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3.3. I vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario

3.4.4. Il divieto di doppia imposizione sul medesimo presupposto

L’art. 2, comma 2, lett. o), della l. n. 42 del 2009 prevede l’«esclusione di ogni

doppia imposizione sul medesimo presupposto, salvo le addizionali previste dalla

legge statale o regionale». Ciò deriva dai più generali princípi fondamentali di

razionalità, di semplificazione e di unitarietà della finanza pubblica, in base ai quali,

come osservò la migliore dottrina

365

, si dovrebbe negare, in via generale ed astratta,

364

Così P. RUSSO,G.FRANSONI, Ripartizione delle basi imponibili e coordinamento del sistema tributario, in Rass. trib., n. 6/2010, pagg. 1575 ss.. Gli Autori hanno da tale impostazione tratto le ulteriori, «interessanti conseguenze: a) in primo luogo, emerge che il criterio di progressività, se per un verso è “non alterato” dagli interventi di Regioni ed enti locali, per altro verso e correlativamente, può trovare la sua attuazione solo nell’ambito del sistema tributario erariale; b) ne consegue che una valutazione della incidenza di un complesso di tributi sulla progressività deve essere possibile quantomeno ai fini del giudizio di costituzionalità condotto ai sensi dell’art. 76 cost. relativamente alla continenza dei decreti delegati nell’ambito dei criteri e princípi direttivi stabiliti dalla legge delega; c) ma se, almeno ai fini dello scrutinio dell’eccesso di delega, la Corte costituzionale potrà (e dovrà) effettuare una valutazione dell’incidenza sulla progressività di un insieme di tributi, viene inevitabilmente meno una delle obiezioni generalmente opposte dalla Corte per escludere l’utilizzabilità dell’art. 53, comma secondo, come parametro di costituzionalità; d) tanto più che, adesso e secondo quanto si è detto, l’attuazione della progressività in sé risulta affidata solo all’insieme dei tributi che forma il sistema erariale.».

365 F. G

ALLO, Ancora in tema di autonomia tributaria delle regioni e degli enti locali nel nuovo Titolo

V della Costituzione, in Rass. trib., n. 4/2005, pag. 1035. Sull’importanza di un principio di non sovrapposizione delle imposte locali con quelle statali, che, ove non previsto potrebbe determinare il rischio che i tributi propri degli enti sub-statali possano arrivare, per assurdo, a prendere gradualmente il posto di quelli statali, si era espresso, prendendo spunto dall’esperienza spagnola, L. ANTONINI, I princípi di coordinamento del federalismo fiscale, in L. ANTONINI (a cura di), Verso un nuovo

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la possibilità che le Regioni creino nuove imposte che abbiano gli stessi presupposti

e le stesse basi imponibili di imposte erariali già vigenti (oltre che, ovviamente,

presupposti o basi imponibili estranei al loro territorio e alle materie di loro stretta

competenza costituzionale). Dovrebbe essere, ad esempio, vietata l’istituzione di

tributi regionali (e locali) sul reddito o sul patrimonio che abbiano la natura di

sovrimposta o che comunque duplichino, nella disciplina e nella struttura, quelli

erariali già vigenti. Una diversa impostazione - che addirittura giungesse ad attribuire

alle Regioni, al pari dello Stato, il potere di scegliere i presupposti dei tributi

regionali in piena libertà e senza limiti, fino al paradosso di prendere gradualmente

esse il posto dello Stato nella titolarità dei tributi generali ora erariali (salvo

ribaltarne parzialmente il gettito allo Stato stesso per consentirgli di finanziare le

sue funzioni) - sarebbe in contrasto, non solo con i princípi fondamentali appena

enunciati, ma anche con lo stesso principio di esclusività della competenza statale

in materia di tributi erariali fissato dal richiamato art. 117, comma 2, lettera e).

Secondo la medesima dottrina

366

, peraltro, «la limitazione del divieto alle

ipotesi di imposizione regionale “sullo stesso presupposto” statale potrebbe instillare

il dubbio che il divieto riguardi solo la doppia imposizione giuridica e non quella

economica. Parrebbe, cioè, essere lasciata aperta la possibilità per le regioni di

istituire tributi propri che colpiscono una ricchezza che “economicamente” può

ricondursi a quella oggetto dell’imposizione erariale, ma che “giuridicamente” non è

la stessa assunta dalla legge statale quale specifico presupposto delle imposte erariali

già esistenti. Per le imposte sui redditi, ad esempio, tale possibilità sarebbe la naturale

conseguenza del fatto che il sistema statale è stato costruito, riguardo ad esse, su una

elencazione legale tassativa dei presupposti giuridici reddituali e non su una

federalismo fiscale, Milano, 2005, p. 77. In senso contrario, A. CARINCI, Osservazioni al disegno di legge n. 1117 sul federalismo fiscale, in www.federalismi.it, il quale, paventando che le scelte del legislatore fossero improntate alla costruzione di un sistema tributario eccessivamente polarizzato sul livello centrale, proponeva la soppressione del divieto di doppia imposizione, ritenendo che lo stesso «stante la limitatezza delle manifestazioni di capacità contributiva, appare eccessivo e troppo limitativo dell’autonomia degli enti sub statali. Come ricordato dalla Corte Cost. (sent. n. 102 del 15 aprile 2008), il divieto per le Regioni di istituire e disciplinare tributi propri aventi gli stessi presupposti dei tributi dello Stato o di legiferare sui tributi esistenti istituiti e regolati da leggi statali è conseguenza della mancata adozione della legislazione di coordinamento di cui agli artt. 117 e 119. Il divieto di doppia imposizione non costituisce pertanto un principio immanente al nostro ordinamento, bensì solo un corollario della mancata riforma, superabile in forza di questa. Ecco allora che, fissato un livello di pressione fiscale complessivo, non vi sono ostacoli ad ipotizzare l’applicazione di tributi differenti sulla stessa materia imponibile, tanto più che ciò consente di ridurre gli adempimenti dei contribuenti e di semplificare l’azione dell’amministrazione.».

366 F. G

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definizione di reddito imponibile generale, di principio e ricalcata su una nozione

economica di reddito valida per ogni incremento di valore. Per cui, almeno

teoricamente e salvo ostacoli d’altro tipo, potrebbe esserci uno spazio per tassare a

livello regionale (beninteso, nel rispetto dei princípi fondamentali di coordinamento

fissati dallo Stato) redditi che, pur essendo economicamente tali, non lo sono

giuridicamente, perché - come già detto - non coincidono con quelli assunti dalla

legge come presupposto dell’imposta statale e sono, quindi, estranei al divieto di

doppia imposizione.».

Dissente totalmente da tale impostazione altra dottrina, secondo cui non

esisterebbero in pratica presupposti in senso economico che non siano colpiti da

tributi erariali, pertanto, se si interpretasse il presupposto in modo tale da farlo

coincidere con l’oggetto economico del tributo, si avrebbe un’espansione enorme

dell’ambito di efficacia della riserva di presupposto, cosicché la possibilità per le

Regioni di istituire tributi propri si annullerebbe quasi interamente

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.

Il rischio più evidente, quindi, è che la riserva di presupposto possa tradursi di

fatto in un mero criterio di carattere temporale, laddove l’occupazione già avvenuta di

presupposti impositivi da parte della legge statale sottrae gli stessi presupposti alla

potestà impositiva delle Regioni

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