PER UN’ANTROPOLOGIA DELLA VIOLENZA: APPUNTI Francesca Declich
3. Violenza di genere come violenza strutturale
Una prospettiva dalla quale studiare antropologicamente la violenza di genere è quella della violenza strutturale. L’antropolo- gia medica offre spunti interessanti per questo scopo quando parla del tema della sofferenza. La sofferenza può raggiungere diversi gradi di intensità, fino a raggiungere livelli altissimi ai quali si può essere sottoposti nell’intera vita come conseguenza di una violenza strutturale. Un esempio etnografico proviene da uno studio svol- to da Paul Farmer (2002) ad Haiti in cui si presentano due casi: una donna, Asephie Joseph morta nel 1991 di AIDS a 25 anni e un giovane uomo, Chocou Louis, morto sempre attorno al 1991 per le torture perpetrate dalla polizia. Gli esempi individuali della morte prematura di un uomo e di una donna non sono semplicemente casi individuali di persone incorse in eventi sfortunati, ma le loro agonie appaiono piuttosto far parte di «una sofferenza ‘modale’» (Farmer, 2002: 431) perché sono casi esemplari di persone dece- dute per due cause primarie di morte ad Haiti tra i giovani adulti, l’AIDS e la violenza politica.
E sono cause differenziate per genere. Le donne che Paul Far- mer intervistava «confessavano invariabilmente l’aspetto non vo- lontario della loro attività sessuale» (Farmer, 2002: 431 in Shultz e Lavenda, 2010: 132) alla quale erano state portate dalla povertà. Qui converge il tema della povertà strutturale con quello della vio- lenza di genere: povertà e violenza strutturale nei confronti delle donne vanno di pari passo. Inoltre, le donne hanno più facilità ad ammalarsi di AIDS anche se sono sostanzialmente monogame.
È importante il tema della violenza di genere come violenza strutturale differenziata per genere. Un luogo cruciale da analizza- re per il riprodursi di una violenza di genere in forma di violenza strutturale è quello dello stato. Negli anni Settanta e Ottanta tra le femministe britanniche c’era una grande riflessione sul ruolo del- lo stato che «lascia il lavoro profondo della famiglia praticamente relativamente non toccato» (Barrett, 1980: 235 e che «gli uomini non si oppongono apertamente al potere dello stato parzialmente perché lo stato garantisce loro un controllo completo nell’ambito della famiglia» (Ortner, 1978: 28-30 in Moore, 1988: 138).
I dati sul fatto che le donne vittime di violenza lo sono molto spesso all’interno delle pareti domestiche sono una conferma di questa affermazione. E questo avviene anche in contesti caratte- rizzati da un’estrema violenza all’esterno delle mura domestiche come la Palestina (Balsamo, 2008). In Palestina il luogo dove le don- ne hanno maggiormente paura o si sentono più insicure rispetto agli abusi sessuali è la casa e «l’autore della violenza è nella mag- gioranza dei casi un intimo e, in particolare, il coniuge (partner o fidanzato)» (Balsamo, 2010: 30). I dati sui femminicidi in Italia dimostrano che lo stato non è sufficientemente organizzato per di- fendere le donne che temono di essere uccise dai propri partner o ex-partner. Questa violenza in primis è esercitata nella intimità
della coppia, considerata ambito intoccabile, all’interno della qua- le lo stato non interviene se non in casi estremi e tardivamente (...quando si arriva ai femminicidi è sempre troppo tardi). Spesso anche i parenti e gli amici non intervengono o perché non si accor- gono della situazione o perché giustificano questa violenza come un male ‘strutturale’ dello stare in coppia. Suggerimenti con frasi del tipo: «sopporta», «è la tua famiglia», «non vorrai distruggerla», «gli uomini sono fatti così, passerà», si ritrovano simili in diversi contesti culturali ed è anche vero che le donne, soprattutto quelle con figli, spesso non hanno altri luoghi dove andare né risorse fi- nanziarie per farlo. Non mi dilungo qui sul circuito della violenza di genere all’interno della coppia perché ciò aprirebbe un tema troppo ampio per poter essere trattato in questo contributo. L’Ita- lia sotto questi aspetti è molto indietro e le disposizioni sul delitto d’onore in Italia sono state abrogate solo nel 1981.
Un altro esempio del come la violenza di genere in ambito do- mestico passi spesso inosservata, non punita, anzi, giustificata e che questo avvenga ancor più in contesti di guerra e di fervore rivoluzionario ce lo danno due libri di narrativa a sfondo storico.
Il primo, di Gioconda Belli (2000), scrittrice nicaraguense, è Il paese sotto la pelle, nel quale l’autrice racconta la storia della rivo- luzione sandinista in Nicaragua, che ha vissuto in prima persona. Nella parte finale del libro descrive come le donne siano state pri- ma sfruttate durante la guerra per il loro indispensabile contributo alla lotta e poi discriminate nel momento dell’assunzione del pote- re da parte dei rivoluzionari.
Il secondo è di un’autrice sempre discussa, ma oggi poco con- siderata a causa delle sue prese di posizioni fortemente discutibili sull’Islam adottate dopo l’attentato delle Torri Gemelle (2001). Oria- na Fallaci, nel romanzo-verità del 1976 Un uomo, racconta la sua vita di donna giornalista già affermata a livello internazionale – a suo tempo simbolo di autonomia, determinazione e successo nella sfera pubblica -, e della sua storia d’amore con Alekos Panagulis, l’uomo che provò ad attentare alla vita del colonnello Papadopulos senza riuscirvi e per questo fu torturato e detenuto a lungo. Il libro è ricordato e recensito, anche giustamente, perché descrive aspetti della battaglia del politico greco per la libertà, le torture e le sof- ferenze da lui sopportate per difenderla. Non si evidenzia, però, che ne esce l’immagine di un uomo veramente egocentrico e anche violento. Le attività dell’autrice venivano messe sempre in secondo piano e screditate. In realtà il libro è anche la descrizione appro- fondita di una relazione nella quale emergono i continui e strenui sforzi dell’autrice di liberarsi da un rapporto tossico, chiaramente violento, seppure ammantato di significati politici rivoluzionari, con un uomo tormentato che, oltretutto, tendeva all’alcolismo. In uno di questi episodi di violenza, nel corso di una colluttazione sorta dal tentativo di impedire all’amante di correre fuori casa a li- tigare con alcuni fascisti che importunavano la coppia dalla strada,
l’autrice perde anche il figlio del quale è incinta. Nulla da togliere agli evidenti traumi che hanno sicuramente marchiato la persona- lità di Panagulis in seguito alle efferate torture subite in carcere e onore ai meriti della sua guerra dichiarata alla dittatura; ma il fatto è che il libro di Oriana Fallaci non sia comunemente ricor- dato né recensito nella sua seconda parte, nella lucida descrizione della relazione squilibrata che comunica sicuramente alla lettrice, e penserei anche al lettore, un forte senso di angoscia e mostra un lacerante desiderio dell’autrice di liberarsene, è indicativo.8 È un esempio di come il rapporto strutturale di subordinazione delle donne venga ancora considerato implicito, un dato di fatto non discutibile intrinsecamente condivisibile dal pubblico, mentre invece è sempre più inaccettabile nei contesti in cui si lotta per la libertà, per la democrazia o per una rivoluzione. Le donne vengono rese invisibili e il loro ruolo subordinato viene dato per acquisito.
Spesso resta embedded, intrinseco, non svelato, non dipanato o descritto nelle rappresentazioni della storia che ha portato alla democrazia il ruolo di implicita subordinazione che le donne han- no spesso dovuto subire e che è stato mantenuto tramite una vio- lenza anche sessuale tacitamente considerata normalità. Nel libro c’è un riferimento preciso all’offesa sessuale, ferita e uccisione di tante donne fatte da «eroi che lottano per la libertà, per la verità, per l’umanità, la giustizia» (Fallaci, 1979: 391-92. Molte recensioni del libro della Fallaci sembrano mostrare che ancora oggi non esiste un linguaggio per parlare di libertà e rivoluzione che preservi le
8 Vedi per esempio alcune recensioni che lo pubblicizzano: nel web delle edizioni BUR http://www. oriana-fallaci.com/un-uomo/libro.html (ultimo accesso il 17 marzo 2020) si parla solo della vicenda dell’uomo e mai della disperazione della sua partner colta nel dramma di essere in relazione con un uomo politicamente affascinante ed unico, ma violento ed egocentrico; nel web Culturalmente https:// www.culturamente.it/libri/un-uomo-oriana-fallaci-libro/ (ultimo accesso il 17 marzo 2020) si parla di atto di amore della Fallaci, ma non si accenna alla violenza della relazione, come se fosse un atto di amore e non di masochismo, cosa che peraltro la Fallaci asserisce più volte nel testo, quella di essersi accompagnata per tanto tempo ad un uomo così egocentrico e incosciente; la recensione parla di «un mare in cui Panagulis non poteva non nuotare, trascinandovi dentro le persone che amava, a partire dalla sua stessa compagna» quando la stessa compagna, nel libro, descrive che ci sarebbero potuti essere modi di essere coinvolta meno denigranti. Nella recensione del Corriere della Sera https://www. rizzolilibri.it/libri/un-uomo-3/ (ultimo accesso il 17 marzo 2020) si parla di racconto intimo e doloroso, di un amore in grado di cambiare il mondo. La narrazione descrive piuttosto la dedizione autolesionista per un uomo tormentato e violento che è in realtà passione per una causa in quel momento incarnata, purtroppo, da quello specifico uomo massimamente egocentrico; la morte di Panagulis, una morte annunciata e perpetrata dalle forze di destra per metterlo a tacere, ma in qualche modo corteggiata da Alekos che a volte correva rischi innecessari, purtroppo non ha mutato il corso della storia della Grecia. C’era dunque una passione per cambiare il mondo, ma parlare di «amore che può cambiare il mondo» idealizza in maniera ideologica la dedizione di una donna ad un rivoluzionario tanto da farlo diventare un elemento inestricabile della rivoluzione. Infine un accenno a momenti cupi nel rapporto tormentato non sono recensiti nel sito di biografie online come momenti di salutare distanza posti dalla Fallaci ad una relazione invivibile per una donna. Stefano Moraschini, 2016, https://cultura.biografieonline.it/ riassunto-un-uomo/ (ultimo accesso del 17 marzo 2020).
donne da una intrinseca subordinazione.