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TORINO - Prezzi medi costanti abitazioni nuove o copletamente ristrutturate

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Torino Internazionale - I DATI FONDAMENTALI Il mercato immobiliare 128

aumentata semmai è quella che si potrebbe definire l’insoddisfazione urbana, con un conseguente spostamento verso la cintura che ormai ha raggiunto la terza corona.

In questo quadro, la domanda oggi prevalente nel mercato è una domanda di miglioramento di uno

standard abitativo già accettabile, che quindi richiede sia maggiori superfici per unità immobiliare, sia,

soprattutto, come già detto, maggiore qualità edilizia ed urbana. A questa domanda si contrappone un’offerta che spesso non ha le caratteristiche richieste (basti pensare ad alcune periferie intensive costruite negli anni sessanta) e che quindi viene collocata con grande difficoltà. Inoltre una domanda con queste caratteristiche seleziona più attentamente l’offerta, con conseguente dilatazione dei tempi di acquisto.

A Torino si è verificata, a partire dagli anni ottanta, una sensibile erosione del patrimonio abitativo da parte del terziario diffuso. Il cambio d’uso da residenza ad uffici ha interessato nel periodo intercensuario circa 24.000 abitazioni. Si tratta di un numero consistente, tale da portare, pur considerando le nuove abitazioni costruite, ad una variazione negativa dello stock residenziale nel 1982-91 pari a circa il 5 per cento. Questo fenomeno, verificatosi in tutte le maggiori città italiane, ha conosciuto qui una maggiore intensità.

Il nuovo Piano Regolatore della città è un piano che risponde a questa situazione di mercato sovradimensionando l’offerta e quindi le previsioni di edificabilità, sia nel comparto residenziale, sia nel non residenziale. Questa scelta di non preoccuparsi troppo dei reali andamenti di mercato e, quindi, della fattibilità degli interventi previsti è forse spiegabile a posteriori dal momento particolare in cui il PRG è stato elaborato, che ha coinciso con una fase di mercato estremamente favorevole, con prezzi rapidamente crescenti (anni 1988-91).

Una caratteristica del mercato abitativo torinese rispetto ad altre realtà (solo Napoli è simile) è la presenza ancora significativa del comparto dell’affitto [63 per cento del totale ab. occupate al 1991]. Questo elemento è sicuramente un fattore strutturale positivo, che può favorire la ricerca di maggiore flessibilità economica.

Una novità, nel mercato immobiliare torinese, è il delinearsi di situazioni urbane con zone di concentrazione del degrado e della marginalità, con forti effetti sul mercato immobiliare (calo dei prezzi) e “reazioni” dal punto di vista sociale della popolazione residente. Si potrebbe forse parlare di una sorta di americanizzazione della città.

1.2 Il comparto uffici

Dopo la crisi di overbuilding che ha interessato quasi tutte le principali città del Nord a partire dalla fine degli anni ottanta, il mercato inizia oggi a riprendersi. A Torino, ancora debole nel comparto, è comunque forte il pericolo per gli operatori immobiliari rappresentato dal terziario diffuso. In altri termini appare elevata l’adattabilità del terziario privato in spazi ex residenziali, con conseguente possibilità di sovrastima della domanda effettiva.

1.3 Il comparto del commercio

Appare ormai quasi conclusa la crisi dei locali commerciali al dettaglio conseguenza del processo di modernizzazione che ha investito il settore negli anni passati. La nuova normativa sul commercio che liberalizza i negozi con piccole superfici di vendita ha ulteriormente accentuato la selezione delle localizzazioni dal punto di vista dell’attrattività commerciale, con conseguente uscita dal mercato delle localizzazioni marginali.

1.4 Il comparto industriale-artigianale

Il comparto industriale artigianale è importante per l’area metropolitana torinese anche dal punto di vista del mercato immobiliare, costituendo un tradizionale comparto di investimento per reddito. In modo più diretto di quanto accade per altri sottomercati, l’andamento del comparto è legato alla congiuntura economica, per cui gli anni novanta non sono stati particolarmente positivi.

In generale, se è certo che aumentano i mq per addetto (per il calo dell’occupazione), non sembra ancora definito univocamente il problema degli spazi a destinazione industriale. In altri termini, l’artigianato e l’industria oggi abbisognano di maggiore o minore spazio rispetto al passato?. Posta in questo modo la questione non appare particolarmente interessante: le previsioni sul comparto sono più legate ad una efficace politica verso l’artigianato e l’industria ed alla capacità competitiva dell’area che non ad un dimensionamento della domanda di tipo statico.

Da questo punto di vista è da ricordare come il Piano Regolatore abbia dimenticato il produttivo: rigidi vincoli sui tipi di interventi consentiti penalizzano il comparto. Il PRG ha inteso infatti le aree industriali, anche quelle attive, soprattutto come potenziali occasioni di trasformazione immobiliare e/o teorico ridisegno urbano.

2 Tendenze

Il mercato immobiliare torinese rimarrà un mercato difficile, ad elevato rischio di investimento e quello torinese non farà eccezione. Semmai per alcuni comparti potrebbe esserci una situazione di difficoltà maggiore rispetto ad altre città (ad esempio Milano).

Si è già detto che comunque le previsioni degli operatori sono abbastanza concordi nel ritenere chiusa la fase iniziatasi nel 1993 che ha pesato negativamente sul trend dei prezzi medi.

Vi è stata ed è ancora in corso una selezione tra gli operatori: si rafforzano quei pochi che svolgono una funzione di promozione immobiliare professionale a scapito della maggioranza per i quali il settore immobiliare ha costituito in passato un mercato più o meno occasionale di investimento a basso rischio e che oggi incontrano numerose difficoltà.

La mancanza o la scarsa presenza di promotori professionali (a differenza ad esempio della realtà milanese) costituisce oggi un limite che si manifesta nella difficoltà ad avviare rapporti pubblico privato efficienti. Spesso infatti ai limiti conosciuti dell’amministrazione pubblica, si somma una insufficiente conoscenza del mercato immobiliare ed una scarsa propensione al rischio da parte degli operatori privati. Si vedano, ad esempio, le difficoltà incontrate nella partecipazione ai programmi più innovativi di finanziamento di progetti integrati, dove spesso emerge da parte degli operatori un modo di intendere il rapporto pubblico – privato che nasconde la richiesta di una sorta di mercato protetto.

Vi sono segnali di un certo dinamismo del comparto dell’affitto che mostra un sensibile aumento del numero di contratti stipulati nel 1996 e 1997. Sempre nell’ultimo anno e mezzo sembra emergere anche una tendenziale diminuzione dei canoni reali, sia sul residenziale, sia sugli uffici. L’incremento dell’offerta è avvenuto per l’intrecciarsi di almeno due eventi: l’introduzione della tassazione sulla proprietà (l’ICI) e l’approvazione della norma sui patti in deroga. Tale situazione del mercato dell’affitto, combinandosi con la bassa inflazione ed i bassi interessi sui titoli di stato, produce tra l’altro rendimenti che iniziano ad apparire interessanti e, per la prima volta dal dopoguerra, si affacciano operatori disposti ad investire in immobili. Questo avvio di rivitalizzazione del mercato dell’affitto a Torino costituisce certamente un elemento positivo almeno da due punti di vista. In primo luogo un libero mercato dei fitti senza dubbio fluidifica lo stesso mercato della proprietà, allargando il ventaglio dei prezzi verso il basso e rendendo in complesso più efficiente l’intero mercato. In secondo luogo, come è già stato accennato, le dimensioni consistenti che ancora ha lo stock di unità immobiliari in affitto a Torino consente di offrire una flessibilità del mercato immobiliare che costituisce un elemento competitivo interessante.

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3 Cosa modificare/come intervenire

Un punto, in una certa misura ovvio, che però va collocato al primo posto è senza dubbio quello della definizione di strategie concrete volte a ridurre il disagio urbano (con particolare attenzione alla sicurezza ed alla mobilità) e quindi a favorire un ritorno verso la città o, più realisticamente, a frenare almeno in parte l’esodo verso le cinture.

Appare urgente e necessario attuare politiche urbane di sviluppo per il comparto artigianale– industriale, modificando le attuali normative che rischiano di frenare o rallentare investimenti produttivi. Se è vero che l’uso efficace delle scarse risorse pubbliche disponibili è (e diverrà ancor più in futuro) uno tra i principali fattori nella competizione tra città, occorre porre il massimo di attenzione affinché si promuova il miglior uso, e con il massimo di moltiplicatore possibile, delle risorse pubbliche destinate alle infrastrutture urbane. Cruciale da questo punto di vista appare la capacità di coinvolgere anche il capitale privato: il project financing potrebbe costituire una interessante possibilità. Per ultimo, non contrastare l’evoluzione del comparto dell’affitto verso un mercato più fluido con interventi locali che tendano ad irrigidirlo, favorendone piuttosto un ulteriore ampliamento.