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I giudizi pensionistici

LA GIURISPRUDENZA DELLE SEZIONI CENTRALI DI APPELLO E DELLA SEZIONE GIURISDIZIONALE DI APPELLO PER LA REGIONE SICILIA

5 I giudizi pensionistici

La materia ha dato luogo a numerose pronunce, intervenute peraltro in materie nelle quali l’orientamento sembra ormai consolidato. Molto nutrito il filone relativo alla riliquidazione delle pensioni militari, con richiesta di applicazione dell’art. 54, comma 1, del d.P.R. n. 1092 del 1973.

Al riguardo, è stato statuito che si tratta di una norma di carattere generale, contribuendo a definire gli ordinari criteri di calcolo della pensione per la generalità dei militari. Pertanto,

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essa non riguarda esclusivamente i militari cessati dal servizio dopo il compimento del 15° anno di servizio e prima del compimento del 20°, ma anche coloro che vantano un’anzianità superiore ai venti anni di servizio per i quali il trattamento pensionistico è calcolato con il sistema misto.

Inoltre, l’aliquota del 44% si applica a tutti i militari e non soltanto a quelli cessati dal servizio con un’anzianità contributiva compresa tra i 15 e i 20 anni.

Diversamente opinando, non avrebbe ragion d’essere la diversificazione, operata dal legislatore, tra il personale civile e quello militare, al quale, oltre ad una rivalutazione maggiore su base annua del rendimento, spetta un’ulteriore percentuale dell’1,80%, desumibile dalla lettera del comma II dell’art. 44, indissolubilmente connessa a quella precedente.

Da ciò consegue che al militare spetta una pensione pari al 44% della base pensionabile fino a 20 anni, incrementandosi dell’1,80% per ogni anno successivo, fermo rimanendo, anche per il personale militare, il limite massimo finale pari all’80%.160

Di diverso avviso, la Sez. App. Sicilia che, con le sentenze nn. 40 e 43 del 2020, ha statuito che “se è vero che l’intero art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973 regolamenta in linea generale i trattamenti pensionistici normali spettanti ai militari nell’ambito del sistema retributivo puro, è altrettanto vero che il 1° comma del medesimo art. 54, laddove individua un’aliquota fissa (il 44%), in rapporto ad un ben indicato arco temporale pluriennale, reca una disciplina speciale ed eccezionale, applicabile in funzione essenzialmente perequativa (al fine di garantire un congruo trattamento minimo di pensione), esclusivamente ad ambiti soggettivi considerati dal legislatore meritevoli di particolare tutela dal punto di vista previdenziale”.

Inoltre, a fronte di una parte della giurisprudenza (II Sez. centrale, sent. n. 231/2020), secondo cui l’inquadramento della Polizia penitenziaria nella categoria delle forze di polizia ad ordinamento civile - e non militare - esclude l’applicabilità dell’art. 54 predetto, a nulla rilevando che, alla data dell’arruolamento degli appellanti il disciolto corpo degli agenti di custodia fosse un corpo militare, si è affermata anche la tesi opposta (Sez. I centrale, sent. n.

119/2020), che ha ritenuto applicabile il regime di maggior favore anche agli appartenenti al

160 Per tutte: III Sez. centrale, sentt. n. 112 del 4.8.2020; n. 85 del 20.5.2020; II Sez. centrale. sentt. n. 158/2020;

conformi I Sez. centrale sentt. nn. 148, 149, 150, 151, 153, 154 del 3.7.2020; n. 179 del 13.7.2020; 220 del 27.7.2020; n. 198, 199, 200, 201, 202, 203 del 16.7.2020; n. 125, 126, 127, 128,129, 130, 131, 132 e 133 del 1.7.2020; 190, 191, 192,195 del 14.7.2020; n. 48 del 6.3.2020, nn. 110, 114, 115, 117, 118, 119, 120, 121 del 29.6.2020 e 173, 174, 175, 177 e 178 del 13.7.2020; 214 del 23.7.2020; n. 30 del 6.2.2020; 85, 87, 88, 89, 91, 92 del 23.6.2020; 167, 168 e 169 del 10.7.20; 180, 181, 182, 183, 184 e 185 del 13.7.2020; 206 del 20.7.2020; n. 71, 73, 76 del 17.6.2020; 97, 100, 101, 102, 103 del 25.6.2020; 162 del 9.7.2020; 170 del 10.7.2020.

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Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, nonostante il carattere non militare stricto sensu dello stesso161.

Vale la pena di evidenziare che il contrasto giurisprudenziale tra le varie Sezioni d’appello ha trovato composizione, mediante rimessione alle Sezioni Riunite, della questione di massima concernente la dibattuta applicabilità della già citata norma dell’art. 54 d.P.R. n.

1092/73, culminata nella sentenza n. 1 del 4.1.2021 che ha ritenuto applicabile non quanto richiesto dai privati (aliquota fissa del 44%), bensì un coefficiente annuo del 2,44%, ritenuto estensibile sia a coloro che al 31.12.1995 si trovavano nel range 15-18 anni, sia a coloro che, a tale data, avevano maturato un servizio utile inferiore a 15 anni.

Inoltre, anche per la giurisprudenza costituzionale162, il diritto a pensione sorge nel momento in cui si verificano i presupposti soggettivi e contributivi previsti dalla legge.

Ancora, è stato ritenuto che l’art. 1868 del C.O.M., il quale agli effetti pensionistici prevede un aumento percentuale dell’importo delle indennità operative, è una norma speciale che non può essere considerata espressione di un principio generale (II Sez. centrale, sentt. nn.

231/2020 e 195/2020).

È stata poi riconosciuta la giurisdizione contabile, conformemente agli arresti del Giudice del riparto, non solo la domanda di accertamento della causa di servizio proposta unitamente alla conseguente domanda di condanna dell’ente previdenziale al pagamento del trattamento pensionistico, ma anche la sola domanda di mero accertamento della causa di servizio, quale presupposto della spettanza del trattamento pensionistico privilegiato, trattandosi di controversia che, quanto al petitum sostanziale, attiene alla materia del trattamento di pensione privilegiata.

Né incide sulla affermata giurisdizione della Corte dei conti la circostanza che il ricorrente sia ancora in servizio attivo, circostanza che può eventualmente rilevare, secondo l'autonomo giudizio sul punto dell'adita Sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti, sull’ammissibilità della proposta domanda (I Sez. centrale, sent. n. 105/2020).

In ordine alla motivazione, tramite la quale è sindacabile la valutazione del giudice di primo grado, nonostante le restrizioni dell’art. 170 c.g.c., è stato ritenuto configurabile il vizio di omessa o apparente motivazione quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia riscontrabile il mancato esame di punti decisivi della controversia ovvero un insanabile

161 Nello stesso senso, Sez. I app., sentt. nn. 126 e 128/2020.

162 Cfr. Corte cost., sentt. n. 446/2002 e n. 169/1986.

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contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione.

È da ritenersi affetta da vizio di motivazione la sentenza con la quale il giudice di merito, a fronte di precise e circostanziate critiche mosse dal consulente tecnico di parte alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, non le abbia in alcun modo prese in considerazione e si sia, invece, limitato a far proprie le conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio, giacché il potere di detto giudice di apprezzare il fatto non equivale ad affermare che egli possa farlo immotivatamente e non lo esime, in presenza delle riferite contestazioni, dalla spiegazione delle ragioni per le quali sia addivenuto ad una conclusione anziché ad un'altra, incorrendo, altrimenti, proprio nel vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia (I Sez.

centrale, sent. n. 75/2020).

Inoltre, per la decisione n. 109/2020 della II Sez. centrale “costituisce motivazione apparente e viziata sul piano logico giuridico la sentenza con la quale si statuisce in ordine alla tardività della domanda amministrativa dal ricorrente, non presente agli atti di causa e in relazione alla quale non è stata acquisita copia, né disponendo la produzione completa del fascicolo amministrativo da parte dell’INPDAP, né avvalendosi dei poteri istruttori ai sensi dell’art. 421 c.p.c.” e che la relativa questione non rappresenta una questione di fatto insindacabile ai sensi dell’art. 170 c.g.c., ma rileva sotto il profilo dell’apparenza della motivazione, radicalmente viziata, in quanto non si è chiarito come si possa addivenire all’accertamento di fatto presupposto della decisione, in totale assenza dei documenti essenziali né in ordine alla decisione di omettere qualsivoglia istruttoria in ordine ad un punto decisivo della controversia.

Per converso, il vizio di motivazione non può consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme a quello auspicato dalle parti, posto che i motivi del ricorso si risolverebbero in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito, volta ad ottenere una nuova pronuncia di merito. Spetta solo al giudice del merito individuare le fonti del proprio convincimento (Id., sent. n. 107/2020).

Peraltro, le limitazioni della potestas decidendi del giudice del gravame non consentono allo stesso di trattenere la causa nel merito, ove si tratti di questione medico-legale di fatto, insindacabile in questo grado di giudizio. Ne consegue l’annullamento della sentenza e il rinvio al primo giudice, in diversa composizione, per un nuovo esame nel merito (Sez. III centrale, sent. n. 129/2020).

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È stata, poi, confermata la costante giurisprudenza in materia di ripetibilità degli emolumenti pensionistici, a seguito di annullamento del licenziamento del lavoratore o del suo recesso, con la conseguenza che i dipendenti, nel periodo intercorrente tra il momento del rispettivo allontanamento dal lavoro a quello di passaggio in giudicato della sentenza civile, avrebbero dovuto necessariamente ritenersi, seppur virtualmente, in servizio, con la conseguenza ulteriore che quanto a loro erogato, a titolo di trattamento pensionistico, non era dovuto, non essendo configurabile, nei loro confronti, una posizione di quiescenza (Sez. III, sent. n. 119/2020).

Si è poi consolidata la definitiva posizione circa la spettanza del beneficio di cui all’art.

3, comma 7, della legge n. 165 del 1997 (c.d. “moltiplicatore”), spettante soltanto a coloro che abbiano conseguito il diritto al transito in ausiliaria e non a coloro che siano cessati prima di tale traguardo per infermità o altre cause. L’istituto, infatti, non può essere ritenuto sostitutivo, anziché alternativo, rispetto ai limiti anagrafici del servizio attivo (Sez. II centrale, sentt. nn.

251/2020, 127, 117, 95 e Sez. III appello sent. n. 55; conf. Sez. app. Sicilia, sentt. nn. 41, 51, 52, 63, 64, 65, 66, 207, 215, 304 e 393 del 2020).

Sulla dolorosa vicenda dei benefici correlati all’esposizione ad amianto, la III Sezione centrale, con sentenza n. 49 del 18.2.2020, ha sancito che possono fruire del beneficio previsto dall’art. 13, comma 8, della L. 27.3.1992, n. 257, i lavoratori che risultino essere stati esposti alle polveri d’amianto per almeno dieci anni, a condizione che fossero ancora in servizio attivo all’epoca d’entrata in vigore di tale normativa (28.4.1992) ed anche se abbiano presentato la domanda per ottenere l’applicazione, ai fini pensionistici, di tale beneficio in epoca successiva al loro collocamento a riposo.

In materia di impugnazione è stata ritenuta la legittimazione dei soli soggetti che hanno partecipato al precedente grado o alla precedente fase del giudizio, dovendosi allegare la prova del decesso della parte ma anche della qualità di erede (Sez. II centrale, sent. n. 189/2020).

Sempre in materia di esposizione ad amianto, la Sez. appello Sicilia con sentenza n.

341/2020 ha ritenuto di rigettare l’appello del privato atteso che il ricorrente non ha dimostrato, in alcun modo, un’esposizione qualificata all’amianto con il connesso superamento per un periodo di oltre dieci anni della soglia fissata dalla vigente normativa, né ha provato che l’ambiente di lavoro presentava una concreta esposizione al rischio alle polveri di amianto con valori limite superiori a quelli indicati nel d.lgs. n. 277 del 1991. Tale prova di carattere prettamente tecnico-scientifico non può essere sostituita con le dichiarazioni di colleghi, prive

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di carattere scientifico. La relativa richiesta di prova testimoniale è stata, quindi, ritenuta inammissibile (nello stesso senso, Sez. appello Sicilia, sent. n. 10/2020).

In materia di limiti e applicabilità del principio iura novit curia, la Sez. III centrale, con sentenza n. 128/2020, in fattispecie in cui l’appellato aveva dedotto, in via preliminare, l’inammissibilità dell’appello, avendo l’INPS omesso, in primo grado, ogni richiamo alla normativa applicabile in fattispecie, ha osservato che spetta al giudice ricercare le norme giuridiche applicabili alla fattispecie sottoposta al suo sindacato, ben potendo a tal fine il giudice stesso riqualificare i fatti e i rapporti dedotti in lite, nonché l'azione esercitata e, conseguentemente, porre a fondamento della sua decisione disposizioni e principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti.

Ovviamente, tale modus operandi, richiede che gli elementi ritenuti dal giudice idonei alla definizione della fattispecie devono coincidere con quelli del caso concreto, essendo evidentemente vietato, in forza del principio di cui all'articolo 112 c.p.c., fondare la soluzione della controversia su fatti che, sebbene rinvenibili all'esito dei documenti prodotti, non siano, tuttavia, stati oggetto di puntuale allegazione o contestazione. Ciò per “l’ovvia esigenza di evitare che l’esercizio della potestà consentita dal principio di “iura novit curia” si traduca in una decisione viziata di ultra o extra petizione”.

154 CAPITOLO VI

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