distinto tra riflessione prima dell’azione,

in qualche modo riferibile a quanto sviluppato da Dewey, e riflessione nel corso dell’azione. Schön affronta la tematica della riflessione dal punto di vista delle pro- fessioni a sfondo progettuale, ciò significa che l’agire di tali professionisti mira a trasformare una situazione, un evento, una pratica, un ambiente, in modo intenzio- nale e sistematico. La riflessione nel corso dell’azione assume un forma di conver-

100DEwEYJ., Come pensiamo, Firenze, La Nuova Italia, 1961, p. 17. 101SCHöND.A., Il professionista riflessivo, Bari Dedalo, 1993.

sazione che si svolge via via che il progetto iniziale trova la sua realizzazione. I pro- blemi da affrontare in questa conversazione vanno identificati dallo stesso profes- sionista riflettendo sulla natura e sulle esigenze delle situazioni problematiche. In questa interpretazione, al fine di chiarire e superare tali situazioni, entra in gioco tut- to l’insieme della conoscenze, valori, esperienze e pratiche, che egli ha sviluppato nel tempo. Il concetto di conversazione, soprattutto nel caso dell’insegnamento, ri- spetto a quanto descritto da Schön, deve essere esteso a tutti i possibili interlocutori, diventando un processo sociale. E questo porta a considerare anche i vari condizio- namenti più o meno espliciti che i docenti sperimentano, dalle richieste burocratiche che si susseguono, al cosiddetto “contratto didattico”, cioè alle attese sottese dell’insegnante e degli alunni, che fa da sfondo nell’impostarne l’azione e valutarne i risultati, ai vincoli che li legano all’istituzione e alla sua organizzazione.

L’esigenza di riflettere, di pensare prima di agire, può essere rivisitata da un al- tro punto di vista. Lo studio sviluppato nei due decenni passati sulle cosiddette fun- zioni esecutive, ha messo in luce come una delle competenze auto-regolative fonda- mentali da promuovere fin dall’infanzia sia il controllo o la gestione dell’impulsività. Si tratta anche di una delle fondamentali funzioni esecutive che vanno promosse dai tre ai nove anni. Per controllo dell’impulsività si intende la capacità di inibire rispo- ste immediate e di spostare la gratificazione immediata, riflettendo prima di reagire: resistere agli impulsi, considerare le conseguenze prima di agire, bloccare il proprio comportamento quando è opportuno. I soggetti appaiono in linea di massima capaci di controllare se stessi. Un esempio di comportamento problematico ha bisogno che qualcuno intervenga con determinazione: “no”, “basta questo”.

Costa e Kallick in una serie di contributi sviluppati dal 2000 in poi hanno esami- nato in concreto una serie di disposizioni personali, denominate, abiti della mente (habits of mind), che sembrano influire non solo sulla competenza d’apprendimento dello studente, ma anche più generalmente sul suo sviluppo personale, culturale, so-

ciale e professionale.102Le disposizioni esaminate sono molteplici: persistere, gestire

l’impulsività, ascoltare con comprensione ed empatia, pensare in modo flessibile, pensare sul pensare (meta-cognizione), impegnarsi per l’accuratezza, fare domande e porre problemi, applicare la conoscenza pregressa a nuove situazioni, pensare e co- municare con chiarezza e precisione, raccogliere informazioni con tutti i sensi, crea- re, immaginare, innovare; rispondere con meraviglia e stupore; assumere rischi re- sponsabili; trovare il lato umoristico; pensare in maniera indipendente; rimanere aperti all’apprendimento continuo. A proposito della gestione dell’impulsività Costa e Kallick hanno scritto: “Le persone che risolvono i problemi in maniera efficace so- no av vedute: pensano prima di agire. Costruiscono intenzionalmente una visione di un prodotto, di un piano d’azione, di un obiettivo, o di una meta prima di cominciare. Cercano di chiarificare e comprendere le direzioni, sviluppano una strategia per ac-

102I contributi sono stati tradotti in italiano a cura di Mario Comoglio nel 2007: COSTAA.L. -

costarsi a un problema, e si trattengono dall’esprimere immediatamente giudizi di va- lore su un’idea prima di comprenderla fino in fondo. Le persone riflessive conside- rano le alternative e le conseguenze di alcune possibili direzioni prima di intraprendere l’azione. Riducono il bisogno di procedere per tentativi ed errori raccogliendo infor- mazioni, prendendo tempo per riflettere su una risposta prima di darla, assicurandosi di comprendere le direzioni, e ascoltando punti di vista alternativi.”

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