• Non ci sono risultati.

FIGURA I UN QUADRO SOCIALE DEL QUARTIERE AVVOCATA DEL COMUNE DI NAPOL

TUTTI GIÚ PER TERRA: VERSO UN’ECONOMIA DELLA MENTE

FIGURA I UN QUADRO SOCIALE DEL QUARTIERE AVVOCATA DEL COMUNE DI NAPOL

Tasso di fertilità femminile: 3,3 figli per ogni donna Popolazione al di sotto dei 18 anni: 22% (Italia meno del 13%)

Tasso di disoccupazione maschile oltre 50%, femminile 60% Densità abitativa: 230.000 abitanti in circa 8,5 Kmq

Media dei detenuti: 4 volte la media nazionale

Reati portati a termine da minori: 4 volte la media nazionale Tasso di gravidanze portate a termine entro 16 anni: 1000 volte circa la media nazionale

Dispersione scolastica del 10-15% nella fascia d’età 13-15 anni Il 45% dei licenziati delle medie non si iscrive alle superiori Il 70% degli allievi si licenzia dalle medie con il voto minimo Presenza diffusa di lavoro nero e lavoro minorile

secondo e il quinto anno, scelti sulla base della presenza di condizioni problemati- che in famiglia e/o in ambito scolastico.

Il progetto si è sviluppato nell’arco di tre mesi, da marzo a maggio, con due incon- tri a settimana. I bambini, assistiti dagli operatori, hanno dato vita a un orto all’in- terno di uno spazio verde incluso nel plesso scolastico. Le operazioni di semina, cura e raccolta dei vegetali si sono concluse con un’insalata finale che gli allievi hanno preparato e condiviso con i propri genitori durante la giornata di chiusura del progetto.

Gli allievi sono stati divisi in due gruppi ognuno dei quali ha predisposto la propria aiuola, preparando il terreno per la messa a dimora delle piantine e la semina. Quando è stato possibile, come per i piselli, si è piantato direttamente il seme, giacché vederlo germogliare ha un valore aggiunto maggiore per i bambini dal punto di vista pedagogico, rafforzato dal fattore “emozionale”. Nelle aiuole hanno trovato simultaneamente posto più specie di ortaggi diversi con la predilezione di varietà autoctone (pomodori, melanzane, cavolfiori, fagiolini, piante aromatiche, ecc.); al fine di trasmettere e valorizzare l’idea di biodiversità e la capacità di con- vivenza e complementarietà di culture differenti. Lo spazio verde è, inoltre, stato abbellito da piantine di primule e violette, molto apprezzate dagli allievi.

Per la cura delle aiuole i bambini hanno ricevuto alcuni attrezzi: piccole zappe, vanghe, palette, punteruoli, un innafiatoio. Si tratta di utensili che, se mal adopera- ti, possono essere molto pericolosi, tuttavia nonostante l’esuberanza degli allievi, si è preferito affidarli direttamente alle loro mani, nel tentativo di autoresponsabiliz- zarli.

Nonostante il caso isolato di un bambino che ha colpito un suo coetaneo con un attrezzo sulla mano provocandogli una leggera distorsione, tuttavia, considerando l’indole da “scugnizzi” degli allievi, i dovuti avvertimenti, nel complesso, hanno sortito l’effetto sperato e il loro comportamento è stato generalmente corretto. Per la concimazione dell’orto è stato utilizzato, quando disponibile, soltanto il compost realizzato dagli stessi allievi. Nell’orto, infatti, ha trovato spazio anche un’attività di compostaggio dei rifiuti organici, con la finalità di dimostrare la possi- bilità di ottenere del buon concime naturale dagli scarti dei pasti degli studenti, che altrimenti avrebbero alimentato i cassonetti già stracolmi del quartiere. Il problema dei rifiuti, infatti, è particolarmente avvertito dai bambini, che più volte hanno evi- denziato il loro disagio per la sporcizia delle strade e degli spazi pubblici. È emble- matica la frase di un allievo di origini asiatiche che, con il suo linguaggio napoleta- no verace, ha affermato di volersi trasferire a Modena (?!) <<perché Napoli è chie-

na é munnezza.>>. I bambini hanno ancora lamentato la difficoltà di giocare libe- ramente nelle strade, non solo perché sporche, ma soprattutto perché occupate dalle automobili. Al riguardo, in un’intervista svolta a chiusura del progetto un bambino ha proposto di liberare tutte le strade dalle macchine e dalla spazzatura e al loro posto di coltivare grandi orti.

Importante è stata, inoltre, l’attività di pulizia dello spazio verde: i bambini hanno raccolto quasi a ogni incontro rifiuti di ogni genere, perché come hanno detto i più piccoli <<I vandali sporcano tutto e non risparmiano nulla>>.

La coltivazione dell’orto ha consentito, inoltre, di intrecciare delle interessanti rela- zioni tra generazioni e Paesi diversi, giacché il quartiere è uno dei luoghi della città a più alta densità di migranti. Nel gruppo, infatti, erano presenti alcuni allievi figli di extracomunitari, i cui genitori o nonni erano contadini o si dedicavano alla cura di un orto; proprio loro sono stati quelli che avevano una maggiore conoscenza delle piante e delle tecniche di coltivazione e grazie ai loro racconti si sono vissuti dei momenti di condivisione inaspettati e, talvolta, sorprendenti.

Il progetto si è aperto con un’indagine preliminare sulla percezione dell’agricoltura da parte degli allievi della scuola. Allo scopo di chiarire le conoscenze pregresse non solo dei partecipanti, ma di tutti gli studenti, la ricerca si è sviluppata mediante la somministrazione di un questionario a un campione casuale composto da 41 alunni.

Figura II Alcuni risultati dell’indagine preliminare sulla percezione dell’agricoltura

Dalla lettura dei risultati, alcuni dei quali riportati nella Figura II, emerge una cono- scenza superficiale dell’ambiente naturale, del mondo rurale e dei processi produt- tivi degli alimenti. Le informazioni sull’argomento risultano veicolate agli scolari

Agricoltura è…

• Coltivare la terra • Frutta e ortaggi • Non so

Per i più “fantasiosi”….

• Vegetazione importante per i vegetaliani • È un simbolo di frutti di estate

• Montagne

• Una vegetazione cioè tutte le cose che si mangiano

Risulta che…

• più del 51% degli intervistati non ha

mai visto un orto

• più del 68% non conosce un contadino • a più del 70% non piacerebbe diventare

contadino

• secondo il 27% i cereali si trovano al supermercato

• per i nomi degli ortaggi si usa con fre- quenza il dialetto

principalmente attraverso la televisione, da cui sono assorbiti dei modelli di consu- mo che non privilegiano la ricerca della salubrità. Questa lettura è in linea con i risultati di una recente indagine dei giovani agricoltori europei (Ceja) svolta su un campione di 2.400 bambini tra i 9 e i 10 anni nei 15 Paesi dell’Unione. Dalla ricer- ca è emerso che i piccoli cittadini europei sono estremamente condizionati dai messaggi pubblicitari e hanno difficoltà ad associare i prodotti agricoli originali alla loro forma finale dopo i processi di trasformazione, tanto da ritenere che il latte provenga da una fabbrica, che i polli hanno quattro zampe e il pane cresca sugli alberi50.

La reticenza iniziale dei partecipanti a mettere le mani nella terra, a toccare gli insetti, a sporcarsi si è poi trasformata in un’entusiasmante scoperta di tutte le forme di vita presenti nello spazio verde e, per molti, in una passione per la cura delle piante che diversi allievi hanno cominciato a coltivare anche nelle proprie case. Il successo del progetto è stato evidenziato anche dai risultati di una sua valutazio- ne finale effettuata attraverso la realizzazione di interviste, singole e di gruppo, ai partecipanti.

Quest’esperienza ha ulteriormente comprovato il valore degli orti scolastici come laboratori didattici all’aperto, in cui il contatto diretto con la natura offre una varietà di stimoli utili ad attivare delle esperienze pedagogiche estremamente interessanti sotto molteplici profili. Seppur sinteticamente, proviamo di seguito a declinare alcu- ni di questi aspetti, focalizzando l’attenzione su quelle questioni che sembrano più rilevanti rispetto al contesto e all’economia complessiva del ragionamento.

L’orto come laboratorio di educazione ambientale

L’orto è un “laboratorio di educazione ambientale” all’aperto che, oltre ad arricchi- re il patrimonio di conoscenze sulle piante e gli animali, è uno strumento in grado di far comprendere i cicli della natura, la scoperta dei tempi biologici, di affrontare la problematica dei rifiuti in chiave ecologica. La possibilità di affiancare all’orto una piccola attività di compostaggio dei residui organici da cui ricavare humus per il terreno, infatti, rende chiara la chiusura dei cicli e l’inesistenza del rifiuto in natu- ra, un concetto “tutto umano”.

La cognizione della rete della vita e dei cicli ecologici che la animano, propria delle società tradizionali venuta meno nell’era industriale, rappresenta un punto chiave nella risoluzione del conflitto tra l’ecologia e gli attuali sistemi economici 51.

Tale divergenza nasce dal fatto che la natura è ciclica, mentre i nostri sistemi indu- striali sono lineari52, per cui la sostenibilità dei processi produttivi va ricercata pro- prio in una loro organizzazione che imiti i cicli naturali.

Questi concetti, per quanto intuitivi e paradossalmente semplici, in realtà sono i capisaldi dell’educazione ecologica e dell’epistemologia della complessità, su cui si fondano le scienze della sostenibilità53.

La capacità di riconoscere l’uomo come parte di un sistema di relazioni più ampio che lo legano al contesto e ai processi con cui interagisce, e attraverso cui si defini- sce, rappresenta infatti un punto centrale del pensiero sistemico54. In quest’ottica, la realizzazione di un orto è un’occasione per stimolare lo spirito creativo e la rifles- sione degli allievi nella ricerca di comportamenti più sostenibili che inglobino il “senso del limite” e la “capacità di attendere”.

Si tratta di concetti con cui l’uomo moderno deve necessariamente confrontarsi, sin dall’infanzia, per la ricerca di un rapporto più equilibrato con il proprio essere naturale e sociale.

L’illusione di poter superare i limiti naturali attraverso l’uso della tecnologia e la possibilità di prevedere e controllare il comportamento degli ecosistemi rappresen- tano due aspetti che contraddistinguono il comportamento della cosiddetta società dei consumi, in cui il 20% degli abitanti del pianeta utilizza l’80% delle risorse

51 Cfr. Capra Fritjof, Ecoalfabeto. L’orto dei bambini, Stampa alternativa, 2005, Viterbo.

52 I cicli industriali sono lineari, in quanto non si chiudono, comprendendo l’estrazione delle risorse, la loro trasfor- mazione in prodotti e rifiuti, beni che una volta consumati divengono essi stessi rifiuti.

53 Il termine Sustainability Science indica una convergenza transdisciplinare di riflessioni e ricerche derivanti da materie diverse, che cercano di analizzare le interazioni dinamiche tra i sistemi naturali, sociali ed economici. Cfr. Bologna G., Manuale della sostenibilità. Idee, concetti, nuove discipline capaci di futuro, Edizioni Ambiente, 2005.

54 <<Nel nuovo paradigma il rapporto fra le parti e il tutto è invertito. Le proprietà delle parti possono essere compre- se solo alla luce della dinamica dell’intero. In definitiva, le parti non esistono. Ciò che chiamiamo parte è solo una configurazione in una rete inseparabile di relazioni.>> Cfr. Capra Fritjof, Il punto di svolta, Feltrinelli, 1984. Il “paradigma sistemico”, nato dall’esigenza di superare la frammentazione e la separazione dei saperi propria della tradizione “riduzionistica” cartesiana, si è delineato tra la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’50 grazie al contributo di vari studiosi, tra cui Gregory Bateson, Ludwig Von Bertalanffy, Margaret Mead, Norbert Wiener, John von Neuman.

La concezione sistemica della realtà è applicabile ai fenomeni che caratterizzano un “sistema” indipendentemente dal loro contesto fisico-chimico, biologico o psico-socio-culturale, laddove per “sistema” si intende “ un insieme di oggetti e di relazioni tra gli oggetti e tra i loro attributi”.

55 L’ecologia non può essere separata dall’equità, né l’equità dall’ecologia. La crisi della natura e la crisi della giusti- zia sociale sono interconnesse. Cfr. Wolfgang Sachs (a cura di), Dizionario dello sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1998. È sufficiente, a tal riguardo, considerare che se tutta la popolazione mondiale volesse adottare lo stes- so stile di vita dei cittadini degli USA sarebbero necessari l’equivalente di cinque pianeti come la terra. Cfr. Global Footprint Network, 2007.

globali disponibili, adottando così degli stili di vita chiaramente non sostenibili, sia da un punto di vista ecologico, sia da quello sociale55.

In un’epoca di “alta velocità”, pertanto, veder crescere un vegetale giorno per gior- no è un’esperienza che, in opposizione all’imperante logica del tutto e subito, pro- pone una visione più coerente con i “tempi della natura”.

A tal proposito, è interessante riproporre la riflessione di alcuni autori secondo cui l’affermazione di cognizioni e relazioni ecologiche richiede dei processi di appren- dimento che vanno costruiti, seppur con un’ottica particolare, anche per l’infanzia56. Quest’opinione considera un pregiudizio la visione del rapporto tra bambini e natura influenzata dalla letteratura romantica, secondo cui i fanciulli istintivamente sarebbero più vicini e sensibili all’ambiente. Se ciò per molti aspetti è vero, tuttavia non bisogna incorrere nell’adozione di automatismi pericolosi. Come ha evidenziato Piaget, sebbene i bambini costruiscono dei rapporti meno mediati con la natura, perché sprovvisti di sovrastrutture culturali, tuttavia essi ritengono che ogni cosa sia funzionale agli individui con una tensione nel trovare coscienza e intenzione nelle cose, anche quelle inanimate57. Secondo questa visio- ne, una coscienza ambientalista non si forma “spontaneamente” nei bambini, ma la scoperta della natura andrebbe indirizzata dagli adulti che li possono guidare nella costruzione di significati, e dunque pratiche, “sostenibili”58.

La propensione “animista” dell’infanzia, tuttavia, può essere una leva di fondamen- tale importanza nei processi di educazione ambientale: la comprensione dei cicli naturali aiuta gli allievi a sentirsi parte della “struttura che connette”; prendersi cura di organismi viventi, inoltre, favorisce un senso di responsabilità e sviluppa un rap- porto emotivo con la natura, in grado di attivare una maggiore sensibilità verso le problematiche ambientali. L’orto, in tal senso, è uno strumento in grado di infonde- re quel senso del “Sacro” che secondo Bateson nasce dalla consapevolezza dei legami che animano il Mondo, una visione intesa come amore e protezione, che non si riferisce alla sacralità propria delle religioni storiche, ma che pure in queste è presente come rispetto del Creato e del Creatore59.

56 Hart Roger A., La partecipazione dei bambini, Unicef, Roma, 2004. 57 Piaget J, The moral development of the child, Free press, New York, 1965.

58 “Perché educare? Per recuperare quell’armonia fondamentale che non distrugge, che non schiaccia, che non abusa, che non pretende di dominare il mondo naturale, bensì vuole conoscerlo nell’ambito di una accettazione e un rispetto tramite cui il benessere umano è raggiunto nel benessere della natura di cui l’uomo fa parte…” Humberto Maturara, Emotiones y lenguaje en education y politica, Hachette-CED, Santiago del Chile, 1990. 59 “Alla fine, non conserveremo altro che quello che amiamo, e non ameremo altro che le cose che comprendiamo,

L’orto come laboratorio di educazione alimentare

L’orto scolastico rappresenta un’opportunità per affrontare le tematiche proprie “dell’educazione alimentare” e promuovere sin dall’infanzia un consumo consape- vole e responsabile. Questa proprietà è centrale in diversi programmi di orti didatti- ci finalizzati principalmente a migliorare le abitudini alimentari degli scolari. Nonostante sia noto che la dieta ha un effetto cruciale per la crescita, la salute e la capacità di apprendimento dei bambini, tuttavia la necessità di un rapporto corretto con il cibo rappresenta un’emergenza anche nelle società del benessere. Si consi- deri, al riguardo, la crescente diffusione dei disturbi del comportamento alimentare (bulimia, anoressia, ecc.) 60. Secondo i dati diffusi dal Ministero della salute, in Italia la stima delle persone in sovrappeso è la più alta d’Europa e risulta pari al 45% se si comprendono gli obesi. Non migliore è la situazione dell’universo infan- tile, già all’età di 9 anni il 23,9% dei bambini è in soprappeso e il 13,6% è obeso, con una più elevata prevalenza di obesità nelle regioni del Sud rispetto al Nord e punte del 16% proprio a Napoli61.

Le scelte alimentari dei bambini dipendono dall’educazione, dall’ambiente socio- culturale e, purtroppo, dalla pubblicità che promuove prodotti per l’infanzia molto appetibili, ma che sono ad alto contenuto in grassi e zuccheri, ricchi di additivi e conservanti, con diversi effetti nocivi62. È, pertanto, evidente l’importanza dell’edu- cazione alimentare e, parallelamente, delle notevoli potenzialità degli orti scolasti- ci. La loro coltivazione, infatti, consente di diffondere le conoscenze per una sana nutrizione, riannodando quell’esperienza diretta tra consumo e produzione degli alimenti venuta a mancare con lo sviluppo della moderna industria agro-alimenta- re. Tra le altre evidenze importanti, in un orto i bambini si accorgono che la perfe- zione dei prodotti vegetali venduti al supermercato non è naturale; ciò li stimola a comprendere e accettare la biodiversità e per suo tramite la diversità più in genera- le, anche sociale, etnica, religiosa.

60 Già LUCREZIO nel De rerum natura (V,1007-8) sosteneva: Tum penuria deinde cibi languentia leto Membra dabat, contra nunc rerum copia mersat [ Allora la penuria di cibo annientava corpi macilenti, adesso li affoga l’abbondan- za di cose]. L’altra faccia della medaglia sono la fame e malnutrizione che rappresentano il problema centrale per circa 820 milioni di persone nei paesi in via di sviluppo, non per una carenza dell’offerta alimentare, ma per l’in- capacità di accedervi a causa di una penuria dei mezzi necessari a comprare o produrre cibo sufficiente e di buona qualità. FAO (2007).

61 L’indagine di riferimento è stata promossa dal Ministero della Salute in alcune città campione di Lombardia, Toscana, Emilia Romagna, Campania, Puglia e Calabria.

62 Tra le conseguenze dannose di un’alimentazione poco sana, a parte il sovrappeso, vi sono problemi di carie, irrita- bilità, ansia, allergie, difese immunitarie abbassate, difficoltà di concentrazione ed apprendimento, comportamenti asociali e aggressività.

Un rapporto equilibrato con l’alimentazione ha anche una forte valenza culturale e sociale. È noto, infatti, che il cibo è un prodotto culturale, cui è riconosciuta la capacità di tessere legami sociali63, nonché un prodotto fortemente identitario. L’alimentazione, infatti, fa parte delle pratiche dirette alla “cura del sé” e, tra le altre funzioni, svolge un’azione simbolica nella costruzione e comunicazione della propria identità64. Il cibo è uno strumento di conoscenza dell’altro e della sua cul- tura.

Migliorare il consumo alimentare attraverso la promozione del buon convivio (cum vivere=vivere assieme), pertanto, significa anche incidere sulla capacità dei soggetti di attribuire senso alle pratiche e alle relazioni sociali, limitando l’adozione di un orientamento edonistico-estetico ai consumi alimentari e ai rapporti sociali65.

L’orto come terapia

L’orto è sempre più considerato come uno strumento prezioso nel supporto di per- corsi che affrontano la devianza minorile e alcune problematiche della sfera psichi- ca (in particolare depressione, stress, ansia) e sociale (soggetti diversamente abili). Numerosi studi, infatti, hanno dimostrato che il rapporto diretto con la natura favo- risce il recupero del benessere fisico e psicologico. Su queste evidenze si fonda la ”ortoterapia”, traduzione di horticultural therapy, che come disciplina ha iniziato a essere conosciuta una quindicina di anni fa negli Stati Uniti, grazie agli studi della American Horticultural Therapy Association – AHTA, già attiva dal 1973. Quest’ultima ha evidenziato come la cura di organismi vivi, svolta individualmente ma ancor di più in gruppo, stimola lo sviluppo del senso di responsabilità e di socialità, combatte efficacemente il senso di isolamento e di inutilità in persone con handicap fisici o negli anziani. A livello fisico, ancora, richiedendo un’attività motoria, l’agricoltura migliora il tono generale dell’organismo e contribuisce ad attenuare stress e ansia. È stato, poi, provato che la vista di un paesaggio verde aiuta a sopportare meglio il dolore, la depressione e contribuisce alla ripresa del- l’organismo in fase di convalescenza.

Il progetto dell’orto di Napoli, diretto ad alunni particolarmente vivaci, è un buon

63 Si consideri il tradizionale rituale familiare dello stare a tavola, della cucina di casa, del convivio domestico, del dono e della condivisione del cibo.

64 Cfr. Lupton, D, L’anima nel piatto, il Mulino, Bologna, 1999.

65 La dieta mediterranea spesso è indicata come la via per evitare due rischi estremi, giacché bisogna:Uscire, allora, dal mito di una cucina tradizionale, unica, genuina, tipica, esclusiva, basata sul mito del buon tempo antico che in realtà non è mai esistito. E dal mito di una cucina mondiale, che non esiste se non come negazione. Cfr. Teti V, Il colore del cibo, Meltemi, Roma, 1999.

esempio delle capacità “tranquillizzanti” della coltivazione. Le attività svolte nello spazio verde sono state in grado di incanalare delle energie che si sentivano repres- se tra le pareti di un’aula, opportunamente convogliate nella cura dell’orto, con l’effetto di sedare gli animi anche degli allievi più irrequieti.