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La gestione totale per legge speciale

3. La competenza legislativa in materia aeroportuale Principi sottesi alla luce della

1.2. Il mutamento delle esigenze organizzative e nascita dell’impresa aeroportuale

1.2.1. La gestione totale per legge speciale

Verso gli anni ‘60, lo Stato procedette all’affidamento della gestione totale tramite una serie di leggi speciali (100) (in deroga alla riserva implicita) a soggetti pubblici, costituiti

nella forma di consorzi, società per azioni, enti pubblici economici nonché a camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

Spesso tale concessione è venuta a sanare situazioni pregresse nelle quali gli enti locali, in carenza di interventi statali, avevano assunto di propria iniziativa il compito della costruzione e gestione di aeroporti per rispondere alle esigenze di trasporto della comunità locale; gli aeroporti venivano visti più come un fattore di prestigio locale e la loro proliferazione è avvenuta nell’assenza di una programmazione unitaria nazionale di coordinamento dei vari interventi.

In altri casi, la concessione è stato l’atto promotore della gestione e realizzazione degli aeroporti, configurandosi come una concessione di costruzione e gestione. Del resto lo Stato trovava conveniente il ricorso a questo modulo organizzativo (e, come

revoca, si veda QUERCI F.A., Rilievi sulla revoca delle concessioni di beni demaniali aeronautici e sulla figura del caposcalo, in Rivista del diritto della navigazione, 2, 1961, p. 135 ss.

(100) L. 18 aprile 1962 n. 194 recante “Norme concernenti l’istituzione del sistema aeroportuale di

Milano”, modificata dalla l. 2 aprile 1968 n. 515, entrambe successivamente modificate dalla l. 8 maggio 1971 n. 420; l. 5 maggio 1956 n. 524 recante “Costruzione dei nuovi aeroporti civili di Venezia e Palermo ed esecuzione di opere straordinarie agli aeroporti già aperti al traffico civile”; l. 16 aprile 1954, n. 156 recante “Costruzione dell’aeroporto di Genova-Sestri” da coordinare con il precedente r.d.l. 21 ottobre 1938 n. 1803 recante “Costruzione del nuovo porto aeronautico e marittimo di Genova-Sestri”; l. 27 dicembre 1975 n. 746 recante “Norme concernenti l’aeroporto di Bergamo-Orio al Serio”; l. 21 luglio 1965 n. 914 recante “Norme concernenti l’aeroporto di Torino-Caselle”; l. 10 novembre 1973 n. 755 recante “Gestione unitaria del sistema aeroportuale della capitale e costruzione di una nuova aerostazione nell’aeroporto intercontinentale «Leonardo da Vinci» di Roma-Fiumicino”; l. 19 aprile 1967 n. 306 per l’aeroporto di Foggia. Da segnalare anche la l. 22 agosto 1985 n. 449 recante “Interventi di ampliamento e di ammodernamento da attuare nei sistemi aeroportuali di Roma e Milano”.

vedremo, a quello della gestione parziale) in quanto capace di sollevarlo dai gravosi oneri finanziari connessi alla realizzazione e manutenzione delle infrastrutture aeroportuali.

La gestione viene definita totale perché al concessionario compete la gestione dell’intero aeroporto, da intendersi non «(…) come la somma di tutti i servizi che possono essere resi nell’ambito aeroportuale ma attiene ad una attività qualitativamente diversa, si tratta principalmente di attività globale di direzione, organizzazione, coordinamento dei vari servizi: è l’aspetto imprenditoriale che rileva, è il funzionamento dell’intero aeroporto e non già del singolo servizio che forma oggetto dell’attività gestoria» (101). Ciò comporta la piena disponibilità di tutta l’area aeroportuale e l’esclusiva

competenza nella gestione dei servizi, eccetto per quelli tipicamente statali, quali la dogana, la sanità, la pubblica sicurezza, ecc.

Il gestore viene a sostituirsi allo Stato assumendo gli stessi obblighi e gli stessi diritti, tuttavia «(…) non si opera una assoluta e completa sostituzione del concessionario nella titolarità delle funzioni dell’Amministrazione concedente, ma ad esso vengono solo affidati tutti quei servizi che concretano la gestione aeroportuale per la quale si rende necessario attribuire delle competenze, creare dei diritti e degli obblighi», di conseguenza «(…) la concessione non trasferisce l’ufficio o le funzioni provocando una inserzione del privato nell’organizzazione pubblica, sicché anche quando il concessionario opera in funzione sostitutiva non esercita alcun potere di autorità nei confronti dei terzi né tanto meno nei confronti degli uffici statali presenti nell’aeroporto ed a lui legati in base a rapporto funzionale» (102). Lo Stato, invece, ha un potere sostitutivo nei confronti del

concessionario, esercitabile in tutti i casi di decadenza, revoca o recesso espressamente previsti nell’atto concessorio.

Tali leggi, se da un lato, hanno avuto il pregio di introdurre un modello di organizzazione più consono alle esigenze del trasporto, dall’altro si presentano come uno strumento di intervento ad hoc, come tale atipico, perché diretto a disciplinare ciascun aeroporto, anziché istituzionalizzare un modello unitario tramite una legge organica. Nelle peculiarità insite in ciascuna legge speciale, sono tuttavia individuabili alcuni tratti comuni: (i) la gestione trova fondamento in leggi-provvedimento che individuano direttamente il soggetto, oppure si limitano a prevedere che tale affidamento avvenga a favore di un “ente pubblico”, il quale se intenzionato alla gestione darà impulso alla

(101) DOMINICI D., La gestione aeroportuale nel sistema del trasporto aereo, Milano, Giuffrè, p. 164.

(102) DOMINICI D., La gestione aeroportuale nel sistema del trasporto aereo, Milano, Giuffrè, p. 172. Contra

CAMARDA G., Le gestioni aeroportuali, in Il diritto aereo, 1983, p. 30 secondo il quale l’ente di gestione si inserisce nell’organizzazione pubblica.

procedura di affidamento (occorre ricordare che spesso la concessione è venuta a sanare situazioni di fatto); vi è comunque una preferenza per l’operatore pubblico, sia che agisca nelle forme del diritto pubblico (ad. es. consorzio) che in quelle del diritto comune (ad. es. società per azioni); (ii) l’affidamento ha ad oggetto la gestione totale e come tale si estende a tutta l’area aeroportuale, alla gestione dei servizi a terra, alla manutenzione delle infrastrutture, alle forniture, ecc.; (iii) la gestione dei servizi, quali ad es. l’handling, avviene in regime di esclusiva (103); (iv) i rapporti tra amministrazione e gestore sono in genere

disciplinati da una convenzione; (v) la durata è superiore a quella prevista dall’art. 694 del c.nav. del 1942 (fatto che costituisce ulteriore giustificazione all’esigenza di una legge derogativa); (vi) al gestore, a fronte del pagamento di un canone concessorio, vengono riconosciuti i diritti derivanti dall’esercizio aeroportuale, compresi quelli relativi al movimento degli aeromobili (diritti di approdo, partenza, ricovero e assistenza), delle persone (diritti di imbarco) e delle merci (tassa erariale di imbarco e sbarco) di cui alla l. 9 gennaio 1956 n. 24, poi l. 5 maggio 1976 n. 324 (per l’aeroporto di Genova-Sestri i diritti sono determinati da apposito regolamento); e il diritto di percepire delle tariffe per le prestazioni rese, previamente approvate dal Ministero per i trasporti e l’aviazione civile; (vii) alla scadenza delle concessioni le opere realizzate entrano nel demanio dello Stato.

Agli aeroporti gestiti per legge speciale viene estesa la disciplina prevista dalla Pt. II, Libro I, Tit. III, Capo II del c.nav., sugli aeroporti privati; in questo senso va interpretata

(103) V. Sentenza Tribunale Roma, 25 luglio 1964, n. 4795, in Giurisprudenza italiana, I, 2, 1965, p. 19

ss., relativa alla controversia insorta tra la S.E.A. e l’Alitalia, sulla pretesa del vettore di organizzare in proprio i servizi di handling. Questi ultimi, non definiti dalla normativa, possono essere considerati come servizi complementari rispetto ai tre momenti fondamentali (approdo, sosta, partenza) in cui si sostanzia l’essenza oggettiva dell’uso dell’aeroporto aperto al traffico civile. Trattasi di servizi che debbono essere assicurati in quanto indispensabili per l’esercizio del trasporto aereo. Per risolvere la controversia il Tribunale rileva che il vettore si qualifica come un utente di servizi aeroportuali, con conseguente assoggettamento all’osservanza delle regole e delle modalità che il concessionario del pubblico servizio abbia ritenuto di stabilire nell’esercizio della sua autonomia organizzativa. Questo evidenzia la posizione di preminenza goduta dall’imprenditore aeroportuale nello schema giuridico del rapporto. Ne consegue che «(…) la dilatazione, in favore dell’esercente il trasporto aereo, del contenuto concreto del diritto di approdo, sosta e partenza, fino ad includervi anche la facoltà di organizzare con propri mezzi il servizio di “handling”, importerebbe non solo il capovolgimento della situazione avanti delineata, ma si risolverebbe (…) in un inammissibile potere d’interferenza nello spazio aziendale riservato all’imprenditore aeroportuale, e, quindi, nella ingiustificata limitazione della sua autonomia organizzativa» indi per cui «(…) in mancanza di una diversa specifica pattuizione sempre possibile nell’ambito della libertà contrattuale l’utente dell’aeroporto rest(a) necessariamente vincolato anche all’organizzazione predisposta dall’imprenditore per i servizi complementari di “handling”». Del resto una diversa soluzione contrasterebbe con l’esigenza di assicurare l’ordinato ed unitario svolgimento del servizio perché la coesistenza di diverse organizzazioni aventi il medesimo scopo all’interno dello stesso aeroporto provocherebbe uno stato di intralcio e di confusione assolutamente inammissibile. In via generale, solo quei servizi dai quali non deriva alcuna ingerenza all’organizzazione interna dell’aeroporto (quindi non operati in regime di esclusiva dal gestore), possono essere predisposti dal vettore in regime di autonomia. Per approfondimenti sulla sentenza v. LOMANNO F., Aeroporti statali e privati e servizi aeroportuali, in Il diritto Aereo, 1964, p. 386 ss. e QUERCI F.A., Profili critici in tema di aerodromi statali e privati, in Giurisprudenza italiana, I, c. 2, 1965, p. 3 ss.

la l. n. 18 aprile 1962 n. 194 sull’istituzione del sistema aeroportuale di Milano, che espressamente recita che «Il ministro per la difesa è autorizzato a riconoscere ai sensi degli articoli da 704 a 713 del Codice della navigazione, approvato con regio decreto 30 marzo 1942, n. 327, e per la durata di anni trenta, la qualifica privata del sistema aeroportuale di Milano» (104). Infatti, come sostenuto da ampia dottrina, è da ritenersi che

il legislatore, nonostante una dizione non del tutto chiara, non abbia inteso provvedere alla sdemanializzazione dell’aeroporto, ma solamente provvedere ad una gestione indiretta. Del resto, questa interpretazione è sostenuta dal fatto che al termine della concessione, le infrastrutture costruite dalla Società per azioni Esercizi Aeroportuali – S.E.A., sulle aree dei «cessandi aeroporti statali» divengono di proprietà dello Stato (art. 1). È da escludersi che il legislatore abbia dapprima previsto una sdemanializzazione e successivamente una demanializzazione (non prevista dalla legge speciale) (105).

Questi aeroporti a gestione privata, o più semplicemente privati (106) (comincia a

vedersi un mutamento del linguaggio giuridico), si distingueranno dagli aeroporti privati

(104) Il riconoscimento della qualifica privata lo troviamo anche nella l. n. 746 del 1975 e nella l. n.

914 del 1965, relative rispettivamente agli aeroporti di Bergamo-Orio al Serio e Torino-Caselle. Per approfondimenti sul regime giuridico degli aeroporti, in particolare quello di Milano, v. VAGO G.,Sul regime giuridico degli aerodromi, in Rivista di diritto civile, II, 1965, p. 562 ss.

(105) Cfr. GARAGOZZO F., La c.d. privatizzazione degli aeroporti demaniali, in Il diritto aereo, 1965, p. 302, il

quale evidenzia che «(…) non vi è sdemanializzazione del bene, perché questa vicenda giuridica implica un mutamento definitivo della situazione del bene, mentre l’aeroporto è “privatizzato” per un periodo di tempo determinato». V. anche DOMINICI D., La gestione aeroportuale nel sistema del trasporto aereo, Milano, Giuffrè, p. 147, il quale rileva che «(…) ad escludere l’ipotesi della sdemanializzazione basterebbe l’art. 17 della convenzione S.E.A. del 7 maggio 1962, approvata e resa esecutiva con Decreto Interministeriale 5 marzo 1964, che impone alla Società di gestione un canone annuo di L. 100.000 ricognitivo della proprietà demaniale dei beni dati in gestione».

(106) V. Sentenza Tribunale Roma, 25 luglio 1964, in Giurisprudenza italiana, 1965, p. 17, il quale

chiamato a pronunciarsi su una controversia insorta tra la S.E.A. e l’Alitalia, così si pronunciò «Per stabilire esattamente cosa debba intendersi per “aeroporto” (…) è necessario considerarne non solo le componenti statiche (pista, sedime, località) e la destinazione indicata nel citato art. 6, ma anche – e principalmente – l’aspetto organizzativo, e quindi dinamico, dei beni e servizi. Se così è (e non sembra che una diversa eccezione sia compatibile con la realtà) se ne deve dedurre che per decidere se un aeroporto sia statale o privato non ha importanza decisiva l’appartenenza dei beni alla categoria del demanio pubblico, dovendosi invece avere prevalentemente riguardo al soggetto titolare dell’impresa aeroportuale». Tale orientamento è confermato anche dalla dottrina, tra cui QUERCI F.A., Diritto della navigazione, Padova, Cedam, 1989, p. 135, il quale si accorge del mutamento del linguaggio giuridico con riferimento agli aspetti statici e dinamici che possono essere assunti dall’aeroporto ed osserva «(…) non essendo rilevante per l’ordinamento italiano (…) l’elemento della “istituzione”, sibbene quello della “proprietà” (art. 822 e 824, c. civ.), laddove l’aerodromo venga considerato sotto il profilo statico: ovvero il criterio della “titolarità dell’esercizio” laddove lo stesso venga considerato sotto il profilo dinamico e funzionale». Ne deriva un mutamento di prospettiva che assume come elemento rilevante ai fini della qualificazione dell’aeroporto l’aspetto gestorio (dinamico) e non quello dell’appartenenza o istituzione (statico): ne consegue che saranno definiti statali tutti gli aeroporti gestiti dallo Stato; quindi detto diversamente ne deriva che la natura giuridica dell’impresa aeroportuale influisce sulla qualificazione dell’aerodromo come statale o privato. Ancora v. QUERCI F.A., Profili critici in tema di aerodromi statali e privati, in Giurisprudenza italiana, 1965, p. 5, il quale rileva che agli aerodromi di proprietà dello Stato e dallo stesso gestiti si applicheranno, oltre agli artt. 700-703 c.nav. sull’uso degli aerodromi statali, quelle disposizioni che si riferiscono specificamente agli aerodromi nella loro qualità di beni demaniali; agli aerodromi di cui lo Stato ha solo l’esercizio ma non la proprietà, si applicheranno, oltre agli artt. 700-703 c.nav., quelle norme di carattere convenzionale che disciplinano i

(gestiti da privati su suolo privato) per il contemperamento di alcuni profili di disciplina pubblicistica, quali il pagamento di un canone versus l’introito di diritti aeroportuali, per il rilascio di una concessione (seguita nella maggior parte dei casi dalla stipula di una convenzione) in luogo dell’autorizzazione e per la permanenza della destinazione del bene affidato. Di conseguenza, l’impresa diventa solo una “forma” che l’ente si dà per operare sul mercato, ma la cui libertà ed autonomia di organizzazione risultano fortemente limitate dalla sottoposizione delle tariffe a preventiva approvazione dell’amministrazione nonché dall’obbligo di assumere il personale e le attrezzature dei precedenti concessionari (cfr. l. 10 novembre 1973, n. 755 relativa all’aeroporto di Roma- Fiumicino) (107). La gestione, che si concreta nell’offerta al pubblico di impianti e servizi

dietro corrispettivo, costituisce esercizio di un pubblico servizio in forma di impresa (108) svolto dalle imprese aeroportuali secondo criteri di organicità ed economicità (109).

Nonostante la previsione di una durata commisurata all’impegno finanziario sopportato dal concessionario, i proventi vengono a configurarsi più che come mezzo per il recupero delle somme impiegate e di eventuale profitto, come forma di autofinanziamento della gestione (110). Solo in alcune leggi speciali si prevede una totale assunzione dell’onere finanziario da parte dello Stato o quantomeno una sua compartecipazione.

rapporti tra il proprietario privato dell’aerodromo e lo Stato gestore; in modo speculare per gli aerodromi privati le disposizioni comuni sono quelle dettate dagli artt. 704-713 c.nav.

(107) Per quanto concerne i rapporti tra concessionario e terzi, questi sono regolati dal diritto

comune: egli può cedere a terzi l’uso di aree o beni aeroportuali, per una durata non eccedente il periodo di concessione e per un corrispettivo preventivamente approvato dal Ministero dei trasporti; così anche i servizi possono essere affidati a terzi tramite appalto o sub-concessione regolate dal diritto privato, ferma restando la responsabilità del gestore nei confronti dell’Amministrazione statale.

(108) V. Cass. Civ., sez. un., 09 gennaio 1978, n. 52.

(109) V. art. 4, co. 1, l. del 10 novembre 1973 n. 755. Del resto occorre aggiungere che per aversi

impresa non è necessario il fine del lucro, bensì la conduzione dell’attività secondo criteri economici, tale da rivelare l’intento di coprire i costi di gestione con un reddito, distinguendo così l’impresa dalla mera azienda di erogazione. Tale criterio dovrà orientare l’attività dei soggetti gestori indipendentemente dalla natura giuridica da essi assunta, cioè se pubblica (enti pubblici) o privata (società per azioni). Con riferimento al requisito dell’economicità, e sulla qualificazione di un ente come economico, la giurisprudenza si è dimostrata contraddittoria e poco lineare, v. per approfondimenti CAMARDA G., Le gestioni aeroportuali, in Il diritto aereo, 1983, note 15 e 18; FARENGA L., Imprese aeroportuali e condizioni di economicità, in Diritto e pratica dell’aviazione civile, 1981, p. 27 ss.; nonché DOMINICI D., La gestione aeroportuale nel sistema del trasporto aereo, Milano, Giuffrè, p. 173 il quale così si esprime «L’impresa aeroportuale si caratterizza, però, per taluni aspetti anomali rispetto la fattispecie codificata. In particolare si riscontra la carenza di “rischio” e la mancanza del “fine di lucro”». Tale asserzione si basa sull’analisi delle concessioni, dagli statuti ed atti costitutivi di tutti gli enti di gestione, dai quali emerge che detti enti devono assicurare un servizio alla comunità locale e nazionale e non intraprendere una lucrosa attività commerciale. Ne consegue che, per disposizione statutaria, gli eventuali utili debbano essere impiegati in investimenti. Per approfondimenti sull’impresa aeroportuale in generale si veda anche FASSINA G.,L’impresa aeroportuale, in Diritto e pratica dell’aviazione civile, 1981, p. 1 ss.; RIGUZZI M.,Impresa pubblica e concessione del servizio aeroportuale, in Il diritto aereo, 1980, p. 1 ss.; TURCO BULGHERINI E.,Azienda aeroportuale e finanziamento pubblico, in Diritto e pratica dell’aviazione civile, 1981, p. 30 ss.; RINALDI BACCELLI G.,Impresa aeroportuale e pubblico servizio, in Diritto e pratica dell’aviazione civile, 1981, p. 33 ss.

(110) Così DOMINICI D., La gestione aeroportuale nel sistema del trasporto aereo, Milano, Giuffrè, p. 187, il

Il quadro sinora delineato è tuttora esistente anche se in via di superamento a seguito della riforma avviata a partire dagli anni ‘90.