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La legittimazione attiva e l’interesse al ricorso con particolare riguardo ai soggetti non istituzionali

IL RUOLO DEL P.M. NEI GIUDIZI DAVANTI ALLE SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE IN SPECIALE COMPOSIZIONE

6. La legittimazione attiva e l’interesse al ricorso con particolare riguardo ai soggetti non istituzionali

In un singolare ricorso dinanzi alle Sezioni Riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione è stato affrontato il tema della legittimazione e dell’interesse ad agire dei ricorrenti, posto che il gravame non era stato presentato dall’ente locale (nella persona del legale rappresentante p.t.), bensì da taluni consiglieri comunali dissenzienti, dall’ex sindaco creditore dell’ente e da alcuni cittadini residenti che, secondo le loro difese, si sentivano pregiudicati dalle conseguenze del dissesto.

La vicenda processuale trae origine da una procedura ai sensi dell’art. 243-quater, comma 7, Tuel, ove, per effetto dello sforamento del termine perentorio per l’approvazione del piano di riequilibrio, era stata avviata la procedura di dissesto guidato, ex art. 6, comma 2, d.lgs.

6 settembre 2011, n. 149, mediante le pronunce di accertamento n. 79/2020/PRSP del 7 maggio 2020 e n. 131/2020/PRSP del 6 luglio 2020, emesse dalla Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo.

Non è inutile ricordare che a monte delle citate deliberazioni della Sezione di controllo, l’ente comunale aveva fatto ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, ex art.

è stata riconosciuta la legittimazione a sollevare una questione di legittimità costituzionale da parte di una Sezione regionale in sede diversa dal giudizio di parificazione). Il tutto nel contesto dei principi della contabilità armonizzata che gli enti territoriali, a distanza di anni dall’entrata a regime, applicano con molte eccezioni (gli enti con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti sono stati abilitati a non tenere la contabilità economico patrimoniale e a non presentare il bilancio consolidato), ai sensi degli artt. 232 e 233-bis, Tuel.

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243-bis del Tuel (deliberazione 30 agosto 2019, n. 27) e, senza aver adottato un PRFP, aveva deliberato il dissesto ai sensi dell’art. 244 del Tuel.

Il relativo provvedimento (deliberazione consiliare 6 dicembre 2019, n. 34) era stato impugnato dinanzi al Tar, che in sede cautelare aveva accolto il ricorso. È, anzi, da evidenziare che la Sezione di controllo aveva adottato le deliberazioni, poi impugnate dinanzi alle Sezioni Riunite in speciale composizione, nelle more della definizione dell’appello presentato dal Comune (mentre il ricorso al Tar era stato proposto dagli stessi attori nel giudizio ex art. 11, comma 6, c.g.c., ossia consiglieri comunali dissenzienti, ex sindaco e cittadini residenti);

appello poi deciso dalla sezione V con sentenza n. 8108/2020132.

Con l’innovativa e articolata sentenza n. 32/2020/EL, depositata in data 12 novembre 2020, le Sezioni Riunite hanno ritenuto ammissibili, tra vari ricorsi presentati da soggetti diversi dall’ente controllato, quelli provenienti dai consiglieri comunali dissenzienti.

È stato così disatteso l’avviso dell’Organo requirente, che aveva concluso per l’inammissibilità di tutti i ricorsi, ritenendo che soltanto l’ente locale potesse essere considerato titolare di un interesse qualificato ad ottenere la riforma di una pronuncia della magistratura

132 Il Cons. Stato, sez. V, con sentenza n. 8108, depositata il 17.12.2020, ha rigettato l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sollevata dal Comune di Scanno appellante sul presupposto che la controversia riguarderebbe la “materia della contabilità pubblica” devoluta alla giurisdizione esclusiva della Corte dei conti ai sensi degli artt. 1, comma 1 e 11, comma 6, lett. e), c.g.c. Il giudice d’appello ha chiarito che l’oggetto del contendere – nell’ambito della giurisdizione generale di legittimità intesa al sindacato sulla conformità a legge dell’esercizio del potere pubblico nei rapporti con i singoli – è costituito “dall’annullamento della delibera dichiarativa del dissesto adottata dal Consiglio comunale di Scanno il 6 dicembre 2019. Trattasi dell’impugnazione d’un provvedimento di natura autoritativa, adottato dal Comune spontaneamente e in via autonoma, in assenza d’impulso o anche solo d’indicazioni espresse in un atto della competente Sezione di controllo della Corte dei conti che fosse miratamente funzionale a detta dichiarazione di dissesto” (enfasi aggiunta). Il Consiglio di Stato, premesso che la devoluzione alle Sezioni Riunite in composizione speciale della Corte dei conti dei giudizi in materia di “contabilità pubblica” nel caso “di impugnazioni conseguenti alle deliberazioni delle sezioni regionali di controllo” si ricollega alla “più recente evoluzione normativa che ha esteso tali funzioni di controllo e reso più pregnanti – sino a mutare in imperativi e cogenti, anziché meramente collaborativi – i corrispondenti effetti, così da rendere necessario apprestare un sistema di tutele giurisdizionali in favore dei soggetti incisi da tali controlli”, ha osservato che “Tutt’altra natura riveste evidentemente la delibera di dissesto spontaneamente adottata dall’organo deliberativo comunale: essa si colloca in un iter procedimentale cui la Corte dei conti è estranea, e costituisce l’esito provvedimentale di poteri amministrativi propri dell’ente, nonché discende dall’autonoma valutazione – pur vincolata nei requisiti materiali – da questo espressa, e dalla conseguente determinazione assunta. Il che vale a porre l’impugnazione di tale provvedimento da parte dei (singoli) soggetti legittimati (su cui v. infra, sub § 4.1.2) senz’altro al di fuori del perimetro di cui alla lett. e) relativa alle «impugnazioni conseguenti alle deliberazioni delle sezioni regionali di controllo»”. Il Consiglio di Stato ricorda, infine, che la giurisdizione esclusiva delle Sezioni Riunite è sempre “riferita ad oggetti ben definiti”

(come individuati dall’art. 11, comma 6, c.g.c.) e che la Corte di cassazione, anche anteriormente all’entrata in vigore del c.g.c. aveva sottolineato lo “stretto collegamento” della funzione di controllo della Corte dei conti a quella giurisdizionale (Cass., SS.UU., 13 marzo 2014, n. 5805); collegamento che, nella fattispecie, non trova

“emersione, poiché viene in rilievo un mero provvedimento amministrativo spontaneamente adottato dall’ente”.

Nel merito, l’appello del Comune è stato ritenuto fondato, avendo il Tar accolto il ricorso di primo grado in ragione di censure inidonee a dimostrare l’illegittimità del provvedimento impugnato (la deliberazione consiliare dichiarativa del dissesto, n. 34/2019).

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contabile indirizzata, appunto, all’ente e non alle singole componenti133.

Al di là dell’esito del giudizio di merito, conclusosi con la reiezione dei ricorsi proposti, assumono interesse le argomentazioni che hanno dato luogo ad una statuizione sulle questioni pregiudiziali in termini su cui non risulterebbero precedenti, come tale foriera di alimentare il contenzioso avverso le delibere delle Sezioni di controllo in modo, peraltro, poco coerente con le finalità del giudizio in unico grado in tema di contabilità pubblica, disciplinato dall’art. 11, comma 6, lettera e), del c.g.c.

La sentenza in esame è giunta a questa conclusione partendo dall’approfondimento delle condizioni dell’azione (legittimazione ad agire e interesse a ricorrere), ai sensi degli artt. 81 e 100 c.p.c.

Secondo la Corte, la legittimazione ad agire dei soggetti diversi dall’ente controllato, che si ritengano titolari di situazioni giuridiche soggettive lese dalla pronuncia della Sezione di controllo, non può essere esclusa alla luce della giurisprudenza costituzionale 134. Pertanto, tutte e tre le categorie dei soggetti ricorrenti sarebbero fornite della legittimazione ad agire.

Evidenzia, infatti, il Collegio che, da un punto di vista processuale, la legittimazione ad agire consiste nell’astratta idoneità della situazione soggettiva attiva a essere tutelata nel giudizio, per cui una concreta e autonoma questione, intorno alla legittimazione, si potrebbe delineare soltanto quando l’attore facesse valere un diritto altrui.

In relazione, invece, all’interesse ad agire, regolato dall’art 100 c.p.c., il Collegio delle Sezioni Riunite ne ha ritenuto l’insussistenza nei confronti dell’ex sindaco e dei cittadini residenti, sulla base di motivazioni inerenti alla mancata dimostrazione in concreto della lesività delle deliberazioni della Corte dei conti, che hanno condotto l’ente al dissesto.

133 Cfr. la memoria conclusionale della P.G. nel giudizio esitato con la sentenza n. 32/2020/EL: “Legittimato a ricorrere avverso tali deliberazioni, che riguardano la gestione finanziaria dell’ente locale è unicamente il Comune interessato, che è il solo soggetto controllato, nella persona del suo legale rappresentate (il sindaco), in quanto titolare di un interesse qualificato. Non si può, pertanto, dare ingresso in giudizio a terzi titolari di interessi particolari e personali o comunque spinti da interessi politici inequivocabilmente in contrasto con le decisioni assunte dal Comune in tema di dissesto, poiché la Corte dei conti è giudice del bilancio e non di posizioni singole”.

134 Si legge, tra le motivazioni della sentenza n. 32/2020/EL, “che la legittimazione ad agire di soggetti diversi dall’ente controllato, che si assumono titolari di situazioni giuridiche soggettive lese dalla pronuncia della Sezione di controllo, non può essere in alcun modo esclusa. [Omissis…] Negare aprioristicamente la legittimazione ad agire a questi soggetti, in materia attribuita alla giurisdizione esclusiva (e per materia) della Corte dei conti si tradurrebbe in un diniego di giustizia, realizzando una violazione del diritto alla tutela giurisdizionale sancito dall’art. 24 Cost. [Omissis…] Peraltro, di recente la Corte costituzionale ha precisato che il giudizio instaurato davanti a queste Sezioni riunite in speciale composizione è ‹‹un giudizio…che costituisce l’unica sede in cui possono essere fatti valere gli interessi dell’amministrazione sottoposta al controllo e degli altri soggetti che si ritengano direttamente incisi dalla pronuncia della sezione regionale di controllo›› (Corte cost. sent. n. 18/2019)”.

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Con particolare riferimento alla posizione dei cittadini residenti, l’interesse è stato escluso con argomenti sovrapponibili a quelli utilizzati dal Consiglio di Stato nell’impugnativa della deliberazione dell’ente locale, dichiarativa dello stato di dissesto.

È noto, infatti, come “nel particolare caso della dichiarazione di dissesto finanziario del comune sussista la legittimazione a ricorrere di tutte le singole persone fisiche residenti nel comune”, “sebbene sia valido in astratto il principio che i conflitti interorganici trovano composizione in sede amministrativa e non già in sede giurisdizionale” (cfr. Cons. Stato, sez.

V, n. 2837/2006).

Sicché, con una operazione di trasposizione, nel giudizio in unico grado dinanzi alla Corte, dei principi validi nel plesso giurisdizionale TAR-Consiglio di Stato, i cittadini residenti sono stati ritenuti carenti di interesse per non aver dimostrato il proprio “interesse giuridico qualificato, quale essere contribuente del comune o fruitore di un servizio pubblico il cui costo verrà innalzato o che non sarà più erogato, circostanza che dagli atti di causa, non risulta sussistere” (Sezioni Riunite, sent. n. 32/2020/EL).

Muovendo dalle precedenti considerazioni, è stato, invece, ritenuto sussistente l’interesse al ricorso dei consiglieri comunali dissenzienti, rappresentativi della minoranza politica dell’ente locale.

Sul punto, si nutrono solo alcune perplessità in ordine ad una indifferenziata e generalizzata legittimazione, accordata ai privati cittadini, rispetto ad un loro possibile interesse ad agire ovvero a ricorrere davanti alle Sezioni Riunite in speciale composizione sia nell’ipotesi in cui l’Ente controllato abbia prodotto ricorso sia nell’assenza di ricorso o in caso di acquiescenza.

7. L’ammissibilità del ricorso avverso le deliberazioni ex art. 148-bis del Tuel.

Le Sezioni Riunite in speciale composizione, con sentenza n. 37/2020/EL, hanno dichiarato in parte inammissibile e in parte infondato il ricorso del Comune di Reggio Calabria – ente in piano di riequilibrio 135 – avverso la deliberazione n. 17/2020, con la quale la Sezione regionale, ai sensi dell’art. 148-bis del Tuel, ha invitato l’ente ad adottare le misure correttive necessarie a ripianare il disavanzo, ad integrazione di quelle già disposte con deliberazione n.

88/2017136.

135 Il Comune di Reggio Calabria ha aderito alla procedura di riequilibrio finanziario nel febbraio 2013. Il relativo piano è stato sottoposto al vaglio della Sezione regionale di controllo con esito negativo (deliberazione n. 11/2014) e – quindi – in sede contenziosa, all’esame delle Sezioni Riunite in speciale composizione, che hanno accolto il gravame, consentendo la sua approvazione (sentenza n. 26/2014/EL).

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Infatti, la Sezione del controllo, muovendo dall’importo del disavanzo accertato nel 2017, ha disposto le misure correttive ex art. 148-bis del Tuel, essendo venuta meno, a seguito della sent. cost. n. 4/2020, la facoltà (già censurata con deliberazione n. 88/2017) di azzerare il FAL e di imputare i relativi accantonamenti al Fondo crediti.

In questi termini è il dispositivo della deliberazione impugnata (n. 17/2020), laddove dispone che: “Quanto alle irregolarità relative alla contabilizzazione del FAL, è necessario che il Comune:

1) ridetermini virtualmente (ossia senza modifiche e/o riapprovazioni dei pregressi bilanci) il c.d. maggior disavanzo, che – in virtù del separato computo di FAL e FCDE - assurgerà alla somma di € - 328.635.504,025;

2) applichi, a partire dal bilancio preventivo 2020-2022 e fino alla manovra previsionale del 2044, una quota di recupero da “maggior disavanzo” pari a € 10.954.516,80 (che corrisponde a un trentesimo dell’extradeficit ricalcolato);

3) ripiani le quote di “maggior disavanzo” allo stato non recuperate durante l’indicato percorso trentennale, mano a mano che si libereranno le risorse necessarie;

4) rappresenti distintamente gli accantonamenti per FAL e FCDE a partire dal rendiconto 2019”.

La decisione di inammissibilità ha riguardato il primo motivo di ricorso, con il quale l’ente ha invocato lo ius superveniens, in relazione al sopraggiunto art. 39-ter del d.l. n.

162/2019, recante misure correttive totalmente sostitutive di quelle previste dalla Sezione del controllo137.

136 La Sezione regionale di controllo, con deliberazione n. 88/2017, aveva evidenziato anomalie nell’operazione di riaccertamento straordinario dei residui, tra cui l’utilizzo della facoltà, prevista dall’art. 2, comma 6, d.l. n.

78/2015, di imputazione degli accantonamenti a titolo di Fondo anticipazioni liquidità (di seguito FAL) al corrispondente importo del Fondo per i crediti di dubbia esigibilità (di seguito FCDE). Accertato il maggior disavanzo per euro 328.635.504,02 (comprensivo della somma di euro 185.297.196,57, corrispondente all’importo azzerato del FAL). Entrata in vigore la l. n. 205/2017, la scelta dell’Ente di utilizzare il FAL a copertura del FCDE aveva trovato legittimazione nella formulazione dell’art. 1, comma 814 della stessa legge. Le Sezioni Riunite, con ordinanza n. 5/2019/EL hanno poi sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 6, del d.l. n.

78/2015. Di conseguenza, la Sezione Calabria, con deliberazione n. 30/2019, ha sospeso l’esame della complessiva idoneità di dette misure correttive, in attesa della definizione del giudizio incidentale, poi esitato con sent. cost. 28 gennaio 2020, n. 4.

137 La Procura regionale, nella memoria conclusionale, aveva evidenziato “che le disposizioni in parola sono sospettate di illegittimità costituzionale e che è stata assunta un’ordinanza di rimessione alla Consulta da parte della Sezione di controllo Puglia (deliberazione n. 39/2020/PRSP, depositata l’8 giugno 2020)”. La Sezione pugliese ha censurato il comma 2 dell’art. 39-ter in quanto consente una rilevante deroga al normale regime di rientro dal disavanzo e il comma 3 della stessa norma (che consente di finanziare la restituzione delle quote annuali di rimborso dell’anticipazione ricevuta con l’utilizzo della quota accantonata come FAL nel risultato di amministrazione). Infine, con la richiamata ordinanza di rimessione si contestava l’elusione del giudicato

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Sul punto le Sezioni Riunite, premesso che “la nuova disposizione incide soltanto sulla modalità di recupero del maggior disavanzo e non inficia in alcun modo la criticità accertata dalle Sezione di controllo consistente nel sopravvenuto illegittimo utilizzo del FAL per finanziare il FCDE”, hanno osservato che “la pronuncia di controllo definisce solo l’irregolarità (…) mentre le conseguenti misure correttive, sono rimesse alla discrezionalità dell’amministrazione e saranno oggetto di un distinto giudizio di controllo, dal quale, in caso di accertata inadeguatezza, scaturirà il c.d. ‹blocco della spesa›”.

Le Sezioni Riunite hanno successivamente aggiunto che “Eventuali indicazioni espresse dalla Sezione regionale costituiscono solo elementi accidentali della pronuncia di controllo, che non possono in alcun modo diventare definitivi, atteso che nell’adozione delle misure correttive l’amministrazione incontra il solo limite dell’adeguatezza e ben può discostarsi da siffatte indicazioni”.

Rilevato, quindi, che il nuovo quadro normativo investe le misure correttive e non l’irregolarità accertata, il ricorso per questa parte è stato dichiarato inammissibile.

Invero, non può negarsi che l’oggetto del contendere abbia riguardato le misure correttive, stante l’assenza di novità sull’importo del disavanzo, che è stato (ri)accertato per lo stesso importo oggetto della precedente deliberazione n. 88/2017.

In applicazione della categoria generale dell’inammissibilità – categoria logico-giuridica processuale che ha come tratto caratterizzante quello di colpire un atto non idoneo a consentire una pronuncia di merito – il Collegio giudicante, pure non specificando la causa in concreto, ha ritenuto che il ricorso non potesse essere esaminato funditus, in quanto le misure suggerite all’ente, con l’impugnata deliberazione n. 17/2020, non avrebbero carattere di definitività.

Ne deriva, seguendo il ragionamento del Supremo Consesso, “essendo queste ultime (n.d.r. le misure correttive) estranee all’oggetto del controllo e non in grado di diventare definitive, il Comune di Reggio Calabria potrà adottare le misure a suo giudizio, più idonee anche conformandosi alla nuova disciplina legislativa, fermo restando la valutazione che farà la Sezione regionale sulla loro legittimità/regolarità e sulla loro idoneità” 138.

costituzionale e, in particolare, dei principi posti con la sentenza n. 4/2020 poiché “in luogo di un ripiano rispettoso del principio della responsabilità di mandato, ne introduce uno difforme e di nuovo conio, calibrato sui più agevoli tempi di restituzione delle rate annuali dell’anticipazione ricevuta, allo scopo di mitigare gli effetti della pronuncia sui bilanci degli enti locali”.

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Ciò vale a dire che, sostanzialmente, la sentenza in commento ha accolto il punto di vista del ricorrente che, appunto, chiedeva soltanto di poter adeguare le misure correttive, disposte dalla Sezione di controllo, alla normativa sopravvenuta.

Le medesime Sezioni Riunite hanno, comunque, ricordato che resta intangibile la soggezione dell’ente alle verifiche (successive) sulla loro adeguatezza, da eseguire a norma dell’art. 148-bis, comma 3, Tuel 139.

Il verdetto di inammissibilità, da ricondurre verosimilmente alla carenza di interesse dell’ente ad adire la speciale composizione per contestare le misure correttive suggerite dalla Corte, genera perplessità se rapportato al modello di controllo prefigurato dall’art. 148-bis del Tuel, nel quale l’effettività delle verifiche è da ricondurre all’accertamento delle situazioni di squilibrio (e/o di irregolarità) e alla verifica dell’idoneità dei provvedimenti conseguenti a ripristinare gli equilibri (e/o a rimuovere le irregolarità), nei termini stringenti assegnati dalla norma.

Sicché l’indicazione delle misure correttive non è percepita dagli enti come mero corollario (la sentenza definisce tali misure come “elementi accidentali della pronuncia di controllo”), bensì come parte dell’accertamento svolto dalla magistratura contabile.

Ne consegue che la lesività di una deliberazione del controllo, ai fini della sua impugnabilità ai sensi dell’art. 11, comma 6, lett. e), c.g.c., è stata generalmente riconosciuta anche in funzione delle misure correttive disposte ai sensi dell’art. 148-bis del Tuel.

In una parola, gli enti hanno costantemente rinvenuto il loro interesse ad agire nelle limitazioni imposte con le misure correttive (o nel percorso di risanamento indicato dalla

138 Conseguentemente, è stata ritenuta “infondata anche la richiesta di sospensione formulata dalla Procura Generale per la pendenza della questione di costituzionalità relativa al citato art. 39 ter del d.l. 162/2019 n. 162.

Infatti, poiché nel presente giudizio non deve farsi applicazione della suddetta norma, l’emananda pronuncia della Corte costituzionale è totalmente irrilevante ma avrà incidenza solo sulla valutazione delle misure adottate dal Comune di Reggio Calabria e sempre che la civica amministrazione non ritenga di dover optare per un più celere rientro dal maggior disavanzo”.

139 Art. 148-bis, comma 3, Tuel “Nell'ambito della verifica di cui ai commi 1 e 2, l'accertamento, da parte delle competenti sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, di squilibri economico-finanziari, della mancata copertura di spese, della violazione di norme finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria, o del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità interno comporta per gli enti interessati l'obbligo di adottare, entro sessanta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia di accertamento, i provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio. Tali provvedimenti sono trasmessi alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti che li verificano nel termine di trenta giorni dal ricevimento.

Qualora l'ente non provveda alla trasmissione dei suddetti provvedimenti o la verifica delle sezioni regionali di controllo dia esito negativo, è preclusa l'attuazione dei programmi di spesa per i quali è stata accertata la mancata copertura o l'insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria” (enfasi aggiunta).

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Sezione, come nel caso del Comune di Reggio Calabria)140 e questo schema è stato ritenuto idoneo a rafforzare l’azione di controllo delle Sezioni regionali.

Viceversa, considerare privo di interesse il ricorso sulle misure correttive, come prefigurato dalla pronuncia in esame, significa depotenziare o, comunque, ridurre la portata precettiva delle prescrizioni poste dall’art. 148-bis del Tuel, particolarmente negli enti in piano di riequilibrio.

Con la stessa sentenza è stato rigettato il ricorso avverso la parte della deliberazione impugnata, che contestava le modalità di rateizzazione del debito per servizio idrico, da qualificarsi come debito fuori bilancio (e quindi da ripianare nel termine triennale) e non come nuovo debito – per effetto della natura transattiva dell’accordo intercorso con la regione creditrice – da ripianare secondo un più ampio piano di ammortamento.

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