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Le esperienze in corso nel campo dell’agricoltura

Negli ultimi anni il Ministero di Grazia e Giustizia18ha avviato una serie di iniziati- ve a sostegno del livello occupazionale dei detenuti con l’obiettivo di migliorarne la qualificazione professionale nel campo agricolo e della trasformazione e com- mercializzazione dei prodotti e favorirne il reinserimento sociale e lavorativo. Per la realizzazione dell’attività sono stati fatti investimenti in strutture e personale, in modo da creare le condizioni per la realizzazione delle attività all’interno delle mura carcerarie, e sono state avviate collaborazioni con organizzazioni, enti di for- mazione, cooperative del territorio.

In particolare, nell’ultimo periodo lo sforzo del Ministero si è concentrato nell’av- vio di attività agricole specializzate a indirizzo biologico, con una gestione diretta o con collaborazioni esterne19.

Il rapporto tra detenzione e agricoltura ha origini abbastanza lontane, anche se solo negli ultimi anni tale attività ha trovato nuovo impulso. Fin dall’800, infatti, il governo italiano, sulla base di quanto avveniva in altri Paesi, pensò di utilizzare il lavoro dei detenuti per la bonifica delle zone incolte e malariche e istituì le prime Colonie agricole su piccole isole. Tale intervento costituiva l’occasione per speri- mentare forme di detenzione intermedie che consentivano di coniugare – nelle intenzioni dei riformisti di fine ’800 – le esigenze di sicurezza con l’utilizzo del lavoro dei detenuti. Alle attività erano assegnati detenuti a basso indice di pericolo- sità, che potevano svolgere lavoro all’aperto. Nei primi anni del ’900 erano presenti 5 Colonie agricole in Sardegna e 3 nell’arcipelago toscano per un totale di 17.748 ettari lavorati. La mancanza di personale disposto a operare in tali realtà è stata però una delle cause della chiusura di queste strutture.

Attualmente sono ancora in attività le colonie di Mamone, Isili e Is Arenas in Sardegna e di Gorgona nell’Arcipelago toscano; le altre sono state chiuse (nel 1980 Capraia, nel 1998 Pianosa e l’Asinara) per la mancanza personale disposto a lavo- rare in situazioni di isolamento dal resto del Paese, nonostante gli incentivi previsti per il personale in servizio nelle sedi disagiate. Nelle attuali colonie, viste le con- dizioni pedoclimatiche, l’indirizzo produttivo è prettamente zootecnico (bovini, ovini, caprini, suini, equini e avicunicoli), spesso con allevamento allo stato brado.

18 Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Direzione Generale dei detenuti e del trattamento

19 É in corso di realizzazione una ricerca dell’AIAB, finanziata dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali ai sensi dell’art. 12, lett. f) Legge 383/2000. Annualità 2007, finalizzata alla ricognizione e all’analisi dell’a- gricoltura biologica nelle carceri italiane e alla valorizzazione delle esperienze realizzate.

La tipologia produttiva e l’utilizzo della manodopera detenuta rispecchia ancora oggi i canoni della tradizionale colonia agricola e ha l’obiettivo di occupare il mag- gior numero di persone. L’obiettivo produttivo e imprenditoriale risulta invece resi- duale sia per una visione “tradizionale” del rapporto lavoro-detenzione, sia per gli ostacoli burocratico-amministrativi che impediscono una gestione imprenditoriale dell’attività.

Una delle esperienze più interessanti riguarda proprio l’isola di Gorgona, dove con il supporto di un veterinario omeopata20e la collaborazione degli enti locali, i dete- nuti della Casa di reclusione oltre a occuparsi dell’allevamento di suini, bovini, ovi-caprini, conigli, cavalli, asini e api, ora hanno a disposizione anche un labora- torio di biologia marina e un’attività di itticoltura.

Accanto a queste esperienze, negli anni ne sono andate maturando altre in situa- zioni differenti per tipologia di struttura detentiva (case circondariali, case di reclu- sione, colonie agricole, ospedali psichiatrici giudiziari, carceri minorili, ecc.) e per attività agricola (biologico e biodinamico, apistica, ecc.) e di trasformazione.

Caratteristiche produttive e organizzative dell’agricoltura in carcere

Attualmente gli Istituti in cui si svolgono attività agricole e di trasformazione sono 32: 4 colonie agricole e 28 tenimenti agricoli, 19 dei quali gestiti direttamente dall’Amministrazione penitenziaria.

Situazione al 30 Giugno 2008

TENIMENTI AGRICOLI E COLONIE

STRUTTURE DETENUTI LAVORANTI

NUMERO NUMERO TENIMENTI IN TENIMENTI

Regione di detenzione COLONIE AGRICOLE GESTITI DALL'A.P. NON GESTITI DALL'A.P. TOTALE GESTITI DALL'A.P. NON GESTITI DALL'A.P. TOTALE ABRUZZO 0 0 1 1 0 0 2 2 2 0, 5 BASI LICAT A 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0, 0 CALABRIA 0 3 0 3 0 16 0 16 16 3, 1 CAMPANIA 0 1 0 1 0 9 0 9 9 0, 8 EMIL IA ROMAGNA 0 2 0 2 0 24 0 24 24 3, 6

F RIULI VENEZIA GIULIA 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0, 0

L AZI O 0 4 4 8 0 17 4 21 21 1, 4 L IGURIA 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0, 0 L OMBARDI A 0 0 2 2 0 0 6 6 6 0, 3 MARCHE 0 1 0 1 0 4 0 4 4 2, 3 MOL ISE 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0, 0 PIEMONTE 0 3 0 3 0 13 0 13 13 1, 3 PUGLIA 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0, 0 SARDEGNA 3 0 0 0 228 0 0 0 228 31, 4 SICIL IA 0 2 0 2 0 9 0 9 9 0, 8 T OSCANA 1 2 1 3 9 15 7 22 31 2, 3 T RENTI NO AL TO ADIGE 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0, 0 UMBRIA 0 1 0 1 0 3 0 3 3 0, 9 VALL E D'AOSTA 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0, 0 VENETO 0 0 1 1 0 0 6 6 6 1, 0

T OT ALE NAZI ONALE 4 19 9 28 237 110 25 135 372 2, 8

Fo nte : D.A .P. - Uffi cio p er l o Sv ilup po e la Gestione del Siste ma Info rma tivo Automa tizz ato - Sez ion e Sta tistic a

% SU LAVORANTI IN COLONI E ADDETTI TOTALE AGRICOLTURA

20 Marco verdone, Il respiro di Gorgona. Storie di uomini, animali e omeopatia nell’ultima isola-carcere italiana, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 2008

In tutto i detenuti occupati nei 22 tenimenti agricoli e nelle 4 colonie (per oltre 110 ettari complessivi) sono 372 (il 2,8% del totale dei lavoranti), quasi tutti uomini, per la maggior parte impegnati presso le colonie (228 in Sardegna).

Il tipo di produzione che si realizza nelle strutture penitenziarie varia a seconda della vocazione agricola del territorio in cui si trova l’istituto, alle strutture produtti- ve esistenti, alla presenza o meno di figure professionali, come il tecnico agrario, alle competenze professionali dei detenuti lavoranti.

Si va quindi dalla coltivazione dello zafferano nelle zone vocate per questa produ- zione, come l’Ospedale Psichiatrico di Montelupo Fiorentino e la Casa di Reclusione San Gimignano, all’orticoltura biologica e alla frutticoltura in serra, dal- l’allevamento dei conigli d’angora alla floricoltura, dall’itticoltura all’apicoltura. Per la realizzazione delle attività gli Istituti si avvalgono anche di finanziamenti nazionali ed europei, come è il caso del progetto “Api in carcere”, nato nel 2000 su iniziativa dell’Amministrazione Penitenziaria in collaborazione con la Federazione Apicoltori Italiani (FAI), con l’obiettivo di offrire nuove opportunità di reinserimento sociale e lavorativo ai detenuti, e finanziato per il 50% dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e per il restante 50% dalla Comunità europea ai sensi del Regolamento CEE 1221/97. L’Amministrazione penitenziaria, in questo caso, mette a disposizione appezzamenti di terreni e locali e ha provve- duto all’acquisto delle arnie, degli sciami e delle attrezzature per la lavorazione del miele. La Federazione Apicoltori Italiani ha organizzato corsi di formazione profes- sionale nel settore dell’apicoltura e della lavorazione dei prodotti. L’idea del proget- to è nata da un’esperienza avviata nel 1996 presso la Casa di Reclusione di Pianosa, dove il tecnico agrario attivò corsi di formazione professionale in apicoltu- ra rivolti ai detenuti, con la collaborazione della Federazione Italiana Agricoltori (FAI). Nel 2000, l’Amministrazione Penitenziaria propose al Ministero delle politi- che agricole alimentari e forestali, la realizzazione di un progetto vero e proprio nell’ambito del Regolamento CEE 1221/97. L’iniziativa ha inizialmente coinvolto sette istituti penitenziari - la Casa di Reclusione di Gorgona, la Casa di Reclusione di Porto Azzurro, la Casa Circondariale di Empoli, la Casa di Lavoro di Castelfranco Emilia, la Casa Circondariale di Velletri, la Casa di Reclusione di Carinola, la Casa Mandamentale di Macerate Feltre - e poi altri cinque istituti - la Casa Circondariale di Viterbo, la Casa Circondariale di Terni, la Casa di Reclusione di Mamone, la Casa di Reclusione di Palermo Pagliarelli, la Casa di Reclusione Femminile di Venezia.

alla droga) e il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali è stato inve- ce attivato dall’Amministrazione penitenziaria il progetto “Agricola 2000” (e suc- cessive edizioni), presso gli Istituti di Modena, Roma Rebibbia Femminile, Viterbo, Velletri, Giarre, Is Arenas, Milano Bollate, Alessandria, Asti, ecc..