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I frames del Jobs Act secondo Annamaria Furlan

1.2. I frames del Jobs Act: una questione di…

1.2.3. I frames del Jobs Act secondo Annamaria Furlan

Dissociatasi dalla mobilitazione promossa da Cgil e Uil nell’autunno 2014, la Cisl è la confederazione meno visibile nel dibattito pubblico attorno al Jobs Act. L’8 ottobre 2014, in piena fase di discussione parlamentare, il segretario Raffaele Bonanni lascia il vertice dell’organizzazione ad Annamaria Furlan. Sotto la guida della nuova segreteria la strategia comunicativa della sigla di via Po sarà improntata alla coerenza con i suoi principî culturali cardine: ba-ricentro dell’azione sindacale sulla contrattazione e assetto partecipativo. Questi due aspetti della cultura della Cisl si riflettono chiaramente nella sua strategia così come è espressa in un’intervista di marzo 2015 (56) dal segreta-rio confederale della Cisl Gigi Petteni:

Non ci battiamo per i risultati mediatici. Perché i risultati, quelli veri, si vedono quando si vota per le rsu.

La comunicazione pubblica viene quindi subordinata all’attività negoziale nelle aziende e ai suoi risultati. Quanto alla ricerca della partecipazione, la posizione dell’organizzazione è così laconicamente spiegata da Petteni:

Non è più tempo della lotta, ma del dialogo con le imprese. I problemi vanno affrontati anche se questo comporta scelte, fatica e responsabilità. Per quanto la posizione della Cisl rifletta la sua cultura organizzativa, e per quanto sia quindi indipendente dal pensiero del Premier, è inevitabile osser-vare una consonanza tra il messaggio del sindacato e il messaggio rivolto da Matteo Renzi alle imprese (cfr. supra, § 1.2.1). D’altro canto, pur non condi-videndo le ragioni né della mobilitazione nazionale né dello sciopero orga-nizzato da Cgil e Uil, la Cisl non persegue alcuna aperta politica comunicati-va di attacco alle altre organizzazioni dei lavoratori. Ciò si riscontra chiara-mente osservando i framing sviluppati dal segretario Annamaria Furlan, la cui voce giunge al grande pubblico più attraverso le interviste sui quotidiani ita-liani che attraverso le manifestazioni di piazza.

Il patto

Il discorso di Annamaria Furlan e quello di Susanna Camusso risultano comparabili quando rappresentano il metodo politico seguito da Matteo

(56) Cfr. G.CAZZANIGA, “Non è più tempo della lotta ma del dialogo con le imprese”, in Libero, 27 marzo 2015, disponibile anche in Boll. ADAPT, 2015, n. 12.

Renzi. Già nel suo discorso di insediamento l’8 ottobre 2014 Furlan segnala che

anche la cultura del Governo Renzi rischia di essere prigioniera della concezione populista fondata sul rapporto diretto, senza mediazioni tra leader e popolo.

Tuttavia solo in un’occasione Furlan risponde apertamente alle generalizza-zioni di Renzi riguardo al sindacato. Il 1° agosto 2015 Renzi scrive all’interno della rubrica di corrispondenza Caro Segretario su l’Unità, affer-mando che «nel sindacato […] girano più tessere che idee». È interessante notare che in questo caso il luogo della qualità che privilegia la persona ri-spetto al numero, così frequente nella retorica di Renzi, è invertito. Proprio su questa base 20 giorni dopo Annamaria Furlan gli risponde attraverso un’intervista rilasciata a Valentina Conte di la Repubblica (57).

Il fatto che Renzi conosca poco la storia del sindacato confederato italia-no italia-non è una italia-novità. Le tessere soitalia-no persone, uomini e donne che dan-no una delega sociale al sindacato perché li rappresenti. In Cisl lo fandan-no in 4 milioni e 300.000.

L’atteggiamento comunicativo preponderante di Annamaria Furlan è rivolto a introdurre il principio della partecipazione anche sul piano politico. Il frame attraverso il quale la Cisl, nella persona di Annamaria Furlan, descrive la partecipazione e il coinvolgimento è quello del “patto”, ossia quello di un accordo negoziale fra attori realizzato nel perimetro di reciproche conve-nienze. “Patto” è un termine già presente nel discorso di insediamento di Annamaria Furlan.

Al Governo ed al paese offriamo, come sempre ha fatto la Cisl nei tor-nanti più duri e drammatici della nostra storia, il contributo della nostra cultura convinta, come non mai, che non la pretesa di autosufficienza au-tarchica della politica, non la solitudine dell’impresa e del lavoro ma un grande patto solidale dei legittimi interessi, un grande slancio di coopera-zione tra Governo e Società civile comune possa riaprire all’Italia l’orizzonte di speranza e di futuro che merita.

(57) V. CONTE, Una legge impropria e dannosa. Serve un incontro, intervista ad Annamaria Furlan, in la Repubblica, 20 agosto 2015.

Fondata sul lavoro. La comunicazione politica e sindacale del lavoro che cambia

Il giorno stesso dello sciopero, il 12 dicembre 2014, in un’intervista al Corrie-re della Sera il frame del patto è contrapposto a quello del falso problema dell’articolo 18 (58).

Respingiamo tanta inutile attenzione alle regole, vedi articolo 18, che non hanno creato un posto di lavoro, e rilanciamo il patto per lo sviluppo per far ripartire la crescita.

Il frame del patto si accompagna ad alcune metafore. In un’intervista rilascia-ta a Giusy Franzese de Il Messaggero il 22 novembre 2014 (59), Furlan rifiuta la definizione di “sindacato dialogante” affermando che la Cisl è un sindacato responsabile. La metafora esplicativa è quella del “fardello” che è necessario trasportare per “ripartire”:

Ognuno si deve prendere il suo fardello. Insieme si possono fare accordi importanti in grado di portarci fuori dalla crisi.

La posizione della Cisl è difficile in quanto la parola “insieme” si scontra di fatto sia con la divisione sindacale sia con il metodo di confronto scelto dal Governo negli incontri con i sindacati di settembre e ottobre. Il 6 febbraio 2015 a Brescia la metafora motoria è quella della “spinta per uscire dal pan-tano”.

Per uscire dal pantano bisogna che tutti spingano la macchina nella stessa direzione.

A riguardo dell’articolo 18 bisogna osservare anche che quando Furlan trat-ta in modo specifico gli aspetti normativi della riforma, lo fa all’interno del frame della tutela, dove, a fronte di un articolo 18 sfruttato come mero sim-bolo, viene comunque ribadita la sua portata di tutela reale. Così il 6 febbra-io 2015 ai delegati di Brescia:

Il Premier, e non solo lui, fa dell’articolo 18 una questione simbolica da offrire all’Europa in cambio di margini di flessibilità di bilancio. Per noi il tema principale è il superamento delle scandalose precarietà del mercato del lavoro contestuale alla garanzia del reintegro del lavoratore nei casi di licenziamento illegittimo di tipo discriminatorio e disciplinare.

(58)M.IOSSA,Furlan (Cisl): Protesta sbagliata, ma l’esecutivo ha fatto un pasticcio, in Corriere della Sera, 12 dicembre 2014.

(59)G.FRANZESE,Anna Maria Furlan (Cisl): “Polemiche inutili, solo un patto sociale potrà portare

Redistribuzione

Nella sua relazione al Consiglio generale Cisl dell’8 ottobre 2014, in occa-sione del suo insediamento come segretario generale, l’azione del Governo Renzi è rappresentata da Annamaria Furlan con un’immagine molto diversa da quelle utilizzate da Susanna Camusso. Per Furlan quello di Renzi è «di-namismo riformista». Tuttavia il senso generale del discorso non si discosta molto dalla valutazione espressa dal segretario della Cgil: il Governo non ha ancora individuato le vere priorità di intervento per rispondere alla crisi e-conomica. In questa rappresentazione, però, maggiore enfasi è posta sulla necessaria “redistribuzione” più che sulla deregolamentazione denunciata da Camusso:

Il fattore determinante sul quale si è fondata l’architettura della crisi è rappresentato da un trentennio di cattiva distribuzione del reddito e della ricchezza e di crescita esponenziale delle diseguaglianze prima nelle eco-nomie anglosassoni, poi in tutte le ecoeco-nomie avanzate. Senza la grande sperequazione distributiva non ci sarebbe stato il ruolo di supplenza spe-culativa della finanza.

Nonostante il discorso della Furlan richiami così il frame del liberismo, que-sto liberismo è rappresentato in termini economici più che normativi, come avviene nei discorsi di Susanna Camusso.

Il 6 febbraio 2015, ossia pochi giorni prima che il decreto istitutivo delle tu-tele crescenti venga definitivamente approvato, Annamaria Furlan parla ai delegati Cisl di Brescia precisando il framing economico. Il discorso incrocia quello di Susanna Camusso quando Furlan distingue le imprese che compe-tono sui costi da quelle che compecompe-tono sugli investimenti.

La competitività delle nostre aziende si basa sulla qualità dei prodotti, non sul costo del lavoro.

L’insufficienza della politica, la svolta mancata

L’insufficienza dell’azione politica è la cornice nella quale la Cisl inserisce la valutazione delle misure del Governo. Furlan afferma l’improduttività della strategia della disintermediazione sul piano politico alla quale, come detto, contrappone la logica del patto. Attraverso questa contrapposizione viene valutato il Jobs Act una volta approvato.

Il messaggio del patto sociale viene infatti ribadito con forza nell’aprile 2015. Dopo gli allarmanti dati Istat sugli occupati e disoccupati di marzo,

Fondata sul lavoro. La comunicazione politica e sindacale del lavoro che cambia

Furlan rilascia un’intervista a Luisa Grion de la Repubblica. Alla domanda: «Questo governo secondo lei è in grado di mettere in atto azioni forti?» Fur-lan risponde con il frame dell’insufficienza:

No, fino a quando continuerà a pensare di poter fare tutto da solo; la partita va giocata assieme, fra Palazzo Chigi, regioni, istituzioni e parti sociali.

L’aspetto più curioso della retorica valutativa del segretario Cisl è dato dalla compresenza di due strategie contraddittorie. Da un lato Furlan rivendica il fatto che la Cisl ha condizionato la scrittura della riforma, dall’altro rilancia la necessità di intervenire a livello contrattuale per correggere gli effetti dele-teri del Jobs Act.

La posizione risultante della Cisl è quindi una sorta di allineamento parallelo al messaggio del Governo: né conflittuale né accondiscendente. Nel suo di-scorso di insediamento, per esempio, Furlan definisce la manovra degli 80 euro

una buona operazione, […] ma non sufficiente a produrre alcuna inver-sione del ciclo recessivo né la crescita attesa.

Per poi ricordare però, durante la sopracitata assemblea di Brescia, che gli “80 euro”

non sono un regalo di Renzi, ma il frutto di tre anni di mobilitazione del nostro sindacato.

Tutta la valutazione del Jobs Act da parte di Annamaria Furlan procede se-condo questo schema. Il 6 febbraio ella afferma che grazie al Jobs Act «i con-tratti a tempo indeterminato costano meno degli altri», concetto ribadito il 20 febbraio 2015, dopo l’approvazione definitiva dei primi due decreti, du-rante un’intervista alla Rai:

Finalmente per la prima volta nella storia un imprenditore sarà avvantag-giato se assume a tempo indeterminato. Sono importanti le iniziative per fare emergere la tanta precarietà.

Le parole pronunciate da Furlan qualche mese dopo in un’intervista a Quoti-diano Nazionale sintetizzano ancora meglio la posizione della Cisl:

Nessuna bocciatura preconcetta del Jobs Act ma anche nessun entusia-smo ideologico. La concretezza della nostra cultura ci porta a guardare

innanzitutto i risultati e gli effetti delle riforme con un criterio-chiave: tutto quello che serve a ridurre la precarietà del lavoro va sicuramente nella giusta direzione (60).

L’apprezzamento è però parziale, perché, come va ripetendo il segretario della Cisl dal febbraio 2015,

quello che assolutamente non va bene è l’intervento a gamba tesa sui li-cenziamenti collettivi. Attraverso la contrattazione le parti sociali do-vranno recuperare l’errore del governo.

Un’intervista rilasciata a Il Diario del Lavoro il 22 dicembre 2015 (il giorno dell’approvazione della legge di stabilità) si intitola Furlan, positivi alcuni punti del Jobs Act, ma manca la svolta:

Nonostante alcuni provvedimenti indubbiamente positivi, frutto della pressione del sindacato e della Cisl in particolare, la legge di stabilità che il parlamento ha approvato non segna purtroppo quella svolta che noi auspichiamo da tempo nella politica economica del Governo ai fini di una maggiore crescita complessiva del paese.