7. La regolazione della gestione aeroportuale e gli obblighi di servizio pubblico
7.3. La regolazione tariffaria: price cap e contendibilità del mercato
La principale funzione e attività commerciale degli aeroporti consiste nell’assicurare il compimento di tutte le operazioni relative agli aeromobili dal momento dell’atterraggio al momento del decollo, ai passeggeri e alle merci, in modo da consentire ai vettori aerei di fornire servizi di trasporto aereo. A tal fine, gli aeroporti mettono a disposizione una serie di infrastrutture e di servizi connessi all’esercizio degli aeromobili e alle operazioni relative ai passeggeri e alle merci, che richiedono ovviamente periodici investimenti per mantenere costanti gli standard di servizio, conformemente all’aumento del traffico.
Il codice della navigazione prevede che l’affidamento della gestione totale sia subordinato alla presentazione di un piano degli investimenti, la cui attendibilità si fonda, chiaramente, sulla prevedibile disponibilità delle risorse necessarie, derivanti da ricavi aviation e non aviation.
A tal proposito, occorre mettere in evidenza che tra gli obblighi di servizio pubblico rientra anche la previsione di una determinata modalità di determinazione dei
(277) I servizi “essenziali” sono servizi aeroportuali per i quali viene definito un livello di qualità
minimo che dovrà essere assicurato da parte di ogni operatore aeroportuale (gestore, vettore in autoproduzione, handlers) al fine di garantire la generale ottimizzazione delle risorse dello scalo.
corrispettivi. La regolazione di tale profilo trova fondamento nella posizione dominante ricoperta dal gestore sul mercato della infrastruttura aeroportuale.
La normativa nazionale pone così l’accento sulla tipologia di rete, da qualificarsi come one-way ( 278 ), e sulla posizione del gestore aeroportuale quale operatore
verticalmente integrato, che opera sia come proprietario della rete che come fornitore di servizi liberalizzati, e sul suo interesse ad escludere i nuovi entranti dall’uso delle infrastrutture da esso controllate, in questo modo precludendo loro di entrare nel mercato dei servizi finali.
In questo caso la regolazione ha l’obiettivo di prevenire quel particolare comportamento abusivo dell’incumbent consistente nella esclusione dei concorrenti tramite l’applicazione di prezzi predatori nel mercato a valle consentiti da sussidi incrociati fra servizi concorrenziali e non concorrenziali e prezzi eccessivi di accesso alla infrastruttura essenziale. La regolazione potrà operare sia mediante un controllo delle tariffe (finali ed intermedie) che ricorrendo ad altre misure, ad esempio ad obblighi di unbundling contabile, quale separazione minima delle attività fornite in monopolio e quelle fornite in concorrenza.
In alternativa alla fissazione di regole ex ante di tipo tariffario, è possibile ricorrere ad interventi sanzionatori ex post mediante l’applicazione della disciplina sulla tutela della concorrenza. Infatti, la vendita sottocosto di un servizio rappresenta una pratica anticoncorrenziale che può essere qualificata in termini di prezzo predatorio o di estensione della posizione dominante detenuta sul mercato dell’infrastruttura su un mercato contiguo aperto alla concorrenza (es. il mercato dei servizi di assistenza a terra). È possibile osservare a questo proposito che la scelta per un approccio regolatorio pare preferibile nelle prime fasi di sviluppo del mercato, quando il numero dei concorrenti è ancora esiguo e i servizi offerti non presentano un elevato grado di differenziazione e pertanto rendono più semplice la fissazione dei prezzi da parte del regolatore (279).
Nei confronti del gestore aeroportuale, il legislatore pare aver fatto ricorso ad entrambi gli approcci, rispettivamente basati sulla regolazione e sulla normativa antitrust, laddove (come si avrà modo di vedere) per i servizi di assistenza a terra forniti in un
(278) La dottrina economica si riferisce all’accesso ad una rete one-way per indicare l’accesso ad una
particolare rete da parte di operatori che non possiedono reti proprie. Questa modalità di accesso di verifica nel caso in cui una impresa A ha il monopolio di un input (rete) che risulta indispensabile ad altre imprese per vendere un proprio servizio ai consumatori. A possiede dunque una essential facility e vende l’accesso alla propria rete ad altre imprese (B e C), inoltre lo fornisce anche a se stessa perché è anch’essa venditrice del servizio agli utenti.
(279) Cfr. MARZI G.,PROSPERETTI L.,PUTZU E., La regolazione dei servizi infrastrutturali, Bologna, Il
regime concorrenziale, non prevede un determinato regime tariffario, diversamente dal caso in cui essi siano di fatto o di diritto svolti in regime di monopolio, e ripone il controllo del potere di mercato dell’incumbent sull’obbligo di separazione contabile e sulla disciplina in materia di abuso di posizione dominante.
Più in generale, comunque, la regolazione tariffaria nel settore aeroportuale rileva anche quando il concessionario gestisce unicamente l’infrastruttura, non essendo presente nei mercati a valle. In tal caso, se infatti, non vi è alcun interesse dal gestore ad escludere concorrenti dal mercato, i quali alimentano i ricavi per l’uso dell’infrastruttura, potrebbe piuttosto commettere abusi di sfruttamento, nella forma di prezzi ingiustificatamente gravosi o applicando ad utenti prezzi dissimili per prestazioni equivalenti.
È possibile quindi vedere come il tema della determinazione dei corrispettivi consente di comprendere a fondo anche le finalità sociali sottese alla regolazione poiché questa opera una mediazione tra interessi contrapposti: da un lato, l’accessibilità economica del servizio per gli utenti e, dall’altro, le esigenze di economicità della gestione delle imprese (280).
Pertanto la determinazione esogena dei corrispettivi del monopolista (281), evita allo
stesso di applicare prezzi superiori al costo marginale, cioè ad un prezzo di monopolio, e consente di perseguire anche l’altro importante obiettivo rappresentato dall’efficienza dell’operatore.
La l. n. 248 del 2005 ha disposto che la misura dei diritti aeroportuali (cioè dei diritti di approdo, di partenza, di sosta o di ricovero per gli aeromobili e delle tasse di imbarco passeggeri), della tassa di imbarco e sbarco sulle merci trasportate per via aerea, dei corrispettivi per i servizi di sicurezza, è determinata per i singoli aeroporti, sulla base dei criteri stabiliti dal C.I.P.E., con decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (282). Tuttavia, sono sottoposti a
(280) Sulla regolazione tariffaria v. TRAVI A., La (diretta o indiretta) regolazione dei prezzi: presupposti e limiti
di ammissibilità nei mercati liberalizzati. Stimoli all’efficienza e principio di aderenza ai costi, in Bruti Liberati E., Donati F., (a cura di), La regolamentazione dei servizi di interesse economico generale, Torino, Giappichelli, 2010, p. 177 ss.; OGUS A., La regolazione dei servizi privatizzati, in Ferrrari E., I servizi a rete in Europa, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2000, p. 19 ss.
(281) La regolazione tariffaria di ciascun aeroporto è contenuta nel contratto di programma stipulato
tra E.N.A.C. e concessionario. Tale atto deve essere approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere del C.I.P.E.
(282) In applicazione di tale disposizione, il C.I.P.E. quale organo delegato alla definizione di linee
guida e principi comuni per le amministrazioni che esercitano funzioni in materia di regolazione dei servizi di pubblica utilità, ha adottato la “Direttiva in materia di regolazione tariffaria dei servizi aeroportuali offerti in regime di esclusiva” (Delibera n. 38 del 2007, in G.U.C.E. n. 221 del 22 settembre 2007, come modificata dalla Delibera 51/2008) al fine di procedere a un organico riordino della materia relativa ai meccanismi di determinazione dei diritti aeroportuali per i servizi resi in esclusiva. In ossequio a tale
regolazione tariffaria anche i corrispettivi per l’uso di infrastrutture centralizzate, dei beni di uso comune e dei beni di uso esclusivo nonchè i corrispettivi per le attività di assistenza a terra, quando queste siano svolte, di diritto o di fatto, da un unico prestatore.
Per tali servizi e per quelli non regolamentati si richiede al gestore di tenere una contabilità analitica idonea a ricostruire i costi e i ricavi di competenza di ciascun servizio, al fine di procedere poi ad un corretto calcolo della tariffa riconosciuta per la copertura dei costi, seguendo un modello di regolazione tariffaria del tipo price-cap o tetto massimo di aumento, differenziata per i singoli aeroporti. Trattasi di una regolazione tariffaria di tipo incentivante nella quale il controllo del regolatore non ha ad oggetto i profitti conseguiti dal monopolista quanto piuttosto i prezzi.
Il calcolo dei prezzi avviene periodicamente e si basa inizialmente sui costi riconosciuti dal regolatore. In particolare ai gestori aeroportuali vengono riconosciuti i costi direttamente e indirettamente imputabili ai servizi oggetto della regolamentazione, che includono un’equa remunerazione del capitale investito netto.
Dopo un primo periodo, i prezzi possono essere aggiornati per una percentuale massima che tiene conto dell’inflazione programmata, dei miglioramenti di produttività assegnati al gestore, del fabbisogno per investimenti, degli obiettivi di qualità e di tutela ambientale.
In questo quadro, una quota non inferiore al 50% del margine conseguito dal gestore aeroportuale per i servizi non soggetti a regolazione economica, cioè quelli commerciali, svolti nel sedime aeroportuale è destinata alla riduzione dei diritti aeroportuali e della tassa di imbarco e sbarco sulle merci trasportate per via aerea. Da ciò consegue una semplice e diretta considerazione, e cioè che, fermo restando l’obbligo del mantenimento degli standard di prestazione attinenti la sicurezza, la qualità ed il livello di servizio da parte del gestore, quanto migliore è, da parte dello stesso, l’utilizzo dei beni demaniali connesso all’erogazione di servizi commerciali, tanto minore sarà il livello dei diritti applicati all’utenza. Da questo deriverà un evidente beneficio, sia per il singolo sistema aeroporto che per l’intero sistema aeroportuale nazionale, in termini di economicità del trasporto aereo, e quindi di fruibilità, nonché di competitività nei confronti degli altri scali comunitari.
Secondo lo schema del price cap, il soggetto regolato dovrebbe poter recuperare i maggiori costi imputabili all’inflazione solo impegnandosi anche in interventi di
delibera l’E.N.A.C. ha elaborato delle linee guida che dopo essere passate al vaglio del N.A.R.S., sono state approvate con decreto interministeriale n. 231 del 17 novembre 2008.
miglioramento dell’efficienza produttiva. Gli incrementi addizionali di produttività si trasformano in minori costi e maggiori profitti per il soggetto regolato.
Il criterio del price cap si espone generalmente a critiche legate allo scarso incentivo fornito ai nuovi investimenti laddove il soggetto regolato è costretto ad operare le sue scelte su un arco temporale di breve periodo, coincidente al più con il periodo regolatorio e ad investire solo in misure capaci di incidere sulla propria efficienza di costo e quindi a svantaggio degli investimenti in nuove infrastrutture e capacità addizionale.
La possibile esposizione a tale critica pare essere stata attentamente considerata dal C.I.P.E. che nella determinazione dei criteri di regolazione, mira alla promozione degli investimenti nel settore aeroportuale, attraverso la definizione di un contesto regolamentare chiaro e stabile nel tempo, o che comunque muti secondo linee prevedibili e trasparenti.
Il sistema regolatorio delineato per il settore aeroportuale oltre a promuovere l’efficienza produttiva, nel senso di incentivare l’impresa a minimizzare i costi come avrebbe dovuto fare in un sistema concorrenziale, mira anche a realizzare una efficienza allocativa, imponendo la convergenza dei prezzi verso i costi ed eliminando gli extra profitti di cui potrebbe godere stante la struttura monopolistica del mercato.
Così la regolazione prende in considerazione gli obiettivi di qualità e di tutela ambientale, laddove inserisce nella formula di determinazione dei corrispettivi un parametro che tiene conto del raggiungimento degli obbiettivi di qualità e di tutela ambientale relativi al servizio, come stabiliti nei contratti di programma.
Il costo della esternalità negativa viene pertanto ad essere internalizzato nella funzione di costo dell’operatore, in modo che il soggetto razionale possa decidere di raggiungere quel livello di produzione ottimale pur valorizzando anche il costo imposto alla collettività.
Inoltre, viene preso in considerazione anche un altro importante tipo di esternalità negativa, la c.d. esternalità di rete, che si ha quando l’utilità della rete diminuisce all’aumentare del numero di utenti che utilizza l’infrastruttura. Il caso tipico in cui ricorre questo tipo di effetto negativo è quello della congestione. In tal caso i corrispettivi e i diritti potranno essere differenziati, secondo criteri oggettivi e non discriminatori in base alla fascia oraria, per fattori stagionali, sulla base dell’intensità di traffico (tariffe di congestione).
Il contesto regolatorio così delineato è ora chiamato ad adeguarsi agli orientamenti espressi a livello comunitario con la Direttiva n. 2009/12/CE del Parlamento e del
Consiglio dell’11 marzo 2009, volta a stabilire principi comuni per la riscossione dei diritti aeroportuali negli aeroporti della Comunità (283), intesi questi come gli importi pagati dagli
utenti dell’aeroporto per l’utilizzo delle infrastrutture e dei servizi che sono forniti esclusivamente dal gestore aeroportuale e che sono connessi all’atterraggio, al decollo, all’illuminazione e al parcheggio degli aeromobili e alle operazioni relative ai passeggeri e alle merci.
La normativa comunitaria, che deve trovare applicazione con riferimento agli aeroporti di dimensioni superiori ad una soglia minima o, in mancanza, all’aeroporto con il maggior traffico passeggeri, prevede che i diritti aeroportuali siano determinati dal gestore aeroportuale, secondo criteri non discriminatori. Corollario di tale principio è l’istituzione di una procedura obbligatoria di consultazione periodica tra il gestore e gli utenti dell’aeroporto offrendo la possibilità alle parti di rivolgersi in ultima istanza ad una autorità di vigilanza indipendente ogni qualvolta una decisione di modifica dell’ammontare dei diritti aeroportuali o del sistema di tariffazione è contestata dagli utenti.
È richiesto pertanto allo Stato di istituire un’autorità di vigilanza indipendente, che sia autonoma, cioè giuridicamente distinta e funzionalmente indipendente da qualsiasi gestore aeroportuale e vettore aereo. Inoltre lo Stato membro che mantenga la proprietà di aeroporti, di gestori aeroportuali o di vettori aerei o che mantenga la vigilanza di gestori aeroportuali o di vettori aerei garantisce che le funzioni inerenti alla proprietà o alla vigilanza suddetti non siano conferite all’autorità di vigilanza indipendente. Ciò consentirà all’autorità di esercitare i propri poteri in modo imparziale e trasparente.
Il sistema così progettato non può prescindere da un certo grado di trasparenza, che viene soddisfatto con un adeguato scambio di informazioni tra gestore ed utenti. In particolare, mentre il primo deve fornire informazioni sulle modalità e sulla base di calcolo dei diritti aeroportuali, i secondi devono fornire le loro previsioni operative, i loro progetti di sviluppo nonché suggerimenti e richieste. Ciò consentirà, da un lato, ai vettori di essere informati sulle spese sostenute dall’aeroporto e sulla redditività degli investimenti da questo effettuati e, dall’altro, al gestore di valutare con precisione i requisiti che dovranno soddisfare gli investimenti futuri.
È evidente che i principi contenuti nella direttiva non hanno ancora trovato applicazione nel nostro ordinamento. In primo luogo, il ruolo di autorità di vigilanza indipendente non può essere ricoperto dall’E.N.A.C. né dall’amministrazione centrale
(283) Si v. BUSTI S., Profili innovativi comunitari nella disciplina dei diritti aeroportuali, in Diritto dei trasporti,
nazionale a causa della inevitabile commistione di funzioni inerenti la proprietà e la vigilanza. In secondo luogo, poiché le tariffe dei servizi aeroportuali, nel nostro ordinamento sono determinate ministerialmente sulla base dei criteri elaborati dal C.I.P.E., è impossibile che una modifica del sistema o dell’ammontare delle tariffe avvenga ad opera del gestore aeroportuale e conseguentemente anche l’esame da parte dell’Autorità indipendente così designata.
Queste considerazioni rimangono valide anche se la Direttiva fa salva la possibilità per lo Stato membro di non applicare la procedura di istanza all’autorità di vigilanza indipendente in caso di disaccordo sulla modifica dell’ammontare o della struttura dei diritti aeroportuali allorquando: a) esiste una procedura obbligatoria in virtù della normativa nazionale che prevede che i diritti aeroportuali, o il loro ammontare massimo, siano determinati o approvati dall’autorità di vigilanza indipendente; o b) esiste una procedura obbligatoria in virtù della normativa nazionale che prevede che l’autorità di vigilanza indipendente esamini, periodicamente o in risposta a richieste da soggetti interessati, se gli aeroporti sono soggetti o meno ad un’effettiva concorrenza; laddove giustificato sulla base di un tale esame, lo Stato decide che i diritti aeroportuali, o il loro ammontare massimo, siano determinati o approvati dall’autorità di vigilanza indipendente (come avviene nel settore delle comunicazioni elettroniche) (284).
Nonostante questo, la direttiva assume un particolare interesse laddove introduce un meccanismo di determinazione delle tariffe concordato tra gestore e utente, cioè tendenzialmente consensuale (285).
Questa procedura presuppone un certo equilibrio nel potere di mercato delle due parti che discende da condizioni di concorrenza fra aeroporti. Questo assunto deriva dalla crescente concorrenza tra aeroporti prodotta dal processo di liberalizzazione del servizio di trasporto aereo.
Perciò la Direttiva comunitaria pare basarsi su una nozione estesa di contendibilità del mercato, nella quale la minaccia di concorrenza, cioè di entrata di nuovi concorrenti, dovrebbe spingerebbe il fornitore del servizio alla determinazione di un prezzo efficiente.
(284) Possono essere regolati esclusivamente quei mercati delle comunicazioni elettroniche che
superano un triplo test: i) elevate e non transitorie barriere all’entrata; ii) assenza di sviluppo della concorrenza nel medio periodo; iii) insufficienza del diritto della concorrenza a risolvere i fallimenti del mercato (in assenza di regolazione ex ante). Debbono essere soddisfatti congiuntamente tutti e tre i requisiti per giustificare la regolazione ex ante.
(285) Ciò emerge allorquando viene richiesto che le modifiche al sistema o all’ammontare dei diritti
aeroportuali siano effettuate con “il consenso” del gestore aeroportuale da un lato e degli utenti dell’aeroporto dall’altro e ancor più laddove si legge «Il gestore aeroportuale motiva la propria decisione in relazione alle posizioni espresse dagli utenti, nell’ipotesi in cui sulle modifiche proposte non sia intervenuto alcun accordo tra il gestore aeroportuale e gli utenti» (art. 6, par. 2, Direttiva).
Ciò renderebbe superflua la regolazione, poiché il monopolista non abuserà del suo potere di mercato. Nel caso aeroportuale i nuovi entranti non sono rappresentati da nuovi aeroporti, ma dalla crescente sostituibilità tra quelli già esistenti, per effetto della liberalizzazione del servizio di trasporto aereo (v. amplius cap. IV).
La presa d’atto dell’esistenza di un certo grado di concorrenzialità tra scali potrebbe modificare l’attuale assetto regolamentale attraverso regole tariffarie incentivanti (price cap) unite a forme di concorrenza comparata volta a far convergere i comportamenti di ogni gestore su quelli del gestore più efficiente (yardstick competition o concorrenza di parametri). Quest’ultimo metodo può infatti trovare applicazione in considerazione del fatto che il potere di monopolio della società di gestione non è esercitato a livello nazionale e che nel nostro territorio gli aeroporti presentano dimensioni simili anche sotto un profilo gestionale. Tuttavia, nell’operazione di confronto bisogna fare molta attenzione poiché le condizioni di costo potrebbero variare in modo significativo da regione a regione.
CAPITOLO III
La gestione aeroportuale a seguito della liberalizzazione nella prestazione dei servizi aeroportuali ed aerei.
1.
Premessa
. Alcune considerazioni sulla liberalizzazione del servizio di trasporto aereo.L’interesse degli organi comunitari per il servizio di trasporto aereo è relativamente recente, infatti, il Trattato di Roma non si occupava in modo specifico di questo settore.
L’art. 84 (oggi art. 80) del Trattato, par. 1, prevede espressamente che il Titolo IV (oggi VI) rubricato “Trasporti”, trovi applicazione esclusivamente ai trasporti ferroviari, su strada e per vie navigabili, mentre il par. 2 rimette al Consiglio, con deliberazione a maggioranza qualificata, il potere di decidere «se, in quale misura e con quale procedura potranno essere prese opportune disposizioni per la navigazione marittima e aerea». In assenza di tali fonti, il trasporto aereo rimaneva, pertanto, privo di disciplina a livello comunitario.
In tale contesto, gli interventi della Corte di Giustizia nella materia dei trasporti aerei furono volti a chiarire che essa non era comunque sottratta ai principi generali del Trattato, in particolare a quelli in materia di concorrenza e di libera circolazione delle merci, persone, capitali e servizi tra gli Stati membri.
Fino alla prima metà degli anni ottanta la disciplina del traffico aereo è stata dunque essenzialmente rimessa alla sovranità degli Stati membri, che subiva parziali limitazioni soltanto in riferimento a taluni profili di specifica competenza di apposite organizzazioni internazionali (IATA, ICAO) (286), mentre restava libera di definire le
modalità di svolgimento dei servizi attraverso norme interne o accordi bilaterali con gli altri Stati.
Nella seconda metà degli anni ottanta, la progressiva affermazione dei principi di concorrenza e di libera prestazione dei servizi all’interno della Comunità e l’accento posto dal Trattato sul ruolo spettante ai fini del raggiungimento di questi obiettivi alla politica comune dei trasporti, hanno indotto gli organi comunitari ad intervenire gradualmente nel settore, promuovendo una politica comune dei trasporti aerei. I primi interventi si devono, comunque, alla Corte di Giustizia, che dopo aver affermato