3.3. I vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario
3.4.2. I princípi fondamentali di coordinamento
In dottrina vi è chi ha ravvisato come, tra tutti i princípi e criteri direttivi
generali, taluni, più di altri, assurgano a veri e propri princípi fondamentali di
coordinamento, ed essi sarebbero, in particolare, quelli di coerenza, territorialità,
progressività e divieto di doppia imposizione
355.
Quanto al primo principio, la medesima dottrina ha osservato come la coerenza
rilevi su due distinti livelli: da un lato, essa può essere valutata con riguardo a tributi
aventi presupposti del tutto diversi, nel qual caso occorre verificare la rispondenza dei
possono comportare l’applicazione di misure automatiche per l’incremento delle entrate tributarie ed extra-tributarie, e può esercitare nei casi più gravi il potere sostitutivo di cui all'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, secondo quanto disposto dall’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, e secondo il principio di responsabilità amministrativa e finanziaria;
aa) previsione che le sanzioni di cui alla lettera z) a carico degli enti inadempienti si applichino anche nel caso di mancato rispetto dei criteri uniformi di redazione dei bilanci, predefiniti ai sensi della lettera h), o nel caso di mancata o tardiva comunicazione dei dati ai fini del coordinamento della finanza pubblica;
bb) garanzia del mantenimento di un adeguato livello di flessibilità fiscale nella costituzione di insiemi di tributi e compartecipazioni, da attribuire alle regioni e agli enti locali, la cui composizione sia rappresentata in misura rilevante da tributi manovrabili, con determinazione, per ciascun livello di governo, di un adeguato grado di autonomia di entrata, derivante da tali tributi;
cc) previsione di una adeguata flessibilità fiscale articolata su più tributi con una base imponibile stabile e distribuita in modo tendenzialmente uniforme sul territorio nazionale, tale da consentire a tutte le regioni ed enti locali, comprese quelle a più basso potenziale fiscale, di finanziare, attivando le proprie potenzialità, il livello di spesa non riconducibile ai livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali degli enti locali;
dd) trasparenza ed efficienza delle decisioni di entrata e di spesa, rivolte a garantire l’effettiva attuazione dei princípi di efficacia, efficienza ed economicità di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b); ee) riduzione della imposizione fiscale statale in misura corrispondente alla più ampia autonomia di entrata di regioni ed enti locali calcolata ad aliquota standard e corrispondente riduzione delle risorse statali umane e strumentali; eliminazione dal bilancio dello Stato delle previsioni di spesa relative al finanziamento delle funzioni attribuite a regioni, province, comuni e città metropolitane, con esclusione dei fondi perequativi e delle risorse per gli interventi di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione;
ff) definizione di una disciplina dei tributi locali in modo da consentire anche una più piena valorizzazione della sussidiarietà orizzontale;
gg) individuazione di strumenti idonei a favorire la piena attuazione degli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione, con riguardo ai diritti e alla formazione della famiglia e all’adempimento dei relativi compiti;
hh) territorialità dei tributi regionali e locali e riferibilità al territorio delle compartecipazioni al gettito dei tributi erariali, in conformità a quanto previsto dall'articolo 119 della Costituzione;
ii) tendenziale corrispondenza tra autonomia impositiva e autonomia di gestione delle proprie risorse umane e strumentali da parte del settore pubblico; previsione di strumenti che consentano autonomia ai diversi livelli di governo nella gestione della contrattazione collettiva;
ll) certezza delle risorse e stabilità tendenziale del quadro di finanziamento, in misura corrispondente alle funzioni attribuite;
mm) individuazione, in conformità con il diritto comunitario, di forme di fiscalità di sviluppo, con particolare riguardo alla creazione di nuove attività di impresa nelle aree sottoutilizzate.
355 In tal senso, P. R
USSO E G.FRANSONI, Ripartizione delle basi imponibili e coordinamento del sistema tributario, in Rass. trib., n. 6/2010, pagg. 1580.
144
tributi a un parametro ulteriore, rappresentato dal disegno complessivo del sistema.
Dall’altro lato, con riguardo a tributi riconducibili al medesimo presupposto generale
(ad esempio, fra diverse imposte patrimoniali o di consumo), nel qual caso, esclusa la
possibilità – in virtù del divieto di doppia imposizione – di tributi che attribuiscono
rilevanza anche a fatti inclusi nella fattispecie di altro tributo, il problema della
coerenza si pone rispetto alla rilevanza attribuita proprio ai fatti esclusi.
Il principio di territorialità (contenuto nell’art. 2, comma 2, lett. hh), della l. n.
42), che, a stretto rigore, secondo il precetto testuale dell’art. 119, comma 2, Cost.,
regolerebbe l’attribuzione delle sole compartecipazioni ai tributi erariali, assurge
nell’ambito della legge n. 42 del 2009 a principio di coordinamento valido per tutte le
«risorse autonome» di Regioni ed enti locali, in forza dell’ulteriore riferimento
contenuto all’art. 2, comma 2, lett. e) della medesima l. 42. Come evidenziato da
parte della dottrina, alla base della scelta del legislatore potrebbe esservi sia
l’esigenza di assicurare l’effettivo coordinamento orizzontale dei sistemi tributari
sub-statali a livello regionale e locale, che di preparare una assetto normativo che non
potrà contraddire i princípi costituzionali che presiedono alla disciplina dei tributi, e
tra essi i princípi di solidarietà (art. 2 Cost.) e di eguaglianza (art. 3 Cost.), che in
parte lo ridimensionano
356.
In relazione alla finanza regionale, poi, il criterio trova puntuale specificazione
nelle disposizioni di cui all’art. 7, comma 1, lett. d)
357, della l. 42 citata; occorre poi
tener presente l’ulteriore principio di cui all’art. 2, comma 2, lett. p), che prevede la
tendenziale correlazione tra prelievo e beneficio connesso alle funzioni esercitate sul
territorio in modo da favorire la corrispondenza tra responsabilità finanziaria e
amministrativa
358.
356 G. R
AGUCCI, La legge delega per l’attuazione del federalismo fiscale (L. 5 maggio 2009, n. 42), in Rass. trib., n. 3/2010, pagg. 746 ss..
357 d) le modalità di attribuzione alle regioni del gettito dei tributi regionali istituiti con legge dello Stato e delle compartecipazioni ai tributi erariali sono definite in conformità al principio di territorialità di cui all’articolo 119 della Costituzione. A tal fine, le suddette modalità devono tenere conto: 1) del luogo di consumo, per i tributi aventi quale presupposto i consumi; per i servizi, il luogo di consumo può essere identificato nel domicilio del soggetto fruitore finale; 2) della localizzazione dei cespiti, per i tributi basati sul patrimonio; 3) del luogo di prestazione del lavoro, per i tributi basati sulla produzione; 4) della residenza del percettore, per i tributi riferiti ai redditi delle persone fisiche. 358 Rileva un’autorevole dottrina come «in realtà, questa previsione si presta ad essere interpretata in due prospettive diverse. Da un lato, il richiamo al principio del beneficio, ossia a un criterio di riparto che una parte della dottrina ha ritenuto alternativo a quello della capacità contributiva, potrebbe indurre a credere che la disposizione affermi una “tendenziale” preferenza per tale criterio di commisurazione della contribuzione alle pubbliche spese. Dall’altro lato, il richiamo alle “funzioni esercitate” sembra più propriamente evocare il principio di “continenza” quale criterio di scelta del presupposto dei tributi
145
Secondo la dottrina citata per ultima, il principio complessivamente
implicherebbe la considerazione per il luogo di produzione della ricchezza
tassata, piuttosto che per il luogo di riscossione del tributo (normalmente
coincidente con la residenza o sede del soggetto passivo), al fine di evitare gli
effetti casuali e perciò sperequativi che secondo gli studiosi di economia finanziaria
tale diverso criterio può produrre, in rapporto ai fini che la regola intende perseguire.
Da un lato esso risponderebbe a un’esigenza tecnica posta dalla necessità di
impedire la c.d. esportazione dei tributi, facendo sì che ciascun ente territoriale
dotato di autonomia tributaria non colpisca fattispecie collocate al di fuori del
proprio territorio, o prive di un legame con la propria collettività; in tal senso,
tenuto conto di una possibile evoluzione in senso competitivo del sistema
finanziario sub-statale, il principio vale ad arginare possibili forme di concorrenza
dannosa. Dall’altro ciò implica il rischio che i territori più ricchi trattengano nel
proprio territorio maggiori risorse finanziarie, fermi restando, nel tempo, gli effetti
del c.d. fondo perequativo
359.
È stato altresì ritenuto
360che la prescrizione dell’art. 2, comma 1, lett. hh) della
legge delega sia, in parte, pleonastica. Tale impostazione consegue ad una visione del
tributo come elemento essenziale della struttura dei consorzi umani politicamente
organizzati in quanto istituto funzionale alla ripartizione delle spese fra i consociati.
In un tale concetto di tributo è necessariamente implicata l’idea di una tendenziale
corrispondenza fra i soggetti interessati alla esistenza della collettività organizzata
stessa (e, quindi, alle spese sostenute per tale esistenza) e i soggetti che
compartecipano, mediante il tributo, al finanziamento delle spese pubbliche, ossia
delle spese oggettivamente dirette alla realizzazione delle attività ritenute necessarie
per la collettività.
locali maggiormente coerente con la natura (locale appunto) dei tributi medesimi. La prima interpretazione deve essere, tuttavia, respinta sia perché, dal punto di vista lessicale, la norma impone una “correlazione” (e non una commisurazione) e la riferisce in modo generico al “prelievo fiscale” (e non ai singoli tributi); sia perché, intesa come affermazione della “preferenza” per i tributi basati sul criterio del beneficio, essa risulterebbe in fin dei conti contrastante con la prescrizione del “rispetto del principio di capacità contributiva i fini del concorso alle spese pubbliche” di cui all’art. 2, comma 1, lett. l). Vista come fissazione di un criterio di scelta del presupposto dei tributi, la disposizione si risolve effettivamente in una specificazione del principio di territorialità.», così G. FRANSONI, Il presupposto dei tributi regionali e locali. Dal precetto costituzionale alla legge delega, in Riv. Dir. trib., 3/2011, p. 267 ss..
359 Così G. R
AGUCCI, La legge delega, cit.. 360 Da G. F
146
Tale concezione – si asserisce – è quella che traspare dall’art. 53 Cost.: la scelta
di un pronome indicativo di una «quantità» indefinita (il «tutti»), piuttosto che una
«unità» indefinita (per esempio «ciascuno», come pure sarebbe stato linguisticamente
possibile) evoca di per sé l’idea di un gruppo, di un insieme di soggetti (la collettività,
appunto) «coinvolto», al tempo stesso, nel sostenimento delle spese pubbliche e nella
«contribuzione» al loro finanziamento.
Essendo pertanto i soggetti fra i quali viene realizzata la contribuzione non
individuati a priori, ma tutti coloro che si troveranno in un determinato rapporto con
il presupposto
361del tributo e poiché, al tempo stesso, è costituzionalmente
necessitato dall’art. 53 che tali soggetti siano «cointeressati» alla cosa pubblica, ne
discende che tale presupposto deve essere idoneo a individuare, al tempo stesso, la
forza economica che giustifica la partecipazione alle spese pubbliche e la
appartenenza al gruppo cui le spese stesse ineriscono (e che, come tale, è chiamato a
distribuirle fra i suoi membri).
Seguendo tale ordine di idee, discenderebbe che la qualifica del tributo
(erariale, regionale, comunale ecc.) dipende proprio da una caratteristica del
presupposto. Esistono, cioè, tributi intrinsecamente erariali, comunali, regionali ecc. e
questa qualificazione intrinseca dipende proprio dal modo di essere del presupposto.
Esso infatti può essere conformato in base all’appartenenza alla comunità, per
un qualche profilo, dei soggetti passivi del tributo. Poiché, peraltro, tale appartenenza
non è una relazione esclusiva (in quanto il medesimo soggetto ben può «appartenere»
a più collettività essendo interessato alla loro esistenza per il coinvolgimento in esse
di propri interessi e bisogni) i presupposti devono essere idonei a evidenziare la
misura graduata e diversificata in cui l’appartenenza si realizza, commisurando cioè
ad essa l’entità della partecipazione alle pubbliche spese della collettività. Tale
impostazione, quindi, giustificherebbe la scelta della previsione del criterio direttivo
contenuto nell’art. 2, comma 1, lett. hh), ancorché in parte pleonastico, in quanto già
immanente nell’art. 53 Cost..
361 Per una ricostruzione concettuale del presupposto, si rinvia, in particolare, a G. F
RANSONI, Il presupposto dei tributi regionali e locali, cit..