• Non ci sono risultati.

Sebbene non sia documentato che Gesù abbia frequentato le scuo-le rabbiniche della sua epoca, tutti gli evangelisti sono d’accordo nel presentare Gesù come maestro. Spesso, infatti, lo ritroviamo intento ad insegnare in luoghi pubblici. Le sue parole illuminatrici toccano i problemi più scottanti del suo tempo, quali ad esempio le osservanze religiose, la famiglia, i precetti morali, il rapporto con il potere politico.

In questa seconda parte del contributo ricostruisco il profilo di Gesù come didàskalos prendendo in considerazione tre momenti: il ritratto, i tratti caratteristici, il suo messaggio pedagogico.

che svolgerà un ruolo di primo piano nella vita religiosa dei giudei all’epoca di cristo (cf Hafner Hermann, Maestro, in Burkhardt Helmut [a cura di], Grande Enciclopedia illustrata della Bibbia II [das Grosse Bibellexikon, Zürich, R. Brockhaus verlag 1987-1989], casale monferrato, Piemme 1997, 292).

15 Si può supporre che in Israele fossero appunto i saggi a svolgere il ruolo di educa-tori della gioventù, compito che consisteva essenzialmente nell’insegnare loro una serie di detti sapienziali di carattere eminentemente pratico, controllandone poi l’osservanza nei vari momenti della giornata (cf Pr 20,24; 21,30; Gioia, Metodi e ideali educativi 128-132).

2.1. Il ritratto di Gesù Maestro a confronto con il Maestro ebraico Gesù insegna nel modo abituale degli scribi e riunisce intorno a sé una cerchia di discepoli; per questo motivo egli viene generalmente chiamato rabbi. Indaghiamo su quali siano gli elementi che descrivono il suo ritratto a confronto con i maestri del tempo e quale la sua speci-ficità.16

2.1.1. Gesù Maestro per vocazione

Il rabbì Gesù (cf Mc 9,5 e 10,51) non segue l’iter formativo previsto per ogni rabbino e non è legittimato da una ordinazione (cf Gv 7,15; Mt 13,54-57). È un rabbì che parla in pubblico (cf Mc 4,1), come facevano i maestri di Israele. Insegna spesso all’aria aperta: sulla montagna (cf Mt 5, 1), ma anche sulla sponda del lago, in barca (cf Mc 8,14-15; Mt 13,2-3), per le strade (cf Mc 8,27), nelle sinagoghe (cf Mt 4,23; Lc 4,16;

Gv 6,59), nel tempio (cf Mc 11,17; Mt 21,23; Gv 7,14, Gv 8,20) e anche nelle case private di coloro che lo accolgono: la suocera di Pietro (cf Mc 1,21), marta e maria (cf Gv 11). Ogni incontro è per lui un’occasione per insegnare; si reca persino in terra pagana, dall’altra parte del lago di cesarea, dove guarisce un posseduto (cf Mc 5,1) e in terra scismatica, la Samaria (cf Gv 4).

Il biblista Terrinoni afferma: «La più grande ambizione di un rabbì ebraico era di poter conquistare spazi di attenzione presso il pubblico e godere di un grande prestigio presso i suoi discepoli. Non sempre e non tutti i maestri riuscivano a raggiungere il numero minimo di alunni nella propria scuola, anche perché vigevano rigide disposizione selet-tive. Ne erano esclusi coloro che avevano un difetto fisico od esercita-vano un mestiere che comportava di per sé l’impurità legale (come, ad esempio, i macellai, i conciatori di pelli, i medici) o che erano in conti-nuo pericolo di peccare, come gli addetti alla dogana e gli impiegati nei pubblici uffici. La via del sapere era preclusa alle donne. Ogni allievo sceglieva il proprio rabbì, gli si accoccolava ai piedi per ascoltarlo (cf At 22,3), faceva vita comune con lui per non perdere nessuna occasione

16 cf lo schema proposto da ravaSi, Il Maestro nella Bibbia 239-247; Terrinoni

ubaldo, Progetto di pedagogia evangelica, Roma, Edizioni Borla 2004, 21-24 e hafner, Maestro 292-293.

di ascoltarlo e di imitarne la vita e lo stile. Il discepolo poi passava an-che ad essere il servo o segretario del suo rabbì: gli allacciava i sandali, lo serviva a tavola, ne raccoglieva diligentemente le “massime” e con-duceva l’asino sul quale cavalcava il suo maestro. L’insegnamento che impartiva il maestro non era destinato alle masse, tuttavia queste po-tevano essere presenti e beneficiare della saggezza di tanta “fonte”».17

Gesù si distacca notevolmente da questo modello rabbinico. Egli è un maestro circondato dai discepoli, ma, a differenza degli altri rabbì di Israele, egli sceglie i suoi discepoli. Ad essi egli ricorda nei discorsi dell’ultima cena: «Non siete stati voi a scegliere me, ma io ho scelto voi» (Gv 15,16). Alla sua sequela, accetta anche le donne (cf Lc 8,1-3) e perfino un pubblicano (cf Mc 2,13). Egli preferisce essere il servitore (cf Lc 22, 27) invece di essere servito e riverito. Anche se il suo insegna-mento è diretto in modo specifico ai suoi discepoli, è spesso circondato dalla folla (cf Mc 3,32). Gli studiosi parlano di una “discontinuità” del Gesù storico col mondo-ambiente e la cultura entro cui egli è inserito.18

2.1.2. Gesù Maestro autorevole

Gesù si impone con autorevolezza: «Li ammaestrava come uno che ha autorità, e non come gli scribi» (Mc 1,22). Nel suo insegnamento, egli non è mosso dal desiderio di trasformare i discepoli in futuri scribi che trasmettono la dottrina della legge, quanto piuttosto intende pre-pararli alla venuta del regno di dio, in modo che siano pronti ad abban-donarsi ad una fede piena di speranza nella bontà e nella benevolenza di dio (cf Mt 5-7; 19,3-9; 12,49s; 25,31-46; Lc 13,22-30; 11,5-13; 17, 5s). I discepoli di Gesù non diventeranno quindi essi stessi maestri e strumenti di diffusione di una nuova tradizione, per la quale potrebbe-ro richiamarsi a Gesù come capo della scuola; Gesù è piuttosto nella comunità l’unico maestro autorizzato da dio, la cui autorità non può essere paragonata a quella di nessun successore (cf Mt 23,8-10).

marco sottolinea un altro elemento interessante in riferimento al divino maestro e cioè la sua autenticità: «maestro, sappiamo che sei sincero e non ti preoccupi di nessuno, perché non guardi in faccia alle

17 Terrinoni, Progetto di pedagogia 21; cf SeSBoüé Bernard, Pédagogie du Christ.

Éléments de christologie fondamentale, Paris Les Éditions du cerf 1994, 25-28.

18 cf Terrinoni, Progetto di pedagogia 21-22.

persone, ma insegni la via di dio secondo verità» (12,14). Il vero mae-stro non piega le ginocchia e non insegna secondo la convenienza, ma insegna la via di dio secondo verità.19

2.1.3. Gesù Maestro trascendente

Nel suo insegnamento, Gesù si riferisce sempre alla Scrittura e alla volontà del Padre. contrariamente ai maestri del suo tempo, non si presenta come colui che tramanda la dottrina di mosè; insegna invece con i propri poteri contrapponendosi a volte addirittura a mosé (cf Mc 2,18-28; 12,13-17; Mt 5,21-48; 7,28s; Gv 8,28; Mt 11,27). Il suo è l’inse-gnamento del mistero del Padre è trascendente.

In conclusione, se da un lato è plausibile affermare la storicità del magistero di Gesù il quale insegna utilizzando le stesse tecniche del mondo culturale in cui vive, come ad esempio le parabole, dall’altro si nota in lui qualcosa di diverso e originale, a partire dal suo percorso formativo nonché dalla scelta dei discepoli; inoltre è maestro auto-revole e libero; infine, è un maestro trascendente, che insegna una verità che va oltre i confini del sapere umano e che promana da una rivelazione.

2.2. Tratti caratteristici del Cristo Maestro

In virtù della sua realtà umano-divina, nessuno è in grado di de-scrivere in modo esauriente il volto di cristo. Ogni tentativo non è che un accenno parziale di alcuni elementi caratterizzanti, qualità tipiche del divino maestro, consapevole della sua missione fondamentale di portare la salvezza al mondo. Il mandato salvifico di cui egli si sente in-vestito va sempre considerato da una prospettiva integrale e universale in quanto mira all’umanità intera nella sua totalità, e al contempo alla singolarità di ciascuna persona secondo un processo graduale e pro-gressivo.20

19 cf ravaSi, Il Maestro nella Bibbia 240; Pezzuto, Gesù insegna a educare e a edu-carsi. Orientamenti e suggerimenti per genitori, educatori e giovani, milano, Edizioni San Paolo 2007, 139-141.

20 cf GroPPo, Teologia dell’Educazione 386-387.

Secondo Gianfranco Ravasi sono sette le caratteristiche di Gesù maestro.21

2.2.1. Cristo è Maestro dell’annunzio del Regno

cristo è innanzitutto l’annunciatore del regno di dio. Questo an-nuncio rappresenta il centro della sua Parola e della sua attività.22 mar-co presenta in modo sintetimar-co i mar-contenuti essenziali di tale annuncio:

«Il tempo è compiuto e il regno di dio è vicino; convertitevi e credete sul vangelo» (1,15). L’uomo è di fronte ad una novità, si tratta della pienezza del tempo che chiede una risposta personale.

«Il tempo è compiuto». Affermando che il «tempo è compiuto», secondo il verbo greco pleroùn, cristo dichiara che il tempo è giunto a pienezza, quindi egli è venuto per dare senso alla storia con la sua paro-la e con paro-la sua azione. In lui, il tempo composto di elementi dispersi, di atti disseminati, è raccolto da un “nodo dorato” che lo tiene insieme e gli dà senso. Si passa dalla storia come chronos al Kairos.

«Il regno di dio è vicino». Il termine greco énghiken (dal verbo engùzein) al perfetto indica un’azione del passato, il cui effetto per-dura nel presente. Quindi vuol dire che il regno di dio è già attuato, instaurato in cristo; è ancora in azione oggi e riguarda il futuro. ciò significa che il regno di dio abbraccia tutte le dimensioni della storia della salvezza.23

«convertitevi» (Metanoéite). Questo è la prima risposta all’annun-cio da parte del credente, del discepolo: cambiare mentalità e vita, dopo aver ascoltato questo insegnamento.

«credete sul vangelo» (Pistéuete tò euanghelìo). Secondo il termine greco, indica un “appoggiarsi su” (letteralmente, “fondarsi su”): fonda-te la vostra vita sul vangelo. All’infonda-terno di questa prima grande lezione

21 cf ravaSi, Il Maestro nella Bibbia 241-247. dato lo spazio offerto a questo con-tributo, questi tratti non possono essere sviluppati in modo esauriente ma saranno ap-pena accennati nella consapevolezza che ciascuno di essi potrebbe costituire l’oggetto di un trattato.

22 cf ratzinGer Joseph (Benedetto Xvi), Gesù di Nazaret, milano, Rizzoli 2007, 70. «Nel Nuovo Testamento l’espressione “regno di dio” ricorre 122 volte. di questi 122 passi, 99 si trovano nei tre vangeli sinottici, dove 90 volte l’espressione ricorre in parole pronunciate da Gesù» (ivi 70-71).

23 cf ravaSi, Il Maestro nella Bibbia 241-242.

di cristo, maestro dell’annunzio, troviamo anche il contenuto dell’an-nuncio del discepolo: il regno. E questo andell’an-nuncio genera conversione e fede.

2.2.2. Gesù Maestro di relazioni umane

Per realizzare la sua missione salvifica, Gesù è dovuto entrare in relazione con le persone concrete e con tutte le categorie sociali del suo tempo. Egli si impone come modello di relazione autentica e leale (cf Mt 5,36-37), di rispetto e di attenzione per tutti (cf Gv 3,1-20; Gv 4;

Mt 9,18; 13,10-23; 13,36-43; Mc 5,22-23; Lc 7,1-10; 8,41), di umanità e di correttezza non solo nel suo essere, ma anche nel suo agire (cf Mt 9,12; Mc 2-17; Gv 8,7-11). con Giovanni Pezzuto si può affermare che

«in diverse circostanze e contesti Gesù ha dato indicazioni di compor-tamento, di cui sono facilmente intuibili i valori e i criteri di riferimen-to che sono fondamentali per educare alla qualità umana della vita di relazione».24

2.2.3. Gesù Maestro sapiente, capace di adattarsi ai suoi auditori

Gesù incarna lo spirito sapienziale del suo tempo. Per esprimere e comunicare il carattere dinamico delle realtà spirituali che annuncia egli utilizza spesso la parabola, il simbolo, la narrazione, il parados-so, l’immagine. Il vangelo è ricchissimo di riferimenti (cf Lc 10,25-37;

11,12; 15,11-32; 16,19-31; Gv 12,24).

Le parabole di Gesù partono sempre dalla storia concreta, dall’esi-stenza: figli in crisi, i portieri di notte, le relazioni sindacali (la parabola dei lavoratori della vigna), i giudici corrotti, le previsioni meteorologi-che, la donna di casa, i pescatori, i contadini, il tarlo, gli uccelli, i gigli, il lievito e il sale. Questo parlare porta la Parola di dio all’interno della quotidianità, fecondandola. Egli preferisce affidare il suo messaggio, non alle idee astratte, ma al comportamento. così, con la sua proposta raggiunge l’uomo nelle situazioni concrete, coinvolgendolo nell’itinera-rio della verità da accogliere e da vivere.25

24 Pezzuto, Gesù insegna 96-103.

25 cf Terrinoni, Progetto di pedagogia 50-51.

2.2.4. Gesù Maestro paziente che segue un processo progressivo e graduale Gesù si adatta al ritmo dei suoi discepoli, cioè alla loro cadenza di apprendimento. Nel vangelo di marco ci è presentato un Gesù maestro che lentamente porta il discepolo alla luce, passando attraverso l’oscu-rità delle resistenze umane. Prima lo conduce al riconoscimento della messianicità («Tu sei il cristo», Mc 8,27-29) e poi gli svela la pienez-za, alla conclusione del vangelo, quando il pagano centurione romano giunge alla fede esclamando: «veramente quest’uomo era figlio di dio»

(15,39). Il cammino prospettato da Gesù è quello che passa dalla croce.

Egli, con un metodo graduale e progressivo, fa passare il suo discepolo dall’oscurità alla luce. La vicenda del cieco nato narrata da Giovanni illustra questo cammino coi titoli cristologici usati in progressione. Si parte da «un tale di nome Gesù » e si arriva all’ultima frase: «credo, kyrie, credo, o Signore»: è ormai la scoperta di Gesù come il kyrios per eccellenza, cioè come dio (Gv 9).

2.2.5. Gesù Maestro energico, provocatore ed esigente

Gesù avanza proposte radicali. Non ammette le mezze misure, le mediocrità, gli accomodamenti, i compromessi, le riserve. chiede il dono totale dell’uomo, della sua vita. Per questo le sue proposte si fan-no intransigenti e a volte anche taglienti: Mt 7,14; 12,30; Lc 12,49; 16, 13;14,33.

In Lc 11, ma ancor più in Mt 23, Gesù appare anche come un mae-stro polemico, provocatore, sdegnato. I sette “guai” o sette “maledizio-ni” rendono testimonianza che il vero maestro non teme di denunciare il male, come d’altronde fa il Battista: «Non ti è lecito!» (Mt 14,4). Per questo, egli corre il rischio anche dell’impopolarità. Gesù rivela spesso il suo messaggio attraverso una parola che è fuoco: «Io sono venuto a portare una spada che divide padre da figlio, madre da figlia, suocera da nuora...» (Mt 10,35). Se da un lato perciò occorre essere pazienti nel rispetto del ritmo dei discepoli, dall’altro, quando è necessario, si deve anche pronunciare la parola tipica dei profeti, che sconcerta e interpella alla risposta personale. Si tratta di dire “sì sì, no no; tutto il resto viene dal maligno” (cf Mt 5,37). La Parola di Gesù è davvero in-quietante e inconfondibile, strappa il velo delle apparenze per mettere in luce la realtà.

2.2.6. Gesù Maestro profetico

Gesù è un maestro profeta nel senso autentico del termine. Il profe-ta biblico è colui che interpreprofe-ta i segni dei tempi, è l’uomo del presen-te, colui che attualizza la Parola. È esemplare, al riguardo, la predica che Gesù fa nella sinagoga di Nazaret (cf Lc 4,16ss). Egli, attingendo dal profeta Isaia afferma: «Oggi questa parola si è qui adempiuta».

dunque, la Parola di dio viene incarnata in un evento, in una persona presente. L’insegnamento è chiaro: il profeta dice che si deve cammina-re nella storia, nel pcammina-resente. di qui la definizione di Gesù secondo Lc 24,19: «Gesù era profeta potente in opere e in parole davanti a dio e a tutto il popolo». Profeta in opere e in parole: è questo il Gesù maestro.

2.2.7. Gesù Maestro servitore e signore

Nel vangelo di Giovanni Gesù afferma di se stesso: «voi mi chia-mate Maestro e signore. E dite bene, perché lo sono» (13,13-15). cristo dunque accetta, per sé, entrambi i titoli, entrambe le dimensioni della parola rabbì: Maestro e signore; subito dopo, però, puntualizza: «Se dunque io, signore e Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni degli altri». E ancora: «vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io facciate anche voi». Gesù insegna che la strada autentica del vero ministero dell’insegnamento, del vero magistero, è quella del servizio e della donazione.

Egli collega intenzionalmente a kyrios e a didàskalos, titoli di auto-rità, il gesto della lavanda dei piedi: un atto che, nel mondo biblico-ebraico, non doveva essere imposto neppure allo schiavo. È il gesto supremo ed estremo dell’amore, farsi schiavo dell’altro, per donazione.

Gesù dice: il kyrios, il didàskalos autentico è colui che si fa servo, che dona la sua sapienza e non la usa come strumento di potere.

di questo magistero come servizio sottolineo tre esempi evangelici:

nel momento tragico della tempesta, «maestro non t’importa che mo-riamo?» (Mc 4,38); i dieci lebbrosi in cerca di guarigione, «Gesù mae-stro, abbi pietà di noi» (Lc 17,13); i discepoli affascinati dalla preghiera di Gesù, «Signore (kyrios), insegnaci a pregare» (Lc 11,1).

In conclusione, il maestro si deve preoccupare della vita del disce-polo, essergli prossimo e non distante, svolgendo il ministero dell’inse-gnamento attraverso il servizio spirituale.

2.2.8. Gesù Maestro testimone

Il rabbì Gesù è un testimone credibile perché fa ciò che proclama.

Nella prima sessione della catechesi evangelica, fino al capitolo 9 del vangelo di Luca, Gesù non ottiene la risposta desiderata. di fronte al rifiuto del suo uditorio, il maestro continua il suo insegnamento, pro-ponendo se stesso come testimone vivo. Egli unisce la parola alla vita.

Non si accontenta di insegnare le Beatitudini: è povero in spirito, mite, pacifico o misericordioso. Per lui il dire e il fare sono strettamente uniti, contrariamente ai farisei che dicono e non fanno (cf Mt 23,3). Inoltre è intorno a Gesù che si snoda il problema della testimonianza secondo il senso della legge e della predicazione profetica. Gesù è venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità (cf Gv 18,37); testimonia ciò che ha visto e ascoltato dal Padre (cf Gv 3,11.32), contro la cattive-ria del mondo (cf Gv 7,7), dà testimonianza di se stesso (cf Gv 8,13). La sua confessione davanti a Pilato è una testimonianza suprema che ma-nifesta il disegno divino di salvezza (cf Gv 2,6). Questa testimonianza è contestata dal mondo incredulo (Gv 3,11; 8,13), la testimonianza delle opere realizzate da Gesù su ordine del Padre (cf Gv 5,36; 10,25), quella del Padre stesso (cf Gv 5,31.37; 8, 16s), manifestata chiaramente dalla Scrittura (cf Gv 5,39; cf At 10,43; 1Pt 1,11) e che deve essere accolta se non si vuole fare di dio un mentitore (cf 1Gv 5,9s).

2.2.9. Gesù Maestro mite e umile di cuore

matteo offre un testo mirabile dove il senso della mitezza si rivela in tutto il suo significato. Gesù afferma: «venite a me voi tutti affaticati e oppressi e io vi darò riposo; prendete il mio giogo su di voi e imparate da me, perché io sono mite e umile di cuore, e troverete riposo per le vostre anime. Il mio giogo infatti è soave e il mio carico leggero» (Mt 11,25-30).

Il fatto che Gesù attribuisca a sé la mitezza e ne faccia menzione come di una peculiarità del suo cuore, è molto importante per il disce-polo, chiamato a configurarsi a Lui, al Suo modo di essere nella menta-lità e nell’agire. data la sua importanza, il Nuovo Testamento riprende tale significato. Ad esempio, l’evangelista matteo al cap. 21, mentre descrive Gesù che entra per l’ultima volta in Gerusalemme cavalcando un’asina, riprende le parole del profeta Zaccaria, ma tralascia il termine

“giusto” e “vittorioso”. Allo scrittore importa dunque evidenziare la mitezza di Gesù: «Ecco il tuo Re viene a te, mite». Paolo, nella seconda Lettera ai corinzi, esorta i fedeli “per la benignità e la mitezza di cri-sto”(10,1). Ancora, in Ef 4,32 e in Col 3,12 la mitezza viene evidenziata come uno degli atteggiamenti caratteristici del cristiano: è una qualifica dell’uomo nuovo in cristo Gesù.

Gesù è dunque il messia umile annunciato da Zaccaria (cf Mt 21,5).

È il messia degli umili e li proclama beati (cf Mt 5,4; Sl 37,11). Gesù benedice i bambini e li propone come modello (cf Mc 10,15s). Per di-ventare come questi piccoli, ai quali appartiene il regno dei cieli, occor-re mettersi alla scuola di cristo “maestro mite e umile di cuooccor-re” (cf Mt 11,25.29; 18,3s). Questo maestro è venuto per salvare i peccatori, non cerca la sua gloria, ma si umilia fino a lavare i piedi dei suoi discepoli (cf Gv 13,14); lui, uguale a dio, si è annientato fino alla morte in croce per la nostra redenzione (cf Fil 2, 6s; Mc 10,45; Is 53).

2.2.10. Gesù Maestro di interiorità e di preghiera

Gesù è il maestro che si prende cura di quello che avviene nel cuore degli uomini per educarli. A questo riguardo Pino Stancari, biblista gesuita, invita a fare la lettura orante del vangelo di Giovanni per risco-prire in esso la figura del maestro educatore di interiorità e, corrispon-dentemente, ad individuare la novità del discepolo che ha imparato a dimorare, ad abitare nella comunione con il Figlio.26

d’altro canto, percorrendo i vangeli sinottici, si nota che il Pater è il centro dell’insegnamento di Gesù il quale, rispondendo all’insistente richiesta dei discepoli affascinati dal suo modo di pregare, insegna loro la sua preghiera (cf Lc 11,2ss; Mt 6,9-13). dall’invocazione di dio come Padre deriva l’atteggiamento dell’orante. Questa invocazione che pro-lunga l’intimità dei salmi (cf Sal 27,10; 103,13; cf Is 63,16; 64,7), è un atto di fede e un dono che immette il discepolo nel circuito della carità.

In conclusione, nel vangelo sono numerosi i riferimenti a Gesù come

In conclusione, nel vangelo sono numerosi i riferimenti a Gesù come