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L A DINASTIA GIULIO CLAUDIA E LA NASCITA DEL FUNUS IMPERATORUM

1. L’Apocolocyntosis e i funerali di Claudio

Gli intrighi di palazzo che portarono alla morte di Claudio il 13 ottobre del 54 d.C. sono ben noti dalle fonti antiche. Agrippina, nipote e moglie dell’imperatore, per avvantaggiare nell’ascesa al soglio imperiale suo figlio Nerone a scapito di Britannico,

779 Suet., Tib. 75, 3: «Corpus ut moveri a Miseno coepit, conclamantibus plerisque Atellam potius deferendum et in amphitheatro semiustilandum, Romam per milites deportatum est crematumque publico funere»; Suet., Cal. 13: «Itaque ut a Miseno movit quamvis lugentis habitu et funus Tiberi prosequens, tamen inter altaria et victimas ardentisque taedas densissimo et lietissimo obviorum agmine incessit, super fausta nomina […]appellantium».

780 V

IDMAN 1982, p. 43; BARGAGLI-GROSSO 1997, tav. Ch, ll. 17-20, p. 25: «XVII k(alendas) Apr(iles) Ti.

Caesar Misen[i] / excessit. IIII k(alendas) Apr(iles) corpus / in urbe perlatum per mili[t(es)] / III non(as) Apr(iles) f(unere) p(ublico) e(latus) e(st)». Cfr. Cass. Dio 59, 3, 7.

781

Richard legge in questo gesto di Caligola il tentativo di contravvenire alla regola che prevedeva prima lo svolgimento dei funerali e in seguito la concessione della consecratio, sottoposta a decreto del Senato. Avendo fallito nel suo proposito di anticipare la divinizzazione, al momento della morte di Drusilla si sarebbe trovato costretto ad adottare la procedura normale: RICHARD 1966D, p. 799, n. 3. Sulla mancata divinizzazione di Tiberio si veda anche BALDSON 1964, pp. 28-29.

782 Cass. Dio 59, 3, 7.

783 Suet., Cal. 15; Cass. Dio 59, 3, 8. 784

ricorse alla migliore tra le avvelenatrici allora in circolazione, una tale Locusta, già in precedenza condannata per le sue arti e ritenuta inter instrumenta regni, come nota con salace ironia Tacito.785 A lei il compito di preparare il veleno, che poi l’eunuco Aloto, assaggiatore ufficiale del principe, gli avrebbe somministrato cospargendone un fungo, cibo di cui veniamo a sapere che Claudio era particolarmente goloso.786 Nessuno si accorse di niente: gli effetti del veleno furono mascherati dall’usuale ubriachezza dell’imperatore, che fu portato via dal banchetto, come accadeva di consueto, su una portantina.787 Una versione dei fatti riportata da Tacito e da Svetonio vede complice anche il medico di corte. Claudio, infatti, avrebbe accusato forti dolori di stomaco e nausea, avrebbe vomitato o, variamente, sarebbe stato colto da un attacco di dissenteria. Per evitare che gli effetti dell’avvelenamento fossero neutralizzati da questi provvidenziali malesseri, il medico gli avrebbe propinato un’altra dose di veleno attraverso uno stilo o una pappina.788

La morte fu tenuta nascosta da Agrippina fintantoché tutto non fu pronto per assicurare la successione di suo figlio sul trono. Solo a metà del terzo giorno prima delle idi di ottobre le porte del palazzo si aprirono e la notizia diventò di dominio pubblico, contemporaneamente all’acclamazione di Nerone come imperator.789

Morto il vecchio Claudio e ufficializzata l’elezione del nuovo imperatore, non restava che preparare i funerali in modo adeguato alle circostanze. Di queste esequie si hanno scarne informazioni negli autori antichi, così prolissi nel riportare i dettagli scottanti dell’assassinio. Il Senato decretò un funus censorium e, a seguire, la consecratio.790 Dopo la consueta esposizione della salma si svolse la laudatio nel Foro, di cui fu incaricato il suo stesso successore, Nerone. Nel rispetto dell’antica consuetudine, non mancarono i riferimenti alla nobiltà della sua gens, ai consolati e ai trionfi conquistati dai suoi antenati, né quelli più personali, volti a tratteggiare la figura di questo imperatore dotto, amante delle arti e dell’antiquaria. Il pubblico fu assorto e attento e non si lasciò sfuggire una parola, finché il giovane Nerone non passò a lodare la

785 Tac., Ann. 12, 66, 2; Cass. Dio 60, 34, 2.

786 Tac., Ann. 12, 66-67; Suet., Claud. 44; Cass. Dio 60, 34, 2-3. 787

Cass. Dio 60, 34, 3; 60, 35, 2.

788

Nell’Apocolocyntosis si accenna indirettamente all’evento, senza far menzione alcuna dell’avvelenamento: Sen., apocol. 4, 4.

789 La data è ricordata da: Sen., apocol. 1, 1; 2, 2; Tac., Ann. 12, 69, 1; Suet., Claud. 45; Cass. Dio 60, 34,

3. Secondo Svetonio la morte fu resa pubblica tra l’ora sesta e la settima del 13 ottobre: Suet., Nero 8, 1; cfr. Tac., Ann. 12, 69, 1; Sen., apocol. 2, 2.

790 Tac., Ann. 12, 69, 3: «Caelestesque honores Claudio decernuntur et funeris sollemne perinde ac divo Augusto celebratur, aemulante Agrippina proaviae Liviae magnificentiam»; Tac., Ann. 13, 2, 3: «decreti et a senatu duo lictores, flamonium Claudiale, simul Claudio censorium funus et mox consecratio».

providentia e la sapientia del vecchio princeps. Fu allora che i partecipanti non poterono trattenersi dallo scoppiare a ridere, sebbene l’orazione scritta da Seneca, si affretta a precisare Tacito, fosse quanto mai seria ed elegante.791 Gli unici a piangere (un pianto simulato, come non manca di notare Cassio Dione) e a ricoprire di lodi il defunto furono proprio gli artefici della sua morte, Agrippina e Nerone, impegnati a innalzare al cielo colui che avevano fatto portare via dal banchetto su una lettiga.792

Agrippina, probabilmente per fugare i sospetti, diede vita a una cerimonia di grande magnificenza e provvide affinché al marito fossero tributati gli stessi onori concessi al divo Augusto.793 Lei stessa ottenne dal Senato due littori e la carica di sacerdotessa del divo Claudio.

Questo è quanto possiamo ricavare dalle notizie riportate dagli storici: i funerali di Claudio furono altrettanto splendidi di quelli del fondatore della dinastia giulio-claudia e si conclusero ugualmente con l’apoteosi. Nessun ulteriore dettaglio in grado di darci un quadro più completo della cerimonia e di chiarire il confronto tacitiano con le esequie di Augusto.

Tuttavia c’è ancora un’operetta che merita di essere indagata al riguardo. Nota dai manoscritti come ludus de morte Claudii e nella tradizione letteraria come Apocolocyntosis (se l’indicazione di Cassio Dione si può riferire al testo in questione), viene comunemente attribuita a Seneca, il filosofo richiamato da Agrippina dall’esilio per fare da precettore a Nerone.794 Tralasciando i problemi legati al titolo, all’autore e alla datazione del libello, di recente affrontati da Rodríguez Almeida, vorrei riportare l’attenzione sulla capacità di questa feroce e divertente invettiva contro il defunto Claudio di veicolare informazioni concrete riguardo ai funerali dell’imperatore. 795 Dati e informazioni reali si possono leggere tra le righe; il linguaggio utilizzato, che mostra un’alternanza ben bilanciata tra stile aulico e volgare, lascia trasparire una totale

791

Tac., Ann. 13, 3, 1: «Die funeris laudationem eius princeps exorsus est, dum antiquitates generis,

consulatus ac triumphos maiorum enumerabat, intentus ipse et celeri; liberalium quoque artium commemoratio et nihil regente eo triste rei publicae ab externis accidisse pronis animis audita: postquam ad providentiam sapientiamque flexit, nemo risui temperare, quamquam oratio a Seneca composita multum cultu praeferret [...]».

792

Cass. Dio 60, 35, 2.

793 Tac., Ann. 12, 69, 3; 13, 2, 3; Suet., Claud. 45; Nero 9.

794 I problemi relativi all’interpretazione del passo di Cassio Dione (60, 35, 3), in cui compare il termine Apocolocyntosis sono tratteggiati in RONCALI 1995, pp. 11-16. Un’introduzione critica al testo e una sintesi della storia degli studi in: RUSSO 1961, pp. 16-19; EDEN 1984, pp. 1-25; RODRÍGUEZ ALMEIDA 1996, pp. 241-246.

795 R

ODRÍGUEZ ALMEIDA 1996, pp. 247-262, che ne attribuisce la paternità a Canio Rufo, poeta gaditano della cerchia di Marziale.

padronanza del lessico giuridico e del formulario rituale; le indicazioni topografiche fornite dall’autore, chiunque esso sia, trovano corrispondenza nelle conoscenze attuali del contesto urbano.796 Partiamo allora dall’inizio, dall’incipit, per vedere quali altre notizie sia possibile rintracciarvi sul funus di Claudio: «Quid actum sit in caelo ante diem III idus Octobris anno novo, initio saeculi felicissimi, volo memoriae tradere».797 La satira si apre con una indicazione di tempo: il giorno indicato, il 13 di ottobre del 54 d.C., è quello, come abbiamo visto, della morte dell’imperatore. Qui tuttavia la menzione delle idi di ottobre, che pure era obbligata e trova confronto anche negli storici, assume un significato diverso proprio in virtù del carattere satirico del testo, a cui è sottesa una sottile rete di allusioni. Il 15 di ottobre a Roma era un giorno importante. Vi si svolgevano due cerimonie arcaiche connesse con la regalità: l’October equus, che segnava la fine della stagione militare iniziata a marzo, e i ludi Capitolini, dei quali si è riconosciuta la natura di ‘trionfo decaduto’.798 Che l’autore intenda richiamare tali ricorrenze alla mente del lettore sembra confermato da quanto segue: l’espressione «anno novo» si riferisce, infatti, al carattere di annuale rinnovamento del potere regale proprio di queste antiche feste. D’altra parte le parole successive, initio saeculi felicissimi, non possono essere ridotte a una semplice iperbole, intesa a sottolineare la felicitas della nuova epoca che si apriva alla morte di Claudio.799 Vi si legge, invece, un richiamo polemico ai ludi Saeculares che l’imperatore aveva celebrato nel 47 d.C., con l’intenzione di sostituire quelli augustei, da lui ritenuti non validi. Claudio, in quella circostanza, aveva ripreso il sistema di calcolo fissato dai Quindecemviri nel 17 d.C., basato su intervallo di 110 anni tra una celebrazione e l’altra. Tuttavia egli considerò come data di inizio della serie dei ludi il 504 a.C.: questa operazione permise al successore di Augusto di far cadere il quinto secolo, in cui si identificava la nuova età dell’oro, proprio in corrispondenza del suo regno. Si trattava di

796 Il libello appartiene a un genere letterario ben definito, quello della satira Menippea, che rientra a

pieno titolo nella «littérature du monde à l’envers»: MAZZOLI 1982. Tenendo presente queste considerazioni, di recente Cels Saint-Hilaire ha riletto il testo, sottolineando giustamente che «certaines

informations données par Sénèque, mais de signification aujourd’hui obscure, s’éclaireraient peut-être si l’on pouvait déterminer leur contraire» (CELS SAINT-HILAIRE 1994, p. 181).

797

Sen., apocol. 1, 1.

798C

OARELLI 1984A;COARELLI 1987B;COARELLI 1988, pp. 433-436.

799 I primi anni del regno di Nerone furono considerati dagli antichi come una nuova età dell’oro, sotto

l’egida di Apollo-Nerone, la cui figura appare chiaramente tratteggiata nell’Apocolocyntosis: Sen.,

un’abile manovra di propaganda, dato che in quello stesso anno cadevano l’800° anniversario di Roma e il 550° anno dalla venuta dei Claudii nell’Urbs.800

Significativamente l’autore dell’Apocolocyntosis fa coincidere l’inizio del nuovo secolo con la scomparsa dell’imperatore, richiamando così alla nostra mente, e con maggior ragione a quella dei dotti del tempo, che il segnale principale della fine di un secolo era dato dalla dipartita dell’individuo più longevo di una determinata generazione.801 In questo modo il giorno della morte di Claudio diventa la data di inizio di un nuovo saeculum, questa volta degno di portare il titolo di felicissimum a ragione della sua scomparsa.

Rassicurati da queste indicazioni di carattere rituale sull’attendibilità e serietà della nostra fonte, possiamo passare a esaminare i dati relativi ai funerali di Claudio.

Il 13 ottobre del 54 d.C. Claudio muore ed è assunto tra gli dei, come già era accaduto per Augusto. L’oggetto della trattazione si fa da subito chiaro: l’apoteosi (o meglio la mancata apoteosi) del defunto imperatore. In qualità di iurator fa la sua comparsa il curator Appiae viae, pronto a testimoniare di aver visto salire al cielo Claudio non passibus aequis.802 Che lo voglia oppure no, il poverino è costretto ad assistere a tutto ciò che accade in cielo: così è stato testimone della consecratio di Augusto, di Tiberio e, come se non bastasse, anche di quella di Drusilla, che gli è costata vari sberleffi.803 Queste affermazioni richiedono alcuni chiarimenti. Prima di tutto perché viene chiamato in causa il curator della via Appia? Per Augusto e Tiberio la spiegazione è intuitiva: entrambi morirono fuori Roma, in Campania, e i loro corpi furono ricondotti in città con un lungo corteo che percorse verosimilmente la via in questione. Il loro ingresso nell’Urbe avvenne pertanto attraverso porta Capena.

800 Sui ludi Saeculares di Claudio: Suet., Claud. 21; Tac., Ann. 11, 11; Aur. Vict., Caes. 4, 14; Cass. Dio

60, 29; Mart. 10, 63, 3; Plin., N.H. 8, 160. A proposito della polemica di Claudio con Augusto e della scelta del 47 d.C. come data per la celebrazione dei giochi, si veda quanto detto in COARELLI 1993, pp. 221-224; COARELLI 1997, pp. 111-112. La coincidenza dei ludi con l’anno dell’arrivo a Roma di Atta

Clausus fu intuita da HIRSCHFELD 1881, pp. 97-108. Tale slittamento fu pensato al tempo di Claudio, a fini propagandistici: si veda a questo proposito anche WISEMAN 1996, pp. 137-139.

801 La notizia è riportata in Censorino, che ha una fonte eccellente per il concetto di saeculum, Varrone, e

in Zosimo: Censor., de die nat. 17, 2; 17, 5; Zosim. 2, 6, 1. Cfr. SCHEID 2000, pp. 647-648.

802 Le difficoltà di deambulazione di Claudio (apocol. 5, 2) sono ironicamente sottolineate nel testo

attraverso la parole che Virgilio usa per descrive la fuga del piccolo Iulo da Troia dietro al padre Enea: Virg., Aen. 2, 724.

803 Sen., apocol. 1, 2: «tamen si necesse fuerit auctorem producere, quaerito ab eo qui Drusillam euntem in caelum vidit: idem Claudium vidisse se dicet iter facientem non passibus aequis. Velit nolit, necesse est illi omnia videre quae in caelo aguntur: Appiae viae curator est, qua scis et divum Augustum et Tiberium Caesarem ad deos isse». Caligola ristabilì le procedure di consecratio, interrottesi in età tiberiana, in

onore della sorella Drusilla, morta nel 38 d.C.: Suet., Cal. 24, 3-4; Cass. Dio 59, 11, 1-5. Cfr. CFA 12c, ll. 99-104; CFA 14, ll. 20-25; CFA 16, l. 5. I sacrifici per la diva Drusilla scompaiono dai commentari degli

Claudio, a differenza dei suoi predecessori, morì a Roma durante un banchetto, che le fonti collocano ora sull’Arx, ora all’interno del palazzo imperiale sul Palatino.804 In relazione ai suoi funerali mal si spiega quindi il riferimento al curator, che infatti ha creato non pochi problemi agli esegeti dell’Apocolocyntosis.805

Dal testo emerge un’altra ‘incongruenza’: Tiberio percorse sì da morto la via Appia, ma non ottenne l’apoteosi e quindi non ascese al cielo come giurato dal testimone. L’autore del libello, d’altra parte, lo chiama Tiberius Caesar e non divus, titolo che attribuisce correttamente solo ad Augusto. Sorge il dubbio allora che non si tratti di errori o imprecisioni, ma di allusioni polemiche. La conferma viene dalla menzione della divinizzazione di Drusilla, che di sicuro nel 38 d.C. aveva suscitato l’incredulità e l’ilarità di molti. Dovremmo allora pensare che con questi riferimenti l’accorto scrittore già alluda alla mancata divinizzazione di Claudio. Il paragone con Augusto e Tiberio acquisisce pertanto una valenza ironica e funziona come negazione, nonché anticipazione di quanto accadrà in seguito: Claudio non sarà accolto tra gli dei, proprio come il suo corteo funebre non passò per porta Capena.806

La morte dell’imperatore è descritta con grande sarcasmo, senza riferimenti espliciti all’avvelenamento: lui, che aveva progettato un editto con il quale si consentiva di emettere flatulenze e rumori durante i banchetti, animam ebulliit, esalò l’anima gorgogliando.807

Segue il concilio degli dei, che si svolge nel testo con le stesse modalità delle sedute del Senato. Giove, che si rivolge ai partecipanti con l’espressione patres conscripti, si vede costretto ad allontanare Claudio: alla riunione nella Curia non può assistere un privato cittadino.808 Gli dei sono quindi chiamati a esprimere la loro opinione uno alla volta.

804 Suet., Claud. 44.

805 Per risolverli di recente si è ipotizzato che il defunto imperatore avesse percorso questa via per

presenziare al processo tenuto dagli dei contro di lui, che si sarebbe svolto nel Senaculum fuori porta Capena: CELS SAINT-HILAIRE 1994, pp. 199-200. Non è tuttavia necessario introdurre una tale spiegazione, peraltro poco logica, visto che il libello parla chiaramente della curia come luogo designato a tale scopo: Sen., apocol. 9, 1: «Tandem Iovi venit in mentem, privatis intra curiam morantibus <non

licere> sententiam dicere nec disputare». Si potrebbe invece pensare a un riferimento implicito alla

posizione del templum divi Claudii, che dal Celio dominava l’area di porta Capena.

806

Si veda il discorso di Augusto e la successiva espulsione di Claudio dal cielo e dall’Olimpo: Sen.,

apocol. 10-11. Cfr. Suet., Claud. 45: «[…] funeratusque est sollemni principum pompa et in numerum deorum relatus; quem honorem a Nerone destitutum abolitumque recepit mox per Vespasianum».

807

Suet., Claud. 32. Le sue ultime parole furono: «vae me, puto, concacavi me» (Sen, apocol. 4, 3), espressione che, come ha sottolineato Rodríguez Almeida, ricorda la battuta fatta da Vespasiano in punto di morte: «vae […] puto deus fio» (Suet., Vesp. 23, 4). È questo uno degli elementi che induce lo studioso a datare l’operetta in età flavia: RODRÍGUEZ ALMEIDA 1996, p. 250.

808

Chiude la discussione Augusto, che fa approvare un decreto di espulsione per il suo indegno successore, destinato agli inferi come un comune mortale.809

Siamo giunti ai capitoli finali dell’Apocolocyntosis, nei quali è chiaramente descritto il funerale dell’imperatore. Senza indugio Mercurio lo trascina dal cielo agli inferi, tenendolo stretto per il collo. È allora che questa strana coppia, scendendo lungo la via Sacra, incontra il corteo funebre: «Dum descendunt per viam Sacram, interrogat Mercurius, quid sibi velit ille concursus hominum, num Claudii funus esset. Et erat omnium formosissimum et impensa cura, plane ut scires deum efferri: tubicinum, cornicinum, omnis generis aenatorum tanta turba, ut etiam Claudius audire posset».810 Mercurio domanda se quelle a cui assistono siano le esequie di Claudio: era il più bel funerale mai visto, con suonatori di tromba, di corno e di strumenti bronzei di ogni tipo. Una cerimonia curata in ogni dettaglio, con grande dispendio di denaro, perché fosse chiaro che stava per essere sepolto un dio: ironia feroce, non solo nei confronti di Claudio, ma della stessa procedura dell’apoteosi, che elevava un uomo - un morto, per il quale era prevista una sepoltura - al rango di divinità.811

Attratto dalle lodi e dallo spettacolo magnifico dei suoi funerali, l’imperatore, con la testa coperta perché nessuno possa riconoscerlo, viene trascinato via a forza dal Taltibio degli dei e «per campum Martium, et inter Tiberim et viam Tectam descendit ad inferos».812 Le indicazioni topografiche rimandano a luoghi reali, ben noti ai romani del tempo. La via Tecta è stata collegata con le porticus Maximae tardo-antiche, menzionate dall’iscrizione sull’arco di Graziano, Valentiniano e Teodosio.813 In questa via una tradizione di studi ha riconosciuto quella percorsa dai trionfi, immaginata come una lunga strada coperta, fiancheggiata da portici su entrambi i lati, che conduceva dalla porta Carmentalis fino al Tarentum.814 Il punto di contatto tra il mondo dei vivi e il regno dell’oltretomba viene posto al termine della via, in corrispondenza dell’arcaico altare di Dite e Proserpina, che sorgeva appunto tra la strada e il Tevere. Ancora, la figura dell’imperatore capite obvoluto rimanda a quella del re dei Veienti dei ludi Capitolini, ricordo di una cerimonia trionfale arcaica festeggiata in data fissa alle idi di

809 Sen., apocol. 10-11. 810 Sen., apocol. 12, 1. 811 DUPONT 1986, pp. 233-237; PRICE 1987. 812 Sen., apocol. 13, 1.

813 CIL VI 1184, databile tra il 379 e il 383 d.C.

814 Per l’identificazione della via Tecta con la porticus Triumphi si veda da ultimo C

OARELLI 1997, pp. 118-126.

ottobre.815 Se questa interpretazione è corretta, il funerale di Claudio viene descritto dall’autore dell’Apocolocyntosis come un trionfo «à l’envers», un corteo che invece di entrare in città, ne esce facendo il percorso inverso rispetto a quello dei generali vittoriosi.816 Alla luce di queste osservazioni, il passo di Tacito relativo alle esequie di Claudio potrebbe assumere un nuovo significato: «caelestesque honores Claudio decernuntur et funeris sollemne perinde ac Divo Augusto celebratur, aemulante Agrippina proaviae Liviae magnificentiam».817 In esso si legge che questi si svolsero nello stesso modo di quelli di Augusto: ne dobbiamo dedurre che passarono attraverso la porta Trionfale?818 È questa un’interpretazione possibile dell’affermazione dello storico, utile anche a spiegare il disappunto manifestato dal primo imperatore nei confronti del suo successore: Claudio aveva fatto uso del suo nome e cercato di calcare le sue orme in ogni occasione, fino a duplicare i ludi Saeculares. Aveva fatto lo stesso con il funerale? Se questo fosse vero, ne conseguirebbe che il tragitto attraverso il quale il defunto imperatore raggiunge gli inferi nel racconto, altro non è che il percorso reale compiuto dal corteo funebre. Vedremo nel capitolo successivo se è possibile trovare conferma a questa ipotetica ricostruzione.