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La gestione totale aeroportuale come servizio pubblico nell’ordinamento

nell’ordinamento nazionale.

(246) Cons. St., sez. VI, 30 dicembre 2005, n. 7616. Cfr. anche T.A.R., Latina, Lazio, 5 maggio 2006,

n. 310.

(247) SPASIANO M.R., L’evidenza pubblica possibile regola del libero mercato: soluzione di una dicotomia, in

Sandulli M.A. (a cura di), Organismi e imprese pubbliche, Quaderni della Rivista servizi pubblici e appalti, Milano, Giuffrè, 2004, p. 141.

Il tema che ci si accinge a trattare è particolarmente complesso e passibile di diverse interpretazioni a causa dell’assenza di una definizione di servizio pubblico nell’ordinamento nazionale (248). Senza pretese di esaustività si cercherà di affrontare il tema con specifico riferimento alla gestione aeroportuale (249), quale attività caratterizzata

da elementi di monopolio naturale, accanto alla quale si collocano una serie di attività di impresa liberalizzate per effetto dell’intervento del legislatore comunitario.

Come noto la nozione di servizio pubblico ha subito un processo evolutivo che è proceduto di pari passo con il riconoscimento dell’iniziativa economica privata nella conduzione di attività economiche di interesse pubblico, che ha segnato un definitivo passaggio da una nozione soggettiva ad una oggettiva.

Pur non volendosi soffermare sulla prima nozione, quella c.d. soggettiva, ormai superata e soggetta ad ampie critiche, è tuttavia senz’altro necessario dar conto della riconduzione ad essa della gestione aeroportuale dei primi aerodromi.

Si ricorda che prima degli anni ‘60, in assenza di interventi statali, gli enti locali avevano assunto di propria iniziativa, in via amministrativa, e considerato come propria, il compito della costruzione e gestione degli aeroporti per rispondere ad esigenze di trasporto delle comunità locali (250). Si trattava, come si è già avuto modo di vedere, di

una attività vista come fattore di prestigio locale, a fronte della quale gli enti locali disponevano di una serie di poteri, quali quelli di iniziativa (atto di assunzione e di cessazione dell’attività), di organizzazione e di determinazione delle modalità di erogazione del servizio, a cui si aggiungevano poteri di indirizzo e controllo laddove la gestione fosse affidata a soggetti pubblici costituiti nella forma di consorzi, società per

(248) Nell’ampia dottrina che si è imbattuta sulla nozione di servizio pubblico, si vedano, senza

pretesa di esaustività, i seguenti contributi: POTOTSCHNIG U., I pubblici servizi, Padova, Cedam, 1964; CIRIELLO P., Servizi pubblici (voce), in Enciclopedia giuridica, 1995; MAMELI B., Servizio pubblico e concessione, Milano, Giuffrè, 1998; DE LUCIA L., La regolazione amministrativa dei servizi di pubblica utilità, Giappichelli, Torino, 2002; CORRADINO M., Diritto Amministrativo, Padova, Cedam, 2009.

(249) Dottrina e giurisprudenza qualificano la gestione aeroportuale come servizio pubblico. In

dottrina, RIGUZZI M., L’impresa aeroportuale, Padova, Cedam, 1984, p. 28 ss.; LEFEBVRE D’OVIDIO A., PESCATORE G., TULLIO L., Manuale di diritto della navigazione, Milano, Giuffrè, 2008, p. 157. In giurisprudenza, v. Cass. civ., sez. un., 20 maggio 2003, n. 7944; T.A.R., Brescia, Lombardia, 13 aprile 2005, n. 317; T.A.R., Roma, Lazio, sez. III, 6 novembre 2009, n. 10891.

(250) Secondo la nozione soggettiva, la fattispecie del servizio pubblico consta di due elementi: la

titolarità pubblica dell’attività e la sua funzione di cura di interessi pubblici. Per titolarità pubblica si intende la volontà espressa dell’ente pubblico di assumere tra i propri fini istituzionali il servizio, il quale risulta essere così attuazione della volontà dell’ente. In altre parole, il soggetto pubblico individua e fa proprie le finalità da conseguire con il servizio e soprattutto assume le responsabilità dell’organizzazione del servizio. La teoria soggettiva non disconosce ai privati la possibilità di gestire ed erogare il servizio pubblico. Anzi, ne consente lo svolgimento tramite lo strumento concessorio a fronte del mantenimento in capo al soggetto pubblico della titolarità del servizio.

azioni, enti pubblici economici e camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura.

Questo modello organizzativo è stato successivamente abbandonato, poiché non più consono alla realtà economica e sociale.

Infatti, se in precedenza il soggetto pubblico titolare del servizio doveva considerarsi direttamente responsabile degli obblighi connessi al servizio pubblico, oggi ciò non è più sostenibile.

Per effetto degli orientamenti comunitari si assiste ad una scissione tra la titolarità del servizio, ancora in capo all’ente pubblico, e la gestione del servizio riservato (ora nazionale), da svolgersi in forma imprenditoriale ad opera di soggetti privati. Il soggetto pubblico pertanto non è più responsabile delle obbligazioni assunte dall’erogatore ma unicamente dell’organizzazione complessiva dell’attività.

I poteri del soggetto pubblico risultano allentati e viene messa in risalto l’impostazione imprenditoriale dell’attività che, come detto più volte, determina il passaggio da una concezione statica dell’aeroporto a una dinamica, con ciò segnando il definitivo superamento della nozione soggettiva di servizio pubblico.

Ciò tuttavia non significa che il soggetto pubblico sia completamente avulso dal servizio pubblico. Occorre porre a mente i notevoli poteri attribuiti all’E.N.A.C. (che agisce per conto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) sull’ente di gestione, qualora questo non adempia ai propri compiti. È possibile dire che il soggetto pubblico conserva una responsabilità che non è più connessa all’erogazione del servizio, bensì al servizio complessivamente considerato, in ordine al conseguimento degli obiettivi sottesi all’attività di rilevanza pubblica.

Occorre tuttavia procedere con ordine al fine di accertare l’esistenza dei presupposti che legittimano la qualificazione della gestione aeroportuale quale servizio pubblico.

Si è già detto che l’aeroporto si configura come un monopolio naturale quale risorsa non duplicabile, quantomeno secondo canoni di redditività. In un mercato nel quale la concorrenza tra operatori non può pertanto dispiegarsi, il legislatore è ricorso alla riserva di attività a favore dell’ente pubblico (Stato), che per tale ragione dispone di “speciali” poteri e responsabilità relativamente al servizio.

Lo Stato, per effetto della riserva, opera la gestione diretta del servizio, o sempre più spesso, per ragioni finanziarie ed organizzative, ricorre alla gestione indiretta dello stesso, affidandone l’esercizio a imprenditori privati.

Trattasi di un modello di gestione che trova il proprio fondamento giuridico nell’art. 43 Cost., il quale prevede che le attività imprenditoriali, connotate per una rilevante inerenza con interessi collettivi ovvero con diritti costituzionalmente garantiti (di preminente interesse generale), possano essere riservate all’ente pubblico. La riserva consente di esercitare le attività in modo conforme all’utilità generale (interesse pubblico).

Di conseguenza, è possibile ed è legittimo ricorrere all’art. 43 Cost. allorquando la libertà di impresa e il regime di concorrenza non siano in grado di raggiungere i medesimi risultati. Detto diversamente, la concorrenza e la libera intrapresa privata e pubblica (nelle forme dell’attività economica privata) costituiscono la regola fintanto che sono in grado di perseguire gli obiettivi di interesse generale, eventualmente ricorrendo anche al disposto di cui all’art. 41, c. 3 della Cost., cioè a “programmi e controlli”, ed ammette l’eccezione solo quando non sia capace di assolvere a detta finalità, giustificando in tal caso la riserva dell’attività al soggetto pubblico.

Questa interpretazione è, del resto, perfettamente in linea con le norme del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea in tema di servizi pubblici (i.e. servizi di interesse economico generale) e in particolare con l’art. 106, c. 2, il quale ammette limiti alla concorrenza per quanto indispensabile all’adempimento della missione di interesse generale e purché lo sviluppo degli scambi all’interno dell’Unione non risulti compromesso.

In presenza di servizi riservati, l’intervento dell’amministrazione sull’attività di impresa è più pregnante di quello che si può registrare in analoghi servizi aperti alla concorrenza, ed è sempre finalizzato a salvaguardare determinati interessi pubblici.

Prima di passare quindi ad analizzare la modalità in cui detto intervento pubblico si esplica, occorre spendere qualche ulteriore considerazione sull’interesse pubblico sotteso alla attività economica della gestione aeroportuale.

Il servizio pubblico (o di pubblica utilità, per utilizzare l’espressione di cui alla l. n. 481/1995 (251)) si concreta in una serie di attività strumentali al godimento dei diritti e delle libertà dei cittadini (art. 3, c. 2, Cost.). In tale nozione è da ricomprendere anche la gestione aeroportuale nella misura in cui trattasi di un complesso di attività e servizi indispensabili per approntare quell’organizzazione minima necessaria all’accesso dei passeggeri e degli operatori all’infrastruttura aeroportuale e per l’espletamento, in regime di sicurezza, del servizio di trasporto aereo, il quale a sua volta rende possibile ed

(251) Recante “Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione

effettivo il diritto alla mobilità del cittadino, o meglio, la libertà di circolazione (art. 16 Cost.).

La norma costituzionale prevede garanzie a favore dei soggetti dell’ordinamento nei confronti degli apparati dello Stato, ma, dall’altro, presuppone l’esistenza di una organizzazione o più organizzazioni che provvedono a garantirne l’effettivo espletamento. In detta disposizione, con tutta evidenza, vengono coinvolti i mezzi di trasporto e le infrastrutture che ne consentono il funzionamento.

Con ciò non si intende dire che la libertà di circolazione, di cui al testo costituzionale, si estende anche ai mezzi, quanto piuttosto che le attività presupposte dall’esercizio dei diritti e delle libertà di circolazione rientrano nell’ambito di efficacia delle norme costituzionali (art. 43) e comunitarie e cioè costituiscono servizio pubblico (252). Per tale ragione sorge l’interesse dello Stato all’organizzazione della gestione

aeroportuale, definendone obiettivi e livelli di servizio e attribuendone la gestione ad un soggetto che agisce secondo logiche di mercato.

È bene evidenziare, comunque, che l’utente dell’aeroporto non è rappresentato unicamente da passeggeri-cittadini bensì anche da imprese (vettori aerei, operatori commerciali) in capo alle quali sorge un diritto di libertà e un diritto alla prestazione, nei confronti del gestore (e non più, secondo la teoria soggettiva, nei confronti dell’amministrazione).

Non deve tuttavia destare perplessità il fatto che la domanda del servizio non provenga da una utenza “tradizionale” soprattutto se si considera che, a seguito del processo di liberalizzazione, l’industria aeroportuale prima verticalmente integrata in capo al monopolista, è stata scomposta in diversi mercati, nei quali non sempre agiscono i consumatori, come del resto è accaduto nella rete nazionale di trasmissione dell’energia elettrica o nella rete ferroviaria.

(252) La dottrina prevalente e la giurisprudenza della Corte Costituzionale escludono che la garanzia

costituzionale di cui all’art. 16 presupponga il diritto (strumentale) al libero uso dei mezzi (vie di comunicazioni, mezzi di trasporto, ecc.) tramite i quali la circolazione si effettua, cfr. D’ALESSIO R., Commento all’art. 16 Cost., in Crisafulli V., Paladin L., Commentario breve alla Costituzione, Padova, Cedam, 1990, p. 100. Di diverso avviso RINALDI BACCELLI G., La mobilità come diritto fondamentale della persona, in Aa.Vv., Continuità territoriale e servizi di trasporto aereo. Atti del convegno, Sassari - Alghero, 15 e 16 ottobre 1999, Torino, Giappichelli, 2002, p. 27 ss., il quale osserva che «L’estensione dell’ambito di applicazione dell’art. 16 della Costituzione dal divieto di frapporre ostacoli alla libertà di circolazione alla disponibilità dei mezzi per poter circolare comporta (…) uno sforzo di carattere interpretativo che potrebbe essere agevolmente superato mediante il richiamo all’art. 2 Cost. che tutela direttamente i diritti inviolabili della persona, in questo caso la dimensione spaziale della persona stessa. (…) L’art. 2 deve, infatti, considerarsi una norma aperta nel senso di estendere la tutela ivi prevista alla persona stessa in relazione allo sviluppo economico e sociale della società. Non può dubitarsi che tale progresso investa, non soltanto dal punto di vista economico ma anche intellettuale e culturale, il diritto alla disponibilità dei mezzi di trasporto».

6. L’influenza dello Stato sulla gestione aeroportuale quale servizio di