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LA VIOLENZA DI GENERE NELLA RAPPRESENTAZIONE MEDIALE Daniela Niccolin

2. L’estetizzazione della violenza

Scrive Francesca Serra nel suo arguto e ironico libro La morte ci fa belle:

«L’omicidio femminile è un mito fondativo della nostra cultura. Provate a levare di mezzo tutte le donne nude. Provate a cancella- re tutte le donne morte. Cosa rimarrebbe della nostra letteratura? Dei nostri riferimenti iconografici? Del nostro sistema culturale?» (Bollati Boringhieri, 2013: 105)

Francesca Serra costruisce una sorta di mappa dei più illustri artisti della storia dell’arte e della letteratura che hanno fatto della donna morta un’icona di bellezza sublime da consegnare all’eterni- tà dell’arte. Per la copertina la Serra ha scelto il ritratto di Ophelia galleggiante di John Everett Millais tra le ninfee, una sublimazione letteraria che la disincarna, trasformandola in icona, dunque, an- cora una volta, in femmina-cosa.

Esiste indubbiamente una consolidata estetica della violenza, un bisogno patologico di guardare il male che da sempre caratte- rizza il genere umano. «Siamo tutti dei voyeur», afferma François Truffaut in Il cinema secondo Hitchcock (1987: 181), splendida in- tervista al regista inglese. La morbosità voyeur appartiene all’esse- re umano, combattuto tra repulsione e desiderio anche se viene di norma taciuta in quanto ancora tabù.

Nell’ultimo decennio questa tendenza ha trovato facile gratifi- cazione grazie ai nuovi media. L’attrazione verso il male domina i media, spesso camuffata da intenzioni di denuncia. Diceva Jung che l’insistente visione del male espone all’attrazione del male, se ne resta pervasi psichicamente e si finisce per compiacersene e diventarne conniventi. L’invito è a sottrarsi a questa contamina- zione mentale perché l’attrazione del male, della volgarità genera dipendenza o assuefazione. Oggi sottrarsi è diventato molto diffi- cile perché stiamo vivendo un momento tragico dove avvengono violenze di ogni genere e stragi di donne e bambini. Conviviamo con la violenza e siamo tutti esposti a un flusso continuo di imma- gini e parole forti. La violenza fluisce dagli schermi di televisori, smartphone, computer. Ci arriva in tasca al cellulare.

Nella società postmoderna, mediatica e consumistica, tutto è diventato immagine e spettacolo e ci si assuefà a questo flusso che attiva un processo in cui ogni cosa diventa divertissement e gamification. La conseguenza è l’incapacità generale di tracciare un confine tra realtà e finzione, tra luce e ombra, tra bene e male. Potrebbe essere il cuore del problema, visto che la violenza sulle donne è innanzitutto una questione culturale. L’immagine diventa un bene rifugio, eccitante e quasi gratuito, accettato da una cultura di massa che apprezza l’estetizzazione della violenza. Pensiamo ai film, alle serie TV.

ca, nel loro libro Relazioni Brutali. Genere e violenza nella cultura mediale (2017) ipotizzano che alla base della spettacolarizzazione mediatica della violenza possa celarsi un sempre più marcato fe- ticismo visivo dello spettatore contemporaneo, avvolto dalle im- magini al punto da non avvertire più la loro invadenza. Del resto tali immagini fanno compagnia, riempiono i silenzi. Ma non solo, le immagini ci parlano in continuazione, ne siamo anche produt- tori, grazie ai dispositivi più recenti che ci hanno consentito di re- lazionarci con un linguaggio ben preciso che, però, nessuno si è mai preoccupato di insegnare. Il consumo in generale è una prati- ca quotidiana attraverso cui esprimiamo sia la nostra dipendenza che la nostra libertà creativa rispetto alla cultura contemporanea: esiste una sorta di tensione tra il potere dell’industria culturale e il potere di autoespressione. Per Baudrillard l’attenzione dell’uomo si è distolta dal mondo naturale per concentrarsi sulla seduttività delle immagini. Nel suo saggio Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà? (1996) Baudrillard attribuisce alla televisione la responsabilità di aver annullato la realtà. Secondo il filosofo-socio- logo francese i media si sono frapposti tra realtà e soggetto e non ci sono più interpretazioni possibili poiché il sistema-informazione rende l’accadimento ‘incomprensibile’.

Elisa Giomi e Sveva Magaraggia hanno evidenziato tre grandi costellazioni discorsive alla base della normalizzazione della vio- lenza di genere nella cultura popolare che hanno definito ‘natura- lizzazione’, ‘romaticizzazione’ e, appunto, ‘estetizzazione’. Soffer- miamoci sull’estetizzazione della violenza contro le donne. Giomi e Magaraggia evidenziano come sia molto ricorrente che quello che dovrebbe essere uno spettacolo generatore di ansia venga tradotto in spettacolo godibile, a volte persino glamour, come avviene in moltissimi film e serie TV di genere crime che esibiscono cadaveri femminili o scene di violenza, da cui però vengono rimossi i segni tangibili del corpo violato e lacerato. Questa ‘sterilizzazione’ è fun- zionale alla spettacolarizzazione feticistica e alla promozione della violenza di genere: le donne rimangono belle e seducenti anche dopo la morte.

Anche l’esposizione ai videogiochi, dall’apparente innocuità conferitagli dal termine stesso, in realtà ha tratti distintivi non del tutto rassicuranti. Come ogni artefatto culturale diffonde e rafforza valori, visioni del mondo, idee, ideologie, e incide facilmente pro- prio per la sua natura ludica. Esistono videogame che richiedono di uccidere il maggior numero di persone nei modi più dispara- ti. Certo non si sta commettendo realmente nulla di male, ma tali esperienze possono modificare la coscienza delle persone esposte che, a poco a poco, passano dalla fruizione passiva di situazioni violente alla ricerca ossessiva di esse.

Occorre soprattutto acquisire maggiore consapevolezza riguar- do alle modalità attraverso cui le rappresentazioni simboliche dei media incidono sulla percezione soggettiva della realtà sociale. Il

problema fondamentale è la costruzione sociale di realtà operata dai media: la rappresentazione come realtà.

Una conclusione impossibile

La violenza sulle donne è il frutto di una cultura arcaica, ma- schilista e patriarcale centrata sull’idea del possesso e della so- praffazione che ancora caratterizza il nostro paese. Non possiamo dimenticare che fino al 1981 il ‘delitto d’onore’ era nel nostro ordi- namento e concedeva attenuanti agli assassini ed era anzi spesso percepito dalla comunità come un dovere per ristabilire, appunto, l’onore leso. Si trattava di un ‘residuo legislativo’ del Codice Rocco (anni Venti), in vigore dal Fascismo, e in forte contraddizione con il Nuovo Diritto di famiglia e il divorzio, vigenti da tempo nella legislazione italiana.

Fino al 1996 lo stupro era rubricato dal nostro Codice Penale tra i delitti contro la moralità e il buon costume anziché contro la per- sona. Il Dispositivo dell’art. 544 Codice Penale, pure abrogato dalla l. 5-8-1981, n. 442, nel testo originario così disponeva:

«Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il ma- trimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali»

La violenza sessuale - dunque - non è più reato contro la morale ma contro la persona.

Negli ultimi anni qualcosa è cambiato grazie a molte giornali- ste, magistrate, avvocate, psicologhe e operatrici che si sono occu- pate dei centri antiviolenza, cercando di comprendere il fenomeno e quindi di avviare un diverso approccio al problema. Raccontare in maniera corretta questo fenomeno da parte dei media sarebbe una concreta forma di prevenzione e contrasto alla violenza, in quanto i media - insieme alla scuola - sono un punto di forza fon- damentale per cambiare una cultura che vede ancora la donna su un piano di subalternità.

Bibliografia

— J. BAUDRILLARD, Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la real- tà?, Raffaello Cortina Editore, Milano 1996.

— J. BAUDRILLARD, La scomparsa della realtà. Antologia di scritti, Fausto Lupetti Editore, Bologna 2009.

la cultura mediale, Il Mulino, Bologna 2017.

E. MORIN, Teorie dell’evento, Bompiani, Milano 1974.

— F. SERRA, La morte ci fa belle, Bollati Boringhieri, Torino 2013. — F. TRUFFAUT, Il cinema secondo Hitchcock, Pratiche Editrice, Parma

FENOMENOLOGIA VIOLENTA: REALTÀ, PEDAGOGIA IMPLICITA,