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I SEPULCRA PUBLICA DEL CAMPO MARZIO E LA TRADIZIONE SULLE SEPOLTURE DEI RE

Il campus Esquilinus non era l’unica area a Roma destinata ad accogliere sepolture pubbliche. Fin da epoca piuttosto antica il Campo Marzio svolgeva una funzione del tutto analoga. La tradizione ricorda che i Claudii seppellivano i loro congiunti alle pendici del Campidoglio, in uno spazio pubblico.270 Il luogo della sepoltura, verosimilmente una tomba gentilizia, non è precisato dalla letteratura, ma l’ipotesi che dovesse trovarsi sul versante del Campo Marzio che guarda verso il Tevere, fuori dalle mura serviane, mi sembra degna di fede. Una prova potrebbe essere costituita dal rinvenimento, nel 1615, presso il teatro di Marcello di un vaso in alabastro di provenienza egiziana, riutilizzato come urna cineraria di P. Claudius Pulcher, figlio di Clodio e Fulvia, nonché fratello della prima moglie di Ottaviano.271

In questa zona si conosce un settore di intervento edilizio privilegiato della gens Claudia, che agli inizi del III secolo a.C., nella persona di Appio Claudio, vi dedicò il tempio di Bellona, sulle cui implicazioni trionfali non c’è bisogno di insistere.272 Lo stesso del resto, pochi anni prima, in occasione della sua censura, aveva promosso la publicatio del culto di Ercole all’Ara Maxima e la dedica del tempio di Hercules Invictus nel vicino Foro Boario.273 L’aedes Bellonae, con il senaculum, ospitò da subito, in concorrenza con il tempio di Apollo in Circo, le riunioni del Senato indirizzate a

269 C

OARELLI 1988, p. 284; COARELLI, in LTUR III, s.v. Libitina, lucus, pp. 189-190.

270

Suet., Tib. 1: «gens Claudia […] locum sibi ad sepolturam sub Capitolio publice accepit».

271 W

ISEMAN 1979, p. 57; LA ROCCA 1987, pp. 365-370; LA ROCCA 1990, p. 356 e 412; LA ROCCA, in

LTUR IV, s.v. Sepulcrum, Claudii, p. 279; COARELLI 1997, p. 255; ZEVI 1997, pp. 461-462.

272 Il tempio fu votato da Appio Claudio, il celebre censore del 312 a.C., nel 296: Liv. 10, 19,17-21. 273

decretare il trionfo.274 Nel 79 a.C. il console Appius Claudius Pulcher fece collocare nel tempio le imagines clipeatae dei suoi antenati, ribadendo così il forte legame della gens con l’edificio.275 Nel convincente quadro di costruzioni e restauri nell’area intorno al Circo Flaminio proposto da La Rocca per l’età augustea e tiberiana, si delineano le linee fondamentali di un progetto di politica dinastica, giocato tutto sul piano monumentale, volto a creare un ponte tra gli Iulii e i Claudii. Se l’attività di Augusto si concentrò intorno al Circo Flaminio, laddove prendevano avvio le processioni trionfali, Tiberio sembra aver spostato il suo raggio di azione poco più a sud, nella fascia compresa tra questo e la porta Carmentale, forse ricollegandosi alla tradizione che collocava in questi luoghi la tomba gentilizia dei Claudii, da connettere con l’arrivo in città del capostipite della gens, il sabino Atta Clausus, alla fine del VI a.C.276

Le fonti tacciono riguardo ad altre sepolture in campo fino agli anni della seconda guerra punica, quando, da un accenno di Silio Italico, veniamo a conoscenza dell’erezione di un tumulus per i due Scipioni, padre e zio dell’Africano, morti in Spagna: «[…] Tumulus vobis, censente senatu / Mavortis geminus surgit per gramina campo».277 Le opinioni in relazione al carattere funerario della struttura sono discordi. La morte dei due personaggi in guerra si accorderebbe con l’attribuzione da parte del Senato di una sepoltura pubblica nel Campo Marzio e con la loro assenza dal sepolcro gentilizio sull’Appia. Tale assenza potrebbe, tuttavia, essere la conseguenza della perdita di una parte consistente delle iscrizioni sui sarcofagi che la tomba ospitava ed è rischioso chiamarla a sostegno dell’esistenza di una sepoltura indipendente per i due Scipioni caduti in Spagna.278

Di recente si è proposto di riconoscervi, senza tuttavia convincere, una “tomba del doppio”: i corpi sarebbero stati riportati in patria e sepolti nella tomba di famiglia, mentre per commemorare le imprese militari e la morte eroica dei due personaggi,

274 L’edificio, trovandosi all’esterno del pomerium, permetteva ai generali in armi di assistere alle riunioni

del Senato. I magistrati che rivestivano l’imperium militare non potevano infatti entrare in città prima di aver compiuto i dovuti riti di purificazione: COARELLI 1965-1967; COARELLI 1997, pp. 377-395.

275

Plin., N.H. 35, 12. Per l’identificazione del personaggio: LA ROCCA 1987, n. 100, p. 365.

276

L’anno, il 504 a.C., è noto da Plut., Publ. 21, 4-10; Liv. 2, 16, 4-5; Dion. Hal., Ant. Rom. 5, 40, 5. Il trasferimento a Roma fu sollecitato da Publicola in qualità di console.

277 Sil. It. 13, 659-660. Si veda: C

OARELLI, in LTUR IV, s.v. Sepulcrum: Cn. et P. Cornelii Scipiones

(tumulus), p. 285. Lo stesso Scipione Africano non fu sepolto nella tomba di famiglia a Roma, ma nelle

sue proprietà a Literno, come sostiene COARELLI 1996A, pp. 207-213.

278 Un rapido calcolo ha permesso a Coarelli di indicare che il numero delle persone sepolte dovesse

aggirarsi sulle 32-34. Di queste solo 8 sono note grazie alle iscrizioni sui sarcofagi; per le altre si possono soltanto avanzare ipotesi: COARELLI 1996A, pp. 199-201.

sarebbe stato eretto un cenotafio monumentale in Campo Marzio per ordine del Senato.279

Se nei casi precedenti alle indicazioni delle fonti letterarie manca il conforto dell’evidenza archeologica, intesa come struttura sepolcrale, con il monumento di C. Publicio Bibulo ci troviamo di fronte a un problema di ordine inverso (Fig. 12). L’edificio, collocato alle pendici del Campidoglio, appare oggi un monumento isolato lungo l’asse dell’antica via Flaminia nel suo tratto urbano, poco fuori della porta Fontinalis. Nota fin dal tardo Medioevo, la struttura risultava già all’epoca inglobata in una casa, che fu demolita tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Il sepolcro fu fortunatamente risparmiato dai lavori per la costruzione del Vittoriano.280 La forma dell’edificio è stata recentemente ricostruita come quella di un tempio in antis, con alto podio e cella, collocabile cronologicamente in età sillana. La fronte principale era quella che guardava a nord, di cui tuttavia non abbiamo tracce archeologiche, mentre si conservano il lato occidentale e l’angolo sud-ovest.281 L’iscrizione, riportata sia sulla facciata occidentale che su quella meridionale, ricorda il proprietario del monumento e fornisce informazioni interessanti sull’edificio: «C. Poblicio L. f. Bibulo aed(ili) pl(ebis) honoris / virtutisque caussa senatus / consulto populique iussu locus / monumento quo ipse postereique / eius inferrentur, publice datus est».282

Elementi stilistici e linguistici consentono di datarla entro il primo ventennio del I a.C., contribuendo a precisare la cronologia del monumento. Il personaggio menzionato, C. Publicio Bibulo, di cui è ricordata la carica di edile della plebe, non è altrimenti noto. Quella dei Bibuli era una importante famiglia plebea, attiva nella vita politica romana dal III a.C. fino alla prima età imperiale.283 Tuttavia il sepolcro ai piedi del Campidoglio non è attribuibile, per ragioni cronologiche, a nessuno dei tre personaggi di cui ci parlano gli autori antichi. La carica di edile della plebe, unica menzionata, fa propendere

279 È questa l’opinione espressa da Ricci (R

ICCI 2006, pp. 66), alla quale si deve anche la definizione di “tomba del doppio”. La studiosa, sulla scia di studi che in anni recenti hanno trovato un certo consenso, ricorda che la pratica di realizzare “tombe del doppio” è ben attestata nella prima età imperiale proprio in relazione ai funerali di personaggi della famiglia imperiale: FRISCHER 1982-1983, pp. 69-76.

280 Per una ricostruzione delle vicende che coinvolsero il monumento dal Quattrocento a oggi si veda

TOMASSETTI 2000, pp. 39-45 (i documenti d’archivio sono riportati in appendice, alle pp. 70-79).

281

TOMASSETTI 2000, pp. 45-58.

282 CIL I2 834 = VI 1319 = 31599 = ILS 862 = ILLRP 357. 283 T

OMASSETTI 2000, p. 60. Le fonti (Liv. 27, 20, 11-13; 21, 1-4; 26, 20; Macrob., Sat. 1, 7, 33; Plut.,

Marc. 27, 2-7; Cic., in Vat. 9, 21; Tac., Ann. 3, 52, 28-31) sono raccolte in NICCOLINI 1924, pp. 98-99. Cfr. RE XXIII, 2, 1897-1899.

per un personaggio morto prematuramente, che doveva comunque aver guadagnato la stima dei concittadini per ricevere un tale onore dal Senato.284

Mi sembra infatti che non possano esserci dubbi sul carattere di sepolcro pubblico del monumento di C. Publicio Bibulo. La formula riportata nel testo dell’epigrafe trova confronto diretto con il decreto emesso dal Senato nel 43 a.C., con il quale si concedeva a Servio Sulpicio Rufo un funerale a pubbliche spese e una tomba su suolo pubblico: «[…] utique locum sepulcro in campo Esquilino C. Pansa consul, seu quo in loco videbitur, pedes XXX quoquo versus adsignet, quo Ser. Sulpicius inferatur; quod sepulcrum ipsius, liberorum posterorumque eius esset, uti quod optimo iure publice sepulcrum datum esset».285

D’altra parte l’espressione utilizzata dall’oratore per motivare la concessione di sepolture in urbe a Valerio Publicola, Postumio Tuberto e Fabrizio Luscino, «virtutis causa» appunto, è identica a quella riportata sul sepolcro di Bibulo.286 Che si tratti in entrambi i casi del linguaggio giuridico riferibile ai decreti di concessione di un funus publicum con relativo sepolcro mi sembra un fatto incontrovertibile. Per quanto riguarda Servio Sulpicio Rufo, inoltre, Cicerone chiaramente fa riferimento alla possibile collocazione della tomba nel campus Esquilinus, all’interno cioè di un’area destinata a necropoli fin dal IX secolo, ma riconosce al tempo stesso al console la facoltà di scegliere uno spazio pubblico diverso. Un ultimo accenno merita a mio avviso la frase «locus / monumento quo ipse postereique / eius inferrentur, publice datus est». Il significato del verbo inferre, in quanto ‘portare/mettere dentro’ e quindi ‘seppellire’, chiarisce se ce ne fosse bisogno, la destinazione funeraria concreta e non simbolica del monumento. Non meno significativa l’ereditarietà di tale onore, che abbiamo già visto, era associata all’attribuzione di un sepulcrum publicum fin da età arcaica, pratica riconfermata nel periodo tardo-repubblicano dai decreti senatori.

Con le tombe di Silla e Cesare, che seguono in ordine cronologico, si stabilisce la tradizione delle sepolture imperiali in Campo Marzio che troverà la sua espressione monumentale nel Mausoleo di Augusto. La posizione della tomba di Silla, non nota

284

Diversamente Tomassetti, che attribuisce il monumento a L. Publicius Bibulus, tribuno militare della II Legione sfuggito all’eccidio di Canne (Liv. 22, 53, 2) e pensa a un suo restauro alla metà del I a.C.: TOMASSETTI 2000, pp. 60-61.

285 Cic., Phil. 9, 6, 17. 286

archeologicamente, ci è fornita da Lucano, che la definisce medio campo.287 Non lontano doveva sorgere il tumulus Iuliae, che Cesare fece costruire per la figlia con l’intenzione di farne un sepolcro dinastico (Fig. 13). Nella scelta dell’area centrale del Campo Marzio per queste due sepolture giocarono sicuramente più fattori, come la leggenda della scomparsa di Romolo, sui quali ci soffermeremo descrivendo nel dettaglio i singoli funerali. Tuttavia non si può ignorare la tradizione, presente in Servio, che lega il Campo Marzio alle sepolture dei re: «mos fuerat ut viris fortibus sive regibus pro honore daretur aliqua publici agri particula ut habuit Tarquinius Superbus in campo Martio».288 Questa notizia trova riscontro in un passo di Appiano relativo proprio alla sepoltura di Silla in campo, dove lo storico dice che «vengono sepolti solo ibasile‹j».289

Le due fonti raramente sono prese in considerazione da coloro che si occupano di funerali imperiali. Generalmente infatti le traduzioni moderne sono concordi nel rendere il termine basile‹j con “imperatori”, lasciando così cadere l’elemento di collegamento con la notizia della sepoltura dei re nel Campo Marzio.290

Tuttavia il testo di Servio, se messo a confronto con quello di Appiano, porterebbe a intendere il basile‹j di quest’ultimo come corrispettivo di reges. Sotto forma di avverbio ritroviamo un’indicazione di questo tipo anche nella descrizione del funerale di Cesare fatta dallo stesso autore. Vi si legge infatti «tÒ te sîma teq£fqai

basilikîj».291

Ritengo quantomeno singolare il continuo ripetersi in Appiano di questi aggettivi in relazione con i funerali di Silla e Cesare. Per quanto riguarda quest’ultimo, l’uso di aggettivi e avverbi che fanno riferimento alla regalità, deve essere messo in relazione con una serie di iniziative prese dallo stesso o dai suoi partigiani, che gli permisero di rivestire sempre più i panni del sovrano ellenistico. Ne ricorderemo qui solo alcune tra le più significative come il tentativo dei suoi sostenitori, raccontato da Cassio Dione e

287 Lucan., Phars. 2, 222. 288

Serv., ad Aen. 9, 272.

289 App., b. c. 1, 106, 500: «tÕ de lšcoj ØpodÚntej ¢pÕ tÁj boulÁj ¥ndrej eÜrwstoi diekÒmizon ™j

tÕ ped…on tÕ ”Areion, œnqa basile‹j q£ptontai mÒnoi».

290 Si veda per esempio la traduzione di G

ABBA 1958, p. 423. Si noti tuttavia che l’aggettivo o avverbio derivato, usato dalla stessa fonte, viene invece interpretato come ‘regale’ o ‘degno di un re’. Il termine imperatore aveva in greco il suo corrispettivo in «aÙtokr£twr». Questa definizione viene usata in relazione a Silla da Plutarco (Plut., Syll. 35, 8), autore che invece adopera l’aggettivo «basilikÒj» per le spoglie di guerra esibite dallo stesso nel suo trionfo: Plut., Syll. 34, 1: «Ð mšntoi qr…amboj aÙtoà tÍ polutele…v kaˆ kainÒthti tîn basilikîn lafÚrwn».

291

Svetonio,292 di attribuirgli il titolo di rex o il permesso accordatogli da un decreto del Senato di costruire un frontone nella sua casa, la domus publica appunto, che egli occupava in veste di pontifex maximus.293 A questi esempi possiamo aggiungere ancora l’atto di accogliere i senatori seduto nel pronao del tempio di Venere Genitrice o la volontà popolare di cremare il corpo del dittatore nella cella del tempio di Iuppiter Capitolinus.294 Tornando all’affermazione di Appiano sulle sepolture dei basile‹j in Campo Marzio, risulterebbe comunque difficile giustificarla sulla base di quanto abbiamo detto su Cesare, dal momento che non fu l’unico né il primo a ricevere l’onore di una tale sepoltura.295 Testimone dell’antichità delle sepolture nel Campo Marzio, come abbiamo visto, è almeno la tomba dei Claudii, che avevano il loro sepolcro ai piedi del Campidoglio. La notizia riportata da Appiano e Servio deve pertanto essere tenuta nella giusta considerazione, visti i legami dei Tarquini con il Campo Marzio: terreno di loro appartenenza, l’area sarebbe diventata ager publicus populi Romani in seguito all’espropriazione delle proprietà regie messa in atto all’inizio della Repubblica, forse a opera di Valerio Publicola. Questa tradizione consente di riproporre l’ipotesi di una relazione tra i sepulcra publica e i funerali dei re, relazione già individuata nei capitoli precedenti sulla base di altri elementi.

Gli ultimi sepolcri pubblici nel Campo Marzio, prima della costruzione del Mausoleo di Augusto, attribuiti a personaggi esterni alla famiglia imperiale sono quelli di Irzio e Pansa, i consoli caduti nel 43 a.C. a Modena combattendo contro M. Antonio. Come già anticipato, i due consoli furono onorati con un funerale a pubbliche spese e l’assegnazione di una tomba su suolo pubblico, dal momento che entrambi erano morti al servizio della patria durante il loro incarico.296 A conferma di quanto narrato dalle fonti, nel 1899, all’incrocio tra Corso Vittorio Emanuele e vicolo dei Savelli, venne alla luce l’iscrizione del sepolcro di Pansa, mentre quasi quarant’anni dopo, sotto l’angolo sud-ovest del Palazzo della Cancelleria, fu scoperto il recinto funerario al cui interno

292 Cass. Dio 44, 11, 1-3; 44, 9-10; Suet., Caes. 79. 293 L’episodio è riportato da W

EINSTOCK 1971, pp. 276-281, 360-363, che ricorda anche come, secondo le stesse fonti antiche, i frontoni fossero usati solo per i templi e le case dei re.

294

Il primo episodio è narrato in Cass. Dio 44, 8, 1-2. Per il secondo si vedano: Suet., Caes. 84, 3; App.,

b. c. 2, 148, 615. 295 W

EINSTOCK 1971, pp. 346-355; COARELLI 1997, pp. 591-602.

296

Liv., per. 119: «A. Hirtius […] et C. Pansa [...] in campo Martio sepulti sunt»; Vell. Pat. 2, 62, 4: «Pansae atque Hirtii corpora publica sepultura honorata»; Val. Max. 5, 2, 10: «M. Cornuto pretore

funus Hirti et Pansae iussu senatus locante qui tunc libitinam exercebant cum rerum suarum usum tum ministerium suum gratuitum polliciti sunt, qui hi pro re publica dimicantes occiderat». Cfr. App., b. c. 3,

doveva trovarsi la tomba del suo collega.297 I due sepolcri sorgevano quindi in una zona decentrata rispetto alle precedenti sepolture pubbliche, lungo una via secondaria che costeggiava l’Euripo, subito a est di questo e immediatamente a nord del teatro di Pompeo. Le motivazioni che spinsero in questo caso alla scelta di un ben preciso settore del Campo Marzio come luogo di sepoltura devono essere distinte nettamente da quelle chiamate in causa per Silla e Cesare e che porteranno più tardi alla decisione di Augusto di costruire in quest’area il suo sepolcro dinastico. Qui, infatti, sono state individuate le proprietà di Pompeo, successivamente passate in mano ad Antonio e ad Agrippa: le due tombe venivano quindi a occupare una posizione di rilievo proprio di fronte all’area che doveva ospitare l’abitazione di Antonio.298 Fautore del decreto fu probabilmente, anche in questa circostanza, Cicerone, a cui si devono gli onori tributati a Servio Sulpicio Rufo.299 Chiara la matrice senatoria e antiantoniana di tutta l’operazione. Se solo pochi mesi prima si era suggerito il campus Esquilinus come luogo adatto ad accogliere il sepolcro pubblico dell’ambasciatore morto nei pressi di Modena, la decisione di collocare le tombe dei due consoli nel Campo Marzio, di fronte alle proprietà di Antonio, è in linea con la politica senatoria di contrapposizione a quest’ultimo.

Come è facile intuire da questi pochi dati, la situazione è molto diversa da quella del campus Esquilinus, che sorgeva all’interno di un’area destinata a necropoli fin dai primordi della città. Le tombe del Campo Marzio sono isolate e distanti tra loro. La logica che sta alla base della loro dislocazione cambia da caso a caso, ma tutte testimoniano un uso dell’area per sepolture di carattere eccezionale, che veniva fatto risalire dalla tradizione letteraria ai re etruschi di Roma, gli antichi proprietari dell’ager. Ed è proprio questa tradizione, come vedremo meglio nel capitolo successivo, alla base della scelta del Campo Marzio come area destinata alle sepolture imperiali.