Percorsi facilmente riconoscibili come cammini liturgici di accom-pagnamento nella vita cristiana sono l’iniziazione cristiana e l’anno liturgico, ma anche la liturgia delle ore, l’ordinamento delle letture bibliche domenicali e feriali della messa, i vari riti di ordinazione, di professione religiosa o monastica.
come la manifestazione di un segno vivo della fede della chiesa» (BoroBio dionisio [a cura di], La celebrazione nella chiesa, 1. Liturgia e sacramentaria fondamentale, Leu-mann [Torino], Elledici 1993, 444).
12 cf BonaCCorSo Giorgio, Il corpo di Dio. Vita e senso della vita, Assisi, cittadella Ed. 2006, 136-148.
Accennerò brevemente ad alcuni, quasi ad esemplificare un costan-te atcostan-teggiamento ecclesiale di cura e di atcostan-tenzione perché l’esperienza dell’incontro con dio Trinità trovi le condizioni necessarie al suo darsi libero e totale.
Anzitutto l’iniziazione cristiana. Essa è quel cammino che colma la distanza tra chi inizia ad aprirsi al mistero della salvezza e l’evento di morte\risurrezione di cristo, tra l’iniziando e la comunità con la quale è possibile condividere la stessa fede. A questo candidato è chiesto di superare un confine, una soglia che separa il vecchio dal nuovo e di farlo gradualmente, per gradi e passaggi.13 In questo cammino, la co-munità, attraverso azioni rituali che esprimono una vita di cambiamen-to, accompagna questo processo essendo lei stessa chiamata in causa,
‘provocata’ nella sua radicalità evangelica.14
come testimonia l’intera storia della salvezza, la durata temporale può essere più o meno favorevole; spesso il cammino subisce ritardi o accelerazioni, può essere spazio utile per la crescita o teatro vuoto di senso, ingombro solo di ipocrite scene.
L’iniziazione cristiana e gli altri percorsi formativi esigono che il tempo rituale, proprio perché simbolico, sia fatto di interruzioni, di stacchi, di passaggi che aprono alla novità di cristo: ecco perché i riti come l’ammissione al catecumenato, le consegne, gli esorcismi, l’elezio-ne, gli scrutini sono intervallati da periodi più o meno lunghi di ascolto e di esperienza di vita cristiana. La chiesa è accanto al candidato e pro-tagonista di questo processo perché ‘essere iniziati a cristo’ significhi nell’agire concreto rituale e della vita ‘iniziare ad esserlo’.15
L’accompagnamento ecclesiale non si allenta con la celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana. La terza nota della cEI sull’inizia-zione cristiana indica itinerari che scandiscono una vera progressione nell’esperienza liturgica ed hanno come mèta la piena partecipazione eucaristica del tempo della mistagogia, che si esprime soprattutto nel giorno del Signore, nella continua conversione e nella testimonianza agapica.16
13 cf Conferenza ePiSCoPaLe itaLiana [Cei], Rito dell’Iniziazione cristiana degli Adulti, città del vaticano, Libreria Editrice vaticana 1978.
14 cf cEI - ConSiGLio ePiSCoPaLe PerManente, L’iniziazione cristiana 3 Nota. Itine-rari per il risveglio della fede e il completamento dell’iniziazione cristiana (2003) n. 30.
15 cf BonaCCorSo Giorgio, Celebrare la salvezza. Lineamenti di liturgia, Padova, Ed. messaggero 1996, 115-128.
16 cf cEI, L’iniziazione cristiana 3 Nota n. 38.
È importante non forzare il tempo, ma adattarlo alle possibilità di crescita di ogni persona, perché sia garantita l’appropriazione dei valo-ri, l’acquisizione degli atteggiamenti e la maturazione delle scelte.17 In questo, le possibilità che la liturgia offre sono infinite. Occorre saperle cogliere e sfruttare opportunamente.
L’anno liturgico è un altro itinerario di accompagnamento sacramen-tale della chiesa che ha per componente costitutiva il tempo. Nell’arco di un anno determina un percorso celebrativo per un crescente inseri-mento nel mistero di cristo e guida ad atteggiamenti e comportamenti coerenti con la vita cristiana.
Si tratta di un cammino che ruota concentricamente attorno ad un evento cardine, la Pasqua. dall’attesa dei secoli, all’irruzione della Pa-rola fatta carne, alla sua manifestazione, al suo rifiuto da parte dell’uo-mo, alla sua consegna, morte e risurrezione e dono dello Spirito, il cre-dente è guidato dalla chiesa ad entrare, sempre più come cristiano, membro del corpo di cristo, nella storia per fecondarla e trasformarla in tempo di salvezza per tutti.
Nello scandire settimanale del giorno del Signore, l’agire liturgico della chiesa ritma la vita del cristiano e nella misura in cui incontra la sua docilità allo Spirito creatore, plasma, dà forma all’immagine di cristo impressa in lui dal battesimo. Più l’identità cristiana si fa consa-pevole e matura, più il credente è in grado di prendere parte al dialogo ecclesiale tra i vari membri. Questo dialogo iniziato nei riti catecume-nali e fatto vita nella comunità, è ripresentato al dio Trinità, anzi è fatto in risposta a colui dal quale siamo anticipati, siamo preceduti. È anzitutto rendimento di grazie eucaristico, il grazie più grande che la chiesa accompagna a ripetere, ma è anche lode quotidiana e interces-sione lungo le ore del giorno, lungo la settimana, i mesi e gli anni, nella liturgia delle ore.
un dialogo nuovo perché è la voce del cristo e del suo Spirito, ma anche un ripetere, un ritornare continuo che connota tutta la liturgia e che la giustifica come azione rituale. Anche per questo accompagna.
Tra le altre strutture rituali, l’Ordinamento delle letture bibliche può essere letto come una di quelle più utili ad accompagnare il cammino di fede di una comunità che celebra settimanalmente o quotidianamente l’eucaristia o la liturgia delle ore.
17 cf ivi n. 40.
Il succedersi dei brani biblici vetero e neotestamentari proclamati nell’assemblea domenicale lungo i tre cicli A,B,c, e feriale nei due ci-cli proposti dalla riforma liturgica a partire dall’Avvento del 1969, ha avuto lo scopo di preparare «per i fedeli con maggior abbondanza la mensa della parola di dio» perché venissero «aperti più largamente i tesori della Bibbia e, in un determinato numero di anni fossero lette al popolo le parti più importanti della sacra Scrittura».18
ma in queste proposte di letture bibliche la chiesa non intende sem-plicemente offrire una conoscenza della storia della salvezza, raggiun-gibile anche attraverso l’assidua lectio divina del testo sacro. La procla-mazione della parola di dio durante la celebrazione cristiana ha una sua storia e una sua teologia che la rende un unicum,19 e che le consente di offrire una ermeneutica liturgica differente da quella del teologo bi-blista o del catecheta, in altri contesti non celebrativi, ossia di studio o di annuncio. mentre domenica dopo domenica, o giorno dopo giorno si ascolta “dio stesso che parla” mentre sono proclamati gli eventi della salvezza per bocca di un lettore, la chiesa accompagna il progressivo entrare dei fedeli nel mistero di cristo e chiede che si creda all’«og-gi» attualizzante di quanto è proclamato.20 Il compito del pastore o dell’omileta dovrebbe essere proprio questo: far cogliere che la «mutua appartenenza tra popolo e Sacra Scrittura è celebrata nell’assemblea liturgica, che è il luogo in cui avviene l’opera di ricezione della Bibbia.
Il discorso di Gesù nella Sinagoga di Nazaret (cf Lc 4,16-21) è signifi-cativo a questo proposito. Quello che avviene là, avviene anche ogni volta che vi è una proclamazione della Parola di dio in una liturgia».21
Il progressivo ingresso nel mistero celebrato che la chiesa accompa-gna a fare è facilitato dal fatto che i testi ascoltati sono ricontestualizzati
18 SC n. 51. ConGreGazione PeriL CuLto divino, decreto Prot. cd 240\81, in Introduzione al Lezionario Domenicale e festivo, milano, Ed. OR 1984, 7-8.
19 cf de zan Renato, Leggere la Bibbia nella liturgia, in Rivista Liturgica 88(2001)6, 869-880. cf anche SinododeiveSCovi. Xii aSSeMBLeaGeneraLe, La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa. Instrumentum laboris, città del vaticano, Libreria Editrice vaticana 2008, nn. 36.39-40.
20 «La stessa celebrazione liturgica, che poggia fondamentalmente sulla parola di dio e da essa prende forza, diventa un nuovo evento e arricchisce la parola stessa di una nuova efficace interpretazione. così la chiesa segue fedelmente nella liturgia quel modo di leggere e di interpretare le sacre Scritture, a cui ricorse cristo stesso, che a partire dall’“oggi” del suo evento esorta a scrutare tutte le Scritture” (ConGreGazionePeriL CuLtodivino, Introduzione al Lezionario n. 3).
21 SinododeiveSCovi, La Parola n. 34.
dalla scelta che la riforma liturgica ha realizzato. Essi infatti sono collo-cati in un nuovo contesto letterario-teologico, formato da altre pericopi dell’Antico e Nuovo testamento e dai testi eucologici (le varie orazioni, prefazi, monizioni, ecc.) e in un contesto pragmatico, che il rito orga-nizza con i suoi diversi linguaggi, diverso da quello che il testo ha se lo si considera dentro alla Bibbia. Il cambio di contesto modifica il rap-porto tematico di un testo, lo arricchisce, lo dinamizza. Se si conside-rano le nuove collette del messale in lingua nazionale, che sottolineano l’unità tematica delle tre letture domenicali, si può comprendere con quanta cura la chiesa guidi il popolo di dio dentro al mistero di cristo lungo il ritmo dell’anno liturgico.
È una guida attenta, solerte, discreta, generosa da parte della chie-sa e particolarmente ricca nella stagione postconciliare. confrontata anche solo quantitativamente con quella preconciliare, l’Antico Testa-mento è proclamato 14 volte in più e il Nuovo TestaTesta-mento sta al 71%
in più rispetto al 17% del messale di Pio v.22
Il proclamare il testo, poi, permette alla pagina scritta di farsi voce, suono. Le dà corpo perché entri in reciprocità con altri corpi, le dà so-norità, non perché rimandi ma perché congiunga colui che ascolta con l’In-udibile che pur si rivela.
A tutto questo deve condurre un’efficace proclamazione della Paro-la e una opportuna mistagogia capace davvero di introdurre nel mistero perché sia gustato e desiderato ancora.
La liturgia accompagna l’ascolto e lo rende accogliente lungo tutto il processo che non si limita a recepire suoni con significato. Proprio perché colloca un testo proclamato in un contesto celebrativo, permet-te di vedere ciò che ha udito, di gustare, toccare, percepire una realtà che coinvolge e rende partecipi.23
Questo processo, però, non è automatico e scontato: il libero com-portamento umano può compromettere la base stessa che lo distin-gue da altri comportamenti non umani, il simbolismo e la ritualità. Lo stesso Ordinamento delle letture nella sua ciclicità ogni due o tre anni lascia intuire che la ripetizione cosciente fa accedere gradualmente al
22 cf taGLiaferri Roberto, La tazza rotta. Il rito: risorsa dimenticata dell’umanità, Padova, Ed messaggero 2009, 393.
23 cf BonaCCorSo Giorgio, La consistenza rituale della parola, in Id., Il dono efficace.
Rito e sacramento, Assisi, cittadella Ed., 2010, 149-161; Id., I colori dello spirito. Prova, speranza, preghiera, Assisi, cittadella Ed., 2009, 84-87.
complesso rituale che dà forma, che plasma quelle attitudini capaci di predisporre all’ascolto del Silenzio.