In questo primo momento chiarisco il senso oggettivo del termine Maestro nel contesto ebraico per scoprire l’intenzione comunicativa
de-viCo Giuseppe, Emergenza educativa e oblio del perdono, milano vita e Pensiero 2009;
verdone Luciano, Emergenza educativa in un mondo che cambia, milano, Paoline 2009;
CoMitatoPeriLProGettoCuLturaLedeLLa Conferenza ePiSCoPaLe itaLiana [a cura di], La sfida educativa. Rapporto-proposta sull’Educazione, Roma-Bari, Editori Laterza 20095) .
4 cf GroPPo Giuseppe, Teologia dell’Educazione: origine, identità, compiti, Roma, LAS 1991, 278-281.346-350.
gli autori dei testi della Sacra Scrittura. Tale premessa è indispensabile per cogliere la pregnanza ed il significato della figura di Gesù maestro.
1.1. Il Maestro nella Bibbia
In tutto l’Antico Testamento la figura del Maestro gode di grande ri-lievo, tuttavia è maggiormente presente in alcune aree letterarie. Secon-do alcuni studiosi,5 la pedagogia biblica, ordinata alla formazione mora-le e spirituamora-le, è soprattutto una pedagogia globamora-le. una considerazione filologica permette di evidenziare come siano abbondanti nell’Antico Testamento i riferimenti al termine Maestro, realtà che documenta la centralità dell’educazione nella cultura ebraica.6 L’esegeta Gianfranco Ravasi offre alcune indicazioni circa le sfumature semantiche con cui si caratterizza l’azione del Maestro nell’Antico Testamento. Ad esempio, il verbo Lamàd deriva dalla radice lmd (insegnare, istruire, addestrare, apprendere, studiare).7 I suoi derivati, melamed- melammudim, indi-cano “colui che istruisce” – ossia il maestro –, mentre limud o talmud si riferisce a “colui che è istruito”, ovvero l’allievo. Infine, il sostantivo talmud indica l’azione dello studio. È interessante notare come i verbi imparare ed insegnare originano dalla stessa radice, ne deriva perciò che il vero maestro è colui che si mette nella condizione di apprendere, mentre il vero discepolo, al termine del processo, è anche capace di insegnare. Il Maestro che non entra in questa logica di reciprocità, dif-ficilmente potrà essere una figura significativa.8
Il sostantivo con cui si definisce il Maestro è rabbì che, letteralmente,
5 cf Gioia Francesco, Metodi e ideali educativi dell’Antico Israele e del Vicino Orien-te, città del vaticano, Libreria Editrice vaticana 2008; ravaSi Gianfranco, Il Maestro nella Bibbia, in aa.vv., Gesù il Maestro ieri, oggi e sempre 227-253; SaCChi Alessandro, Insegnamento, in roSSano Pietro - ravaSi Gianfranco - GirLanda Antonio (a cura di), Nuovo dizionario di teologia biblica, milano, Edizioni Paoline 1988, 740-756.
6 cf Gioia, Metodi e ideali educativi 151-153.
7 cf ravaSi, Il Maestro nella Bibbia 237-238.
8 un altro verbo ricorrente nella pedagogia biblica è yaràh dalla radice yrh, che significa lanciare, protendere, fare vedere e indica un insegnamento che è “via e vita”. Il verbo yasàr è il più tecnico a livello pedagogico ed equivale a plasmare, formare, ammae-strare, ammonire, correggere, punire. da yasàr deriva il sostantivo musàr che significa
“disciplina”, cioè impegno severo e ascetico del conoscere. Per essere veramente mae-stri, occorre avere la pazienza di perseverare nello studio nonostante la fatica (cf Gioia, Metodi e ideali educativi 152).
significa “mio grande” (da rav, grande, potente). Tale titolo di prestigio permette di cogliere la portata del monito di Gesù in Mt 23,8: «voi non fatevi chiamare rabbì, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli».
Anche nella lingua greca, usata dal Nuovo Testamento, il sostantivo Maestro è carico di notevoli sfumature.9 È ancora Ravasi a far notare come l’uso del termine didàskalos compaia 58 volte, di cui 48 solo nei vangeli e prevalentemente applicato a Gesù. Il verbo didàskein, citato 95 volte, e che significa insegnare, è citato per due terzi nei vangeli e, anche in questo caso, è prevalentemente applicato a Gesù.10
Queste indicazioni, seppur sommarie, evidenziano come nella cul-tura biblica l’attività del maestro comportasse dei rischi, primo fra tutti l’arroganza e la superbia a cui tale potere poteva condurre. Tale ruolo, infatti, era proprio degli scribi, i maestri per eccellenza, i quali «di-sprezzavano il popolo che non conosce la legge e i profeti». Tuttavia, tale figura era anche positivamente carica di valori e di insegnamenti.
E prima di tutto e soprattutto è cristo che ci insegna come si è veri maestri (cf Gv 13,13-15).
1.2. I maestri nella cultura ebraica
Nell’Antico Testamento gli appartenenti alla classe sacerdotale sono deputati all’insegnamento.11 Tuttavia non vi è traccia dell’esistenza di una vera e propria categoria di maestri e di allievi. Esistono piuttosto i saggi, che sono anche i maestri del popolo con il quale instaurano un rapporto simile a quello che esiste tra padre e figlio (cf Pr 1,8; 3,1;
4,1.20; 5,1.7). Questi, però, non sono investiti di una carica ufficiale ed
9 Oikodespotès: «padrone di casa (cf Mt 10,25; 13,27); despotès: proprietario (cf 1Tm 6,1s; Tt 2,9; 1Pt 2,18) applicato a dio o a cristo (cf Lc 2,29; At 4,24; 2Tm 2,21;
2Pt 2,1; Gd 4; Ap 6,10); Kyrios, da cui deriva kyrieuô: «avere la sovranità, dominare»
ordinariamente tradotto con «signore» tranne in alcuni casi (cf Mt 6, 24; Lc 16,13; 18, 25; 20,8; 21,30; 24,45-50; Gv 20,15); Epistatès: «chi è al di sopra» (cf Lc 5,5; 8,24.45;
9,33.49; 17,13); didaskalos (rabbi in ebraico): «colui che insegna», utilizzato spesso ap-plicato a Gesù (cf Mt 8,19; Mc 4,38; Lc 7,40; Gv 1,38) cf Léon-dufour Xavier, Diction-naire du Nouveau Testament, Paris, Éditions du Seuil 1996, 358-359.
10 cf ravaSi, Il Maestro nella Bibbia 239.
11 cf Gioia, Metodi e ideali educativi 97-150; Léon-dufour (a cura di), Vocabulaire de Théologie biblique, Paris, Les Éditions du cerf 1964, 286-287.
il loro insegnamento è indirizzato a tutti coloro che vogliono imparare, e non ad una particolare cerchia di allievi e di seguaci. Inoltre, uno solo è il contenuto dell’insegnamento, quello della volontà di dio la quale si manifesta nella legge e nella sapienza, considerata dono di dio per la guida degli uomini (cf Pr 2,6; Qo 2,26). Al di sopra di tutti gli inse-gnamenti provenienti dagli uomini, infine, vi è quello che origina da dio stesso, vero maestro del suo popolo (cf 2Cr 6,27; Sal 25,4.9; 71,17;
90,12; 119,7.12.66.102; Is 30,20s.; 48,17s.) e di tutti i popoli (cf Is 2,3;
Ger 16,16,21). La stessa linea si conserva nel Nuovo Testamento (cf Mt 23,8-10; Gv 6,44-47; 7,16s; 8,28; 14,26; 16,13-15; 1Gv 2,20s.; Gal 1, 11; 1Cor 2,13; 1Ts). Pertanto, nell’Antico come nel Nuovo, il magistero fondamentale è quello che passa attraverso la comunicazione interper-sonale, la catechesi familiare, la relazione fondata sull’amore.
La funzione di insegnare e di educare si realizza in diversi modi secondo la qualità di coloro che la esercitano cosicché si possono di-stinguere molteplici figure che fungono da maestri:
– il padre e la madre come primi precettori e garanti della trasmis-sione della torah (cf Pr 1,8-9; 6,20-23; 31; Dt 6,4-9; 11,19; 33,4; Es 12;
Sal 78 );12
– i sacerdoti (depositari della conoscenza della torah cf Os 4,6; Dt 33,10; Mi 3,11; Ger 18,18; Ez 7,26; istruzione di carattere cultuale cf Lv 10,10-11; Ez 22,26; 44,23);
– i dottori della legge e gli scribi,13 copisti, studiosi esperti nell’arte dello scrivere, commentatori della Scrittura.14
12 Per un approfondimento del tema cf lo studio del Rabbino direttore delle scuole ebraiche di Roma sull’importanza dell’educazione nell’ebraismo presentato in occasio-ne della giornata europea della cultura ebraica su “Ebraismo e educaziooccasio-ne”(cf CaraC
-Ci Benedetto, Acquisire un’identità, in http://www.ucei.it/giornatadellacultura/2004/
educazionec.htm, 14-03-2007; cf anche deLLa roCCa Roberto, Lo ripeterai ai tuoi figli, in http://www.ucei.it/giornatadellacultura/2004/educazionec.htm, 14-03-2007).
13 cf Léon-dufour, Dictionnaire du Nouveau Testament 78-79.
14 durante l’esilio sono appunto questi scribi, prevalentemente di origine sacerdo-tale, che portano a compimento la compilazione della Legge (Pentateuco). Alla fine dell’esilio Esdra, sacerdote e scriba (cf Esd 7,11) esperto nella legge di mosé (cf Esd 7,6), promulga tale Legge, ormai fissata per iscritto, davanti a tutto il popolo di Geru-salemme (cf Ne 8,1-4). da questo momento in poi è lo scriba, dottore della legge, ad assumere il ruolo principale di intermediario dell’insegnamento divino, che egli pre-senta come interpretazione della legge scritta. Egli trova il suo modello più significativo nel Siracide, il quale ricava il suo insegnamento dalla legge, identificata ormai con la Sapienza divina (cf Sir 24,22-32). dallo scriba ha origine la figura del rabbi (maestro)
– I profeti, come uomini di dio, mediatori della sua Parola, portavo-ce del suo messaggio, scrutatori dei segni del tempo (cf Dt 18, 20.22; Is 1,10; 8,16.20; 1Sam 10,5; 19,20; 2Re 2,3.5; 3,22; 4,1.38; 6,1; 9,1).
– I sapienti come maestri di vita nella linea dell’insegnamento dei padri (cf Pr 1,8.10; 2,1; 3,1; 3,21; 4,1-17.20; 5,13; Qo 12,9; Sir 30,3).15
Attraverso questi maestri è dio stesso che insegna al suo popolo, con un ammaestramento che fa leva più sulla volontà che sull’intelli-genza perché non è principalmente finalizzato alla formazione intellet-tuale del giovane quanto piuttosto alla sua educazione integrale. Sia la conoscenza che l’insegnamento includono dunque la sfera dell’espe-rienza, della volontà e del rapporto interpersonale, assumendo così un significato molto più profondo e vitale di quello che queste attività ri-vestono nella cultura occidentale. In questa linea si può comprendere l’uso specifico che la Bibbia fa di questi concetti in campo educativo.