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L’educatore cristiano oggi alla scuola di Gesù maestro

Il confronto con la figura di Gesù maestro, opportunamente illumi-nata dal magistero ecclesiale, offre alcuni spunti di riflessione sulla figu-ra dell’educatore oggi. Essi si presentano quali itinefigu-rari di formazione che interpellano anzitutto l’impegno di autoformazione dell’adulto, chiamato oggi a confrontarsi con urgenze che richiedono di riscoprire il compito educativo come vocazione, la qualificazione della propria competenza relazionale, la capacità di accompagnare la libertà dell’e-ducando verso scelte definitive, il recupero dell’autorevolezza educati-va, la valorizzazione dell’esperienza.49

3.1. Riscoprire il compito educativo come vocazione

Ispirandosi al maestro divino, l’educatore che intende svolgere in modo adeguato il proprio compito deve avere una chiara coscienza della sua vocazione e missione. Sono molto incisive, a questo riguardo, le parole rivolte da Paolo vI ad un gruppo di insegnanti il 10 luglio 1963 quando li invitava «ad aver un alto concetto della propria attività;

48 cf Terrinoni, Progetto di pedagogia 32.

49 Per un approfondimento del tema cf il contributo di Piera Ruffinatto: Accompa-gnare i giovani oggi nell’ottica del “Sistema preventivo” di don Giovanni Bosco presente in questo volume.

a sentire profondamente che non si tratta di un lavoro qualsiasi, ma d’una vocazione, di vera e propria missione».50 Per raggiungere un così eccelso ideale di pensiero e di azione, il Santo Padre invitava a non di-menticare mai «che gli insegnanti saranno davvero idonei a così eccel-lente mandato, se, a loro volta, si sentiranno alunni del divino maestro, nutrendo nella propria anima l’ansia di imparare sempre, di ascoltare, di ricevere la parola, il pensiero, il linguaggio, l’indirizzo della via sicu-ra. È quanto ci dà il vangelo e ci offre la chiesa. Quanto più il maestro sarà discepolo autentico e fedele di cristo e più attivo e industrioso sarà il suo amore per la chiesa, tanto maggiore sarà il successo di virtù e perfezione tra le anime a lui affidate».51 Queste parole pronunciate negli anni Sessanta, sono più che mai attuali. Infatti, l’attuale pontefice, Benedetto XvI, rivolgendosi alla conferenza Episcopale Italiana, invi-ta gli educatori a mettersi alla scuola di cristo, perché è «Lui il maestro alla cui scuola riscoprire il compito educativo come un’altissima voca-zione alla quale ogni fedele, con diverse modalità, è chiamato».52

contemplando il maestro divino, ci rendiamo conto che egli si mo-strò sempre lucidamente consapevole della missione ricevuta come vo-lontà del Padre, la attuò con fedeltà fino a poter dire: «Tutto è compiu-to». Afferma Nosengo a questo proposito: «La consapevolezza di aver ricevuto un incarico da dio e il desiderio vivo e robusto di assolverlo fino in fondo rappresentano nella vita professionale uno stimolo spiri-tuale potentissimo per mantenere perennemente tesa la volontà del Pa-dre e “facendola” come si prende “cibo”. Allora vivono in noi le verità e i fatti che ci reggono nella nostra fatica educativa».53

Si tratta di sviluppare una vera e propria spiritualità educativa dove l’educatore credente si sente chiamato ad essere collaboratore di dio.

San Paolo nelle sue lettere lo esprime in modo singolare: «Noi non inten-diamo far da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia» (2Cor 1,24; cf 1Cor 3,9 e 2Cor 6,1). In questo modo si

col-50 PaoLo vi, I maestri di Azione Cattolica. udienza generale del mercoledì 10 luglio 1963, in id., Insegnamenti di Paolo VI, I/1963, città del vaticano, Tipografia Poliglotta vaticana 1965, 594.

51 Ivi 595.

52 Benedetto Xvi, Un vero educatore sa unire autorità ed esemplarità. discorso del Santo Padre Benedetto XvI all’assemblea generale della conferenza Episcopale Italiana (28-05-2009), in id., Insegnamenti di Benedetto XvI, v/1, città del vaticano, Libreria Editrice vaticana 2010, 916.

53 noSenGo, L’arte educativa 155.

tiva la coscienza che l’educatore non è l’autore della crescita delle nuove generazioni, ma agisce unicamente come collaboratore di colui che ha progettato dall’eternità il piano di salvezza per ciascuna persona.54 Quin-di, anche di fronte all’apparente fallimento, in mezzo alle difficoltà e lo smarrimento provocato dal secolarismo postmoderno attuale, rimane alta la coscienza della potenza di dio capace di intervenire nella debolez-za umana per fare crescere la vita in abbondandebolez-za. da questa prospettiva, l’educatore potrà vivere e operare con ottimismo e speranza.

Ancora, con Nosengo, possiamo ribadire quanto anche oggi sia ur-gente «ritornare a parlare di vocazione educativa, a fare riflettere sul suo valore, a farne prendere coscienza da parte di coloro che ne sono stati particolarmente dotati, a far riconoscere le sue componenti per-sonali e sociali, naturali e soprannaturali, didattiche e culturali. Oc-corre infine impegnare tutti coloro che hanno precise responsabilità nel settore educativo e scolastico affinché adottino quei mezzi e quelle strutture che sono più atte a promuovere lo sviluppo e la maturazione di questi germi attitudinali e vocazionali per ottenere che nell’esercizio della professione educativa, vi sia più fervore, più amore, più capacità, più dedizione e quindi più successo. L’approfondita contemplazione della condotta educativa di Gesù maestro, è di grandissima, superiore, ineguagliabile efficacia».55

3.2. Sviluppare la competenza relazionale

La consapevolezza della propria identità e missione da parte dell’e-ducatore implica la necessità di sviluppare alcune competenze. Tra le altre, quella relazionale rappresenta un riferimento indispensabile.

Qualcuno afferma che oggi è la competenza più difficile, perché l’edu-catore «non può suscitare voglia di imparare se non sa entrare in rap-porto con i ragazzi, se non sa stabilire con loro quella comunicazione cordiale che mette in moto i meccanismi più vivaci dell’apprendimento e della crescita».56

54 cf Séïde martha, Per una spiritualità educativa. Quali percorsi?, in Rivista di Scienze dell’Educazione 41 (2003) 3, 454-463.

55 noSenGo, L’arte educativa 160.

56 BiGnardi Paola, Educare a scuola: una sfida possibile?, in Credere Oggi 29 (2009) 4,45.

Affrontare il processo educativo in chiave relazionale richiede la capacità di creare le condizioni che facilitino la crescita della persona in tutte le sue dimensioni. Si tratta di cogliere il tipo di relazione da attivare per portare a termine questo processo. A mio avviso, questa relazione educativa va vista come ambiente segnato dalla centralità del-la persona, dove l’accettazione sincera, l’empatia e del-la vicinanza creano questo clima di fiducia reciproca. In questo senso, tale relazione umana diventa relazione di aiuto, dove l’educatore affianca l’individuo in un cammino di accompagnamento dei processi di crescita, offrendogli gli elementi per acquisire i criteri conformi alla verità dell’essere e orien-tandolo verso un’accoglienza progressiva della propria vocazione.

da questa prospettiva, il compito educativo segnato dalla dimen-sione relazionale richiede l’accompagnamento della persona in crescita offrendole la possibilità di sperimentare la forza trasformante dell’a-more preveniente del Padre. Benedetto XvI lo ribadisce in modo illu-minante quando afferma: «L’educazione inoltre, e specialmente l’edu-cazione cristiana, l’edul’edu-cazione cioè a plasmare la propria vita secondo il modello del dio che è amore (cfr 1Gv 4,8.16), ha bisogno di quella vicinanza che è propria dell’amore. Soprattutto oggi, quando l’isola-mento e la solitudine sono una condizione diffusa, alla quale non pon-gono un reale rimedio il rumore e il conformismo di gruppo, diventa decisivo l’accompagnamento personale, che dà a chi cresce la certezza di essere amato, compreso ed accolto. In concreto, questo accompa-gnamento deve far toccare con mano che la nostra fede non è qualcosa del passato, che essa può essere vissuta oggi e che vivendola troviamo realmente il nostro bene. così i ragazzi e i giovani possono essere aiutati a liberarsi da pregiudizi diffusi e possono rendersi conto che il modo di vivere cristiano è realizzabile e ragionevole, anzi, di gran lunga il più ragionevole».57

Nella prospettiva della spiritualità educativa accennata precedente-mente, è importante, da parte dell’educatore e dell’educatrice, coglie-re la dimensione unificante della coglie-relazione con dio e con gli altri per renderla operante nella vita quotidiana. Gesù, il maestro, nel vangelo ci propone questa via attraverso i suoi insegnamenti: «venite a me

tut-57 Benedetto Xvi, La famiglia ha una responsabilità primaria nell’educazione e nella formazione alla fede. discorso ai partecipanti al convegno della diocesi di Roma (11-06-2007), in id., Insegnamenti di Benedetto XvI, III/1, città del vaticano, Libreria Editrice vaticana 2008, 1073.

ti» (Mc 3,14); «Andate e ammaestrate tutte le genti» (Mc 16,15). Sono due ordini che si fondono in un unico invito del maestro, che attira a sé l’apostolo e di conseguenza l’educatore; gli fa sentire nell’intimo la bellezza dell’incontro con lui, l’urgenza di portarlo alla sua vocazione originaria di immagine e somiglianza di dio, l’esigenza di radunare in Lui tutti i popoli. dallo sviluppo della dimensione relazionale scaturirà il recupero della libertà e dell’autorevolezza.

La pedagogia dell’amore di Gesù, maestro di relazioni umane e di dialogo, ha molto da insegnarci per compiere la missione educativa in chiave relazionale.

3.3. Promuovere lo sviluppo della libertà verso scelte definitive

Tutta l’azione educativa di Gesù, collocata all’interno del progetto di salvezza, si realizza nel rispetto pieno della libertà dei soggetti. con la sua fine arte dialogica egli suscita la domanda, risveglia le coscienze, stimola la volontà e il desiderio del bene, suscita la fede viva. dopo aver ascoltato il suo insegnamento ed aver sentito le sue domande è difficile rimanere indifferenti. Egli chiede la collaborazione e soprattut-to accompagna verso scelte definitive perché impegna integralmente le persone verso ideali alti.

Nella situazione odierna dove i giovani sono esposti ad una pluralità di offerte, talvolta eccessive e contraddittorie, la capacità di esercitare la libertà, orientandola verso scelte giuste e responsabili, diventa sem-pre più difficile. In questo caso l’educatore, che si pone alla scuola di Gesù, è chiamato ad educare alla libertà. In tale itinerario la formazione della coscienza ha un ruolo determinante per imparare a conoscere, valutare e discriminare il bene dal male. L’educatore che accompagna questo processo ha il compito di coltivare una relazione fondata sulla fiducia e sulla libertà che non mira a condizionare la mente e la volontà altrui o a inculcare verità, ma facendo leva sulle ricchezze interiori pro-prie di ciascuno, punta a dischiudere all’agire nuovi orizzonti di senso e di responsabilità.58

A questo riguardo, Benedetto XvI ricorda con forza il valore dell’e-sercizio della libertà in ordine a rendere efficace il processo: «Per

ge-58 cf Svanera Oliviero, La formazione della coscienza nella Chiesa, in Credere oggi 22(2002)128, 102.

nerare effetti positivi che durino nel tempo, la nostra vicinanza deve essere consapevole che il rapporto educativo è un incontro di libertà e che la stessa educazione cristiana è formazione all’autentica libertà.

Non c’è infatti vera proposta educativa che non stimoli a una decisione, per quanto rispettosamente e amorevolmente, e proprio la proposta cristiana interpella a fondo la libertà, chiamandola alla fede e alla con-versione. […] un’educazione vera ha bisogno di risvegliare il coraggio delle decisioni definitive, che oggi vengono considerate un vincolo che mortifica la nostra libertà, ma in realtà sono indispensabili per crescere e raggiungere qualcosa di grande nella vita, in particolare per far ma-turare l’amore in tutta la sua bellezza: quindi per dare consistenza e significato alla stessa libertà».59

Spesso di fronte ai comportamenti problematici dei giovani, gli educatori sembrano impotenti e non osano intervenire. Eppure, pur nella loro fragilità, essi, oggi più che mai, hanno bisogno di proposte esigenti: «Quando avvertono di essere rispettati e presi sul serio nella loro libertà, gli adolescenti e i giovani, pur con la loro incostanza e fra-gilità, non sono affatto indisponibili a lasciarsi interpellare da proposte esigenti: anzi, si sentono attratti e spesso affascinati da esse. vogliono anche mostrare la loro generosità nella dedizione ai grandi valori che sono perenni e costituiscono il fondamento della vita».60

3.4. Recuperare l’autorevolezza educativa

Se il lavoro educativo passa attraverso la libertà, ha anche bisogno di autorevolezza. Si registra oggi una vera crisi dell’autorità in generale e dell’autorità educativa in particolare, per questo alcuni vedono la ne-cessità di ripensare l’autorità.61

Gesù si è manifestato come un maestro sublime nell’esercizio dell’autorità educativa. Egli esercitava la sua autorità e gestiva il suo potere divino come servizio all’uomo, l’ha fatto con umiltà e mitezza e si è proposto come modello e maestro invitando tutti a seguire il suo esempio.62

59 Benedetto Xvi, La famiglia ha una responsabilità 1074.

60 Ivi 1075.

61 cf Pati Luigi - Prenna Lino (a cura di), Ripensare l’autorità. Riflessioni pedagogi-che e proposte educative, milano, Editore Guerini e Associati 2008.

62 cf Pezzuto, Gesù insegna 140.

Accogliendo l’invito del maestro divino, l’educatore assicura la sua autorevolezza soprattutto con la testimonianza e la coerenza di vita.

Nel caso del testimone di cristo, egli «non trasmette semplicemente informazioni, ma è coinvolto personalmente con la verità che propone e attraverso la coerenza della propria vita diventa attendibile punto di riferimento. Egli non rimanda però a se stesso, ma a Qualcuno che è infinitamente più grande di lui, di cui si è fidato ed ha sperimentato l’affidabile bontà. L’autentico educatore cristiano è dunque un testimo-ne che trova il proprio modello in Gesù cristo, il testimotestimo-ne del Padre che non diceva nulla da se stesso, ma parlava così come il Padre gli aveva insegnato (cf Gv 8,28)».63 Quindi si tratta di una testimonianza che va oltre la coerenza morale e si impone come narrazione vivente di un incontro, trasmissione generosa di un dono, coinvolgimento totale in una relazione che segue la logica evangelica del seme, rispettosa dei tempi di dio.

3.5. Ravvivare il valore pedagogico dell’esperienza nella vita quotidiana Il quotidiano rappresenta il luogo ideale in cui l’educatore realizza la sua missione di accompagnare le giovani generazioni nella loro cre-scita. Spesso i giovani vivono in profonda solitudine pur incrociando una moltitudine di persone. L’educatore si impegna a conoscere e com-prendere i ragazzi, si rende attento per ascoltare profondamente le loro attese, le loro fatiche, i loro silenzi. Si tratta di un’attenzione creatrice, come propone Simone Weil: «L’attenzione creatrice consiste nel fare realmente attenzione a ciò che non esiste».64

Per gli educatori cristiani oggi una delle sfide più impegnative è quella di trasformare questo aspetto effimero della cultura giovanile, l’attimo fuggente, che è spesso evasione e superficialità, in tempo di interiorità e di grazia, da chronos in kairos, vivendo ogni istante della vita come tempo di salvezza.

È dunque richiesta notevole disponibilità e apertura per scoprire ogni giorno i nuovi segni di vita che si manifestano in ogni persona.

Non c’è tempo per la noia e la routine, non si può sottovalutare nul-la, tutto è dono, ogni occasione è preziosa per cogliere i passi di dio

63 Benedetto Xvi, La famiglia ha una responsabilità 1075-1076.

64 weiL Simone, Attente de Dieu, Paris, Fayard 1966,136.

che si fa presente. Questo richiede responsabilità e impegno da parte dell’educatore per educarsi ed educare all’attenzione, per fare di ogni esperienza della vita un momento d’eternità. Infatti, l’eternità non è questione di durata, ma soprattutto di intensità. Ora, ciò che qualifica questa intensità è appunto l’amore, ma un amore assoluto per dio e per gli altri, capace di dare tutto fino alla donazione della propria vita.

In sintesi si può affermare che l’invito a ravvivare il valore pedago-gico dell’esperienza implica la necessità di valorizzare il quotidiano per imparare l’arte di abitare il tempo e lo spazio; privilegiare la pedagogia della presenza e della testimonianza per suscitare la domanda del cuore e risvegliare il desiderio (cf Gv 6,26; At 2,38); nominare in modo espli-cito la sorgente che fa vivere la fede come esperienza di incontro perso-nale con il maestro divino; coltivare l’ascolto per cogliere la domanda dei giovani e accompagnarli in un processo di maturazione progressiva;

aprirsi con simpatia ai nuovi linguaggi e saperli valorizzare in modo opportuno.

Anche a questo livello, Gesù maestro, attraverso la sua pedagogia delle immagini, è molto eloquente. Egli parte sempre dalla realtà della gente e dal tipo di esperienza interiore che sta vivendo e coglie tutte le occasioni favorevoli per offrire il suo insegnamento in maniera vivace e incisiva.

In conclusione, Gesù maestro rappresenta una figura realmente pa-radigmatica per l’educatore cristiano. Gesù ha assunto la logica della Pedagogia Dei per compiere la sua missione di portare la salvezza all’u-manità. da questa prospettiva, l’educatore alla scuola di Gesù mae-stro dovrà come lui abbracciare la pedagogia divina, come «invito, anzi come obbligo, a vedere l’educando come uomo davanti a dio, ad agire in maniera tale che la sua riflessione e prassi educativa possa dirsi, nella sincerità del cuore: questa è una pedagogia che dio approva perché serve alla salvezza dell’uomo, è la pedagogia Dei che continua».65

65 BiSSoLi, Bibbia e educazione 294.

Icone biblico-mariane di accompagnamento maria KO1

Premessa

La presentazione biblica di maria ha per me, cinese, qualcosa di simile a un dipinto sulla seta con le caratteristiche tipiche della pittura tradizionale dell’estremo oriente: poche pennellate, molto spazio bian-co, colori tenui, contorni non totalmente definiti, soggetti semplici e senza pretesa, atmosfera di sacro silenzio. Le poche pennellate cadono armoniosamente in posti appropriati e sprizzano energie; grazie ad esse anche lo spazio bianco diventa denso di significato. Il tutto invita a tra-scendere, a lanciarsi verso l’infinito, a spiare il mistero, a fare esperienza dell’oltre, a dilatarsi nel bello, a percepire una presenza.

I pochi racconti evangelici su maria formano, con il molto spazio bianco che li circonda, un tutto armonioso, dinamico, affascinante. De Maria numquam satis: non solo il parlare di maria è inesauribile, ma anche la contemplazione dei pochi tratti evangelici su maria non ha mai fine. Le seguenti riflessioni sono frutto di una delle infinite contempla-zioni di questo bellissimo capolavoro del Signore; vogliono cogliere in particolare come maria “accompagnata” da dio in tutta la sua esisten-za, accompagna con sapienza e sollecitudine materna il “pellegrinare”

di tutta l’umanità verso la sua meta finale. L’articolazione è la seguente:

in un primo momento lo sguardo d’insieme si estende a tutta la storia della salvezza e cerca di cogliere la presenza e l’accompagnamento di maria in questo ampio orizzonte. In un secondo momento, l’attenzione

1 maria Ko FmA, docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium”.

è focalizzata su alcune icone bibliche dove la figura di maria – docile discepola accompagnata da dio e saggia maestra e madre che accom-pagna altri a dio – emerge particolarmente luminosa.

1. La macrovisione

1.1. Maria accompagna la realizzazione del disegno salvifico di Dio con il capitolo vIII della Lumen Gentium, che ha inserito maria

«nel mistero di cristo e della chiesa», il concilio vaticano II ha se-gnato una svolta decisiva e irreversibile nella mariologia. Si è infatti convinti che, per approfondire la figura e la missione di maria, occorre partire dalla sua posizione all’interno di tutto il progetto divino rivelato nella storia della salvezza. Questa convinzione ha aperto ampi orizzonti e nuove prospettive nella lettura della Bibbia e il risultato che ne deriva è splendido. contemplando il disegno salvifico di dio rivelato nella Bibbia, non è difficile scorgere come esso misteriosamente converga sulla persona di maria. La Lumen Gentium non esita ad affermare che maria, «per la sua intima partecipazione alla storia della salvezza, riu-nisce per così dire e riverbera i massimi dati della fede».2 Anche Gio-vanni Paolo II, nella sua enciclica mariana presenta maria «come uno

“specchio” in cui si riflettono nel modo più profondo e più limpido “le grandi opere di dio”».3

dalla contemplazione di maria inserita nella storia della salvezza si arriva così a contemplare la storia della salvezza concentrata in maria.

Il mariologo Stefano de Fiores descrive maria quale «microstoria della salvezza», «raccordo, concentrazione e sintesi delle vie storico-salvifi-che»: «Le vie divine infatti passano da lei, che diviene come un incrocio stradale dove è possibile discernere e trovare riuniti i modi di agire di dio nella storia».4

Ad analoghe conclusioni giunge Bruno Forte, dopo lo studio

del-2 ConCiLio eCuMeniCo vatiCano ii, Costituzione dogmatica sulla Chiesa “Lumen Gentium” [LG], 21 novembre 1964, in Enchiridion Vaticanum 1. Documenti ufficiali del Concilio Vaticano II (1962-1965)[Ev], Bologna, dehoniane 1979, n. 65.

3 Giovanni PaoLo ii, Lettera Enciclica “Redemptoris Mater”. La Beata Vergine Maria

3 Giovanni PaoLo ii, Lettera Enciclica “Redemptoris Mater”. La Beata Vergine Maria