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Il decreto legislativo 14 marzo 2011, n 23 («federalismo municipale»)

4.5. Il decreto legislativo 26 novembre 2010, n 216 (determinazione dei cost

4.6.1. Il decreto legislativo 14 marzo 2011, n 23 («federalismo municipale»)

Il d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23

405

, in materia di federalismo fiscale municipale,

costituisce attuazione dell’art. 12

406

della legge n. 42 del 2009 ed ha come obiettivo

404 V. C

ERIANI, I fabbisogni standard, cit., p. 32.

405 Lo «schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale»

fu approvato preliminarmente dal Consiglio dei Ministri del 4 agosto 2010 e poi assegnato, in data 9 novembre 2010, alla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, nonché alle Commissioni bilancio di Camera e Senato (A.G. n. 292). L’esame da parte della Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale si è concluso nella giornata del 3 febbraio 2011, ma la proposta di parere del Presidente della Commissione, posta in votazione, è stata respinta (essendovi verificata parità tra i voti favorevoli e quelli contrari). Il Consiglio dei ministri, in data 3 febbraio 2011, ha comunque proceduto all’approvazione in via definitiva del decreto legislativo. Il 4 febbraio 2011 il Presidente della Repubblica, dovendo procedere all’emanazione, ai sensi dell’articolo 87 Cost., del testo del decreto legislativo, ha rappresentato al Presidente del Consiglio che “non

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essenziale l’avvio del passaggio dalla finanza derivata alla finanza autonoma per gli

enti locali, prevedendo comunque una fase transitoria per una graduale applicazione

del nuovo sistema. Inoltre, persegue il risultato di semplificare il sistema preesistente,

sussistono le condizioni per procedere alla richiesta emanazione, non essendosi con tutta evidenza perfezionato il procedimento per l’esercizio della delega previsto dai commi 3 e 4 dell’art. 2 della legge n. 42 del 2009 che sanciscono l’obbligo di rendere comunicazioni alle Camere prima di una possibile approvazione definitiva del decreto in difformità dagli orientamenti parlamentari”. Il 9 febbraio 2011 il Consiglio dei ministri ha deliberato la trasmissione alle Camere dello schema di decreto in esame, con le relative osservazioni e modifiche. Il Governo ha poi provveduto a rendere comunicazioni alle Camere, ai sensi dell’art. 2, comma 4, secondo periodo, della legge n. 42 del 2009, e sono state presentate apposite risoluzioni parlamentari, approvate, rispettivamente, dal Senato della Repubblica il 23 febbraio 2011 e dalla Camera dei deputati il 2 marzo 2011. Il Consiglio dei Ministri ha quindi definitivamente adottato il decreto nella riunione del 3 marzo 2011.

406 «Art. 12. (Princípi e criteri direttivi concernenti il coordinamento e l’autonomia di entrata e di

spesa degli enti locali) - 1. I decreti legislativi di cui all’articolo 2, con riferimento al coordinamento ed all’autonomia di entrata e di spesa degli enti locali, sono adottati secondo i seguenti princípi e criteri direttivi:

a) la legge statale individua i tributi propri dei comuni e delle province, anche in sostituzione o trasformazione di tributi già esistenti e anche attraverso l’attribuzione agli stessi comuni e province di tributi o parti di tributi già erariali; ne definisce presupposti, soggetti passivi e basi imponibili; stabilisce, garantendo una adeguata flessibilità, le aliquote di riferimento valide per tutto il territorio nazionale;

b) definizione delle modalità secondo cui le spese dei comuni relative alle funzioni fondamentali di cui all’articolo 11, comma 1, lettera a), numero 1), sono prioritariamente finanziate da una o più delle seguenti fonti: dal gettito derivante da una compartecipazione all’IVA, dal gettito derivante da una compartecipazione all’imposta sul reddito delle persone fisiche, dalla imposizione immobiliare, con esclusione della tassazione patrimoniale sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo secondo quanto previsto dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore della presente legge in materia di imposta comunale sugli immobili, ai sensi dell’articolo 1 del decreto- legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126;

c) definizione delle modalità secondo cui le spese delle province relative alle funzioni fondamentali di cui all’articolo 11, comma 1, lettera a), numero 1), sono prioritariamente finanziate dal gettito derivante da tributi il cui presupposto è connesso al trasporto su gomma e dalla compartecipazione ad un tributo erariale;

d) disciplina di uno o più tributi propri comunali che, valorizzando l’autonomia tributaria, attribuisca all’ente la facoltà di stabilirli e applicarli in riferimento a particolari scopi quali la realizzazione di opere pubbliche e di investimenti pluriennali nei servizi sociali ovvero il finanziamento degli oneri derivanti da eventi particolari quali flussi turistici e mobilità urbana;

e) disciplina di uno o più tributi propri provinciali che, valorizzando l’autonomia tributaria, attribuisca all’ente la facoltà di stabilirli e applicarli in riferimento a particolari scopi istituzionali;

f) previsione di forme premiali per favorire unioni e fusioni tra comuni, anche attraverso l’incremento dell’autonomia impositiva o maggiori aliquote di compartecipazione ai tributi erariali;

g) previsione che le regioni, nell’ambito dei propri poteri legislativi in materia tributaria, possano istituire nuovi tributi dei comuni, delle province e delle città metropolitane nel proprio territorio, specificando gli ambiti di autonomia riconosciuti agli enti locali;

h) previsione che gli enti locali, entro i limiti fissati dalle leggi, possano disporre del potere di modificare le aliquote dei tributi loro attribuiti da tali leggi e di introdurre agevolazioni;

i) previsione che gli enti locali, nel rispetto delle normative di settore e delle delibere delle autorità di vigilanza, dispongano di piena autonomia nella fissazione delle tariffe per prestazioni o servizi offerti anche su richiesta di singoli cittadini;

l) previsione che la legge statale, nell’ambito della premialità ai comuni e alle province virtuosi, in sede di individuazione dei princípi di coordinamento della finanza pubblica riconducibili al rispetto del patto di stabilità e crescita, non possa imporre vincoli alle politiche di bilancio degli enti locali per ciò che concerne la spesa in conto capitale limitatamente agli importi resi disponibili dalla regione di appartenenza dell’ente locale o da altri enti locali della medesima regione.».

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che, come posto in evidenza nella relazione presentata dalla Commissione paritetica

per l’attuazione del federalismo fiscale (COPAFF) il 30 giugno 2010 al Parlamento,

presentava un elevato grado di stratificazione, con 18 fonti di entrata (dall’ICI alla

tassa sull’ombra) più una rilevante massa di trasferimenti da parte dello Stato ai

comuni

407

. Ciò consentirà, infine, la valorizzazione della responsabilizzazione degli

amministratori locali, avvicinando governanti e governati in modo che chi è

governato possa controllare meglio chi governa (la declinazione del principio «vedo,

pago, voto»)

408

.

In particolare, l’imposta municipale propria (Imu) ha come presupposto il

possesso di immobili diversi dall’abitazione principale ed andrà a sostituire, per la

componente immobiliare, l’imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative

addizionali, e l’imposta comunale sugli immobili.

Notoriamente è ritenuto che il presupposto d’imposizione correlato a beni

immobili garantisca stabilità ed anche una certa equità di distribuzione sull’intero

407

Per la ricognizione delle fonti di entrata degli enti locali come ricostruita dalla COPAFF, si rinvia all’allegato 3 alla relazione citata.

408 Il decreto, in particolare, prevede, per la fase transitoria (2011-2013): la devoluzione ai Comuni del gettito o delle quote di gettito derivanti da alcuni specifici tributi statali inerenti al comparto territoriale e immobiliare (art. 2, c. 1, 2 e 8), nonché l’attribuzione ai Comuni di una compartecipazione al gettito dell’imposta sul valore aggiunto (art. 2, c. 4); a fronte di tale devoluzione dei tributi e della compartecipazione IVA, vengono ridotti, in misura corrispondente, i trasferimenti erariali (art. 2, c. 8); al fine di garantire progressività ed equilibrio territoriale al processo di devoluzione, l’istituzione di un Fondo sperimentale di riequilibrio il cui periodo di funzionamento è fissato in tre anni ovvero, in ogni caso, fino alla data di attivazione del Fondo perequativo previsto dall’art. 13 l. n. 42/2009 (art. 2, c. 3); la facoltà di istituzione di un’imposta di soggiorno (art. 4); la graduale cessazione, da disporsi con regolamento statale, del blocco (per i Comuni che non l’hanno istituita ovvero che non hanno raggiunto l’aliquota massima dello 0,4%) dell’addizionale IRPEF (art. 5); la revisione imposta di scopo (art. 6), in modo tale da prevedere: a) l’individuazione di opere pubbliche ulteriori rispetto alle tipologie definite dalla normativa vigente; b) l’aumento sino a dieci anni della durata massima di applicazione dell’imposta; c) la possibilità che il gettito dell’imposta finanzi l’intero ammontare della spesa dell’opera pubblica da realizzare; l’istituzione di una «cedolare secca» (imposta sostitutiva), quale regime fiscale opzionale, alternativo al regime ordinario vigente concernente l’imposizione dei redditi da locazione di immobili ad uso abitativo (art. 3); una quota del gettito di tale imposta viene devoluta ai comuni [art. 2, c. 1, lett. g) e c. 8]; per la fase a regime (dal 2014 - caratterizzata dalla sostituzione dei numerosi tributi che gravano sul comparto immobiliare con due imposte volte al finanziamento dei Comuni): l’imposta municipale propria, che sostituisce, per la componente immobiliare, l’IRPEF e relative addizionali e l’ICI. Il tributo si applica su beni immobili non locati e diversi dall’abitazione principale (art. 8); l’imposta municipale secondaria, sostitutiva di taluni tributi: a) la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP); b) il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche; c) l’imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni; d) il canone per l’autorizzazione all’installazione dei mezzi pubblicitari (art. 11); l’attribuzione di una compartecipazione al gettito dei tributi dovuti in caso di trasferimento immobiliare, di cui all’art. 10, nella misura del 30% (art. 7, c. 2); il mantenimento dell’assegna-zione del gettito dei tributi di cui all’art. 2 (tenuto conto di quelli sostituiti dall’art. 10, cui provvede la predetta compartecipazione (art. 7, c. 3); l’addizionale IRPEF come risulterà dal regolamento di riordino delle misure (art. 5); l’imposta di soggiorno e l’imposta di scopo (artt. 4 e 6).

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territorio nazionale; inoltre, le proprietà immobiliari per definizione beneficiano dei

servizi offerti dall’ente più prossimo

409

, che, in coerenza col principio di correlazione,

è quindi legittimato a imporre un prelievo che finanzi tali servizi (di ciò si dà conto,

ad esempio, nella Relazione conclusiva ACoFF - p. 48).

Coerentemente, una delle principali fonti di entrata degli enti locali era

rappresentata dall’imposta locale sugli immobili (ICI)

410

, prima che con il d.l. 27

maggio 2008, n. 93, si introducesse l’esclusione dall’imposizione per la «prima

casa»

411

. Tale precisa volontà politica, diffusa in senso sostanzialmente trasversale, è

stata di seguito costantemente ribadita, a scapito della circostanza che - come taluni

osservatori non han mancato di rilevare

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- prevedere forme di imposizione che esen-

tano la prima casa e, quindi, vanno a colpire prevalentemente cespiti di soggetti non

409

«I fabbricati, in particolare la casa, sono poi beneficiari di una quota importante della spesa locale: spese per viabilità, trasporti, illuminazione, arredo urbano, sicurezza, ecc. L’imposta immobiliare si presenta quindi in regola con il principio tributario del beneficio, che ovunque esercita ancora un grande ruolo nella finanza locale. Può inoltre essere resa moderatamente progressiva attraverso detrazioni alla base, che fanno sì che il pagamento cresca più che proporzionalmente con il valore, così rispettando anche il principio costituzionale della capacità contributiva (a parte che anche un’imposta immobiliare strettamente proporzionale genera un gettito progressivo rispetto al reddito, perché i patrimoni risultano più concentrati dei redditi)», così G. MURARO, Dal federalismo alla riforma fiscale, in Rass. trib., 2010, VI, p. 1664 ss.), che prosegue «Non meno importante il ruolo di tale imposta ai fini della buona gestione della res publica. Al pari delle tariffe su specifici servizi pubblici, ma con un raggio di azione più ampio, essa consente infatti ai cittadini di farsi un’idea fondata del rapporto costi benefici dell’attività pubblica e quindi di giudicare correttamente il governo locale e di calibrare la domanda politica: chiedere più servizi e più tasse o meno servizi e meno tasse, se si ritiene di avere una giunta efficiente; oppure pretendere più efficienza, e in prospettiva cambiare la maggioranza, se si ritiene di avere una giunta incapace. In sintesi, l’imposta immobiliare è l’onere condominiale pagato dagli abitanti di quel vasto condominio che è la città: costoso ma educativo strumento di informazione e partecipazione». L’A. evidenzia altresì come meriti di essere sottolineato, a futura memoria, anche il risvolto psicologico della vicenda: «L’Ici sulla prima casa riguarda oltre l’80% degli italiani. Tutti felici, quindi. Ma proprio perché sono tanti, anzi sono quasi tutti i contribuenti dato che la quota restante è rappresentata in media da famiglie con bassi redditi, dovrebbe essere chiaro che gli stessi beneficiari dovranno in altre forme pagare ciò che viene loro presentato come un regalo. Tecnicamente si parla di ‘illusione tributaria’, ossia di errata percezione che fa credere a benefici superiori e/o a costi inferiori rispetto alla realtà. Non è la prima e non sarà l’ultima, ma è probabilmente la più vistosa illusione tributaria che si ricordi in tempi recenti».

410

Nondimeno, il tributo aveva fatto sorgere più di un dubbio sulla violazione dei princípi di cui agli artt. 3 e 53 Cost.; e, sebbene le sentenze della Corte costituzionale avessero sancito la legittimità dell’ICI, valorizzando il collegamento con un indice oggettivamente rivelatore di ricchezza, il possesso di un immobile, non si erano dissipati del tutto i dubbi su-scitati dalla circostanza che il tributo comunale immobiliare finisce per discriminare i contribuenti in relazione alla composizione qualitativa del loro patrimonio, come risulta dall’analisi di L. TOSI, Finanza locale, 2000, cit., p. 287.

411 Che l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo debba essere esclusa

da forme di imposizione patrimoniale viene ribadito anche nella l. n. 42/2009, tra i princípi e criteri direttivi concernenti il coordinamento e l’autonomia di entrata e di spesa degli enti locali: art. 12, c. 1, lett. b).

412 Si rinvia, a titolo non esaustivo, a R. P

EREZ, L’incerto percorso dell’autonomia finanziaria locale,

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residenti, finiscono per tradire i princípi base del federalismo fiscale, in primis quello

della corrispondenza tra cosa amministrata e cosa tassata

413

.

Occorre evidenziare che si è parlato a lungo anche dell’introduzione di una

service tax, che è stata infine scartata per la sua eccessiva complessità

414

. Come

osservato da avvertita dottrina, i rischi dell’introduzione della service tax sarebbero

principalmente collegati a una estrema eterogeneità dei tributi che si intendono

sostituire; inoltre, a parte le effettive difficoltà applicative, essendo tale tributo, nelle

versioni proposte, normalmente collegato - almeno in parte - al numero degli

occupanti l’immobile, rischierebbe di produrre un effetto di regressività e di colpire in

modo più incisivo le famiglie numerose

415

. Ciò non esclude, tuttavia, che in futuro

questa ipotesi di tributo possa essere meglio approfondita.

Un ulteriore elemento di rilievo è costituito dal potenziamento del ruolo dei

Comuni nella lotta all’evasione, perseguito mediante un rafforzamento delle misure

incentivanti già esistenti, finalizzate ad attribuire ai Comuni il maggior gettito

riconducibile alle attività di accertamento dagli stessi esercitata (sia con riguardo

all’iscrizione in catasto degli immobili non dichiarati - c.d. case fantasma -, sia con

riferimento alla partecipazione all’accertamento dei tributi statali). A tal fine, viene

ampliata la possibilità per i Comuni di accedere a banche dati e sistemi informativi

(art. 2, c. 10 ss. d.lgs. n. 23 del 2011).