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Metodologie comuni di ricerca: necessità e carenze

Tutto qui. Guardando al fenomeno della violenza assassina contro le donne dal punto di vista globale non vi sono altre cifre disponibili.

Vanno perciò tenuti in scarsa considerazione messaggi allarmisti specie se si azzardano improvvide comparazioni planetarie18.

17 UNODC, Global study, cit., 49.

18 Purtroppo queste considerazioni, prive di fondamento o comunque assolutamente

indimostrate, abbondano sulle bocche dei politici italiani, a prescindere dal loro colore politico, ogni qual volta si parli di violenza contro le donne. Ne è un buon esempio il contenuto delle mozioni presentate alla Camera dei Deputati nella seduta del 3 giugno 2013, nel contesto della discussione della ratifica della Convenzione di Istanbul (http://

www.camera.it/leg17/187?slAnnoMese=201306).

Si legge: «la violenza maschile sulle donne è la prima causa di morte per le donne tra i 16 anni e i 44 anni in tutta Europa e nel mondo e, in Italia, più che altrove» (Mo- zione PD). Difficile da credere, visto che per l’Istat le principali cause di morte nelle donne tra i 25 e i 44 anni nel 2012 sono state: tumore al seno (526 casi), suicidio (201), incidenti d’auto (181) (cfr. ISTAT, Le principali cause di morte in Italia nel 2012, Ro- ma, 2014, 7; http://www.istat.it/it/archivio/140871).

Nella mozione di Scelta civica: «rappresentano cifre da brivido quelle del femmini- cidio in Italia (il Paese è ai primi posti nel mondo, calcolando che viene uccisa una donna ogni tre giorni)». La fonte in base al quale l’Italia si troverebbe in una situazione peggiore della maggior parte dei Paesi del mondo non è citata.

Nella loro mozione diversi esponenti di Forza Italia scrivono: «se si esamina il fe- nomeno nel nostro Paese, il quadro è comunque allarmante: dal 2005 al 2012 sono stati 903 i casi di donne uccise da uomini. Nel 2012, in Italia sono state uccise più di 120 donne, una ogni due giorni». Nella foga di enfatizzare la drammaticità della situazione, questi parlamentari (compresa una ex ministra alle pari opportunità) non si sono accorti che 365:120 dà come risultato 3 e non 2 (intesi come giorni tra un omicidio e l’altro).

Secondo diversi deputati del Movimento 5 stelle: «si è passati da un omicidio ogni tre giorni registrato nel 2011 a uno ogni due giorni» (senza fonte) e l’Italia è, tra i paesi

CAPITOLO I

Lo stesso studio UNODC esplicitamente dichiara che su scala mon- diale i dati di buona qualità relativi alla violenza estrema contro le don- ne sono limitati ed i modelli utilizzati non sono necessariamente validi in tutti i contesti. Per esempio, in periodi immediatamente successivi a un conflitto armato i rischi per l’integrità fisica femminile fuori dallo spazio domestico crescono molto di più. Solo aumentando numero e qualità dei dati è possibile comprendere più a fondo la violenza contro le donne in tutte le sue forme19.

Anche gli studi più ampi, promossi da organizzazioni internazionali, come quello di Garita Vilchez20, sono assai deficitari nella quantifica- zione del fenomeno.

Così, seppur credibile, va presa con beneficio d’inventario la triste classifica dei Paesi con il maggior tasso di femminicidi (2004-2009) proposta da quest’Autrice: El Salvador, Jamaica, Guatemala, Sud Afri- ca e Russia.

In questo breve elenco troviamo la conferma che il fenomeno della violenza contro le donne è davvero ‘globale’ e ‘interculturale’, anche se sarebbe il caso di dire: ‘a-culturale’.

Anche nei prossimi anni, purtroppo, è difficile immaginare che compaiano statistiche specifiche di buona qualità su scala planetaria. Fino al momento in cui non si raggiungerà un consenso giuridico inter-

europei, agli ultimi posti per contrasto al fenomeno della violenza di genere (in base a quale classifica? Stilata da chi?).

Per finire con la Lega Nord, i cui deputati hanno sottolineato: «l’entità drammati- camente allarmante del fenomeno del femminicidio» e affermato che: «nel nostro Pae- se, se da un lato negli ultimi 10 anni il numero complessivo degli omicidi è diminuito, il numero degli omicidi perpetrati nei confronti delle donne è aumentato in maniera allarmante». I dati ufficiali che ho riportato finora dimostrano che la prima parte della frase è vera, mentre la seconda è falsa, poiché il numero delle donne uccise è rimasto costante.

19 UNODC, 2011 Estudio global, cit., 58.

20 Promosso e finanziato nell’ambito della campagna del Segretariato Generale del-

le Nazioni Unite «ÚNETE para poner fin a la violencia contra las mujeres», questo ampio studio offre un valido panorama delle legislazioni americane sul tema, ma quan- to alle cifre si limita, in apertura, a poche tabelle, le fonti delle quali, peraltro, non sono richiamate. Cfr. A.I. GARITA VÍLCHEZ, La regulación del delito de femicidio/feminicidio

FENOMENOLOGIA E CRIMINOLOGIA DELLA VIOLENZA ASSASSINA CONTRO LE DONNE

21 nazionale sulla definizione di «femminicidio» – sul quale mi concentre- rò nei prossimi due paragrafi – continuerà a mancare il presupposto principale all’elaborazione di indagini che possano considerarsi valide: come è possibile elaborare classifiche se non si sa che cosa contare?

D’altra parte, l’esigenza di una misurazione che possa definirsi dav- vero scientifica, seppur ribadita anche da importanti esponenti di orga- nizzazioni internazionali21, pare non figurare tra le priorità. Queste, in- fatti, vanno nella direzione di predisporre strumenti con una dimensione ricognitiva del fenomeno piuttosto limitata, ma con una spendibilità

21 Per esempio si veda il rapporto per il Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu del 23

maggio 2012: R. MANJOO, Homicidios de mujeres relacionados con el género. - Informe

de la Relatora Especial sobre la violencia contra la mujer, sus causas y sus consecuen- cias, 2012 (http://www.ohchr.org/SP/Issues/SRWomen/Pages/AnnualReports.aspx) del

quale riporto tre punti assai importanti estrapolati dalle conclusioni e raccomandazioni: «105. Las deficiencias de los sistemas de información y la mala calidad de los datos constituyen grandes obstáculos para investigar los femicidios, formular estrategias úti- les de prevención y propiciar mejores políticas. Los marcos, las definiciones y las clasi- ficaciones diferentes que se emplean para conceptualizar el femicidio suelen complicar la reunión de datos de distintas fuentes y pueden hacer que la documentación no sea comparable entre comunidades o entre regiones. Los estudios sobre el particular se han realizado primordialmente con datos tomados de bases de datos sobre homicidios. La información que reúnen fuentes estatales u oficiales con frecuencia no está armonizada ni coordinada. Suele haber incongruencias con los datos que recopilan los distintos servicios, como falta de compatibilidad en las categorías que se utilizan para documen- tar las circunstancias que rodean al crimen, la relación entre la víctima y el autor y la violencia preexistente. Para establecer una base de datos eficaz hay que mejorar la cali- dad y la comparabilidad de los datos.

106. Al utilizarse categorías inexactas para clasificar los homicidios, como “otros”, se identifican mal los femicidios, y no queda constancia de ellos o ella no es suficiente, en particular cuando no tienen lugar en un contexto de familia. Otra práctica habitual es el empleo de categorías estereotípicas y que pueden entrañar prejuicios, como “crimen pasional” o “amante”.

107. La Comisión de Estadísticas, en atención a una solicitud de la Asamblea Gene- ral [si veda la Risoluzione dell’Assemblea Generale 61/143] aprobó en febrero de 2009 una serie de indicadores que pueden documentar la prevalencia de la violencia contra la mujer. Los indicadores propuestos incluyen el grado de violencia, la frecuencia, la rela- ción con el autor, la edad de la víctima y los registros de casos de homicidio. Según la información reunida hasta la fecha, ningún país tiene la información necesaria para calcular y establecer los indicadores propuestos».

CAPITOLO I

pratica più immediata, tendente ad offrire alle vittime assistenza e ri- sposte concrete assicurando i responsabili alle autorità giudiziarie22.

Si tratta di una scelta comprensibile, che privilegia le necessità della vittima come persona, ma che dovrebbe essere promossa assieme e non a scapito dell’elaborazione di strumenti di conoscenza indispensabili, nel medio periodo, per adottare politiche efficaci di contrasto alla vio- lenza assassina contro le donne. Tanto più che, senza numeri ‘veri’, lo spazio del dibattito pubblico sarà sempre dominato da demagoghi, po- pulisti o, peggio ancora, negazionisti.