• Non ci sono risultati.

UNA CATEGORIA PARTICOLARE DI FUNERA INDICTIVA: IL FUNUS PUBLICUM

In particolari circostanze lo Stato poteva assumere su di sé le spese del funerale e concedere a cittadini che si erano distinti per i loro meriti nei confronti della res publica una sepoltura su suolo pubblico.121 Cerimonia a spese dello Stato e sepolcro pubblico sono dunque i caratteri che distinguono il funus publicum dal funus indictivum: lo svolgimento dei rituali funerari rimaneva invariato nei due casi. La concessione di un tale riconoscimento era vincolata dal consenso del Senato, che doveva emettere un decreto a favore su richiesta della parte interessata, e prevedeva la sospensione da parte degli edili curuli delle leggi che vietano l’esibizione di lusso durante lo svolgimento dei funerali.122 A partire da Augusto, i funera pubblica furono un onore concesso dal Senato in forma esclusiva all’imperatore e ai membri della sua famiglia. Solo in rari casi, e per espressa volontà imperiale, un funerale di Stato poteva essere accordato a personaggi molto vicini all’imperatore.123 Per comprendere la nascita del funus imperatorum e i modelli di ispirazione della cerimonia è pertanto necessario portare l’attenzione su questa categoria di funerali e cercare di individuarne i caratteri salienti e l’evoluzione, ripercorrendo la documentazione letteraria, epigrafica e archeologica a ritroso nel tempo.124

Di recente si è sostenuto che il primo funus publicum storicamente attestato sia quello di Silla, il dittatore morto in Campania nel 78 a.C.125 I funerali si svolsero a Roma, dove la salma fu condotta in solenne processione, molto probabilmente seguendo le disposizioni che lo stesso Silla aveva affidato ai suoi mandata de funere.126 L’attribuzione di un funus a pubbliche spese tuttavia non fu pacifica: in Senato si verificò un’accesa discussione tra Lutazio Catulo e Pompeo, le proposte dei quali erano appoggiate dai

121

TOYNBEE 1993,pp.42-49;WESCH-KLEIN 1993.

122 Cic., Phil. 9, 17. Gli edili curuli soprintendevano agli spettacoli pubblici e stabilivano di anno in anno

con un editto la spesa massima consentita. La regolamentazione delle spese pubbliche e private in relazione alle cerimonie funerarie risaliva tuttavia alle leggi delle XII Tavole, come abbiamo già visto.

123

Secondo Cassio Dione (54, 12, 2), Augusto, per lo meno al principio del suo regno, concesse a molti un funus publicum per i loro meriti. Tra i pochi casi riportati nel dettaglio dalle fonti, c’è quello del suo precettore e liberto Sphaerus, che il giovane triumviro fece seppellire pubblicamente: Cass. Dio 48, 33, 1.

124 In questa sede ci limiteremo a prendere in considerazione i funerali pubblici che si svolsero a Roma e

che funzionarono da modello per tutti gli altri. Escludiamo pertanto da questo elenco il funus di M. Porcio Catone Uticense, morto suicida nel 46 a.C. a Utica e onorato dai suoi concittadini con un funerale a pubbliche spese: Plut., Cato 71; Cass. Dio 43, 11, 6. Una raccolta completa delle fonti letterarie ed epigrafiche inWESCH-KLEIN 1993.

125

L’affermazione di ARCE 1988, pp. 17-34 (già presente in CARCOPINO 1979, p. 161) ha trovato il consenso di buona parte del mondo accademico. Le fonti sui funerali di Silla sono: App., b. c. 1, 105, 493-106, 500; Plut., Syll. 38; Liv., per. 90. Per una più dettagliata analisi dello svolgimento della cerimonia rimando al Cap. II. 1. 1.

126

sostenitori del dittatore, e M. Emilio Lepido, che capeggiava la fazione degli oppositori. Ebbe ragione Catulo, che ottenne il massimo degli onori per l’uomo che fino a pochi anni prima aveva dominato la scena politica di Roma.

Dopo Silla altri funera pubblica sono ricordati dalla tradizione letteraria fino alla prima età imperiale.

Nel 56 a.C. l’intera comunità pianse la morte di L. Licinio Lucullo e la folla, durante la sosta del corteo funerario nel Foro, chiese a gran voce che il corpo fosse sepolto in Campo Marzio, senza tuttavia che il Senato avesse decretato un funerale a pubbliche spese.127 A tale richiesta non seguì la concessione dell’onore, negato secondo Plutarco perché mancava il tempo necessario per innalzare una tomba pubblica.

Pochi anni dopo, nel 54 a.C., fu la volta di Giulia, figlia di Cesare e moglie di Pompeo. Morta di parto mettendo al mondo una bambina, che dopo pochi giorni seguì la sorte della madre, Giulia fu sepolta nel Campo Marzio. Secondo Plutarco, suo marito Pompeo aveva già predisposto tutto per la sepoltura nelle sue proprietà di Alba, ma il popolo, dopo l’elogio nel Foro, si impossessò della salma e la seppellì in campo.128 Si trattò quindi di una tomba pubblica, elemento rilevante se si pensa che fu edificata per una donna e che prima di questo momento pochissimi avevano ottenuto un tale onore.129 Anche in questo caso nulla sappiamo dalle fonti letterarie di una decisione del Senato in tale senso, ma l’ipotesi di una sepoltura pubblica per Giulia sembra comprovata dal ritrovamento nel 1971, durante i lavori per l’impermeabilizzazione dell’estradosso della cupola del Pantheon, di un’iscrizione su una delle grandi tegole di marmo poste in antico a copertura dell’anello di muro in laterizio con il quale l’esterno della cupola comincia a emergere dal tamburo. L’iscrizione, datata alla prima età imperiale, è stata interpretata come un frammento dell’elogio funebre della figlia di Cesare; in essa si legge «[---]post mortem ponendam cen[suit---] / [sepe]lirique eam in campo Martio iu[ssit---]», formula ufficiale che sembra testimoniare l’esistenza di un decreto del Senato relativo agli onori funebri concessi a Giulia.130

127

Plut., Lucull. 43, 3. Diversamente FONTANA, in LTUR IV, s.v. Sepulcrum: L. Licinius Lucullus, pp. 291-292.

128 Plut., Pomp. 53, 6; Caes. 23, 7. Secondo quanto narrato da Cassio Dione, invece, la sepoltura in Campo Martio fu opera di amici e persone che volevano far cosa gradita a Cesare e Pompeo: Cass. Dio

39, 64. Sul sepolcro di Giulia si vedano anche: Liv., per. 106; Suet., Caes. 84, 1; Suet., Aug. 95.

129 Cic., Phil. 9, 14. Risulta evidente il progetto politico di Cesare, che intendeva farne un sepolcro

dinastico:COARELLI, in LTUR IV, s. v. Sepulcrum: Iulia (tumulus), p. 291; COARELLI 1997, 591-602.

130 AE 1987, 65. Per l’interpretazione: C

OZZA 1983, pp. 109-118; COARELLI 1997, p. 598. Anche Panciera sembra riferire l’iscrizione a Giulia: HESBERG-PANCIERA 1994, n. 36, p. 80.

Un funus publicum in piena regola fu quello decretato dal Senato alla morte di Cesare. Il feretro fu portato a spalla nel Foro dai magistrati e dai cittadini che avevano esercitato una magistratura; qui Antonio tenne l’orazione funebre, dopo aver fatto leggere i decreti con i quali il Senato aveva tributato al dittatore in vita onori quasi divini, come ricordano Appiano e Svetonio.131 Al momento della sepoltura fu tenuto conto almeno in parte delle sue disposizioni testamentarie: fu sepolto in campo Martio, verosimilmente nella tomba che già aveva accolto i resti della figlia.132

L’anno successivo alla morte di Cesare offre molte interessanti informazioni sui funera publica: dalla Nona Filippica di Cicerone conosciamo nei dettagli il procedimento che prese avvio in Senato nel febbraio del 43 a.C. in relazione agli onori da conferire a Servio Sulpicio Rufo, inviato come ambasciatore a M. Antonio e morto durante il viaggio a Modena.133

Pochi mesi dopo, i corpi dei consoli A. Irzio e C. Vibio Pansa, caduti nella battaglia di Modena contro Antonio, furono ricondotti a Roma con tutti gli onori militari e a ciascuno di loro fu data una tomba in Campo Marzio.134 In questo caso alla documentazione letteraria si associa quella archeologica: il sepolcro di Irzio è stato scoperto sotto l’angolo nord-occidentale del palazzo della Cancelleria, subito a nord dell’Euripo; quello di Pansa non doveva essere lontano, come dimostrato dal ritrovamento dell’iscrizione a esso pertinente tra Corso Vittorio Emanuele e vicolo dei Savelli.135

Nello stesso anno M. Iuventius Laterensis, legato di Lepido, ricevette dai senatori l’onore di un funerale pubblico e di una statua: dopo essersi opposto invano all’alleanza tra Lepido e Antonio, aveva scelto, secondo il racconto di Cassio Dione, di suicidarsi davanti ai soldati.136 Sempre nel 43 a.C. fu decretato un funus publicum per Azia, la madre di Augusto.137

131 Le fonti principali per i funerali di Cesare sono: App., b. c. 2, 143, 596 - 148, 618; Cass. Dio 44, 35-

51; Suet., Caes. 84.

132 Si è sostenuto, a mio avviso a ragione, che Cesare, come Augusto, avesse affidato al suo testamento i mandata de funere suo: WEINSTOCK 1971, p. 350; ARCE 1988, p. 25.

133 Cic., Phil. 9. 134

Cic., ad Brut. 1, 15, 8; Liv., per. 119; App., b. c. 3, 311; Vell. Pat. 2, 62, 4; Val. Max. 5, 2, 10.

135

Per il sepolcro di Irzio: ILLRP 419; MAGI 1945, pp. 37-50; NASH 1968 II, pp. 341-343; COARELLI, in

LTUR IV, s.v. Sepulcrum, A. Hirtius, p. 290. Sul ritrovamento dell’iscrizione della tomba di Pansa: CIL

VI 37077=ILLRP 421=ILS 8890; GATTI 1899, p. 435; TOMASSETTI 1899, pp. 280-4; HÜLSEN 1903, p. 52.

136

Cass. Dio 46, 51, 4. Cassio Dione non dice niente riguardo al luogo in cui i funerali si svolsero, ma nelle linee successive a quelle in cui descrive gli onori concessi dai senatori a M. Iuventius Laterensis ricorda che nella stessa circostanza fu rimossa dai Rostri la statua di Lepido, dichiarato nemico pubblico.

137 Cass. Dio 47, 17, 6; Svet., Aug. 61, 2. Svetonio associa la menzione del funerale di Azia a quello di

L’elenco dei funera publica di età tardo-repubblicana documentati a Roma dalla tradizione letteraria si ferma qui. Lasciando da parte le testimonianze successive a questa data per i motivi indicati nell’introduzione, è indispensabile soffermarsi sul testo della Nona Filippica di Cicerone, per cercare di delineare i meccanismi di concessione di un funus publicum nel I secolo a.C. e gli onori che lo contraddistinguevano.

Cicerone vi riporta il suo intervento in Senato alla morte di Servio Sulpicio Rufo: il console Pansa ne aveva fatto l’elogio e aveva chiesto l’erezione di una statua sui Rostra. La proposta aveva trovato il consenso dell’oratore, ma non quello di Publio Servilio Vatia Isaurico, che si era opposto, ritenendolo un onore da tributare esclusivamente a coloro che erano morti in maniera violenta durante la loro missione di ambasciatori. Lo stesso aveva a sua volta proposto la concessione di un monumento funebre a spese dello Stato.138 Senza entrare in merito alle argomentazioni prodotte da Cicerone sulla legittimità della proposta di Pansa, vorrei portare l’attenzione sulle parole dell’oratore riguardo alla sepoltura pubblica, da lui definita «il più grande onore che si possa conferire a un morto».139 A questa affermazione fa seguito la bozza di decreto formulata da Cicerone: da essa si ricava che la concessione di un funus publicum era vincolata al riconoscimento ufficiale da parte del Senato dei meriti acquisiti dal defunto nei confronti dello Stato.140 I rappresentanti delle istituzioni erano coinvolti nell’organizzazione di tale evento in base alle loro competenze: gli edili erano incaricati della sospensione delle leggi che regolavano il lusso nei funerali, mentre ai consoli spettava il compito di assegnare un terreno per l’erezione della tomba.141

Ne possiamo concludere che in età tardo-repubblicana il procedimento sopra descritto era quello giuridicamente corretto per l’attribuzione di un funerale a spese pubbliche.142 Un’attenta lettura di tutto il testo ci permette inoltre di mettere in risalto altri due punti fondamentali per la presente ricerca: funerale a spese dello Stato e sepoltura in suolo

138 Cic., Phil. 9, 1, 3.

139 Cic., Phil. 9, 6, 14: «Nam si morte legati sine caede atque ferro nullum honorem desiderat, cur decernit honorem sepulturae, qui maximus haberi potest mortuo?».

140

Cic., Phil. 9, 7, 15-17.

141

Nel caso degli onori per S. Sulpicio Rufo, fu il console Pansa ad assumersi il compito di assegnare un’area di trenta piedi per lato nel campus Esquilinus o in altra località ritenuta adeguata per l’erezione della tomba: Cic., Phil. 9, 7, 17.

142

Alcuni degli esempi contenuti nell’elenco ricostruito sopra consentono tuttavia di ipotizzare che anche il parere popolare dovesse avere avuto in precedenza una certa importanza in merito: in alcune circostanze infatti fu proprio la folla a sostenere la richiesta di una tomba pubblica: Plut., Lucull. 43, 3. Si è ipotizzato che in epoca più antica, accanto a un senatoconsulto, fosse richiesto un plebiscito, tralasciato in genere in età tardo repubblicana: COARELLI 1997, p. 593.

pubblico erano due elementi strettamente connessi; l’onore di una tale sepoltura era un privilegio e un diritto trasmissibile a figli e discendenti.

Questo per quanto riguarda il procedimento di concessione di un funus publicum. Veniamo adesso all’antichità dell’uso di conferire un tale onore a personaggi benemeriti. Ancora una volta un’informazione interessante ci viene dall’orazione di Cicerone: il diritto a un sepolcro su suolo pubblico era un onore concesso a pochi, a differenza di quanto accadeva per l’erezione di statue onorarie: «Maiores quidem nostri statuas multis decreverunt, sepulcra paucis».143 Ma su quale autorità si basa questa affermazione? L’attenzione ricade sui maiores, chiamati in causa come iniziatori di un uso consolidato nella tarda Repubblica. Come già accennato, secondo buona parte della letteratura contemporanea sull’argomento il funerale di Silla costituirebbe il modello diretto a cui sia Cesare che Augusto avrebbero rivolto la loro attenzione nel redigere le disposizioni relative all’organizzazione delle loro esequie. Se questa conclusione difficilmente può essere messa in dubbio, tuttavia i maiores a cui si riferisce Cicerone sembrano rimandare a un passato non troppo vicino nel tempo, difficilmente identificabile con il periodo sillano. Un indizio supplementare in questo senso, se ce ne fosse bisogno, ci viene poche righe avanti, nella stessa Filippica.144 Cicerone parla di exempla maiorum in relazione alla concessione di una statua per ambasciatori morti durante la loro missione. Tra gli esempi citati ci sono i quattro legati romani uccisi a Fidene dal re di Veio Lars Tolumnius nel 437 a.C.; più recente, ma comunque collocabile nella prima metà del II a.C., la vicenda di Cn. Octavius, ucciso a Laodicea da un tal Leptine, mentre si trovava in veste diplomatica presso il re di Siria Antioco V. Ci possiamo allora chiedere se sia possibile ipotizzare l’esistenza di sepulcra publica, e quindi di funerali a spese dello Stato, in un periodo più antico del I a.C. Per dare una risposta a questo quesito, dobbiamo rivolgere l’attenzione alla documentazione letteraria che attesta la concessione di funera publica e sepolture in urbe prima della tarda Repubblica. Anche in questo caso il punto di partenza è Cicerone: il secondo libro del suo de legibus costituisce la trattazione più completa a noi pervenuta sul diritto funerario romano.145 143 Cic., Phil. 9, 6, 14. 144 Cic., Phil. 9, 1, 3 - 2, 4. 145 RAWSON 1973;TURPIN 1986.

5. ECCEZIONI ALLA REGOLA: LA X TAVOLA, LE SEPOLTURE IN URBE E LA TRADIZIONE