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1.1. Cronaca di una riforma annunciata

1.1.5. La fase di decretazione

Alla data del 5 dicembre, giorno dello sciopero generale, la legge delega del Jobs Act è già stata approvata definitivamente da due giorni. Il 25 novembre 2014 il testo passa alla Camera, senza voto di fiducia, e il 3 dicembre viene definitivamente approvato anche al Senato. La legge n. 183 del 2014 verrà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 10 dicembre. Da quel momento il Go-verno, libero da vincoli parlamentari, avrà sei mesi di tempo per produrre e approvare i decreti attuativi. Le proteste organizzate perdono di intensità. Nei mesi successivi sui media l’argomento del Jobs Act emergerà solamente in corrispondenza delle presentazioni dei diversi decreti attuativi.

I primi due vengono presentati durante la conferenza stampa che segue il Consiglio dei Ministri del 24 dicembre 2014. Il primo decreto contiene Di-sposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, mentre il secondo decreto è in materia di Nuova prestazione di assicurazione so-ciale per l’impiego (Naspi), nonché di prestazioni ulteriori di sostegno al reddi-to. Renzi definisce l’approvazione dei decreti «una rivoluzione copernicana» e il contratto a tutele crescenti «un passo storico», «un passo in avanti strepi-toso». In una nota Susanna Camusso parla invece di un «abominio». Solo in quel momento si può infatti dare un significato più preciso all’espressione “tutele crescenti”. Per i licenziamenti illegittimi sarà previsto un indennizzo da un minimo di quattro ad un massimo di ventiquattro mensilità con un incremento dell’importo pari a due mensilità per ogni anno di anzianità di servizio. Parlando di «abominio» Susanna Camusso si riferisce in particolare all’inversione dell’onere della prova, ora a carico del lavoratore, e non più del datore di lavoro nel caso in cui quest’ultimo sia stato accusato di licen-ziamento illegittimo (9).

Il testo non prevede invece l’opting out e il licenziamento per scarso rendi-mento. Nei mesi successivi il Ncd premerà per ottenerli, mentre le

(9) Jobs Act: Camusso, norme ingiuste, sbagliate e punitive, ci opporremo, nota Cgil del 24 dicembre 2014, reperibile al seguente URL http://old.cgil.it/News/PrimoPiano.aspx?ID=22766.

zioni interne del centro-sinistra proporranno soprattutto modifiche alla di-sciplina dei controlli a distanza e dei licenziamenti collettivi.

Il 18 febbraio il Governo convoca i sindacati per un incontro riguardante soprattutto la razionalizzazione delle tipologie contrattuali, che sarà oggetto di un altro decreto attuativo. Nelle intenzioni del Governo la strada sarebbe quella di una stretta sulle collaborazioni a progetto (i cosiddetti co.co.pro). Il decreto attuativo relativo viene presentato già due giorni dopo, il 20 febbra-io, quando vengono anche approvati definitivamente i due decreti sulle tute-le crescenti e sulla Naspi. È il punto più denso e simbolico della comunica-zione del Jobs Act esercitata da Matteo Renzi. Dopo la «rivolucomunica-zione coperni-cana» proclamata il 24 dicembre, il 20 febbraio è raccontato dal Premier come un’ulteriore «giornata storica». Nella sintesi su Twitter di Renzi, «è il giorno atteso da anni». La parola “rottamazione”, abbandonata proprio per lasciare spazio al “lavoro”, torna sulla scena. La narrazione di Renzi assume i toni del trionfalismo epocale.

D’altronde la comunicazione della speranza e l’alimentazione di un clima di fiducia sono dichiaratamente i suoi obiettivi principali. Il problema della scarsa fiducia è in effetti registrato da alcune indagini statistiche, come quel-la dell’ottavo Rapporto sulquel-la sicurezza e l’insicurezza sociale in Italia e in Europa, curato da Demos, Osservatorio di Pavia e fondazione Unipolis, pubblicato il 15 febbraio 2015. Il sondaggio, realizzato a gennaio 2015, rile-va che il tema della mancanza di lavoro ha il primato nelle voci che manife-stano la sensazione di insicurezza economica. «La disoccupazione – si legge – è messa al primo posto, nell’ideale agenda di governo suggerita dai cittadi-ni, dal 44% degli italiani». Il rapporto rileva anche che il 4,1% delle notizie ansiogene presentate dei telegiornali italiani, nazionali e locali insieme, tratta di impoverimento, perdita del lavoro e peggioramento delle condizioni di vita. L’Italia spicca nel panorama europeo se si considera che lo stesso dato per la media dei Tg europei è del 2,1%. Solo all’argomento “terrorismo” e alle “nuove guerre” viene dato più spazio.

Il 6 marzo il decreto relativo al contratto a tutele crescenti viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale: l’articolo 18 è ufficialmente superato.

I sindacati restano divisi. Per Susanna Camusso

l’attuazione dei primi due decreti cambia in profondità le tutele e i diritti in capo ai lavoratori e alle lavoratrici. […] Si era detto un contratto che avrebbe acquisito tutele crescenti e in verità c’è solo una monetizzazione crescente. […] è una libertà data alle imprese di licenziare, una scommes-sa sul fatto che le imprese posscommes-sano assumere anche in ragione degli sgra-vi contributisgra-vi, ma non un’idea di come si fa crescere un’occupazione positiva e qualificata nel paese.

Fondata sul lavoro. La comunicazione politica e sindacale del lavoro che cambia

Per Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uil, i decreti del Jobs Act approvati

hanno mancato di rispetto ai giovani, ai quali era stato promesso che sa-rebbero stati tolti tutti i contratti di precariato invece è stato tolto in ma-niera consistente soltanto il co.co.pro, ma sono stati introdotti i voucher, le chiamate a ore.

Annamaria Furlan vede invece degli aspetti positivi, ossia

che finalmente per la prima volta nella storia un imprenditore sarà avvan-taggiato se assume a tempo indeterminato. Sono importanti le iniziative per fare emergere la tanta precarietà. Quello che assolutamente non va bene è l’intervento a gamba tesa sui licenziamenti collettivi. Attraverso la contrattazione le parti sociali dovranno recuperare l’errore del governo. Superato l’articolo 18 il conflitto tra Renzi e sindacati procede a intermitten-za, soprattutto in coincidenza con le diverse presentazioni o approvazioni dei decreti attuativi. Il 18 giugno comincia lo scontro sul decreto che con-tiene le modifiche alla disciplina sui controlli a distanza dei lavoratori, mate-ria oggetto di una conquista significativa dal punto di vista del sindacato, contenuta proprio in quello Statuto dei lavoratori ora sotto attacco. Susanna Camusso inquadra metaforicamente la misura come un “Grande Fratello” (10). I controlli sui dispositivi aziendali come pc e smartphone sono per il se-gretario della Cgil «spionaggio contro i lavoratori». Maurizio Ladini, segreta-rio della Fiom, apostrofa la nuova norma come «il porcellum del lavoro», un’analogia che fa riferimento alla legge elettorale notoriamente definita dal suo stesso autore Roberto Calderoli «una porcata» (11). Nel muro contro muro tra Governo e sindacati interviene anche il Garante della privacy che invita a coniugare l’efficientamento delle imprese con la tutela dei diritti dei lavoratori (12).

Il 10 agosto la contrapposizione tra la Cgil e il Governo sfocia nel lancio del sito internet adessolosai.it, strumento per un’argomentazione controfattuale della comunicazione governativa relativa al Jobs Act.

(10) Controlli a distanza, siamo al Grande fratello, in Rassegna.it, 18 giugno 2015, http://www.rassegna.it/articoli/controlli-a-distanza-siamo-al-grande-fratello.

(11) Jobs Act, Landini: “Controlli a distanza? Il porcellum dei lavoratori”, video reperibile al seguen-te URL, http://video.espresso.repubblica.it/palazzo/jobs-act-landini-controlli-a-distanza-il-porcellum-dei-lavoratori/5547/5569.

(12) Caro senatore Ichino, facciamo chiarezza sui controlli a distanza nel Jobs Act, intervento di Anto-nello Soro, presidente del Garante per la protezione dei dati personali, in L’Huffington Post, 8 settembre 2015.

Il 4 settembre salta l’incontro tra Renzi e Poletti che avrebbe dovuto essere dedicato a discutere del decreto sui controlli a distanza, ma il decreto viene presentato comunque in Consiglio dei Ministri.