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PARLA CON NOI: UN CENTRO ANTIVIOLENZA DI DONNE PER LE DONNE

6. La rete dei centri antiviolenza e la mappatura

La Casa delle donne fa parte, come socia fondatrice, della già citata associazione nazionale DiRe19, fondata nel 2008 da 45 Enti (associazioni e cooperative). L’associazione conta oggi 80 enti e rappresenta la più grande organizzazione nazionale sul tema. Le sue origini risalgono al 1991, quando esisteva una rete informale che sin dalla sua nascita aveva l’obiettivo di inci- dere sulle politiche nazionali in tema di violenza contro le donne, ol- tre che fare formazione, sostenere i centri che avessero più diffi- coltà nel territorio e disseminare pratiche di accoglienza a vantag- gio delle donne legate al femminismo di quegli anni.

Fin dal principio della costituzione della rete (dal 1991) è nata l’esigenza di una mappatura nazionale, una messa in rete di tutti i centri antiviolenza, che è stata curata dalla Casa delle donne di Bologna. La nostra mappatura indipendente, denominata Comeci- trovi20, raccoglie ora 161 centri antiviolenza, compresi sportelli e telefoni, indica indirizzi, orari, servizi offerti, etc. Circa l’80% (131) dei Centri mappati sono gestiti da sole donne. Un altro dato interessante rileva che solo la metà dei centri (79) ha delle case rifugio a disposizione, mentre 84 centri sono associati alla rete DiRe. Nel frattempo è stata altresì realizzata una mappatura istituzionale21 denominata ViVa, condotta dal CNR e realizzata nell’ambito di un accordo di collaborazione con il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri. I primi risultati indicano che vi sono complessivamente 338 centri e servizi specializzati nel sostegno alle donne vittime di violenza in Italia, ai quali si sono rivolte almeno una volta in un anno 54.706 donne (anno di rilevazione 2017).

Riteniamo che la realizzazione, finalmente, di un monitoraggio nazionale sia fondamentale, e auspichiamo che trovi continuità nel tempo. Tuttavia, ciò che attualmente risulta necessario è che al monitoraggio si affianchi un’attività di valutazione sulla qualità degli interventi, che certo non è uguale in tutti i centri.

Considerazioni conclusive e criticità

In conclusione, riteniamo che la criticità principale per riuscire ad affrontare il fenomeno della violenza contro le donne in modo sistematico sia la mancanza di conoscenza del problema e della dif- fusione, ancora estesa, di stereotipi e pregiudizi. La violenza non può infatti esaurirsi nella prospettiva dei conflitti intrafamigliari che non pongono adeguata attenzione alla strutturale supremazia

19 20 21

www.direcontrolaviolenza.it.

https://comecitrovi.women.it/ (ultimo accesso dicembre 2019).

https://www.irpps.cnr.it/poges/viva-monitoraggio-valutazione-e-analisi-degli-interventi-di-pre- venzione-e-contrasto-alla-violenza-contro-le-donne/.

di un sesso sull’altro che induce, tra l’altro, paura e sottomissione. Anche i mass media contribuiscono alla riproduzione di questi ste- reotipi sul ruolo della donna nella famiglia e nella società, lascian- do spazio al sessismo e alle dinamiche che sostengono la evidente e diffusa discriminazione delle donne.

A partire da tali premesse, è necessario effettuare un maggior controllo sulla qualità degli enti che gestiscono i centri antiviolen- za, escludendo dall’area dell’intervento tutti quegli enti generici che non hanno competenze di genere. I finanziamenti ai centri an- tiviolenza sono ancora sporadici, a termine, poco strutturati e ciò non garantisce un loro rafforzamento rimanendo essi stessi in una condizione di continua precarietà.

Dal punto di vista operativo sarebbe più che opportuno supera- re il meccanismo delle rette (pratica molto diffusa) in quanto la sua applicazione non permette la pronta accoglienza delle donne e le mette in una situazione di pericolo, specie se e qualora il servizio sociale non ritenesse più di poter pagare le quote.

Un altro problema riguarda il ruolo delle Prefetture, le quali spesso non rispondono con competenza e capacità di lettura al problema o non hanno ancora sezioni specializzate con personale formato, soprattutto nelle piccole città. Viene poco applicata la va- lutazione del rischio e quindi spesso le situazioni di pericolo sono sottovalutate. L’iter processuale comporta una vittimizzazione secondaria e i tempi lunghissimi fanno sì che le donne evitino di sporgere denuncia, anche se negli anni il numero di chi denuncia è cresciuto. Anche l’introduzione del codice rosso non ha cambiato la situazione: l’ascolto nei primi tre giorni viene effettuato dalla polizia giudiziaria che non ha formazione e competenza specifica per una corretta e adeguata valutazione dei casi.

Inoltre, l’ordine di protezione, strumento molto importante, non ha efficacia se non viene adottato entro pochi giorni dalla de- nuncia; così, anche i tempi tra il deposito del ricorso di separazione giudiziale e la fissazione dell’udienza dovrebbero essere ridotti in caso di violenza a non più di un mese, per intervenire in tempi ra- pidi a interrompere la convivenza. L’ammonimento22, altro dispo- sitivo usato molto in caso di violenza, può essere un’arma a doppio taglio, soprattutto nei casi in cui la donna denunciante vive ancora nella casa familiare con il maltrattante, situazione che può esporre a ulteriori rischi.

Esiste quasi in tutto il territorio un mancato riconoscimento e una difficoltà di lettura della violenza sulle donne nei servizi socia- li. In alcuni casi esiste il tentativo da parte di difensori, psicologi,

22 Anna Baldry, insieme al Ministero dell’Interno-Direzione Centrale Anticrimine, in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia della Seconda Università degli Studi di Napoli e l’Associazione “Differenza Donna” ha predisposto nel 2014 un progetto di ricerca chiamato S.A.S.C.I.A. In ACTIon - Strategie Anti Stalking: Conoscere l’Impatto dell’Ammonimento che raccoglie gli ammonimenti per maltrattamento e studia gli esiti che ha avuto anche rispetto le recidive.

psichiatri e periti di negare la violenza utilizzando la PAS (cosid- detta Sindrome da Alienazione Parentale) (Crisma e Romito, 2007), definizione scientificamente infondata, sganciata da qualsiasi principio giuridico e inoltre non tutelante per chi subisce violenza, al contrario.

Quanto all’affido condiviso, nei casi di violenza (agita o minac- ciata) dovrebbe essere escluso, con esplicita previsione legislativa, a seguito di ordine di protezione o di emersione della violenza in diversi contesti (relazioni dei servizi sociali, denunce, relazione dei centri antiviolenza, ecc.). Spesso la gestione comune dei figli diventa infatti occasione di ulteriori ricatti e minacce, quando non di violen- za fisica, a cui anche i minori necessariamente sono esposti divenen- do essi stessi come oggetto di violenza diretta o violenza assistita.

Anche i pronto soccorso dovrebbero essere maggiormente qualificati nell’accoglienza e nel riconoscimento delle vittime di violenza. Non si può prescindere da questo servizio sani- tario e sappiamo, anche se non ci sono dati aggregati nazio- nali, quanto è alto il numero delle donne che vi si rivolgono. Si parla di migliaia di casi per ogni pronto soccorso ma manca- no procedure unificate e dedicate quasi ovunque. L’associa- zione DiRe ha più volte denunciato che anche gli/le operatori/ trici dei pronto soccorso dovrebbero offrire alle donne la possibilità di decidere il percorso da intraprendere (centro antiviolenza, de- nuncia, ricorso a psicologa, ammonimento, ecc.) senza scavalcare la volontà della donna con un intervento dall’alto, tenendo ferma l’importanza di rispettare sempre e comunque l’autodeter- minazione della donna.

Mancano o non sono operative le reti territoriali e i tavoli inte- ristituzionali, spesso esistono protocolli formali che non trovano applicazione in azioni concrete. Il lavoro di rete deve avere vincoli, azioni, tempi e responsabilità, soprattutto una governance che coordini tutti gli attori: oltre al centro antiviolenza, il Comune, la Prefettura, la Procura, il Tribunale, il Pronto Soccorso, il Tribunale dei minori, la Questura, i Carabinieri e la Polizia di Stato, i Servizi sociali e l’azienda sanitaria locale.

Uno strumento che tanti paesi europei apprezzano, consiste nel permesso retribuito alle donne vittime di violenza da parte dell’INPS23. Anche in questo caso il punto debole è nella mancata applicazione su tutti territori.

Manca la formazione obbligatoria a tutti gli operatori/trici del set- tore privato e di quello pubblico che vengono in contatto con le donne, dagli operatori sociali, agli assistenti sociali, ai medici del pronto soccorso e di base, agli avvocati, agli operatori delle forze dell’ordine, ai magistrati, ecc. Non esiste una formazione curricolare nei corsi di studi superiori (tranne pochissime esperienze come per esempio

23 Decreto legislativo n. 80 del 15 giugno 2015, Art. 24, congedo indennizzato per le donne vittime di violenza di genere, previsto nella Legge 119/2013.

Trieste), ma neppure corsi di aggiornamento se non sporadici. Infine, c’è la richiesta di un Osservatorio nazionale permanente sulla violenza di genere e sul femminicidio, capace di integrare i modelli regionali24 e locali attualmente in essere, che raccolgono dati molto diversi con sistemi non paragonabili.

È pericolosa anche la pretesa spesso avanzata dagli enti locali e dai sistemi informatici locali/regionali di volere raccogliere i dati delle donne, non rispettando la loro privacy, mettendole piuttosto in pericolo e inoltre tradendo così la fiducia riposta da loro nei centri antiviolenza, che per pratica garantiscono l’anonimato.

Nonostante lo sforzo della Casa delle donne di monitorare per- manentemente i femminicidi in Italia25 partendo dalle notizie della stampa, manca, a tutt’oggi, un osservatorio istituzionale sul femminicidio che permetta di tenere sotto osservazione sistematica chi sono le vittime richiedenti aiuti, le motivazioni delle richieste e se queste sono state ascoltate, oppure sottovalutate, e rispondere alla domanda «come mai lo Stato non è stato in grado di proteggere queste donne, ecc.?» Anche i tentati femminicidi dovrebbero essere monitorati e analizzati, per capire come agire nella direzione della protezione da parte della rete di soggetti istituzionali e non. Sarebbe molto importante a tal riguardo lavorare nella prospettiva europea proposta dal progetto Femicide accross Europe (Weil et al. 2018) per avere metodologie comparative valide in primo luogo fornendo una raccolta di dati che diano indicazioni certe sul sesso dell’autore/vittima, sulla relazione tra autore/vittima e le circo- stanze del femminicidio per costruire dati comparabili.

Concludo con l’augurio che la legge speciale sugli orfani di vit- time di violenza26, già approvata nel 2018 e voluta fortemente dai centri antiviolenza, possa finalmente proseguire il suo iter, visto anche il recente decreto ministeriale che finalmente ha stan- ziato i primi fondi, ma che è stato approvato con due anni di ritardo e soltanto a seguito delle tante proteste da parte delle donne e degli stessi familiari delle vittime sopravvissute.

24 Si veda per esempio L’Osservatorio sulla violenza di genere in Toscana, https://www.regione.tosca- na.it/-/undicesimo-rapporto-sulla-violenza-di-genere-in-toscana-anno-2019

25 Dal 2005 raccoglie annualmente tutti dati dalla stampa per censire i femminicidi in Italia. Vengo- no pubblicati online i report annuali. https://femicidiocasadonne.wordpress.com/.

26 https://temi.camera.it/leg17/post/la_legge_xxx_del_2017__di_tutela_degli_orfani_a_causa_di_cri- mini_domestici.html?tema=temi/la_tutela_dei_minori.

— G. CREAZZO, Se le donne chiedono giustizia, Il Mulino, Bologna 2012.G. CREAZZO, L. BIANCHI (a cura di), Uomini che maltrattano le don- ne: che fare? Sviluppare strategie di intervento con uomini che usano violenza nelle relazioni di intimità, Carocci, Roma 2009.

— M. CRISMA, P. ROMITO, L’occultamento delle violenze sui minori: il caso della Sindrome da Alienazione Parentale, in «Rivista di Sessuo- logia», vol.31, 4, 2007, pp.263-270.

P. DEGANI, R. DALLA ROCCA, Verso la fine del silenzio. Recenti svi- luppi in tema di violenza maschile contro le donne, diritti umani e prassi operative, Cleup, Padova 2014.

— P. ROMITO, Un silenzio assordante. La violenza occultata su donne e minori, Franco Angeli, Milano 2016.

S. WEIL, CORRADI C., M. NAUDI, Femicide Across Europe: Theory, Research and Prevention, Policy Press, 2018, disponibile in: https:// www.femicide.net/ (ultimo accesso 18 settembre 2020).

WORD ECONOMIC FORUM, Global Gender Gap Report, 2020, di- sponibile in: https://www.weforum.org/reports/gender-gap-2020- report-100-years-pay-equality (ultimo accesso 18 settembre 2020). Bibliografia

LO SPORTELLO DI ASCOLTO: UN AIUTO IN SITUAZIONI DI