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Gli effetti delle trasformazioni demografiche

IL QUADRO DEMOGRAFICO

7 Gli effetti delle trasformazioni demografiche

Dall’analisi svolta emergono come principali fattori di cambiamento della situazione demografica di Torino la rilevante diminuzione di popolazione giovanile e l’ulteriore aumento di popolazione anziana. Medesime tendenze si osservano nel resto dell’area metropolitana anche se con intensità diverse.

Il calo di popolazione giovanile avrà un effetto sul mercato del lavoro. Difficile però prevedere come questo si esplicherà dal momento che l’andamento del mercato del lavoro dipende da numerosi fattori. E’ possibile infatti che città come Torino tendano a sviluppare una domanda di lavoro nei settori dei servizi alle persone, della ristorazione, di custodia e in generale per posti di lavoro a bassa o modesta qualificazione, tipi di lavoro non troppo appetibili per giovani con aspettative –si suppone- più elevate. Parallelamente è probabile che si sviluppi anche una domanda di personale di medio-alto livello: professionisti, tecnici, imprenditori, dirigenti ecc.. Per questo tipo di domanda è forse più facile che il calo demografico e i relativi bassi tassi di scolarità torinesi possano determinare una situazione di migliore utilizzo di risorse umane. Oggi l’offerta di lavoro con i livelli di istruzione più elevati pare ancora essere sovrabbondante rispetto alle possibilità di lavoro, considerato che negli ultimi anni la dinamica della disoccupazione investe più i laureati che i diplomati (Ires 1998). Anche per i diplomati la situazione occupazionale potrebbe migliorare.

E’ comunque possibile che l’offerta di lavoro in alcune sue componenti si riveli insufficiente rispetto alla domanda, nel caso in particolare dei posti di lavoro a bassa qualificazione e in quelli ad elevata qualificazione. I flussi migratori possono essere una risposta, nel primo caso con problemi di integrazione e possibili conflittualità con i lavoratori locali a bassa qualificazione, nel secondo con problemi connessi alla concorrenza esercitata da altre metropoli.

La situazione che pare delinearsi suggerisce in ogni caso interventi volti a considerare i giovani una risorsa scarsa e ad evitarne la dispersione. In questo senso sembra opportuno un sempre maggiore impegno nelle attività di orientamento degli studenti alle scelte scolastiche nonché il sostegno a quei corsi di studi più adeguati alla domanda di lavoro prevista.

E' evidente che la dinamica occupazionale di Torino coinvolge non solo parte della popolazione residente, ma attrae lavoratori da un'area vasta. Tuttavia il calo di giovani si verifica in tutta la regione piemontese, ragione per cui a Torino la carenza di giovani potrà essere avvertita nonostante la possibilità di attivare flussi pendolari o trasferimenti di residenza dalle altre province. Pertanto, nel caso lo sviluppo economico della città lo richiedesse, occorrerà attivare flussi immigratori da altre regioni e dall'estero nella composizione socioeconomica più rispondente alle esigenze della struttura occupazionale della città.

Si sostiene spesso che la minore disponibilità di giovani uomini e donne possa essere compensata dalla aumentata partecipazione delle donne di tutte le età al mercato del lavoro. Si nota che i tassi di età femminili giovanili sono già parecchio elevati e che comunque anche la popolazione femminile è in calo. Se si fa invece riferimento alle donne più anziane allora si ripropone la necessità di significativi investimenti nella direzione della formazione professionale per le ragioni a cui si accenna di seguito.

Il processo di invecchiamento colpisce la composizione per età delle forze lavoro. Nei prossimi anni l’indice di struttura della popolazione in età lavorativa passerà - secondo le proiezioni citate - dagli attuali 102 lavoratori più anziani ogni 100 lavoratori giovani (le classi di età messe in rapporto sono

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35-54/15-34 anni) ai 140 su 100 nel 2015. Il problema della obsolescenza della forza lavoro – sempre più favorita dall’incalzante ritmo dell’innovazione produttiva - non potrà più essere risolto con il ricorso a politiche di pre-pensionamento sia per questioni di carico fiscale già elevato per il finanziamento del sistema previdenziale, sia per probabile carenza di forza lavoro giovanile su cui insistere per il ricambio generazionale sul mercato del lavoro. Diventerà pertanto sempre più pressante uno sviluppo adeguato della formazione professionale continua per i lavoratori.

A fronte di una diminuzione della popolazione in età attiva, cresce la popolazione anziana, in particolare quella nelle età più avanzate. Nel corso degli anni '80, il numero di ultrasettantacinquenni è aumentato in misura considerevole. Nei prossimi anni continuerà a crescere, seppure ad un ritmo meno elevato. L'incremento di popolazione molto anziana è soprattutto un problema assistenziale-sanitario. Si renderà necessario destinare risorse crescenti per il soddisfacimento dei bisogni di assistenza sanitaria e nel contempo, data l'attuale crisi del sistema finanziario pubblico, continuare a sviluppare nuovi tipi di risposte organizzative come l’assistenza domiciliare, le reti di buon vicinato, le associazioni di volontariato.

Per quanto riguarda la popolazione di anziani più giovani occorre ricordare che essa è progressivamente attraversata da coorti che si differenziano per background culturale e professionale accumulato nel corso della vita da quelle degli anni passati. Ne consegue che modificazioni di identità e stili di vita daranno probabilmente origine (e in parte già sta avvenendo) a mutamenti importanti nelle strategie residenziali, nella tipologia di consumi, nel modo di impiegare il tempo ecc.. Nella società di domani la condizione dell'anziano potrebbe essere meno marginale se le tendenze socioculturali che già oggi si avvertono saranno sostenute nell'ottica di valorizzare il 'tempo liberato' degli anziani per la collettività intera, oggi alle prese con una carenza di risorse per l'assistenza, la custodia dei bambini, la salvaguardia delle tradizioni, dei beni culturali ecc.

L’ampliamento della quota di popolazione anziana potrebbe avere un effetto nel mercato immobiliare favorendo la domanda di piccoli appartamenti.

Si è detto che all'origine dell'invecchiamento della popolazione di Torino risiede anche il rilevante calo di fecondità osservato in questi ultimi 20 anni. Sono sempre più numerose le coppie che si limitano ad un figlio. Tra i fattori alla base di tale fenomeno si riconoscono importanti trasformazioni socioeconomiche attraverso le quali è andata delineandosi un tipo di organizzazione sociale dei tempi e del lavoro che pare porre significative difficoltà alla vita familiare, limitando in particolare le possibilità di scelta delle coppie nel campo della procreazione. In questi anni si sono poi aggiunti ulteriori fattori che possono scoraggiare le coppie ad avere un figlio in più, una scelta che costituisce un investimento di lungo periodo. Il posto di lavoro appare più insicuro di un tempo a causa delle continue innovazioni produttive e delle transizioni di proprietà. Inoltre l’incertezza del reddito nell’età pensionabile potrebbe indurre alcune coppie ad accumulare di più limitando le dimensioni della famiglia.

Se così fosse, interventi nel campo delle politiche dei tempi, del lavoro, dei servizi per l'infanzia, nonché una maggiore attenzione alle famiglie con figli nel prelievo fiscale, potrebbe costituire da un lato il ripristino di condizioni di equità tra famiglie con figli e famiglie senza figli, dall'altro favorire una ripresa della fecondità nei limiti in cui essa risulta essere ostacolata da oggettive difficoltà alla realizzazione di progetti di procreazione già previsti.

E' improbabile che la fecondità possa raggiungere i livelli del passato, ma un leggero aumento potrebbe essere possibile e contribuire, insieme ai flussi migratori, a contrastare il fenomeno dell'invecchiamento della popolazione. Livelli di fecondità bassi come quelli di Torino e del Piemonte producono coorti giovanili sempre più ridotte a fronte di una popolazione anziana in

crescita come quota sul totale di popolazione. I flussi migratori possono arginare tali disequilibri demografici, ma occorre che siano molto consistenti e continui (Gesano 1994), a livelli ai quali sembra improbabile riuscire ad offrire condizioni accettabili di integrazione. Si può ritenere che se esistono margini per una crescita della fecondità questa debba essere favorita in modo tale che la popolazione si caratterizzi per un tasso di riproduzione ancora basso, ma su livelli più simili a quelli europei, con l'effetto di favorire un invecchiamento della popolazione più contenuto e più facilmente contrastabile dai tassi di crescita economica e dai flussi di immigrazione.

Quanto discusso a proposito di aumento della popolazione anziana da un lato e bassa fecondità dall’altro mette in evidenza che in futuro potrebbero porsi in modo più evidente che in passato questioni di scelte strategiche su come distribuire le risorse pubbliche tra le generazioni. Da un lato vi è la necessità di ampliare i servizi per la popolazione anziana, ma dall’altro risulta importante prestare particolare attenzione alle famiglie giovani onde evitare di appesantire ulteriormente la situazione demografica.

In ultimo, si sottolinea che l'analisi qui proposta è un contributo parziale alla conoscenza delle popolazioni che 'vivono' la città. In questa monografica ci si è occupati della popolazione residente. In realtà, come si è detto, le città metropolitane come Torino sono investite ogni giorno da flussi di popolazione diversi, richiamati dai servizi culturali, ricreativi, educativi, dal mondo degli affari. Sono popolazioni forse in aumento, mentre quella residente è in declino, che contribuiscono a congestionare la città, ne modificano le infrastrutture, impegnano i governi locali nel fronteggiarne gli inconvenienti, sono portatori di interessi che devono conciliarsi con quelli della popolazione residente.

L'esistenza di queste diverse popolazioni non diminuisce l'interesse per l'evoluzione demografica della popolazione residente, ma ricorda che l'analisi demografica non esaurisce il problema del rapporto tra città e popolazione.

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Tabella 1 - Movimenti anagrafici nell'area metropolitana nel 1997

n° comuni nati morti iscritti

dall'interno iscritti dall'estero cancellati per l'interno

cancellati

per l'estero Popolazione totale

Torino 1 6.975 9.603 17.284 4.545 23.077 918 914.818

I° cintura 23 4.778 4.133 18.290 817 18.025 453 541.351

II° cintura 29 2.305 2.215 7.998 322 7.414 166 246.966

Resto della provincia 262 4.117 6.220 18.406 844 16.412 339 516.836

Totale provincia di

Torino 315 18.175 22.171 61.978 6.528 64.928 1.876 2.219.971

Tabella 2 - Movimenti naturale, migratorio e complessivo della popolazione nell'area metropolitana torinese nei periodi 1981- '90 e 1991-'96(tassi percentuali medi annui)

Torino Incr. naturale Incr. migr. Incr. totale

1981-'90 -0,2 -1,1 -1,4

1991-'96 -0,3 -0,6 -0,9

Prima cintura Incr. naturale Incr. migr. Incr. totale

1981-'90 0,2 0,5 0,7

1991-'96 0,1 0,3 0,5

Seconda cintura Incr. naturale Incr. migr. Incr. totale

1981-'90 0,1 0,4 0,5

1991-'96 0,0 0,3 0,3

Area metropolitana Incr. naturale Incr. migr. Incr. totale

1981-'90 -0,1 -0,5 -0,5

1991-'96 -0,1 -0,2 -0,3

Tabella 3 - Indicatori relativi alla popolazione al censimento 1991

Comuni Indice di vecchiaia* Indice di

dipendenza** per cento di pop. di 65 anni e più Stranieri residenti ogni 1000 residenti

Roma 118,1 36,6 14,5 17,4 Milano 193,1 38,2 18,2 19,4 Napoli 68,8 41,8 12 5 Torino 159,1 37,6 16,8 9,8 Palermo 58,4 44,7 11,4 11 Genova 226,1 44 21,2 7,8 Bologna 306,3 44,9 23,4 8,3 Firenze 242,5 45 22 18,1 Bari 76,7 38,9 12,2 2,7 Catania 78,8 46,4 14 4,9 Venezia 198,2 38,6 18,5 4,5 Verona 161,8 40,6 17,8 8,6

Fonte: ISTAT, I grandi Comuni. Torino. 13° Censimento Generale della Popolazione e delle Abitazioni. 20 ottobre 1991. Roma: 1995, p.23

* Rapporto percentuale tra la popolazione di 65 anni e più e quella con meno di 14 anni ** Rapporto percentuale avente a numeratore la somma tra la popolazione con meno di 14 anni e quella con 65 anni e più e a denominatore la popolazione in età 14-64 anni Tabella 4 - Indicatori relativi ai bambini e ai giovani al censimento 1991

Tassi di scolarità Comuni per cento

bambini e ragazzi (meno di 14 anni) per cento di giovani (14-29 anni) Scuola materna (3-5 anni) Scuola dell'obbligo (6-13 anni) Scuola media superiore o università (14-29 anni) Tasso di disoccupazione giovanile ( 14-29 anni) Tasso di occupazione giovanile (14-29 anni) Roma 12,3 25,4 53,5 97,6 37,5 22,3 30,5 Milano 9,4 23,2 73,9 98,6 39 12,2 43,5 Napoli 17,5 29,6 48,9 95,9 27,1 41,7 14,1 Torino 10,5 23,3 66,8 98,4 33,8 18,2 41,2 Palermo 19,5 27,3 47,7 97,3 28,6 33,4 17,2 Genova 9,4 21,2 69,5 98,1 36,7 19,8 37,1 Bologna 7,6 20,2 84 99,5 37,2 9,3 50,9 Firenze 9,1 21,5 74,5 98,3 40,1 13,2 42,3 Bari 15,8 28,5 64,3 97,9 35,1 26,5 22,4 Catania 17,7 26,6 53,7 95,5 27,7 31,3 20,2 Venezia 9,3 23,9 79,7 98,9 35,4 15,7 42,9 Verona 11 23,5 82,2 99 35,3 9,9 49,2

Fonte: ISTAT, I grandi Comuni. Torino. 13° Censimento Generale della Popolazione e delle Abitazioni. 20 ottobre 1991. Roma: 1995, p.23

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Tabella 5 - Struttura per età nell'area metropolitana torinese dal 1981 al 2015

Torino 1981 1991 1996 2000 2005 2015 0-14 18 12 11 10 10 10 15-34 29 29 27 26 23 20 35-54 30 28 28 29 29 29 55-74 19 23 26 26 27 26 75-W 4 7 8 9 11 15 Totale 100 100 100 100 100 100 prima cintura 1981 1991 1996 2000 2005 2015 0-14 22 15 13 13 13 14 15-34 31 32 30 27 25 22 35-54 30 31 30 30 30 29 55-74 14 18 22 23 25 25 75-W 3 5 5 6 7 10 Totale 100 100 100 100 100 100 seconda cintura 1981 1991 1996 2000 2005 2015 0-14 22 15 14 14 13 13 15-34 31 31 30 27 25 22 35-54 28 30 30 30 30 29 55-74 15 18 21 23 24 25 75-W 4 5 6 6 8 10 Totale 100 100 100 100 100 100 area metropolitana 1981 1991 1996 2000 2005 2015 0-14 20 13 12 12 12 12 15-34 30 30 28 26 24 21 35-54 29 29 29 29 29 29 55-74 17 21 24 25 26 26 75-W 4 6 7 8 9 12 Totale 100 100 100 100 100 100