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3.3. Il Lanificio Luigi Ricceri: la storia, le principali tappe e i processi innovat

3.4.3 Il percorso formativo dell’imprenditore

Tutti i soggetti, ad esclusione del fondatore, che finora hanno gestito l’azienda di famiglia hanno affrontato un preciso percorso formativo scolastico. Il padre dei fratelli Ricceri, Giorgio Ricceri, ha frequentato fin da piccolo l’azienda di famiglia per poi proseguire con gli studi ingegneristici. I due fratelli che si trovano ora a capo dell’azienda, anche loro, come il padre, hanno frequentato fin da giovanissimi l’impresa e poi hanno intrapreso, uno gli studi in economia aziendale e l’altro gli studi in scienze politiche.

Naturalmente tra la generazione del padre e quella dei figli le cose cambiano notevolmente, e lo stesso si può dire per la generazione di figli che dovrà prendere il posto dei dirigenti attuali.

In azienda nessuno ha mai “obbligato” i proprio figli ad entrare a far parte della gestione aziendale ma la cosa è sempre stata scontata e ovvia. Non c’era bisogno che il padre dicesse ai figli che sarebbero subentrati loro nell’azienda perché loro in maniera velata lo sapevano già, e sapevano che non avrebbero potuto fare altro se non gestire l’azienda di famiglia che il padre gli avrebbe lasciato.

Con le parole del Dottor Ricceri:

“[…] guardi tra nostro padre e noi due, e noi due e i nostri figli cambia tutto. Perché sono altri tempi, nostro padre aveva una mentalità che andava bene, noi abbiamo la stessa mentalità ma con delle divergenze non siamo uguali, i nostri figli sono sei, non sono due, quindi cambierà tutto. Allora io e mio fratello devo dire siamo stati non programmati ma indirizzati in maniera molto decisa su questo mestiere.

Però nostro padre non ci ha mai detto che potevamo fare qualcos’altro; noi se volevamo potevamo fare altro, però ci ha talmente inculcato nel cervello che dovevamo stare in azienda che alla fine ci abbiamo creduto e, non solo ci abbiamo creduto, ma siamo completamente felici di essere entrati in azienda, perché è un mestiere che ci piace, è una grande passione, vogliamo andare avanti, investiamo, diamo lavoro e quindi facciamo girare l’economia”.

Ho domandato se avesse avuto altre esperienze prima di entrare a gestire le questione dell’azienda di famiglia, e lui mi rispose:

“[…] io mi sono laureato il 19 aprile del 1989, il 20 aprile del 1989 alle 8.30 ero qui in azienda. Già lavoravo un po’ dentro perché facevo delle cose ma molto saltuariamente; lui (riferito al padre) non ha mai voluto che noi si venisse in azienda perché disse “prima vi laureate e poi venite in azienda, perché se voi iniziate a lavorare non vi laureerete più”, è scritto una cosa logica, cominci a lavorare, ad avare un lavoretto ma al 90% non ti laurei più. Perché? Perché il lavoro ti prende talmente tanto che poi dopo te non hai più la testa per metterti lì a studiare, perché studiare è la cosa più terribile che ci possa essere, quindi va fatta tutta d’un colpo. Poi quando ti laurei si apre un mondo, è il momento più bello della vita. Io mi ricordo quell’anno mi sono laureato e sono venuto a lavorare per me era una cosa bellissima anche perché né io né mio fratello eravamo molto bravi negli studi, quindi ci siamo laureati ma con un po’ di fatica insomma. Studiare è la cosa più inumana che ci possa essere, perché sati tutto il giorno li, da giovane devi imparare, ripetere, poi ti buttano fuori… è mostruosa come cosa. Se devi fare una cosa mostruosa falla come una medicina, bevila tutta insieme, non puoi bere… poi vado a prendere un piatto di spaghetti e poi torno a bere, no! La medicina va presa tutta insieme e quando l’hai bevuta tutta incominci a godere, è li comincia la vita. Questa è la mia opinione, però ecco te lo dico sinceramente perché una cosa è lo studio una cosa è il lavoro”.

Continuando il discorso sulla formazione dei figli mi racconta della figlia femmina e di come sia importante oggi la conoscenza, a suo avviso, di almeno due lingue straniere, una delle quali deve essere assolutamente l’inglese:

“Io sono per gli studi italiani, i miei bambini vanno in scuole italiane e, non so se andranno in università italiane, però stanno andando in scuole italiane, a parte mia figlia che ha fatto 3 anni di scuola americana (le medie), ha imparato l’inglese perfettamente e ora fa il liceo classico a Firenze, il Michelangelo, quindi per quello sono contento perché lei sa l’inglese perfetto. Oggi l’importante è sapere l’inglese, un ragazzo di 20 anni che non sa l’inglese è segato, non può far nulla, è fuori. L’ideale sarebbe sapere l’inglese e il francese, oppure l’inglese e il tedesco oppure l’inglese e il cinese. Un ragazzo di 20 anni, oggi, che sa perfetto l’inglese e il cinese non ha limiti, va in qualsiasi azienda, lo prendono sta 5 anni a Hong Kong che è un posto stupendo dove conosci miliardi di persone; parte ed entra nel mondo del lavoro e non se ne accorge nemmeno.

Questo sta nei genitori: dare la cultura ai figli; la cultura e, ovviamente, prima cosa la possibilità, perché sapere l’inglese vuole dire tutta una serie di cose, mandare i figli in Inghilterra perché l’inglese scolastico non basta, devi investire e per fortuna noi possiamo investire e i nostri figli cerchiamo di fargli imparare almeno l’inglese. Però ripeto due lingue sarebbe il massimo.

Quindi credo che sia importante avere un po’ questa mentalità. Anche se hai una fabbrica e la dai ai tuoi figli, questi figli devono essere aperti, devono aver studiato, devono capire il mondo, devono andare all’estero.”

L’imprenditore si proietta poi sul futuro dell’impresa familiare e su quello dei figli e dei nipoti:

“Due parole per il futuro, io e mio fratello abbiamo 3 e 3 figli; io ho due maschi e una femmina, mio fratello ha due femmine e un maschio, hanno tutti tra gli 8 e i 14 anni, quindi sono piccolini. Tra dieci anni avranno tra i 18 e i 24. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che bisognerà pensare, per il futuro di questa azienda, se tra 10 anni c’è ancora perché non è detto, bisogna capire cosa gli si fa fare e per capire questo devono capirlo anche loro più che altro, questi ragazzi devono capire se ognuno c’ha l’ambizione di venir qui dentro a lavorare; se vengono qui a lavorare, la prima cosa bisogna dirgli “ guardate questa è una azienda che è familiare”; mettiamo ne vengono 4, due miei e due di Luigi, ci vuole uno che comanda, perché mentre io e mio fratello, in teoria non comanda nessuno ma ci troviamo d’accordo, non lo so perché…. Perché certe volte cedo io, certe volte cede lui; sappiamo che se vogliamo stare in piedi non si può litigare e non si può dire si fa così, no, si fa così… Ecco a questi figli bisogna dirgli “intanto fammi vedere cosa sai fare”; il problema quale è? Che io non posso parlare per i figli di mio fratello, io posso parlare per i miei figli. Quello che possiamo fare è scrivere a quel punto una regola che sia la regola di gestione di questa azienda se è sottoscritta da me e mio fratello. A quel punto non sono io che decido o lui, ma è la regola venuta fuori da un consiglio che è mio, suo o con qualche avvocato come fare a mandare avanti… e secondo me la è la cosa importante è capire le capacità di questi ragazzi. Perché se metti a comandare uno che non ha le capacità fa danni. Perché l’autorità poi non si dà, l’autorità si riceve dagli altri”.

C’è stato un momento in azienda dove le due generazioni, quella del padre e quella dei figli, si sono sovrapposte ma il Dottor Ricceri decise di andare all’estero per aprire nuovi mercati e cogliere nuove opportunità sfruttando l’inglese che aveva studiato, sotto consiglio del padre:

“Mio padre ci ha fatto imparare l’inglese apposta perché diceva “io sono limitato, voi non potete essere limitati quindi, voi dovete sapere l’inglese”. Già dagli anni ‘60/’70, io sono del ’62, già a fine anni ’60 io avevo delle signorine inglesi che mi rintronavano con l’inglese. Poi piano piano sono andato in America, in Inghilterra, sono andato dappertutto io; a 20 anni sapevo, non perfettamente, ma sapevo l’inglese abbastanza bene da andare in giro e fare quello che volevo in tutto il mondo”.

3.4.4. Conclusioni

Per concludere l’analisi svolta sul Lanificio Luigi Ricceri, l’imprenditore mi parla della sua filosofia gestionale e di come sia fermamente convinto della sua idea di impresa:

“[…]noi non diciamo che la nostra filosofia è quella giusta, ma diciamo che la nostra filosofia è quella in cui crediamo e che ci ha portato bene fino ad ora. Quindi proprio per questo non la cambiamo. Se io per mia mentalità dovessi vendere l’azienda, io la venderei tutta, cercherei di massimizzare il massimo e la vendo, perché una azienda è uguale problemi. Qui ogni giorno ci sono cento problemi. Mandare avanti una azienda non è semplice. Ecco credo che il nostro caso sia un caso abbastanza particolare di azienda familiare che va avanti da 90 anni, non ci sono oggi aziende, o pochissime, che sono arrivate realmente alla terza generazione, perché questa è una azienda che ha fatto mio nonno quindi… però a Parato specialmente c’è un turn over molto importante, le aziende chiudono-aprono, chiudono-aprono. Le aziende che io incontrai negli anni ’80 quando entrai qui erano aziende che oggi al 90% non ci sono più, quasi tutte sparite e rinate. Quindi, questo è Prato, c’è una energia a Prato, una evoluzione, c’è una spinta che non c’è in tutta la Toscana ed è molto rara in Italia perché la gente che qui lavora, lavora, lavora poi si indebita, esagera, fa troppo e magari chiude, poi riapre e rifà tantissimo. La nostra non è altro che una delle aziende pratesi che ha fatto tipo formichina, noi titolari tipo formichina, ed è cresciuta, ma poco, ci sono aziende

che sono cresciute molto di più, poi hanno chiuso, hanno riaperto, va ad altri… c’è tutta una evoluzione enorme; quindi per Prato siamo un po’ una mosca bianca”.

Emerge, quindi, un quadro positivo di una azienda familiare solida e con dei valori fortemente radicati e condivisi da tutti i soggetti che vi lavorano. Il Dottor Ricceri considera l’aspetto “famiglia” un punto focale per la gestione dell’impresa e afferma che se l’azienda è cresciuta, diventando una garanzia di rispetto e responsabilità agli occhi dei clienti, è anche, anzi soprattutto, grazie al fatto che è proprio una impresa familiare. La famiglia è un punto di forza grazie al rapporto di fiducia e stima reciproca che c’è tra i due fratelli. In fabbrica si respira un’aria serena e tranquilla; i problemi esistono come in tutte le aziende ma il Dottor Ricceri afferma che qualsiasi screzio, qualsiasi incomprensione viene discussa privatamente e non in presenza dei dipendenti per non creare un clima di sfiducia e pesantezza.

La proprietà, quindi, è inserita a tutti i livelli organizzativi e di governance e si espande capillarmente, controllando, grazie all’aiuto di una società di revisione, che tutto venga fatto secondo i piani programmati.

È una azienda che ha ancora margini di crescita e di sviluppo nei marcati e che continuerà il suo operato grazie al ricambio generazionale che si verificherà tra circa dieci anni, non appena i figli dimostreranno di esser pronti e motivati per prendere le redini di questa azienda di famiglia.

IL CONFRONTO: Lanificio Europa S.n.c. &

Lanificio Luigi Ricceri

Una volta esaminate singolarmente le due imprese familiari del distretto pratese, è necessario metterle a confronto per capire le dinamiche evolutive di entrambe. Analizziamo similitudine e differenze che emergono dalla lettura dei due casi.

Tra le differenze principali, che subito risaltano dall’analisi, la prima riguarda la gestione e la pianificazione dei cambiamenti generazionali che hanno interessato le imprese. Esaminando le parole del Dottor Francesco Ricceri si capisce che c’è stata sempre una attenzione, quasi morbosa, alla pianificazione di tutti i processi aziendali, sia da parte del padre, un tempo, sia oggi da parte sua e del fratello Luigi.

Siccome anche il ricambio generazionale deve essere considerato un processo, come è stato ampiamente esposto e spiegato nel secondo capitolo, anche per questo all’interno del Lanificio Luigi Ricceri è stata prevista una pianificazione. Inoltre i fratelli Ricceri hanno sviluppato competenze critiche e fondamentali per la crescita e lo sviluppo dell’impresa. Tra queste competenze forse la più importante è stata lo studio della lingua inglese, che ha permesso al Dottor Ricceri di aprire nuovi mercati in tutto il mondo, Cina, Russia, Giappone e America.

Richiamando la teoria e facendo riferimento alle caratteristiche della generazione presente, avevano esposto quattro differenti modalità con cui si può delineare il processo di successo generazionale: successione elusa, successione rimandata, successione programmata e infine successione istantanea. Per quanto riguarda il Lanificio Luigi Ricceri, si può parlare senza dubbio di una successione programmata, dove il processo di transizione è pianificato in anticipo rispetto al momento dell’inserimento e si possono avere situazioni di affiancamento o subentro graduale ma in entrambi i casi si palesa un trasferimento progressivo del potere e uno stile direzionale partecipativo.

Questo tipo di discorso non vale esattamente alla stessa maniera per il Lanificio Europa S.n.c., infatti, in questa impresa non c’è stata una vera e propria pianificazione per la transizione generazionale ma la cosa è avvenuta più in maniera naturale, lasciando decidere ai figli cosa intendessero fare una volta cresciuti. È l’ambiente circostante, in

questo caso, che spinge la nuova generazione ad entrare in azienda, considerando quest’ultima un porto sicuro dove approdare senza problemi. L’ambiente generale in cui è inserita l’impresa è caratterizzato da elementi sociopolitici e socioeconomici che non rispecchiano i valori e le credenze della famiglia. I figli sono quindi portati e, “costretti” in un certo senso, a far parte dell’impresa familiare. Il fatto stesso di abitare all’interno di un complesso che unisce la fabbrica e la casa ha fatto nascere un senso di appartenenza ancora più forte nei figli e nei nipoti. Importanti sono, inoltre, il settore di appartenenza e il mercato dell’impresa, ossia l’ambiente specifico in cui essa opera, rappresentato dagli elementi che influenzano più direttamente l’attività aziendale, e in questo caso, il prodotto jeans elasticizzato venduto dal Lanificio Europa ha attirato l’attenzione degli eredi.

Per quanto riguarda, invece, le situazioni di successione che si possono verificare da parte della generazione emergente, abbiamo già detto che è possibile delineare una successione pretesa, una successione conflittuale, una successione fisiologica ed infine una successione collaborativa. Per quanto riguarda il Lanificio Luigi Ricceri possiamo tranquillamente affermare che siamo di fronte ad una successione collaborativa dove il successore riesce a trasmettere alla generazione esistente i vantaggi dell’introduzione di eventuali idee innovative, determinando una crescita in tutti i membri dell’impresa. Mentre per quanto riguarda il Lanificio Europa la situazione che si palesa è di una successione fisiologica, dove la nuova generazione subentra senza particolari traumi, manifestando una generale accettazione delle linee guida dell’azienda e non avendo una particolare determinazione ad entrare in azienda per ricoprire ruoli di responsabilità. In questo caso la transizione è molto tranquilla e priva di qualsiasi contrasto generazionale. Un’altra differenza che emerge dalla lettura dei casi riguarda il livello di scolarizzazione delle due imprese che è uno degli elementi che poi influenza gli assetti di governance. Gli imprenditori che hanno preso parte all’assetto governativo-decisionale del Lanificio Ricceri, dal padre prima ai due fratelli oggi, hanno un alto livello di scolarizzazione; finite le scuole superiori hanno frequentato l’università e dei corsi di perfezionamento di inglese. Anche questo fa parte di una pianificazione che c’è stata a monte dell’ingresso in azienda, nulla è lasciato al caso.

Tra i componenti, invece, del Lanificio Europa nessuno ha proseguito gli studi una volta terminate le scuole superiori. L’imprenditore ha lasciato libera scelta alla generazione emergente e, non ha sentito l’esigenza di prevedere un piano di studi per gli eredi. Lo stesso discorso lo stanno riversando i figli del Signor Guarducci sui propri figli, cioè

quelli che faranno parte della quarta generazione. Anche per loro non è stato previsto nessun percorso di studi obbligatorio o specifico, cosa che invece l’imprenditore Ricceri sta sviluppando per i propri figli. Quest’ultimo prevede infatti anche delle regole scritte in materia di passaggio generazionale, una sorta di Patto di famiglia se vogliamo. Questo perché ci si rende conto del livello di alta criticità di questo evento per il fatto che esso deve essere gestito al meglio al fine di perdurare nella sua efficacia anche dopo l’avvenuto passaggio delle consegne. Il fatto che la famiglia Guarducci non preveda un percorso formativo specifico per la nuova generazione potrebbe in futuro portare alla luce delle fragilità gestionali. La pianificazione è una sorta di “ancora di salvezza” per la continuità aziendali per questo tipo di imprese; non bisogna abusarne ma bisogna farne buon uso, ed in caso di pianificazione di percorsi formativi potrebbe anche essere decisiva. Prevedere dei percorsi formativi può garantire in buona misura all’impresa l’entrata di competenze nuove che potrebbero diventare distintive e fondamentali e apportare un valore aggiunto. Il Lanificio Europa, sotto questo profilo, potrebbe incontrare delle difficoltà, rischiando di compromettere la continuità gestionale.

Inoltre, tra i fattori influenti sul ricambio generazionale, tra le due imprese si può trovare un punto di connessione: il grado di sviluppo dell’attività aziendale. Considerando, infatti, il ciclo di vita dell’impresa familiare, rappresentato nel secondo capitolo, entrambe le aziende si trovano nella fase di maturità che si caratterizza per una crescente diversificazione, un ampliamento della base familiare e una ricerca di autonomia nell’ambito della struttura da parte dei dipendenti. È in questa fase che bisogna cominciare a pensare alla successione generazionale e al futuro dell’impresa perché si rischia di proseguire sulla via del declino e, in questo, le due imprese pratesi si stanno muovendo verso la giusta direzione.

Per quanto riguarda, invece, gli assetti di corporate governance, le due imprese tessili presentano più punti in comune e poche differenze.

Per prima cosa dalla lettura dei casi traspare un forte attaccamento al concetto di famiglia; entrambi gli imprenditori considerano la famiglia, con tutti i suoi valori e caratteristiche (familiness), un punto di forza per le rispettive aziende. In entrambe le aziende le decisioni strategiche e gestionali vengono prese e discusse all’interno di un Consiglio di Amministrazione composto a maggioranza da soggetti appartenenti alla famiglia proprietaria. Per quanto riguarda il Lanificio Luigi Ricceri l’unica presenza esterna alla famiglia è una società di revisione che supporta la stesura e il controllo dei conti aziendali, ma ogni tipo di decisione a medio-lungo termine viene presa e

approvata dai fratelli Ricceri, senza lasciar spazio a deleghe di nessun tipo. La società di revisione, di cui sopra, fa parte del Consiglio di Amministrazione con un chiaro ruolo di servizio e supporto alla gestione e al processo decisionale, ma senza potere decisionale. Non c’è quindi quella separazione, tanto auspicata dai teorici aziendalisti, tra famiglia e management. Per questa azienda questo aspetto non incide negativamente sulla gestione; la divisione tra management e famiglia non è mai esistita, perché non si è mai sentita l’esigenza di delegare ad altri soggetti quello che i due imprenditori riescono a fare da soli. Questo approccio alla governance segue quella teoria dei diritti di proprietà che evidenzia come l’efficienza nel governo dell’impresa e in generale nelle relazioni economiche di impresa, necessiti l’allocazione del potere di comando nelle mani del proprietario, quale soggetto in grado di offrire il contributo di maggior valore. In conclusione, non c’è stata, quindi, una evoluzione nel tempo dell’assetto organizzativo e di governance in questa impresa familiare.

Il Lanificio Ricceri si presenta con un assetto governativo tipico delle imprese