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L’ordinamento spagnolo

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, oltre a presentare sicure analogie con quello

italiano, riveste interesse per le frequenti reciproche contaminazioni, o, meglio, per

usare le parole di autorevole dottrina, per l’intensissima reciproca «fertilizzazione»

intercorsa tra i due ordinamenti a far tempo (almeno) dal 1931

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duplicazioni senza comprimere eccessivamente l’autonomia tributaria degli enti di governi intermedi e locali.

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Da F. BASSANINI e G. MACCIOTTA, Oggetto e finalità della legge (Commento all’articolo 2), in V.

NICOTRA,F.PIZZETTI e S. SCOZZESE (a cura di), Il federalismo fiscale, Roma, 2009, p. 28. Secondo la medesima dottrina, tali disposizioni costituiscono un set di princípi fondamentali che va letto nella più ampia prospettiva sistemica delineata dalla nuova formulazione dell’articolo 114, che ha attribuito pari dignità repubblicana ai diversi livelli di governo, dal riconoscimento della centralità del principio di sussidiarietà che scaturisce, prima che dall’esplicita disposizione dell’articolo 118, da una lettura sistematica dell’intero Titolo V, e, infine, dai vincoli di conformità ai generali princípi della Costituzione, all’ordinamento comunitario e agli obblighi internazionali previsti dall’articolo 117, primo comma, e dal secondo comma dell’articolo 119 della Costituzione.

456 L’ispirazione di tale principio al modello spagnolo è evidente, posto che già nella Relazione sull’attività svolta dall’Alta Commissione per la definizione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale (ACoFF), rinvenibile in http://www.sitiarcheologici.palazzochigi.it/www.governo.it/maggio% 202006/www.governo.it/ Presidenza/ACoFF/index.html, p. 54, si dà conto che «Nella LOFCA (articolo 1, lettera e) si prevede che in base ad esso: “sarà valutato l’impatto – positivo o negativo – che possono comportare le decisioni legislative prese dallo Stato in materia tributaria, o la adozione dei provvedimenti di interesse generale, che eventualmente possano far ricadere sulle CA obbligazioni di spesa non previste alla data di approvazione del sistema di finanziamento vigente, e che dovranno essere oggetto di valutazione annuale quanto al loro impatto, tanto in materia di entrate come di spese, da parte del Consiglio di Politica Fiscale e Finanziaria delle CC.AA.”.».

457 Come si è avuto modo di affermare in precedenza, v. par. 2.5. 458

Queste le parole di L. PEGORARO, Revisione costituzionale e potestà statutaria, in Dir. reg., 1/2009, p 12, che prosegue «La soluzione “regionale” proposta dalla Costituzione del 1931 - annichilita dal colpo di stato e poi dalla dittatura di Franco -, se ha avuto una sorte infelice nel suo Paese, viceversa ha rappresentato un punto di riferimento sia per la dottrina, sia per il costituente italiano del 1946-1947, che a essa ha guardato per costruire un modello di decentramento collocato a un grado inferiore al federalismo, ma certamente superiore a quello assicurato dalla mera autonomia amministrativa. A loro volta, le Cortes Constituyentes spagnole hanno licenziato un testo che risente fortemente dell’imprinting italiano, così come codificato nel Titolo V della Costituzione. Dal canto suo la dottrina del secondo dopoguerra - specie quella italiana - mai ha esitato a comprendere le esperienze spagnola, italiana e belga nella classe degli “Stati regionali”, che non rappresentano una mera categoria residuale (né accentrati, né federali), ma che sarebbero forniti di precise caratteristiche che li designano. Di più: in sede di riforma del Titolo V, l’Italia ha nuovamente guardato alla Spagna per introdurre, all’art. 116,

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Da altri studiosi viene fatto notare, a proposito di una possibile comparazione

tra l’esperienza costituzionale italiana e spagnola, che si tratta di due Costituzioni

separate cronologicamente dallo spazio di trenta anni, ma unite da tanti elementi,

relativi alla loro genesi, al processo di elaborazione, allo spirito di consenso al quale

risposero e, soprattutto, ai valori di riferimento.

In effetti - rileva tale dottrina - «la Costituzione spagnola del 1978, che ha avuto

un ruolo fondamentale nel processo di consolidamento della democrazia spagnola, ha

completato il processo di affermazione dei princípi democratici nell’Europa

occidentale che si era avviato, nell’immediato dopo guerra, con le Costituzioni

italiana, francese e tedesca. E’ indubbio, infatti, che essa appartiene alla stessa

generazione costituzionale, rientrando a pieno titolo nel novero di quelle Costituzioni

che hanno caratterizzato - in Europa - la prima transizione costituzionale della

seconda metà del secolo ventesimo.»

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E, nel contempo, la Costituzione spagnola - il cui art. 1, comma 1, recita

«España se constituye en un Estado social y democrático de Derecho, que propugna

como valores superiores de su ordenamiento jurídico la libertad, la justicia, la

igualdad y el pluralismo politico» - ha costituito a sua volte fonte di ispirazione per la

costruzione di tradizioni giuridiche comuni, saldamente ispirate ai valori dello Stato

democratico.

Nel complesso, quindi, non può non tenersi conto di come il dibattito dottrinale

sulla Carta Fondamentale spagnola si sia «spesso mescolato alla riflessione politica

sulla Transizione, interpretando il testo costituzionale del 1978 come essenziale

strumento per il buon esito di due processi di transizione: quello, rapido e pacifico,

che ha traghettato la Spagna alla democrazia e quello, altrettanto rapido, che ha

consentito di accelerare e portare a compimento un secolare processo di convergenza

comma 3, un meccanismo per consentire l’attuazione di un regionalismo a velocità differenziata di stampo spagnolo.».

459 Così G. R

OLLA, La costruzione dello stato delle autonomie, in Ist.fed., 2005, 5, p. 795. Prosegue l’A.: «I rapporti tra l’ordinamento costituzionale spagnolo e le Costituzioni delle altre democrazie europee appaiono, quindi, contrassegnati da una feconda dialettica e testimoniano un’ampia capacità di circolazione dei modelli costituzionali, nonché una volontà d’apertura dei singoli ordinamenti agli apporti che possono provenire da altre esperienze. Se, per un verso, i costituenti spagnoli seppero far tesoro delle esperienze democratiche più affini sotto il profilo culturale e degli apporti della dottrina costituzionale europea; per un altro verso, la Costituzione spagnola del 1978, vivificata dall’opera creativa della giurisprudenza costituzionale e dall’interpretazione della dottrina, rappresenta un’occasione di continui approfondimenti ed una fonte non episodica di stimoli ed idee per gli operatori giuridici degli altri paesi europei, alle prese con la medesima, delicata esigenza di ridefinire gli assetti costituzionali.».

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verso l’Europa (avviato, almeno culturalmente, dal rigenerazionismo di fine

Ottocento). Democrazia ed Europa sono stati, in questo senso, i punti di orientamento

e di arrivo del duplice processo di transizione che in una decina d’anni ha trasformato

la Spagna da una autocrazia nazionalista e periferica, poco e male integrata al sistema

continentale, non solo in una democrazia europea, ma, nonostante qualche

congiunturale opportunismo, anche in una democrazia europeista, cioè in un paese

che, tanto nel suo governo centrale, quanto nei suoi centri di potere autonomico,

scommette sull’identità europea, sentendola come parte essenziale e completamento

della propria.»

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