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I funerali di Germanico, Druso Minore e Livia: nuove disposizioni in materia di lutto pubblico?

L A DINASTIA GIULIO CLAUDIA E LA NASCITA DEL FUNUS IMPERATORUM

1. I funerali di Germanico, Druso Minore e Livia: nuove disposizioni in materia di lutto pubblico?

Pochi anni dopo la morte di Augusto, Tiberio si trovò a far fronte al primo di una serie di lutti che colpirono la famiglia imperiale. Nell’ottobre del 19 d.C. Germanico, figlio di Druso Maggiore e Antonia, morì in circostanze sospette ad Antiochia in Siria.739 Le notizie della sua malattia erano giunte a Roma a più riprese, provocando dolore e ira tra la popolazione nonché la sospensione spontanea delle attività civili quando lo si diceva già morto, ancor prima di un annuncio ufficiale, e manifestazioni rumorose di gioia, al diffondersi della falsa voce di una sua guarigione, voce che Tiberio non si preoccupò affatto di smentire.740

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Si veda a questo proposito la legenda sulle monete che ricordano il restauro di Antonino Pio (n. 45 fonti).

735 Le fonti, quando parlano del santuario sul Palatino, lo specificano, chiamandolo con il termine tecnico

usato per designare gli edifici templari del culto privato, vale a dire sacrarium, o dando la collocazione in

Palatio. Negli altri casi non c’è dubbio, a mio avviso, che gli autori antichi si riferiscano al santuario del

Velabro, dal momento che questo era il luogo deputato al culto pubblico.

736 Suet., Galba 1.

737 CFA 78, ll. 24-25; 81, col. II, ll. 4-5; 100 a-b, l. 6. 738

KRAUSE 2002, pp. 94-97.

739 Dubbi sul ruolo svolto da Tiberio e Livia, con la complicità di Pisone e Plancina, nella morte di

Germanico sono riportati da: Tac., Ann. 2, 82, 1; 3, 16-17; Suet., Tib. 52, 3; Cal. 2; Cass. Dio 57, 18, 10.

740 Tac., Ann. 2, 82; Suet., Cal. 6, 1. Al diffondersi delle buone notizie le porte dei templi furono aperte a

Il decesso avvenne il 10 di ottobre, ma fu reso pubblico nell’Urbe solo due mesi dopo, l’8 di dicembre, data in cui i Fasti Ostienses annotano: «iustitium ob / excessum G[er]manici».741

È probabile che la notizia fosse giunta ben prima in città e che il ritardo si debba riferire solamente al decreto che dava inizio allo iustitium in corrispondenza del secondo trigesimo della morte. L’analisi comparata di un passo di Svetonio con alcune linee della tabula Hebana e della tabula Siarensis ha portato di recente Fraschetti a ipotizzare una contrazione del periodo destinato al lutto pubblico in corrispondenza dei funerali di Germanico.742 Se infatti Tacito ricorda che Tiberio pose termine allo iustitium nel marzo del 20 d.C., quando ormai le ceneri del figlio adottivo avevano raggiunto il Mausoleo, un passo di Svetonio sembra testimoniare una trasformazione nelle strategie del lutto pubblico in età tiberiana, che come vedremo procede di pari passo con altre disposizioni relative ai funera dei membri della domus Augusta.

Svetonio ricorda che il dolore della popolazione all’annuncio della morte di Germanico fu tale che nessun editto riuscì a impedire che il lutto si protraesse perfino durante i dies festi di dicembre.743 Questa indicazione cronologica sembra limitare lo iustitium ufficiale al mese in questione. Una conferma viene dalla documentazione epigrafica: la tabula Hebana riporta alle ll. 54-57 le decisioni prese dal Senato al momento dell’ingresso a Roma delle ceneri di Germanico: «uti [---] / Caesaris in tumulum inferrentur, templa deor(um) clauderentur, et qui ordini [---]/uom habebunt, qui eorum officio fungi volent et per valetudinem perq(ue) domestic[---] / clavo, ii qui equom pub(licum) habebunt cum trabeis in campum veniant».744 La chiusura dei templi era uno dei provvedimenti consueti del lutto pubblico, insieme alla sospensione delle attività civili: che la tabula riporti in corrispondenza della sepoltura nel Mausoleo tale disposizione potrebbe indicare che lo iustitium era stato precedentemente interrotto, per essere ripreso nel giorno in cui a Roma si completarono i riti funerari in onore del figlio mentre per tutta la città risuonavano voci festanti che ripetevano: «Salva Roma, salva patria, salvus est

Germanicus». 741 D

EGRASSI 1947, p. 185; VIDMAN 1982, p. 41; BARGAGLI-GROSSO 1997, p. 23.

742 F

RASCHETTI 2005, pp. 87-102.

743

Suet., Cal. 6, 2: «Et ut demum fato functum palam factum est, non solaciis ullis, non edictis inhiberi

luctus publicus potuit duravitque etiam per festos decembris mensis dies».

744 Per la contemporanea sospensione delle attività civili e istituzionali nel mese di dicembre si veda la tabula Siarensis, frag. II, col. b, ll. 27-30 e il commento di FRASCHETTI 2005, pp. 95-102. Diversamente SÁNCHEZ-OSTIZ GUTIÉRREZ 1999, pp. 186-190, ritiene che iustitium e lutto pubblico debbano essere distinti e attribuisce al primo i provvedimenti di sospensione delle attività giuridiche, al secondo la chiusura dei templi. Alla morte di Germanico pertanto lo iustitium avrebbe occupato il mese di dicembre del 19 d.C. e gli inizi dell’anno successivo fino a marzo, mentre la chiusura dei templi sarebbe stata limitata al giorno dell’introduzione delle ceneri nel Mausoleo e alla celebrazione delle inferiae.

di Druso Maggiore. Fraschetti ne conclude che il lutto pubblico per la morte di Germanico non occupò in città tutto l’arco di tempo compreso tra il giorno della sua proclamazione e quello in cui le ceneri furono deposte nel Mausoleo.745 La distanza con quanto stabilito in materia da Augusto in occasione dei funerali di Gaio (e verosimilmente prima per quelli di Lucio) Cesare è notevole: lo iustitium, che riuniva tutto il corpo civico attorno alla famiglia del principe trasformandolo in familia funesta, iniziò in tali circostanze al momento dell’annuncio della morte e si concluse appunto con la sepoltura.746

Tali restrizioni del lutto nel 19 d.C., desumibili dal confronto tra fonti letterarie e epigrafiche, devono essere confrontate con l’atteggiamento generale tenuto da Tiberio al momento dei funerali di Germanico. Agrippina si fece incontro all’urna con le ceneri, intraprendendo il viaggio per mare fino a Corfù, malgrado fosse inverno.747 A Brindisi, invece, si riunirono amici e soldati che avevano militato al suo fianco, ai quali si aggiunsero gli abitanti dei paesi vicini. Tiberio inviò due corti pretorie per scortare i resti del figlio fino a Roma e impose ai magistrati di Puglia, Calabria e Campania, le regioni attraversate dal corteo, di ottemperare agli obblighi funebri in memoria di Germanico. L’urna, che scese dalla nave tra le braccia di Agrippina, provocando un coro di gemiti e lamenti, fu condotta in processione attraverso l’Italia sulle spalle di tribuni e centurioni, preceduti dalle insegne disadorne e dai fasci rovesciati. Nelle città che si trovavano lungo il suo percorso, il convoglio funebre fu accolto dal popolo vestito a lutto e dai cavalieri in trabea, mentre i presenti bruciavano vesti preziose, sostanze aromatiche e offerte di ogni genere, come era d’uso nei riti funerari. Molti si mossero incontro al corteo da città lontane, per sacrificare vittime e offrire altari agli dei Mani. A Terracina lo attendevano Druso Minore, Claudio, fratello di Germanico, con i figli di quest’ultimo che erano rimasti a Roma, accompagnati da una delegazione composta dai consoli M. Valerio e M. Aurelio, entrati in carica agli inizi del 20 d.C., e dal Senato. Tiberio, invece, mostrando un atteggiamento molto distante da quello che il

745 F

RASCHETTI 2005, pp. 102-105. Diversamente Priuli riteneva che lo iustitium per Germanico avesse occupato quasi quattro mesi, dalla ricorrenza del secondo trigesimo dalla morte, l’8 dicembre, fino ai giorni precedenti l’apertura dei ludi Megalenses (4-10 aprile), quando ormai la sepoltura delle ceneri nel Mausoleo era avvenuta da tempo: PRIULI 1980, pp. 66-67.

746 C. Cesare: CIL IX 5290 = D

EGRASSI 1947, n. 7, p. 245 (Fasti Cuprenses): «[VIIII k(alendas) Mart(ias)

C. Caesar] Aug(usti) f(ilius) dec[essit in Lycia / annum agens XXI]II. Romae iustit[ium indic/tum est] donec ossa eius in [ma]esol[eum in/lata sunt]»; CIL XI 1421=ILS 140: «ex ea die / q[ua ei]us deces(s)us nuntiatus esset usqu[e] ad eam diem qua ossa relata atque / co[nd]ita iustaque eius Manibus perfecta essent». L. Cesare: CIL XI 1421 = ILS 140. Si vedano al riguardo: HESBERG-PANCIERA 1994, pp. 98-100 e 103-104; FRASCHETTI 2005, pp. 71; 88-91.

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suo predecessore aveva tenuto alla morte di Druso Maggiore, non si mosse da Roma e, insieme alla madre Livia, evitò di farsi vedere in pubblico.748 Tacito confronta la magnificenza dei funerali del padre Druso voluti da Augusto, con la totale assenza degli elementi caratteristici e tradizionali dei funerali pubblici nelle esequie di Germanico. Quando le ceneri raggiunsero Roma, tutto era già stato predisposto per la sepoltura nel Campo Marzio. Non ci furono le imagines degli antenati attorno al letto funebre, né la statua di cera sul feretro; non ebbero luogo l’esposizione nel Foro e la laudatio dai Rostri. Il rito si ridusse al trasporto dell’urna fino al Mausoleo, tra le strade affollate del Campo Marzio illuminato dalle torce.749 La descrizione tacitiana sottolinea con forza il mancato rispetto da parte di Tiberio delle tradizioni in fatto di rituali funerari, mettendo in luce al tempo stesso la profonda distanza che intercorse nel 20 d.C. tra le rigide disposizioni imperiali e le manifestazioni di dolore popolare alle esequie. Tuttavia, come di recente ha affermato Fraschetti, la riduzione dei riti funerari al momento della sepoltura era invece in linea con il mos maiorum: Germanico aveva già ricevuto un funus ad Antiochia, dove il corpo era stato cremato per evitare gli inconvenienti del lungo viaggio della salma verso Roma.750 Nella capitale pertanto non sarebbe stato possibile celebrare le sue esequie nello stesso modo in cui nel 9 a.C. avevano avuto luogo quelle del padre Druso. A ciò si deve aggiungere che nel caso di Germanico venne a mancare il corpo, in assenza del quale, secondo Fraschetti, non potevano esserci la statua di cera, il corteo delle imagines, l’elogio funebre nel Foro.

Gli iusta in suo onore si limitarono ai riti nel Campo Marzio e alla tumulazione nel Mausoleo delle sue ceneri. Una conferma indiretta di questa ricostruzione sembra venire da Cassio Dione, il quale afferma che i sospetti di un possibile avvelenamento del giovane generale da parte di Pisone e Plancina furono confermati dalle condizioni del corpo al momento della sua pubblica esposizione nell’agorà.751 Sappiamo bene che non poteva trattarsi del Foro di Roma, dal momento che di Germanico vi giunsero solo le ceneri, chiuse in un’urna. Si deve pertanto pensare che il corpo fosse stato esposto nella piazza principale di Antiochia per ricevere i consueti onori funebri. A Roma non restava altro da fare che deporne i resti nel Mausoleo a completamento del funus, le cui prime fasi si erano svolte nella città siriana. Tiberio si era dunque strettamente attenuto alle norme tradizionali relative ai funera. Così facendo, tuttavia, aveva disatteso le

748 Tac., Ann. 3, 3.

749 Tac., Ann. 3, 4-5. Per la sepoltura nel Mausoleo: H

ESBERG-PANCIERA 1994, pp. 118-129.

750 F

RASCHETTI 2005, pp. 102-105.

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aspettative della popolazione, che desiderava per l’amato Germanico un cerimoniale complesso e articolato come quelli messi in scena da Augusto per le esequie di coloro che lo avevano preceduto nel Mausoleo. Attraverso il ricco apparato che le caratterizzava e la partecipazione dell’intero corpo civico, queste cerimonie funebri rappresentavano una vera e propria eroizzazione di quei personaggi della famiglia imperiale per i quali non era possibile decretare la divinizzazione. Tiberio, che solo pochi anni prima si era attenuto a quanto stabilito da Augusto nell’organizzarne i funerali (pur cercando di frenare e limitare gli onori aggiunti dai senatori), dopo il 14 d.C. si mosse in direzione opposta a quella percorsa dal suo predecessore, come rivela l’affermazione «principes mortales rem publicam aeternam esse» con la quale pose definitivamente fine alle manifestazioni di cordoglio della popolazione romana per Germanico.752

Se questa interpretazione delle decisioni di Tiberio in fatto di limitazione del lutto trova riscontro, come vedremo, nell’analogo atteggiamento tenuto dall’imperatore in occasione dei funerali di Druso Minore e di Livia, tuttavia ritengo probabile che nel 19 d.C. siano intervenute considerazioni di natura diversa a consigliare al principe un rituale contenuto. Sappiamo infatti che nei casi in cui, per le circostanze stesse della morte, il corpo di un defunto non fosse stato disponibile, era comunque previsto lo svolgimento dei rituali funerari necessari a fissare il morto nella sua nuova dimora. Il problema legato all’assenza del cadavere si risolveva allora sostituendolo con un fantoccio di cera, che rappresentava il defunto: si metteva in scena un funus imaginarium.753 Una tale procedura avrebbe potuto teoricamente essere messa in atto anche nel 19 d.C., sebbene per Germanico non fosse del tutto regolare, visto che il suo corpo non era andato disperso, era semplicemente stato cremato lontano da Roma. In questo senso forse vanno intese le critiche di Tacito, che ricorda l’uso di una statua di cera sul letto funebre tra i veterum instituta consapevolmente trascurati da Tiberio.754 Accanto al rispetto del mos maiorum, pertanto, possiamo pensare che un ruolo determinante nel ridurre al minimo le celebrazioni funebri di Germanico a Roma, così come nel limitare la durata del lutto pubblico, ebbero le spontanee e eccessive

752 Tac., Ann. 3, 6, 3.

753 Serv., ad Aen. 6, 325; ibid. 510. D

UPONT 1986, pp. 240-241; ARCE 1988, pp. 171-172;DE FILIPPIS CAPPAI 1997, p. 85. Il funus imaginarium permetteva, in mancanza di ossa, di dedicare una tomba e di assicurare in seguito un culto funerario al defunto: era quindi riservato a coloro il cui corpo era andato disperso.

754 Tac., Ann. 3, 5, 2. Torneremo su questo argomento trattando dei funerali di Pertinace e Settimio

manifestazioni di dolore popolare, preludio a possibili sollevazioni e tumulti in città come fuori.755 La morte di Germanico, che era riuscito a far convergere su di sé tanto le simpatie popolari che quelle dei senatori, eliminava un pericoloso concorrente per la successione al trono, ma poteva essere foriera di una forte destabilizzazione politica.756 Tiberio tergiversò nel rendere pubblica la notizia del decesso; non smentì le voci che volevano Germanico vivo e in salute; ritardò la proclamazione dello iustitium. Sicuramente la distanza tra Antiochia e la capitale dell’impero lo favorì, permettendogli di organizzare lontano da Roma e dagli occhi dei romani l’esposizione nell’agorà e la successiva cremazione. Rese al figlio adottivo tutti gli onori previsti per un membro della domus Augusta, ma niente di più. Né lui né Livia presero parte al trasporto delle ceneri fino a Roma e una volta introdotta l’urna in città, tutto si svolse rapidamente, evitando quei gesti che potevano accrescere l’ira e il dolore popolare: abbiamo già visto come la cerimonia funebre poteva essere abilmente manipolata per far breccia sulle emozioni popolari e spingere i partecipanti alla rivolta. Tiberio semplicemente eliminò ogni possibile causa di tumulto: l’elogio nel Foro, il corteo degli antenati, la sua stessa presenza.

Quando nel 23 d.C. morì anche Druso Minore, Tiberio mantenne un comportamento composto, al limite della freddezza. Cassio Dione afferma che neppure in questa circostanza abbandonò i suoi doveri e cambiò le sue abitudini, tanto che per questo alcuni lo accusarono della morte del suo stesso figlio.757 Non molto diverso il tenore delle osservazioni di Tacito, che ricorda come l’imperatore presenziò alle sedute del Senato che si tennero nei giorni della malattia di Druso e vi andò anche dopo la morte del figlio, prima del compimento delle esequie.758 Fu in questa circostanza che invitò i consoli, i quali in segno di lutto si erano seduti negli scranni inferiori, a riprendere il loro posto e consolò i senatori in lacrime con un lungo discorso.759 Ugualmente Svetonio sottolinea che non vi fu alcuna manifestazione di dolore da parte dell’imperatore, il quale si limitò a rimandare di qualche giorno la ripresa delle attività che lo riguardavano, cercando di contenere il periodo dedicato al lutto: «Itaque ne

755 V

ERSNEL 1980.

756 F

RASCHETTI 2005, pp. 81-87. Alcuni eventi sembrarono preannunciare la morte di Germanico, alla quale il sentimento popolare collegava la rovina dello stato romano: Cass. Dio 57, 18, 5; Suet., Cal. 6, 1.

757 Cass. Dio 57, 22, 1-4.

758 Tac., Ann. 4, 8, 2: «ceterum Tiberius per omnes valitudinis eius dies, nullo metu an ut firmitudinem animi ostentaret, etiam defunto necdum sepulto, curiam ingressus est».

759

mortuo quidem perinde adfectus est, sed tantum non statim a funere ad negotiorum consuetudinem rediit iustitio longiore inhibito».760 L’atteggiamento di Tiberio come ‘moderatore del lutto’ in occasione delle morti che colpirono la famiglia regnante traspare dalle parole degli storici tanto in relazione ai funerali di Germanico che a quelli, di poco successivi, di Druso.761 La sua freddezza, attribuita da alcuni di loro alla mancanza di amore paterno, deve quindi essere letta in un’ottica diversa. L’imperatore, con il suo comportamento, fece intendere che non sarebbero state tollerate dimostrazioni eccessive di dolore, dimostrazioni che del resto non ci furono né a livello popolare né da parte del Senato, se non come forma di simulazione per garantirsi i favori del principe.762 La sospensione delle attività civiche fu ridotta al minimo e lo stesso Tiberio non mancò di presiedere alle sedute del Senato, anche nel periodo che intercorse tra la morte e la sepoltura del figlio. Tuttavia le esequie di Druso furono ben diverse dalla modesta processione che nel 20 d.C. aveva accompagnato le ceneri di Germanico fino al Mausoleo. «Funus imaginum pompa maxime inlustre fuit»: questa lapidaria affermazione di Tacito segna la distanza profonda tra gli onori funebri resi al figlio adottivo e quelli che nel 23 d.C. si celebrarono per Druso. Il funus si svolse secondo il cerimoniale fissato in età augustea per le esequie dei personaggi appartenenti alla domus Augusta: l’esposizione sul Palatino, nel palazzo imperiale (indirettamente testimoniata da Tacito);763 il doppio elogio funebre nel Foro, tenuto rispettivamente da Tiberio e da Nerone (figlio di Germanico, adottato da Druso dopo la morte del padre)764 e una splendida processione fino al luogo di sepoltura.765 Il corteo delle immagini degli antenati, quello stesso di cui Tacito aveva lamentato l’assenza intorno al feretro di Germanico, nel 23 fu organizzato con grande cura. Vi presero parte l’imago di Enea, il capostipite della gens Iulia, tutti i re Albani e Romolo, proprio come era avvenuto nei funerali di Augusto. Non mancarono neppure i rappresentanti dei Claudii, a partire dall’antenato Atta Clausus, giunto a Roma dalla Sabina al tempo di Valerio Publicola.766 Se anche Tiberio si fece portavoce della necessità di ridurre i tempi dello 760 Suet., Tib. 52, 2. 761 F RASCHETTI 2005, pp. 105-108. 762 Tac., Ann. 4, 9, 2; 4, 12, 1. 763 Tac., Ann. 4, 8, 2.

764 Tac., Ann. 4, 12, 1; Sen., Cons. ad Marciam 15, 3; Cass. Dio 57, 22, 4a.

765 Le fonti letterarie non riportano indicazioni sul luogo di sepoltura di Druso Minore, ma è probabile che

le ceneri del figlio di Tiberio siano state accolte dal Mausoleo: HESBERG-PANCIERA 1994, pp. 72 e 129- 132.

766 Tac., Ann. 4, 9, 2: «Funus imaginum pompa maxime inlustre fuit, cum origo Iuliae gentis Aeneas omnesque Albanorum reges et conditor urbis Romulus post Sabina nobilitas, Attus Clausus ceteraeque Claudiorum effigies longo ordine spectarentur».

iustitium e tentò di ricondurre all’interno dell’ambito familiare le manifestazioni di lutto, impedendo ai magistrati di mettere in atto quelle degradazioni di status che li rendevano parte della familia funesta, non per questo privò il figlio di una cerimonia funebre degna di un princeps.

Il funus di Livia, morta nel 29 d.C. aetate extrema, fu invece modesto.767 Il figlio non si mosse da Capri né durante la sua malattia né quando ebbe notizia della morte.768 A Roma, nella speranza che l’imperatore raggiungesse la capitale per rendere gli onori funebri alla madre, si lasciò passare un po’ di tempo prima di procedere ai funerali, che si celebrarono, secondo Svetonio, quando il corpo dell’Augusta era ormai in stato di decomposizione.769 Tiberio, come aveva già fatto in circostanze analoghe, non si preoccupò di mettere da parte i suoi impegni legati alla gestione dell’impero per lasciare spazio al tempo del lutto.770 Non presenziò alle esequie, che si svolsero a Roma con un apparato dimesso se dobbiamo credere a Tacito. L’elogio funebre fu affidato all’ancor giovane Caligola, figlio di Germanico e Agrippina, che viveva con la bisnonna.771 L’imperatore limitò gli onori che i senatori avevano proposto alla memoria di Livia e vietò espressamente che fosse divinizzata, riconducendo tale decisione alla volontà stessa della madre.772 Ne annullò infine anche il testamento e non potendo bloccare un decreto del Senato che prevedeva l’erezione di un arco in suo onore, Tiberio, per impedire che ciò avvenisse, promise che lo avrebbe fatto costruire a proprie spese.773 Gli storici antichi riconducono la scarsa risonanza conferita ai funerali di Livia ai rapporti difficili tra madre e figlio. Livia era la vedova del fondatore della dinastia, che l’aveva adottata per testamento consentendole di portare il titolo di Iulia Augusta, e la