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L’«irripetibilità» incontra la ripetizione

Nella società della mutazione continua, la ripetizione è aborrita. Ep-pure l’essenza del rito si gioca sulla ripetizione. Tambiah, antropologo dell’università di Harvard, ha pubblicato importanti studi sul carattere ripetitivo del rito, fatto di convenzionalità, rigidità, fusione, ripetizione.

Senza dilungarci sui positivi apporti della ricerca, molto valorizzata in ambito teologico sacramentale,24 ci avvaliamo qui dei suoi risultati utili anche alla riflessione sulla categoria pedagogica dell’accompagnamento.

La liturgia con la sua inevitabile ripetizione rituale si prende cura della crescita di fede del credente perché favorisce in lui quelle attitu-dini che lo predispongono alla recezione della Presenza. Quest’ultima, ossia il donarsi di dio, precede il soggetto, non è provocata da mecca-nismi rituali, ma necessita di una predisposizione adatta, costruita su lunghi percorsi iniziatici fatti di ripetuti momenti celebrativi.

Il soggetto infatti ha bisogno di un lungo esercizio che gli faciliti la conoscenza, fatto di ascolto cordiale, di accoglienza mentale, di in-terrelazioni aperte e di azioni coerenti che lo coinvolgono al punto da sentirsi un tutt’uno nel tempo e nello spazio con la Presenza evocata, con l’evento attualizzato.

Questo insieme di realtà pongono le condizioni necessarie all’effi-cacia propria del rito. La ripetizione rituale non è simile a quella delle azioni tecniche, messa in atto per ‘produrre’ qualcosa. Essa non pro-duce nulla di questo tipo. È piuttosto in-utile, nell’ordine del gioco, come affermava Guardini.25 Si ripete per concedere all’irrepetibilità dell’evento pasquale di incontrare la dimensione ‘sempre uguale’ del rito: nell’‘ogni volta che …’ dell’azione simbolica si ripresenta l’‘una volta per sempre’ dell’evento. Nel darsi e ridarsi celebrativo non ci sono

24 cf l’interessante ricerca di daL MaSo Alberto, L’efficacia dei sacramenti e la

“performance”rituale. Ripensare l’ex opere operato a partire dall’antropologia culturale, Padova, Ed. messaggero 1999.

25 cf Guardini Romano, Lo spirito della liturgia. I santi segni, Brescia, morcelliana 1980, 127. cf anche MaGGiani Silvano, Per una definizione del concetto di Liturgia: le categorie di ’gratuità’ e di ‘gioco’. La proposta di Romano Guardini, in aa.vv., Mysterion, Leumann (Torino), Elledici 1981, 89-114.

effetti produttivi, ma si permette l’efficacia sacramentale, il darsi uni-co ed irrepetibile di dio in cristo nel ripetersi temporale, pure uniuni-co, del rito. Perché anche il rito è un’azione unica nel suo oggi. L’unicità dell’evento è nell’unico oggi di ogni comunità che accoglie l’evento cri-stologico nell’azione liturgica.26

Quando Paolo, mario o Giulia iniziano la preparazione alla messa di prima comunione e sono aiutati ad entrare più riflessivamente in quel rito al quale, nel migliore dei casi, hanno già assistito saltuariamente o regolarmente con genitori e parenti, sono guidati all’importanza di un incontro con Qualcuno di amato e desiderato che ascoltiamo quando parla e quando di lui si parla, che è importante per quanti, con loro, lo riconoscono come parte della famiglia e lo ritengono indispensabile nella loro vita.

Paolo, mario e Giulia riconosceranno gradualmente in quel ripe-tersi di riti non una somma di azioni private di rapporto personale con dio, né semplicemente una ufficialità istituzionale, anonima e imperso-nale, ma uno spazio dove la comunità sente la propria destinazione ri-volta radicalmente verso la Presenza e dove ricomprende e riconfigura le questioni davvero decisive dell’esistenza, della società e della storia.

È questo ripetere rituale che nota dopo nota, pennellata dopo pen-nellata, scalfittura dopo scalfittura dà forma all’opera, diventa opera viva.

La forma combacia strutturalmente con il contenuto e l’azione che prende vita trasforma i partecipanti e li rende capaci di interagire con il mistero che in quell’azione si dà, che in quel rito si concede.

Sarà proprio la paziente, umile accoglienza dell’apparente uguale ri-petersi del rito che crea le condizioni per la sua efficacia e, al contempo, mostra quanto sia discreta ma indispensabile la sua compagnia.

4. “Conducimi tu, luce gentile”

La nota preghiera allo Spirito santo del cardinal Newman, ‘con-ducimi Tu Luce gentile’, invoca guida, accompagnamento in ogni mo-mento della vita, e lo Spirito è sempre attivamente presente dove c’è vita: «La chiesa, istruita dalla parola di cristo, attingendo

all’esperien-26 BonaCCorSo, Celebrare la salvezza 208.

za della pentecoste e alla propria storia apostolica, proclama fin dall’i-nizio la sua fede nello Spirito santo come in colui che dà la vita, colui nel quale l’imperscrutabile dio uno e trino si comunica agli uomini, costituendo in essi la sorgente della vita eterna».27

dove c’è vita, c’è lo Spirito della vita. come non c’è vita umana senza soffio vitale, così è nella vita cristiana. Il Nuovo Testamento e l’esperienza ecclesiale ci riconducono costantemente a questa realtà.

“Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6) afferma Gesù in Gio-vanni, ma il suo dono di vita è all’origine di tutto, è in anticipo su tut-to. La vita è data, ci anticipa sempre, le apparteniamo molto prima di comprenderla. E nell’esperienza cristiana il dono assoluto che sorpassa ogni attesa è la pasqua-pentecoste, dono di Gesù nella sua morte e ri-surrezione e nel suo Spirito che ci fa incontrare continuamente Gesù, la vita, muovendoci verso di lui.

Il Gesù pasquale sarebbe un evento chiuso nel tempo senza lo Spi-rito che riporta instancabilmente alla fonte della vita. È lui il Soffio vitale del corpo ecclesiale e per questo, come nel rapporto alito/cor-po, è sempre presente alla chiesa, è il Paraclito (= chiamato vicino), è l’‘Assistente’, la Presenza/compagnia efficace, perché indispensabile all’attuarsi della forza del mistero.

Il muoversi incontro della comunità credente – e del singolo – con il cristo vita è dato dallo Spirito nell’agire simbolico della chiesa. Non c’è perciò liturgia senza lo Spirito, non c’è movimento\incontro di Grazia senza la sua Presenza che prepara, attua, completa, muove all’azione.

Nell’agire rituale culmina la forza e la dolcezza della sua indispensabile Presenza e compagnia.

La presenza dinamica dello Spirito precede coloro che celebrano, facilita la loro predisposizione all’incontro con il mistero, perché egli è il nesso, la relazione, il darsi in quanto persona divina. ma soprattutto la sua presenza permette la realizzazione dell’incontro salvifico proprio nell’agire rituale. Nel vedere, ascoltare, toccare, gustare simbolico del rito avviene come un’epifania della Trascendenza che si dona nel corpo sacramentale della chiesa. «Il Figlio che ‘era andato via’ nel mistero pasquale, ‘viene, ed è continuamente presente nel mistero della chiesa, ed ora si cela, ora si manifesta nella sua storia, sempre conducendone il

27 Giovanni PaoLo ii, Lettera enciclica. Dominum et vivificantem. Sullo Spirito santo nella vita della chiesa e del mondo, 18 maggio 1986, in Enchiridion Vaticanum 10. Docu-menti ufficiali della Santa Sede (1986-1987), Bologna, dehoniane 1989, n. 1.

corso. Tutto ciò avviene in modo sacramentale per opera dello Spirito santo, il quale, attingendo dalla ricchezza della redenzione di cristo, continuamente dà la vita».28

Non c’è presenza, quindi, ‘più presente’ dello Spirito, non c’è ac-compagnamento più assiduo ed indispensabile del suo, perché si iden-tifica con l’alito della vita stessa, vita tutta intera nella sua pienezza, che egli attinge dalla sorgente, il Padre, ma che comunica e manifesta simbolicamente, sacramentalmente. Egli, infatti, fa sì che «il cristo, che è andato via, venga ora e sempre in modo nuovo. Questo nuovo venire

… si attua nella realtà sacramentale».29 Si può affermare perciò che la sua azione nel cuore di ogni persona, nella vita della chiesa e nella sto-ria è un’epiclesi permanente.

28 Ivi n. 63.

29 Ivi n. 61.

mAESTRO dI ACCOmPAGNAmENTO catherine fINO1

L’azione e gli scritti di Francesco di Sales (1567-1622) sono ricchi di spunti riguardanti l’accompagnamento. Non può che essere così se si pensa alle molteplici iniziative del vescovo di Ginevra come direttore spirituale (in particolare delle donne), fondatore della visitazione, ma anche promotore della formazione dei sacerdoti e dei laici, visitatore at-tento dei più umili villaggi della sua diocesi, sostenitore vigoroso della riforma dei monasteri, predicatore di ritiri spirituali, diplomatico in un periodo turbolento.

certamente, le condizioni culturali sono cambiate. Se al momento della Riforma le varie appartenenze religiose entrano in conflitto tra loro, oggi siamo in una società nella quale i giovani costruiscono la loro identità attingendo a tradizioni e modelli molteplici, senza impe-gnarsi nel tempo.2 Inoltre, se i secoli XvII e XvIII sono caratterizzati dall’attenzione alla realtà spirituale delle persone, oggi si devono af-frontare grandi difficoltà per poter esprimere in un mondo tecnicizza-to e complesso la sfera dell’interiorità e della coscienza.3 Infine, se il pluralismo religioso ha messo alla prova i contemporanei di Francesco di Sales, in modo particolare la Savoia, oggi siamo di fronte a un plura-lismo più radicale, per di più accentuato da una grande mobilità e dalla comunicazione esponenziale propria di una società globalizzata.

1 catherine Fino FmA, laureata in medicina e dottore in teologia, è docente di teo-logia morale all’Institut catholique de Paris. Il testo è tradotto dal francese da Ernesta Rosso e rivisto dall’autrice.

2 cf donéGani Jean-marie, Identités contemporaines, traditions, communautés, so-ciétés. Entretien, in Revue d’Ethique et de Théologie Morale 251(2008)5, 51-64.

3 cf GaGeY Jacques, La nouvelle intériorité, Paris, cerf 2007, 188.

Tenendo conto di tali differenze, si interrogano gli scritti di France-sco di Sales sull’accompagnamento per chiedersi quali possano essere le strategie per facilitare l’iniziazione alla vita cristiana; quali itinerari per favorire una maggior fiducia in se stessi e l’espressione della sfera interiore; come aiutare le persone a progredire nella coerenza persona-le e nell’accoglienza reciproca nel vivo della cultura contemporanea.

1. un accompagnamento che favorisce la conversione e l’iniziazione