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2.2. Il processo di ricambio generazionale

2.2.2. Fasi operative della successione imprenditoriale

Nella grande maggioranza delle imprese familiari, il processo di programmazione della successione viene articolato in tre diverse fasi186. Ogni fase è caratterizzata da differenti elementi ognuno dei quali è necessario per la corretta riuscita del processo nel suo complesso.

Nelle realtà aziendali, però, non è detto che questi tre momenti si verifichino con regolarità, in quanto le variabile che impattano sul processo successorio e, in maniera particolare i rapporti famiglia-impresa, possono mutare l’intero processo con livelli differenti di complessità. Come ripetuto più volte, le imprese familiari si differenziano le une dalle altre per molti aspetti, e questo fa si che per le situazioni più critiche si debba procedere a verificare le caratteristiche del processo caso per caso. Una situazione media, nella quale l’impresa non sia soggetta a particolari problemi vede le tre fasi del processo, sopra menzionate, così articolate (secondo Passeri )187:

1. il primo stadio ha luogo quando il responsabile dell’impresa, in accordo con gli altri membri del management aziendale, ravvisa l’esigenza di essere sostituito. In questa fase si comincerà a discutere del futuro dell’impresa, senza escludere

185C. F. Montecamozzo, “Guida al passaggio generazionale nelle Pmi, come assicurare la continuità imprenditoriale nell’impresa di famiglia”, Milano, Ipsoa, 2012.

186 R. Passeri “Pianificare la successione nel governo dell’impresa familiare” Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Economia; Firenze 2004.

187 R. Passeri “Pianificare la successione nel governo dell’impresa familiare” Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Economia; Firenze 2004. Pag. 33-34..V. Maggioni, M. Del Giudice “Affari di famiglia, problematiche gestionali e modelli imprenditoriali emergenti nei nuovi family business”, Milano, Egea, 2011. Pag.148.150.

la possibilità della sua cessione. Si tratta comunque di momenti difficili da gestire, nei quali i rapporti tendono ad inasprirsi, soprattutto tra management e lavoratori, i quali si sentiranno minacciati dall’insicurezza che potrebbe venire a crearsi. Oltre a ciò, cominceranno a nascere le prime rivalità circa il nome del potenziale successore. Questo stadio deve quindi essere gestito con molta cura e non durare molto a lungo, viste le pressioni a cui sono sottoposti gli attori coinvolti, che potrebbero sfociare in lotte destabilizzanti per l’impresa familiare. 2. La seconda fase riguarda la designazione del successore in grado di ricoprire il

ruolo imprenditoriale e guidare l’impresa verso uno sviluppo futuro. Importante, in questo senso, diventa la sua formazione che richiede anch’essa un’adeguata programmazione e i cui tempi serviranno anche a scandire il ritmo del disimpegno del dirigente in carica. La formazione non riguarderà soltanto le nozioni teoriche, ma è bene che queste siano corredate da un’esperienza fatta sul campo, che servirà a valutare le effettive capacità del futuro imprenditore ed a mettere in pratica quanto appreso nei suoi studi. Il successore è continuamente soggetto al giudizio del personale aziendale che paragonerà la sua opera con quella del suo predecessore ed il giudizio critico si trasformerà in aperta sfiducia se il primo non è stato all’altezza della situazione. In questo caso tutto il processo successorio tenderà a bloccarsi e si dovrà riprendere dalla prima fase. 3. Terza ed ultima fase è quella attinente all’atto formale di successione con il

quale si ha il completo ritiro del precedente imprenditore che lascia il campo alle nuove leve. Il successore è chiamato a dimostrare il possesso di effettive capacità per sviluppare al meglio l’impresa e, farla crescere sia dimensionalmente che nelle singole performance, affrontando e contrastando tutte le eventuali barriere che si frappongono sul suo cammino verso tale scopo.

È però possibile che il suddetto processo di transizione venga ostacolato o addirittura non messo in atto, poiché l’imprenditore/fondatore non coglie il momento giusto per attuarlo. Spesso, infatti, ritroviamo capi famiglia che, non volendo lasciare le redini della gestione in mano alla futura generazione, posticipano il momento dell’uscita di scena e quindi la creazione del momento successorio nell’ultima fase della vita operativa, che si colloca ormai frequentemente oltre i 70 anni188.

188R. Passeri “Pianificare la successione nel governo dell’impresa familiare” Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Economia; Firenze 2004. Pag. 34.

Questo mette a rischio la continuità aziendale e l’equilibrio economico a valere nel tempo, poiché l’imprenditore cercherà di mantenere le posizioni acquisite che contrastano con l’evoluzione dei mercati, alla quale l’impresa deve costantemente adeguarsi. Da qui nasce l’esigenza di una programmazione attuata per tempo, adeguando meccanismi che permettano la corretta riuscita dell’intero processo; in certi casi è opportuno ricorrere alla redazione di documenti specifici contenenti le regole e le modalità di successione, come ad esempio la creazione di un “Patto di Famiglia”, di cui verrà data spiegazione in seguito.

Una successione programmata per tempo permette che gli effetti perdurino in maniera efficace anche dopo che il ricambio è avvenuto. La successione è un evento ad alta criticità, ragion per il quale bisogna prevedere un iter procedurale specifico e chiaro nella forma e nel contenuto. Le criticità del momento sono dovute anche al fatto che ci troviamo di fronte ad un coinvolgimento di membri appartenenti ad una famiglia. Se, infatti, l’impresa è un istituto gestito con regole e modalità che possono essere stabilite e gestite seguendo determinati procedimenti, la famiglia è un insieme di relazioni delicate e fragili che devono essere gestite con estrema attenzione e cautela. Non esistono, infatti, regole che gestiscono i rapporti tra consanguinei, e di conseguenza anche per questo motivo uno schema di riferimento aiuterà a prevenire eventuali contrasti e liti interne alla famiglia che sorgono proprio per questa mancanza di schemi precostituiti. Un ricambio generazionale programmato nelle fasi di vita dell’impresa, dove l’imprenditore si trova al meglio delle proprie capacità sia fisiche che psichiche, permette un risultato sicuramente migliore. La nuova generazione, infatti, ha bisogno di essere accompagnata e seguita in tutte le fasi del processo, per entrare e stabilirsi serenamente in azienda, creare rapporti stabili e duraturi con i soggetti collegati all’impresa di cui fa parte189.

Per questo motivo, l’imprenditore deve prestare attenzione alla scelta dei successori che guideranno l’impresa nella gestione futura190, alle modalità di distribuzione degli altri ruoli-chiave tra i familiari, per evitare diverbi interni ed infine alla pianificazione della formazione e della carriera di ciascun aspirante al ruolo imprenditoriale191.

189R. Passeri “Pianificare la successione nel governo dell’impresa familiare” Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Economia; Firenze 2004. Pag. 34-35.

190 Con riferimento alla scelta del candidato alla sostituzione dell’imprenditore, occorre dire che non tutti i familiari debbono essere presi in considerazione in questo senso, ma soltanto quelli dotati di effettive capacità e di una volontà a subentrare nella posizione di guida.

191R. Passeri “Pianificare la successione nel governo dell’impresa familiare” Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Economia; Firenze 2004. Capitolo terzo.

Quello che si riscontra nelle realtà medio-piccole è in linea di massima uno scarso utilizzo dello strumento di delega e questo è dovuto alla paura dell’imprenditore di non trovare un erede appartenente alla famiglia in grado di ricoprire, nelle modalità da lui fissate, o essere all’altezza del ruolo assegnatogli192.

Programmare la successione vuol dire anche capire come tramandare tutti i valori propri dell’impresa familiare ed educare sin da piccoli i propri figli al sacrificio e alla dedizione; quando l’erede avrà raggiuntò l’età adatta per cominciare ad approcciarsi alla gestione, si potranno prevedere dei momenti di formazione esterni all’azienda, l’affiancamento ad un figura professionale e l’assegnazione di piccole responsabilità e ruoli decisionali all’interno dell’organizzazione193.

Bisogna, però, fare attenzione a non caricare di troppa enfasi la fase di pianificazione della successione, in quanto un’eccessiva esaltazione mostra comunque delle debolezze. È necessario, infatti, considerare non sono le peculiarità legate all’azienda ma anche il contesto ambientale nel quale opera. Ci sono casi di aziende dove la successione si può definire avvenuta con successo, nonostante non ci sia stata una pianificazione del tutto organizzata ma piuttosto un evento traumatico, come la morte prematura del fondatore. Un’eccessiva lunghezza della fase preparatoria alla successione non è sinonimo di efficacia del processo; i tempi troppo lunghi potrebbero portare gli eredi a ricoprire con difficoltà i nuovi ruoli, e si creerebbero situazioni di incertezza sul momento effettivo e sulle condizioni del passaggio.

Il momento del ricambio generazionale deve essere considerato come un’opportunità di sviluppo per questo tipo di imprese familiari; tutti i momenti che rientrano nel processo devono essere presi in considerazione con la stessa importanza e dedizione. Il successo del processo deve essere analizzato in un’ottica post-successoria per evidenziare i cambiamenti apportati e l’effettivo passaggio di consegne; la transizione generazionale può definirsi ben riuscita quando è in grado di preservare e rafforzare le competenze distintive aziendali e assicurare un equilibrio tra “il vecchio e il nuovo” sapere.

A questo proposito, è bene richiamare all’attenzione una distinzione, all’interno del processo di successione tra una dimensione procedurale e una sostantiva194. Questa distinzione fa riferimento ai possibili percorsi formativi che possono essere sviluppati per la nuova generazione al momento del trasferimento della conoscenza.

192E. L. Gambel, “Il ricambio generazionale nell’impresa familiare italiana, un metodo per valutare e preparare gli eredi alla successione aziendale”, Milano, Franco Angeli, 2004. Capitolo terzo.

193J. L. Ward, “Di padre in figlio: l’impresa di famiglia”, Franco Angeli, 1990.

La dimensione procedurale si collega ad una visione tradizionale dove le conoscenze trasferite riguardano le procedure e le decisioni da prendere in riferimento a quelle procedure. La dimensione sostanziale, invece, guarda non alla forma ma al contenuto delle scelte formative ed è tipica di una visione più innovativa. In questo caso, si deve decidere se procedere con un percorso educativo esterno vs interno/esterno, percorso formativo interno all’azienda (firm-oriented) vs percorsi differenziati per acquisire competenze aggiuntive rispetto a quelle già possedute, ed infine ragionare se sviluppare una convivenza intergenerazionale interna oppure prediligere un’esperienza di lavoro esterna all’ambito familiare.

Questa visione innovativa che guarda alla dimensione sostanziale dei percorsi formativi, può considerarsi di impatto sul processo di trasferimento di conoscenze e sul perseguimento di un orientamento equilibrato di tradizione e innovazione195.