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Profili operativi delle operazioni di Merger Leveraged buy out

1. Struttura dell’operazione di MLBO

1.3 Ricerca e selezione delle forme di finanziamento

1.3.3 Forme di garanzia

Come abbiamo detto i finanziamenti concessi alla newco per l’acquisto del controllo della target possono essere assistiti da garanzie o meno. Qualora siano necessarie tali garanzie è importante individuare quali sono le possibilità a disposizione della newco in tale ambito.

In relazione all’operazione di LBO le forme di garanzia a cui si ricorre frequentemente sono il pegno sulle quote o azioni della società target e della newco, oppure l’ipoteca su cespiti immobiliari della target. La prima garanzia viene prestata all’atto del pagamento del prezzo di acquisto della partecipazione di controllo e del relativo trasferimento alla newco. La successiva garanzia, invece, viene rilasciata a fusione conclusa.

Per quanto riguarda il pegno questo si può collocare sulle azioni o quote in caso di società a responsabilità limitata. Le partecipazioni che vengono offerte in pegno sono solitamente quelle dalla società target, tuttavia, non si esclude la possibilità che il soggetto finanziatore possa fruire del pegno anche sulle partecipazioni della newco.

Riguardo alla costituzione del pegno su azioni vi sono delle regole da rispettare. Innanzi tutto è possibile individuare due diversi regimi di costituzione del pegno su azioni a seconda che oggetto della garanzia reale siano dei titoli azionari in regine di cartolarizzazione (azioni di società non quotate) oppure in regime di dematerializzazione (azioni di società quotate).

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Per quanto riguarda le modalità di costituzione del pegno sulle azioni di società non quotate è necessario distinguere se le azioni siano state emesse oppure no. E’ infatti necessario ricordare che la società può, con una deliberazione dell’assemblea straordinaria, decidere di non distribuire i certificati azionari ai soci. In tale ipotesi, peraltro decisamente rara nella prassi, la costituzione del pegno avverrà mediante la sola annotazione del vincolo nel libro soci.

Più complessa, invece, risulta essere la disciplina della costituzione della garanzia reale nel caso in cui siano emessi certificati azionari. Questa risulta, infatti, dal combinato disposto di una serie di norme contenute sia nella legislazione speciale, che in quella ordinaria relativamente alla disciplina del pegno sui beni mobili, applicabile in quanto compatibile.

Per effetto di tali disposizioni il pegno su azioni nominative può essere costituito con due modalità: (i) mediante duplice annotazione del vincolo sul titolo e nel libro soci o (ii) mediante girata delle azioni in garanzia, unita alla materiale consegna dei titoli e all’annotazione nel libro soci. A prescindere dal sistema utilizzato, è di assoluta importanza ricordare che, oltre ai predetti adempimenti, per la validità della costituzione del pegno sarà necessaria la redazione e sottoscrizione di una scrittura privata con data certa, non risultando questa fungibile con l’annotazione del vincolo sul titolo e nel libro soci. Si evidenzia che, affinché il pegno sia opponibile alla società, è requisito essenziale e imprescindibile l’annotazione del vincolo nel libro dei soci. L’osservanza delle modalità descritte rende la costituzione della garanzia valida ed efficace sia fra le parti sia rispetto ai terzi (ed in particolare rispetto alla società emittente) oltre che produttiva dei suoi effetti tipici.

Il recente processo di dematerializzazione delle azioni di società quotate ha indotto il legislatore a dettare specifiche disposizioni per la disciplina della costituzione dei vincoli (pegno, sequestro, pignoramento ecc..) su tale tipo di bene. La scomparsa della chartula ha, infatti, reso evidente l’impossibilità di procedere sia all’annotazione del vincolo sul titolo azionario sia al suo spossessamento e quindi reso necessaria una disciplina ad hoc.

Il legislatore ha stabilito che in questo caso la costituzione del diritto richieda la registrazione del vincolo in uno specifico conto, differente da quello ordinario, detenuto presso l’intermediario finanziario17

. Il pegno si perfeziona, quindi, con l’iscrizione dei vincoli in detto conto, nel quale deve essere specificata la natura del vincolo, le eventuali indicazioni supplementari, in particolare quelle concernenti l’attribuzione dei diritti patrimoniali e amministrativi relativi ai titoli concessi in garanzia, la causale dell’operazione e la data dell’operazione da iscrivere.

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Pertanto, non risulta necessaria, a differenza del procedimento avente per oggetto le azioni cartolarizzate, l’annotazione nel registro della società emittente ai fini della costituzione del vincolo e, secondo la dottrina, neanche ai fini della legittimazione all’esercizio dei diritti sociali a cui il creditore pignoratizio è per legge legittimato, risultando sufficiente il rilascio di idonea certificazione da parte dell’intermediaria autorizzato. In secondo luogo, si ritiene che non occorra, per la valida costituzione del pegno, la redazione e sottoscrizione di una scrittura privata con data certa, in quanto la sua funzione sembra sostituita dalle apposite annotazioni che l’intermediario deve effettuare e che dovranno risultare dagli appositi registri.

Infine, per quanto riguarda gli effetti che si determinano a seguito della costituzione del pegno sulle azioni dematerializzate nei confronti della società emittente, questi sono condizionati dal tradizionale adempimento dell’annotazione nel libro soci della costituzione del vincolo reale. La realizzazione di tale adempimento viene garantita attraverso la comunicazione che l’intermediario deve effettuare alla società emittente ai sensi dell’art. 34 D. Lgs. 213/1998.

Ora, nel caso in cui sulle azioni sia costituto un pegno, si pone la questione di come, da un punto di vista operativo, si possano conciliare le caratteristiche proprie del pegno con quelle relative ai diritti patrimoniali ed amministrativi spettanti di norma al socio.

Per quanto riguarda il diritto di voto, il legislatore ha espressamente stabilito che questo spetti, salvo diversa pattuizione, al creditore pignoratizio (art. 2352 c.c.). Nel contratto costitutivo del vincolo, tuttavia, le parti possono, in deroga a quanto previsto dalla norma citata, stabilire che il diritto di voto resti in capo al soggetto debitore, con la previsione di determinati “correttivi” volti a tutelare anche le ragioni del creditore pignoratizio. Pertanto, l’autonomia contrattuale delle parti consente l’inserimento nel contratto di pegno di clausole che stabiliscano a regolino nel dettaglio le modalità di esercizio del diritto di voto.

Altro diritto amministrativo importante è il diritto di impugnazione delle delibere assembleari. Al riguardo il legislatore prevede che, in assenza di una chiara e specifica pattuizione sottoscritta dalle parti, il diritto in questione spetti ad entrambi i soggetti. Poiché il dettato codicistico attribuisce il diritto di impugnativa sia al socio che al creditore pignoratizio, saranno quanto mai auspicabili, per non dire imprescindibili, specifiche disposizioni contenute nel contratto di pegno.

Per quanto attiene l’attribuzione del diritto di recesso, è pacifica l’opinione secondo la quale esso spetti in via esclusiva al socio. Infine, con riferimento ai diritti amministrativi c.d. “minori” (diritto di intervento, diritto di informazione, diritto di chiedere il rinvio dell’assemblea), ne viene riconosciuta l’attribuzione in capo al creditore pignoratizio, in base alla stretta connessione di tali diritti con quello di voto.

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Nell’ambito dei diritti patrimoniali spettanti al socio quello di opzione assume una posizione di notevole rilevanza, in quanto, in caso di aumento del capitale sociale, permette allo stesso di poter sottoscrivere, con preferenza rispetto a soggetti terzi non soci, le azioni di nuova emissione. Ebbene, per quanto concerne tale diritto, il dettato normativo attribuisce l’esercizio dello stesso in capo al socio (art. 2352 c.c.).

Di notevole rilevanza, ai fini dell’estensione del pegno alle azioni di nuova emissione, è la distinzione tra aumento di capitale gratuito o a pagamento. Nel primo caso l’aumento di capitale si attua mediante il passaggio di riserva disponibili a capitale, senza quindi un esborso monetario da parte dei socio. L’attribuzione gratuita di nuove azioni ai soci è perciò considerata come un’estensione del valore delle azioni preesistenti che non altera i rapporti preesistenti all’interno della compagine sociale. La “neutralità” del passaggio da riserve a capitale viene, quindi, mantenuta nei rapporti intercorrenti tra socio e creditore pignoratizio, ne deriva che il pegno si estende alle azioni di nuova emissione. Diversamente, in caso di aumento di capitale c.d. a pagamento, vi è un acceso dibattito in dottrina avente per oggetto l’estensione automatica o meno del pegno alle azioni di nuova emissione. Sembra prevalere la tesi che vede attribuire alle azioni di nuova emissione una propria autonomia, basata su una scelta discrezionale del socio debitore, escludendo, quindi, l’estensione automatica del vincolo pignoratizio alle stesse.

Per quanto riguarda il riconoscimento del diritto alla percezione degli utili relativamente alle azioni costituite in pegno, questo spetta, salvo patto contrario (che dovrà essere specificato nella scrittura costitutiva del vincolo), al creditore pignoratizio.

Diversa è la disciplina in caso di costituzione del pegno su quote di una società a responsabilità limitata. Fino all’entrata in vigore della riforma del diritto societario la disciplina relativa al funzionamento delle S.r.l. era costituita, in gran parte, da norme di rinvio che richiamavano la normativa prevista per le S.p.A.; non faceva eccezione la problematica relativa al pegno. La riforma del 2003 ha dotato di una disciplina autonoma le S.r.l ed anche la disciplina in tema di pegno è stata regolata attraverso l’inserimento dell’art. 2471-bis c.c. che ha riconosciuto il contratto di pegno su quote di una società a responsabilità limitata.

Per quanto riguarda le modalità costitutiva, esse non sono sostanzialmente cambiate dal periodo ante riforma e sono affidate alla redazione di un contratto costitutivo di pegno, contenente la descrizione del credito garantito e delle quote concesse in pegno, con sottoscrizione autenticata dal notaio. Deve poi seguire il deposito del contratto di pegno presso il Registro delle Imprese nella cui circoscrizione ha sede la società.

Data l’abolizione del libro soci per le S.r.l., è stato eliminato l’obbligo per gli amministratori di procedere senza indugio all’iscrizione dell’atto di pignoramento in tale libro.

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Conseguentemente l’efficacia dell’atto si produce dal momento dell’iscrizione nel Registro delle Imprese, sia nei confronti dei terzi sia nei confronti della società, analogamente a quanto avviene per il trasferimento della quota.

Per quanto concerne l’esercizio dei diritti patrimoniali ed amministrativi relative alle quote oggetto di pegno, per l’espressivo rinvio operato dall’art. 2471-bis c.c., si applicheranno le disposizioni previste dall’art. 2352 c.c. in tema di S.p.A.

Da ultimo, con riferimento al pegno occorre accennare al decreto legislativo n.170 del 21 maggio 2004 con il quale si recepisce la direttiva europea 2002/47/CE, la cui finalità era quella di superare talune limitazioni imposte dagli ordinamenti degli Stati membri, quali, nell’ipotesi di pegno: lo spossessamento del bene, la data certa, l’individuazione del bene, il divieto di trasferimento al creditore (divieto patto commissorio). Ebbene, in base a tale decreto legislativo esiste la possibilità da parte del creditore di alienare l’oggetto della garanzia, trattenendo il corrispettivo a soddisfacimento del suo credito, oppure quella di assegnarsi gli stessi beni posti a garanzia, qualora ciò sia contemplato nel contratto di garanzia. Viene anche ammesso l’utilizzo dei beni ricevuti in pegno con l’obbligo di sostituzione.

Il decreto subordina l’operatività del contratto, secondo le possibilità sopra elencate, alla condizione che una delle parti sia un’autorità pubblica, una banca, un’istituzione finanziaria, che il contratto sia provato per iscritto e che anche la garanzia prestata sia provata con le medesime modalità.

Oltre a queste, fra le forme di garanzia possibili, troviamo l’ipoteca sui cespiti immobiliari della società target. Infatti, o a fusione conclusa, oppure nella fase ante-fusione, sfruttando la deroga dell’art. 2358 c.c., viene iscritta ipoteca sui cespiti della target a supporto del finanziamento a medio termine, che solitamente va a sostituire il bridge loan.

Accanto alle garanzie reali tipiche, nell’ambito delle operazioni di LBO viene spesso utilizzato, a tutela del soggetto finanziatore, il cosiddetto covenant. Il ricorso a questi strumenti è giustificato dal fatto che, nonostante le garanzie di firma e reali acquisite, la rischiosità delle operazioni in oggetto permane. Resta quasi intatto, infatti, il rischio che il soggetto finanziatore si assume valutando la qualità del progetto industriale che gli viene sottoposto.

I covenant rappresentano un utile presidio a tale rischio in quanto rappresentano una pattuizione contrattuale a tutela del credito del finanziatore che non si basa sul ricorso a forme di garanzia reale, bensì all’utilizzo di clausole contrattuali che rendono operative determinate decisioni dello stesso ente finanziatore in caso di default dell’operazione.

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E’ una clausola tipica dei contratti creditizi a medio-lungo termine che generalmente riconosce all’ente finanziatore il diritto di rinegoziare o revocare il credito, qualora le condizione contenute in tali clausole vengano violate. Ciò può manifestarsi attraverso diverse fattispecie, ossia che l’impresa consegua risultati economico-finanziari non soddisfacenti rispetto alle aspettative del finanziatore, ovvero che l’impresa compia atti gestionali che potrebbero pregiudicare l’interesse del finanziatore, o comunque alterare il profilo di rischio rispetto all’assunzione della delibera d’affidamento.

Si possono avere diverse tipologie di covenant che sono, tuttavia, raggruppabili in due categorie: affermative covenant o negative covenant. Le prime consistono in obbligazioni di fare, come ad esempio l’impegno da parte della newco a mantenere alcuni indicatori di bilancio chiave (indice di indebitamento, tasso di copertura degli interessi passivi ecc…) entro certi limiti prefissati, pena il rimborso del capitale anticipato. Le seconde consistono in obbligazioni di non fare, come ad esempio il divieto imposto alla newco di accordare altri prestiti ordinari aventi un diritto di rimborso prioritario rispetto a quello vantato dai creditori senior, oppure il divieto di distribuire una certa parte dei dividendi.

Oltre ai covenants solitamente inseriti nei comuni contratti di finanziamento (ad esempio la quota percentuale di distribuzione dei dividendi ecc…), vi sono covenants specifici di un’operazione di LBO, quali ad esempio:

 la verifica del formale svolgimento del contratto di acquisizione;

 il rispetto degli adempimenti di cui all’art. 2501-bis c.c., al fine di evitare possibili cause di nullità;

 il blocco sul trasferimento delle quote di partecipazione dei soci della newco, al fine di garantire la stabilità negli assetti proprietari e nella gestione; favorendo così il successo dell’operazione;

 il mantenimento dei criteri contabili per la durata del finanziamento;

 il mantenimento di una quota di controllo da parte dei promotori dell’operazione nella fase post-fusione;

 la costituzione di riserve patrimoniali vincolate al rimborso del finanziamento nell’ipotesi di sopravvenienze attive o eccedenza di cash flow libero sulla quota preventivata.

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