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In Italia, la già citata Casa delle donne per non subire violenza non si è limitata al meritorio lavoro di sostegno delle vittime e di raccolta dei dati di cui abbiamo dato conto nel capitolo precedente. Essa è stata, infatti, negli ultimi trent’anni, pressoché l’unico luogo di stimolo del dibattito teorico intorno a questo problema sociale70.

L’opera teorico-ricostruttiva più ampia finora realizzata nel nostro Paese è quella dell’avvocatessa Barbara Spinelli, che, come le colleghe americane, ha sommato all’impegno professionale un forte attivismo sul piano politico71.

Sulla falsariga del pensiero della Lagarde, per la Spinelli il femmi- nicidio è una categoria generale che raccoglie tutte le pratiche sociali fisicamente o psicologicamente violente, che attentano contro l’integri- tà e lo sviluppo mentale e fisico, la salute, la libertà o la vita delle don- ne, con l’obiettivo di stroncarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico. Il femmicidio sarebbe, invece, una sorta di sottoin- sieme nel quale sono inclusi solo i casi in cui le donne sono uccise72.

Si tratta di una ricostruzione, però, tutt’altro che condivisa e la di- somogeneità delle visioni sull’uso dei termini «femminicidio», «fem- micidio» e «femicidio» operata dalle diverse Autrici che ruotano intor- no al centro bolognese ne è la dimostrazione73.

Il dizionario online Treccani riporta come neologismi tanto «femmi- cidio» come «femminicidio», ma con due significati diversi. Il secondo

70 Cfr. www.casadonne.it/wordpress/chi-siamo/storia/. 71 La sua opera più importante, ristampata più volte, è: B. S

PINELLI, Femminicidio.

Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale, Milano, 2008.

72 Per un commento: L. A

DOLFI ET ALII (a cura di), Il costo di essere donna. Indagi-

ni sul femicidio in Italia. Dati 2010, Bologna, 2011, 6.

73 Disomogeneità evidente e non mascherata in: C. K

ARADOLE, A. PRAMSTRAHLER (a cura di), Femicidio. Dati e riflessioni intorno ai delitti per violenza di genere, Bolo- gna, 2011.

LE ORIGINI TEORICHE DEL DIBATTITO SULLA VIOLENZA ASSASSINA CONTRO LE DONNE

65 è stato inserito come neologismo già nel 2008 con la definizione: «Uc- cisione diretta o provocata, eliminazione fisica o annientamento morale della donna e del suo ruolo sociale», mentre il primo è apparso nel 2012 (ammesso anche nella versione con una sola «m») per indicare: «Omi- cidio di donne da parte di uomini, in particolare come conseguenza di mentalità e comportamenti di stampo sessista; femminicidio»74.

Queste definizioni sembrano rispettare abbastanza fedelmente la ri- costruzione della Spinelli, ma il riferimento finale al «femminicidio» contenuto nella seconda definizione lascia intendere che anche la reda- zione del dizionario, nel licenziare, fosse consapevole della sovrapposi- zione potenziale dei due termini nel linguaggio comune.

D’altra parte, l’accurata indagine di Matilde Paoli, consulente del- l’Accademia della Crusca, ha evidenziato che la distinzione nei signifi- cati di «femmicidio» e «femminicidio» abbia dei riscontri solo all’inter- no del dibattito scientifico. Nel nostro Paese circola e si utilizza corren- temente solo la parola «femminicidio», mentre «femmicidio» appare anche negli scritti assai raramente e comunque sempre con il medesimo significato del lemma suo gemello75. Nel linguaggio comune entrambe le parole si riferiscono all’uccisione di una donna, senza considerare le forme di violenza non letali.

A mio avviso, la ricostruzione più corretta resta quella di Ana Car- cedo riportata al punto precedente, poiché dà conto della complementa-

74 http://www.treccani.it/vocabolario/. Sono presenti delle definizioni di femmini-

cidio anche nei dizionari Devoto-Oli dal 2009 e Zingarelli, dal 2010.

75 Secondo la Paoli il rilancio giornalistico del termine femminicidio è avvenuto tra

la fine del secolo scorso e l’inizio dell’attuale con riferimento a culture altre, per poi ab- bracciare sempre più spesso casi italiani. Così nell’archivio del quotidiano ‘La Repub- blica’ l’esempio meno recente di femminicidio risale al 7 ottobre 2001 in un articolo dedicato all’Afghanistan. «Nel 2006 nello stesso archivio il termine, giunto alla quarta occorrenza, era ancora virgolettato; fino al 2010 non erano state raggiunte 10 occorren- ze, ma da quell’anno è un crescendo continuo (22 nel 2010, 31 nel 2011) che esplode nelle 276 del 2012». Nei primi sei mesi del 2013 sono state registrate più di 400 occor- renze. Nello stesso archivio «femicidio» appare dal 2005, ma fino all’aprile del 2013 non arrivava a venti occorrenze. Cfr. M. PAOLI, Femminicidio: i perché di una parola, 2013, disponibile alla pagina: http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/con

CAPITOLO II

rietà dei due lemmi e della loro duplice rilevanza sul piano interno e su quello internazionale.

Tuttavia, non dare centralità all’uso comune del termine che si è dif- fuso in Italia appare insensato, tanto più che il dibattito accademico na- zionale è assai limitato e non è ancora emersa né una linea comune né, almeno, una posizione maggioritaria su altre.

Per questo ritengo che il lemma da utilizzare per non creare confu- sione sia «femminicidio» e che il suo significato, lasciando al più am- pio concetto di violenza contro le donne le forme di manifestazione non letali, dovrebbe abbracciare solamente le uccisioni. Essendo, fortuna- tamente, estranea al contesto italiano la sistematica impunità segnalata in molti Paesi latinoamericani, una definizione adatta al nostro Paese dovrebbe selezionare le azioni omicide considerando rilevanti quelle che si originano direttamente o indirettamente da una situazione di di- scriminazione della donna, esplicita o implicita.

Non intendo con ciò prendere una posizione sull’opportunità del- l’introduzione di una fattispecie di femminicidio ad hoc nel nostro or- dinamento, cosa che farò nell’ultimo capitolo, ma dar conto della lettu- ra a mio giudizio più corretta, oggi, del fenomeno della violenza estre- ma contro le donne.

Il femminicidio è, infatti, un fenomeno sociale deplorevole, sulla cui definizione si può (e si deve ancora) discutere, ma sulla cui esistenza e consistenza sia gli studi scientifici sia l’esperienza della militanza fem- minista hanno definitivamente squarciato il velo76.