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È proprio dalle Esposizioni sopra la Comedia di Dante che è utile iniziare per meglio comprendere il modo – sicuramente più profondo e complesso in confronto a quello dantesco – in

§3 Didone in Dante

1. È proprio dalle Esposizioni sopra la Comedia di Dante che è utile iniziare per meglio comprendere il modo – sicuramente più profondo e complesso in confronto a quello dantesco – in

cui il Boccaccio «fabuloso»106 si relaziona alla figura di Didone. In questa sede vengono infatti elaborate osservazioni di notevole interesse, a dimostrazione della complessità che avvolge la storia della regina fenicia, nonché utili per una migliore comprensione del testo dantesco. Se all’interno dell’Esposizione allegorica del I canto si legge:

«La infelice Didone, secondo Virgilio, per un forestiero affabile, mai più veduto, subitamente dimenticò il lungamente e molto amato Siccheo»

che sembrerebbe avallare l’interpretazione dantesca derivata dall’Eneide, ancor più rinviante a una ferma condanna potrebbe suonare il termine “fornicazione” usato da Boccaccio nell’Esposizione

litterale del II canto:

«È la fama un romore generale d’alcuna cosa, al quale sia stata operata, o si creda essere stata, da alcuno, al come noi sentiamo e ragioniamo delle magnifiche opere di Scipione Africano, della laudevole povertà di Fabrizio e della fornicazione di Didone e di somiglianti […]»

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«Aut quem in illo duplici concursu sanguinis a qualibet mundi parte in unum virum predestiantio divina latebit? / [IV] Illud quoque quod ad sui perfectionem miraculorum suffragio iuvatur, est a Deo volitum; et per consequens de iure fit», DANTE, De Monarchia, II, 3-4.

104 Cfr. G. FALLANI, Dante autobiografico, Napoli, Società Editrice Napoletana, 1974, p. 221. 105

G. BOCCACCIO, Genealogia deorum, XIV, 7,

106 «Ciò che della Commedia colpì sempre il Boccaccio furono soprattutto le allusioni erudite contenute nelle rassegne

degli eroi dell’antichità o dei dannati famosi: secondo quella tradizione dei «trionfi» che egli rinnovò, proprio nel ricordo del capolavoro dantesco, nell’Amorosa visione. Quello che predomina è pur sempre il Boccaccio «curiosus inquisitor omnium delectabilium historiarum», come lo ricorda appunto Benvenuto (III, p. 392), e quando si lascia andare a raccontare diffusamente le storie a lui care di uomini e di donne famose, egli sa ritrovare spesso l’estro narrativo di un tempo», G. PADOAN, Introduzione a G. BOCCACCIO, Esposizioni sopra la Comedia, a cura di G. PADOAN, Milano, Mondadori, 1965, vol. I, p. XIX.

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e nell’Esposizione litterale del canto IV Boccaccio, parlando di Enea, aggiunge:

«il quale [Enea] secondo che Virgilio testimonia, con Didone alcun tempo poco laudevole visse».

In realtà questa idea negativa di Didone fornicatrice sembra essere accolta solo per il rispetto dovuto a Virgilio, e quindi al testo dantesco, come sembra d’altronde confermare il passo dell’Esposizione allegorica del canto V:

«E ruppe fede, congiungendosi con altro uomo, al cener di Siccheo, suo marito stato. Vuole l’autore per questa circunscrizione che noi sentiamo costei essere Didone, figliuola che fu del re Belo di Tiro».

In questo che può dirsi il punto focale tanto della lettura critica del testo dantesco, quanto di uno dei primi approfonditi inquadramenti storici della storia di Didone, Boccaccio sente la necessità di spiegare come la vicenda della regina di Cartagine goda di una duplice versione:

«la istoria della quale [Didone] si raconta in due maniere»107.

Per la prima volta, nella letteratura italiana, viene messo in discussione l’archetipo virgiliano: la forza dell’argomentazione di Boccaccio è storica108, basata sul Chronicon di Eusebio nella traduzione di Girolamo e Macrobio e, partendo dal conflitto greco-troiano, egli giunge a mettere in dubbio l’incontro stesso tra Enea e Didone, ammettendo comunque che la versione dell’autore dell’Eneide resta pur sempre quella di riferimento:

«La quale oppinione per reverenza di Virgilio io aproverei, se il tempo nol contrariasse. Assai manifesta cosa è Enea il settimo anno dopo il disfacimento di Troia esser venuto, secondo Virgilio, a Didone: e Troia fu distrutta l’anno del mondo, secondo Eusebio, ĪĪĪXX. E il detto Eusebio scrive essere oppinione d’alcuni Cartagine essere stata fatta da Carcedone tirio, e altri dicono Tidadidone, sua figliola, dopo Troia disfatta CXXXXIII anni, che fu l’anno del mondo ĪĪĪĪCLXIII; e in altra parte scrive essere stata fatta da Didone l’anno del mondo ĪĪĪĪCLXXXVI, e ancora, appresso, senza nominare alcun facitore, scrive alcun tenere Cartagine essere stata l’anno del mondo ĪĪĪĪCCCXXXXVII. De’ quali tempi alcuno non è conveniente co’ quelli d’Enea: e perciò non credo che mai Enea la vedesse. E Macrobio in libro Saturnaliorum del tutto il contradice, mostrando la forza dell’eloquenzia essere tanta che ella aveva potuto far sospettar coloro che sapevano la istoria certa di Dido e dunque Dido onesta donna e, per non romepr fede al cener di Siccheo, s’uccise. Ma l’autore seguita qui, come in assai cose fa, l’oppinion di Virgilio, e per questo si convien sostenere».

107 Per la versione integrale della ricostruzione storica di Didone fatta nelle Esposizioni cfr. Appendice IX. 108

Le Esposizioni, pur essendo per vari motivi un’opera di stampo tipicamente medievale, «rappresentano un ben deciso stacco da quel tipo di esegesi e segnano bene i nuovi interessi umanistici che ormai animavano il Boccaccio, soprattutto nella ricerca appassionata, fervida e straordinariamente fruttuosa di nuove notizie sulla biografia e sulle opere degli autori classici, che qui raggiunge il suo punto terminale e più alto, e dove trovano sistemazione le acquisizioni ottenute dai nuovi testi letti […]; né va passato sotto silenzio l’affermarsi di un ideale universalistico (attinto inizialmente ai testi patristici, e non ignoto alle compilazioni medievali) che va oltre la civiltà latina per inchinarsi riverente dinanzi alla grande cultura greca, con un fervore che rimase sconosciuto anche a Petrarca, per abbracciare poi tutta l’umanità, sino ai popoli più lontani», G. PADOAN, op. cit, p. XXII.

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2.

Quanto sinora detto, specie in relazione alla duplice versione (di carattere mitologico e di

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