• Non ci sono risultati.

Numerosi sono i casi aziendali di imprese che sono riuscite a perdurare nel tempo grazie alla presenza e all’aiuto di uno o più “attori terzi”. In questa categoria rientrano tutte quelle persone o istituzioni terze rispetto alla famiglia proprietaria o rispetto ai familiari, tra i quali si è determinata una situazione difficile. Il servizio che questa categorie di soggetti svolge a favore delle imprese supporta i membri della famiglia a superare situazioni delicate che si sono venute a creare nel tempo o si sono manifestate improvvisamente. Senza il contributo di un attore terzo, l’impresa e la famiglia potrebbero trovarsi in grandi difficoltà223.

Secondo il Corbetta è possibile dare due definizioni diverse della figura dell’attore terzo. Una prima definizione, di tipo restrittivo, riconosce negli attori terzi quelle persone non appartenenti alla famiglia e non coinvolte nell’impresa, che “vengono chiamate a svolgere un ruolo, di solito nella veste di consulenti o di consiglieri di amministrazione, in uno dei processi di transizione tipici di una azienda familiare aiutando l’imprenditore o la famiglia a prendere determinate decisioni e a realizzare il processo stesso”224. Volendo, invece, dare una definizione più ampia della categoria è

possibile “definire come attori terzi tutte le persone o istituti, familiari o non familiari che vengono chiamati a svolgere un ruolo nella realizzazione di un processo di transizione nel quale non si trovano direttamente coinvolti”225.

In primo luogo, l’attore terzo è colui/colei che viene coinvolto/a nel processo di successione (che vede come protagonisti diretti l’imprenditore e gli eredi), quando questo sta cominciando o è già iniziato, con l’intenzione di migliorare la riuscita dello stesso e ottenere un buon risultato finale. In secondo luogo, l’attore terzo è chiamato a contribuire al processo di presa delle decisioni, ma solo come figura di supporto alla quale non è permessa l’assunzione di alcuna decisione finale; solo chi è coinvolto direttamente nel processo in corso potrà prendere decisioni in merito ad esso.

Come suggerisce ancora un volta il Corbetta, è possibile, quindi, classificare gli attori terzo secondo diverse dimensioni. La Figura 4 utilizza le due dimensioni ritenute più importanti226:

223G. Corbetta, “Le Aziende Familiari, strategie per il lungo periodo”, Milano, Egea, 2010. Pag. 202. 224 G. Corbetta, “Le Aziende Familiari, strategie per il lungo periodo”, Milano, Egea, 2010. Pag. 202. 225 G. Corbetta, “Le Aziende Familiari, strategie per il lungo periodo”, Milano, Egea, 2010. Pag. 202. 226 G. Corbetta, “Le Aziende Familiari, strategie per il lungo periodo”, Milano, Egea, 2010. Pag. 204.

1. la natura della relazione attivata con l’attore terzo, con riferimento al processo di transizione in corso, che può essere fondata su un contratto oppure no;

2. l’appartenenza dell’attore terzo che può essere alla famiglia, all’impresa o ad altri istituti.

Fig. 4- Classificazione degli “attori terzi”

Contrattuale

Natura della relazione attivata con

l’attore terzo (con riferimento al processo di transizione in corso) Non contrattuale professionisti e consulenti collaboratori aziendali istituti di credito collaboratori aziendali parenti consiglieri di amministrazione amici

alla famiglia all’impresa ad altri istituti Appartenenza dell’attore terzo

Fonte: G. Corbetta, “Le Aziende Familiari, strategie per il lungo periodo”, Milano, Egea, 2010, pag. 204.

La prima dimensione è rilevante perché la natura contrattuale del rapporto conferisce al contributo dell’attore terzo una ufficialità che non si ritrova nel caso di una relazione non contrattuale227. In questo caso l’attore terzo ha un compito ben definito, e le parti coinvolte mostrano un impegno trasparente e condiviso nonché una puntuale verifica dei risultati ottenuti. Ciononostante, la definizione contrattuale del contributo non è

sinonimo di maggiore impegno dell’attore terzo e di migliori risultati della collaborazione.

La seconda dimensione (l’istituto di appartenenza dell’attore terzo), è rilevante perché, a seconda della loro appartenenza, gli attori terzi possono offrire contributi molto diversi nei vari processi e nelle varie fasi di un processo.

Intersecando le due dimensioni è possibile individuare almeno cinque classi di attori terzi228:

a) i parenti coinvolti sulla base di relazioni non contrattuali, tipicamente nei processi di successione;

b) i collaboratori aziendali coinvolti sulla base di una relazione contrattuale specifica. Ciò può accadere sia nei processi di successione quando, per esempio, si definisce contrattualmente che un dirigente debba svolgere un ruolo formativo nei confronti di un erede, sia nei processi di managerializzazione quando a un dirigente viene assegnato contrattualmente il compito di aiutare l’imprenditore a costruire una squadra manageriale;

c) i collaboratori aziendali coinvolti in un processo di transizione anche senza contratto ad hoc, ma solo sulla base di un impegno morale preso con le parti. Rientra in questo ambito anche il caso dei consiglieri di amministrazione che possono essere chiamati a dare un contributo alla soluzione di uno o più processi di transizione;

d) i consulenti (commercialisti, avvocati, notai, consulenti di management), gli istituti di credito coinvolti in un processo di transizione sulla base di un contratto;

e) gli amici delle parti in gioco chiamati a partecipare al processo in corso senza alcun impegno contrattuale. Potrebbero rientrare in questa fattispecie anche i casi di attori terzi di tipo d. che hanno un rapporto contrattuale con l’impresa su altre tematiche e vengono chiamati a dare un contributo su un determinato processo di transizione. Si tratta tuttavia solo di un contributo temporaneo.

Il ruolo degli attori terzi, quindi, è quello di colmare una carenza organizzativa, tecnica, di risorse o di conoscenza dell’imprenditore o di coloro che sono chiamati a prendere delle decisioni.

Nella categoria di attori terzi che prestano servizio per un periodo di tempo definito, dobbiamo fare un richiamo alla figura dell’Amministratore Delegato non appartenente alla famiglia, che è chiamato a gestire l’azienda in assenza di un familiare adatto ( per età o per competenze) o per superare i contrasti tra due familiari entrambi desiderosi di svolgere il ruolo di massimo responsabile dell’azienda229.

Il contributo degli attori terzi è massimo, quando, entrambe le parti coinvolte nei processi, sono disposte a fidarsi reciprocamente. Gli attori terzi dovranno mostrare una conoscenza approfondita e dettagliata del sistema impresa-famiglia nel quale andranno ad operare e i membri della famiglia dovranno, a loro volta, mostrarsi aperti al dialogo e disposti ad ascoltare le proposte, le idee e a mettere in discussione le proprie convinzioni230.