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La Regione Manifatturiera Torinese: alcune evidenze statistiche . Premessa

POTENZIALE ECONOMICO E INDUSTRIALE

1 La Regione Manifatturiera Torinese: alcune evidenze statistiche . Premessa

Tracciare un profilo statistico della Regione Manifatturiera Torinese (d’ora in poi RMT) comporta, implicitamente o esplicitamente, la risposta a una serie di domande: a quale porzione di territorio facciamo riferimento parlando di RMT? Quali dati e quali fonti dobbiamo scegliere? Quale periodo è indicativo per cogliere i fenomeni che c’interessano? Soprattutto, quali fenomeni vogliamo rappresentare, quali ci permettono di costruire una visione sintetica della trasformazione? E’ necessario pertanto dare brevemente conto delle ipotesi che hanno guidato questa breve rassegna.

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Oggetto: la prospettiva prescelta è stata di non limitare a priori l’analisi ai settori, alle industrie e alle

attività la cui competitività e/o importanza fosse già nota nella RMT. Si è pertanto cercato di individuare tutti i settori che siano cresciuti nella RMT e solo ove possibile ricostruire le complesse trame di relazioni che costituiscono una filiera, un’industria o un cluster;

scala di riferimento: quali criteri siano adottabili per definire un concetto sfumato quale quello di RMT

può essere a lungo discusso. In questa sede sono state usate tre scale differenti, dalla cui sovrapposizione è lecito attendersi una comprensione delle dinamiche produttive e territoriali più profonda: Area Metropolitana Torinese (AMT), sistema locale di Torino, Provincia di Torino. Il sistema locale del lavoro, quale definito da IRPET-ISTAT, è stato usato sia per distinguere la prima cintura dalla seconda all’interno dell’AMT sia per identificare i diversi sistemi locali che compongono la provincia di Torino. Infine, la stessa provincia è stata scelta come scala rilevante in quanto, al momento delle elaborazioni, era l’unica scala di riferimento disponibile per i dati relativi ai flussi di import-export;

prospettive: la prospettiva scelta è stata quella di porre al centro dell’analisi le attività manifatturiere,

valutate conformemente alle performance settoriali in termini di numero di imprese, numero di occupati, esportazioni. Le altre dimensioni considerate centrali nell’economia contemporanea, sopra tutto i servizi all’impresa e le attività di ricerca e sviluppo, devono essere analizzate e valutate non in sé e per sé, ma nella prospettiva del loro contributo alla competitività del sistema manifatturiero;

scelta dei dati: dai punti precedenti deriva che diverse fonti di dati sono state integrate. Innanzi tutto,

per valutare la consistenza e le variazioni nel numero di imprese e di occupati, si è ricorso ai dati del Censimento Istat delle Attività Manifatturiere (1981 e 1991) e, soprattutto, ai dati contenuti negli archivi INPS, relativi alle posizioni contributive delle imprese registrate nella Provincia di Torino (1985-1995). Per quanto riguarda, l’import-export si è ricorso agli studi annuali pubblicati dall’Unione CCIAA del Piemonte in collaborazione con l’Ires. Per quanto riguarda le attività complementari a quella manifatturiera (servizi alle imprese e ricerca e sviluppo), ci siamo concentrati sulla interpretazione di alcuni studi recenti.

Pertanto, nel tenere conto della natura composita delle prospettive, delle scale e delle fonti, questo breve excursus sulla RMT si articolerà in quattro parti. Dopo alcune considerazioni introduttive sulla manifattura torinese nel suo complesso, passeremo ad analizzare nel dettaglio quali attività industriali si sono rivelate particolarmente competitive negli anni ottanta e novanta. La terza e la quarta parte, invece, saranno dedicate ad una breve analisi, rispettivamente, dei rapporti tra la RMT e il resto della provincia di Torino e del contributo dato da servizi alle imprese e dalle attività di R&S alla competitività del sistema manifatturiero torinese.

1.2 Dinamiche generali della RMT

Per osservare le dinamiche più generali della RMT, è utile considerare anzitutto i dati del Censimento delle Attività Manifatturiere per gli anni 1981 e 1991. In quel decennio le imprese sono complessivamente passate da 15.625 a 15.919, le unità locali da 16.386 a 17.155 e gli addetti da 321.835 a 282.374, con un processo di disindustrializzazione del tutto evidente.

La crisi della manifattura torinese si può interpretare con maggiore raffinatezza integrando questa evidenza con l’esito delle analisi di demografia industriale condotte su dati di provenienza Inps. Secondo queste analisi, infatti, tra il 1978 e il 1991 sono stati distrutti circa 169.100 posti di lavoro e ne sono stati creati 171.210, con un saldo positivo di circa 2.100. Di nuovo, la recessione è da imputarsi quasi interamente alla dinamica in atto nel capoluogo, in cui si consuma la distruzione netta di circa 9.400 posti di lavoro, quasi interamente compensati dai 9.300 posti di lavoro creati

nella prima cintura. Di fatto, ragionando in termini di sistema locale del lavoro, si giungerebbe alla conclusione di un sostanziale equilibrio nell’occupazione manifatturiera. Questo risultato è solo apparentemente in contraddizione con il precedente: infatti, gli archivi Inps raccolgono anche dati relativi alle posizioni contributive degli occupati in imprese torinesi operanti in unità locali esterne alla provincia di Torino, mentre il censimento Istat misura esclusivamente l’occupazione effettivamente locale.

Se mai, incrociando le letture dei due archivi emerge un’interpretazione più complessa della crisi della manifattura torinese, in quanto le imprese che hanno sede e, verosimilmente, funzioni dirigenti nel Torinese non hanno perduto la capacità di creare posti di lavoro, ma hanno allentato piuttosto i propri legami con la base produttiva locale.

Dal punto di vista territoriale emerge come negli immediati dintorni di Torino esista un nucleo fortemente industrializzato, appartenente tanto al sistema locale del lavoro quanto all’area metropolitana: tra il capoluogo e la prima cintura esisteva nel 1991 un rapporto di sostanziale equilibrio (rispettivamente 125.128 e 109.708 addetti, occupati in 8.370 e 5.686 unità locali). Il ruolo e le caratteristiche dei comuni appartenenti all’AMT, ma non al sistema locale del lavoro torinese, saranno invece chiariti nel terzo paragrafo.

1.3 I settori competitivi nella RMT

Le principali analisi sui settori competitivi nel sistema manifatturiero torinese sono state condotte su archivi Inps, avendo come base territoriale il sistema locale del lavoro di Torino, e sono riassunte nella Tabella 1.3.1. In essa vengono indicati i settori, ordinati per gruppi, che hanno mostrato una particolare dinamicità in termini di prestazioni effettuate dalle imprese da lungo tempo radicate nel territorio torinese, oppure in termini di creazione di imprese e posti di lavoro nel decennio 1985-1995.

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Tabella 1.3.1: La struttura manifatturiera del SLL di Torino

Dinamica radicata Natimortalità Specializzazio ne Concentrazione Meccanica - Meccanica di base - Componentistica - Elettromeccanica Macchine utensili ++ ++ - ++ - ++ + + - + - - -/+ Elettronica - Componenti ++ - + -

Lav. gomma e plastica - Gomma - Plastica ++ ++ - + + - Tessile - 1) -/+ + Chimica + + -/++ Stampa - Produzione carta - Trasformazione carta - Stampa + + ++ - + - + - + +/++ - - Note: 1) industria della maglia

Legenda:

Dinamica radicata Natimortalità Specializzazione Concentrazione ++ Forte crescita Dinamica positiva > 1,5 Grandi imprese + Crescita Staticità 0,8< S <=1,5 Medie imprese

- n.a. Dinamica

negativa < 0,8 Parcellizzazione

Oltre ai dati sulla dinamica dei diversi settori, sono stati considerati indici di specializzazione e di concentrazione che, almeno approssimativamente, aiutano a spiegare la struttura manifatturiera torinese.

Vediamo ora in maggior dettaglio i contenuti della Tabella 1.3.1.

Meccanica: per quanto riguarda i settori radicati con buone performance, si segnalano due gruppi di

settori. Da un lato, meccanica di base ed elettromeccanica sono cresciute nelle imprese già attive nel 1985 e ancora in vita nel 1995 (con una crescita rispettivamente di oltre 4300 e 870 occupati). Nel medesimo periodo si è tuttavia registrato un saldo di natimortalità di impresa negativo: tra il 1990 e il 1995, ben 993 imprese del settore “Officine meccaniche” ha cessato la propria attività, contro appena 645 avviamenti di nuove imprese. Dall’altro lato, componentistica e macchine utensili, pur non essendo caratterizzate da prestazioni particolarmente brillanti, sono caratterizzate da un saldo di natimortalità positivo.

Come mostra la Figura 1.3.2, tuttavia, nelle imprese già esistenti nel 1985 l’evoluzione è stata tutt’altro che positiva in termini di occupazione.

Figura 1.3.2: Andamento dell’aggregato manifatturiero meccanica nel SLL torinese (imprese operanti ininterrottamente tra il 1985 e il 1995) 0 5000 10000 15000 20000 25000 30000 Addetti 85 Addetti 90 Addetti 95 Subfornitura meccanica Subfornitura elettronica Meccanica di precisione Parti e componenti per auto Costruz. macch. utens. per lavoraz. metalli

Elettronica: per quanto riguarda la corrispondenza tra settori statistici e attività economiche, nel caso

dell’elettronica si è fatta l’ipotesi che il settore “Sistemi per il controllo dei processi industriali e componenti elettronici” riassumesse la dinamica della componentistica elettronica, mentre il settore “Macchine per ufficio ed elaborazione dati” riflettesse, seppur parzialmente, l’evoluzione dell’informatica. La produzione di componenti elettronici appare in crescita per quanto riguarda le

performance di imprese radicate da tempo nel sistema locale torinese, mentre la natimortalità

d’impresa mostra un andamento negativo, con un saldo negativo di 117 imprese nel periodo 1990-1991. Al contrario, il settore informatica appare caratterizzato dalla crescita sia in termini di occupazione creata da imprese di antica formazione che in termini di natimortalità di imprese (con un saldo netto di 95 imprese nel periodo 1990-1995). Tuttavia questa analisi statistica comporta due principali limiti interpretativi: innanzi tutto, trascura i rapporti con il sistema locale di Ivrea che costituisce tradizionalmente la “culla” dell’elettronica e dell’informatica piemontese e italiana; in secondo luogo, per l’elettronica e soprattutto per l’informatica la carenza di informazioni statistiche fa sì che gli unici strumenti di indagine siano fortemente qualitativi.

Gomma e plastica: le lavorazioni della gomma e della plastica appaiono entrambe in crescita, ma con

dinamiche opposte. Mentre le produzioni legate alla gomma sono cresciute in termini di natimortalità, quelle legate alla plastica sono cresciute soprattutto grazie a imprese di antica formazione. Nonostante la natimortalità positiva nel periodo 1985-1995, la lavorazione della gomma non sembra essere una specializzazione del sistema locale torinese, almeno in confronto con il resto della Provincia.

Chimica: la chimica tende a essere presente nel sistema locale torinese in tutte le sue specialità, con

occupazione in crescita nelle imprese già presente nel 1985: questa crescita non è tra le più alte ma riguarda ben cinque specializzazioni (sapone e detergenti; prodotti farmaceutici altri prodotti chimici per l’industria e l’agricoltura produzione prodotti chimici di base, produzione di mastici e vernici). A seconda della specializzazione, inoltre, sembra prevalere la parcellizzazione delle unità produttive o la concentrazione in grandi unità produttive.

Stampa: l’insieme dei settori legati alla stampa sono caratterizzati dalla crescita delle imprese di

antica fondazione, cui si sovrappone, tuttavia, una natimortalità negativa (almeno per la produzione di carta e cartone e per la stampa). Sembrano invece da ricondursi alle caratteristiche dei singoli settori i risultati dell’analisi della concentrazione, con la produzione di carta e cartone concentrata in stabilimenti medio-grandi e le attività di trasformazione e stampa parcellizzate in piccole imprese. Per completare il quadro di riferimento della manifattura torinese dobbiamo ancora considerare

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due elementi: innanzi tutto, i settori dal forte radicamento torinese le cui dinamiche siano di difficile interpretazione statistica; in secondo luogo, l’export dei settori e delle imprese torinesi.

1. Le specificità torinesi: dall’analisi dei censimenti ISTAT del 1981 e del 1991 emergeva la

crescita e il radicamento di due settori, che trovavano la propria localizzazione principale addirittura nel comune di Torino: “Costruzione di aeromobili e veicoli spaziali” (l’87 per cento dei 10650 occupati nell’AMT lavora nel capoluogo), cresciuto del 32 per cento e “Costruzione apparecchi per telecomunicazioni” che nel 1991 contava 4225 addetti nell’AMT, di cui 2862 in Torino. Tuttavia questi settori non compaiono più tra i settori in crescita nelle analisi aggiornate al 1995 e condotte sugli archivi INPS. Ammessa l’attendibilità dei dati, questa dissonanza statistica sembra confermare i segni di crisi dei due settori, fortemente dipendenti dal settore pubblico e spesso coinvolti in vociferati processi di delocalizzazione e ridimensionati.

2. Esportazioni e competitività: dall’analisi dell’import-export in Piemonte, tratta da “Import-export

in Piemonte 1997” a cura dell’Unione CCIAA del Piemonte e dell’IRES Piemonte, emergono alcune considerazioni che confermano l’analisi statistica qui presentata. Innanzi tutto, sino al 1995, anno cui giungono i dati INPS disponibili, la crescita delle esportazioni piemontesi è stata superiore alla media nazionale. Viceversa nel 1996 si è verificata addirittura una decrescita nell’export (-2.1 per cento) che non possiamo verificare nelle statistiche sull’economia reale.

Tendenzialmente i dati sull’export confermano l’importanza dei settori precedentemente evidenziati:

innanzi tutto viene confermata la preponderanza della meccanica: i prodotti in metallo e le macchine coprono l’80 per cento delle esportazioni totali;

i settori evidenziati come maggiormente dinamici sono anche quelli le cui esportazioni sono cresciute maggiormente tra il 1993 e il 1996: chimica (+79,5 per cento); prodotti in metallo e macchine (+62 per cento); gomma e plastica (+55,9 per cento);

nel breve periodo (1995-1996) sono invece gomma e plastica e chimica ad aver risentito meno della flessione dell’export piemontese (rispettivamente +16 per cento e +15 per cento); tra i settori che si sono comportati peggio, dobbiamo, invece, sottolineare: cellulosa e prodotti affini (-7,6 per cento); carta e prodotti cartotecnici (-6,2 per cento) e i prodotti metallici e le macchine (-5 per cento circa).

1.4 Regione Metropolitana Torinese e Provincia di Torino

I rapporti tra la RMT intesa nel senso più ristretto, cioè come sistema locale del lavoro, e il resto della provincia si possono definire in primo luogo in riferimento alle relazione tra Comune di Torino, prima cintura e seconda cintura.

In linea di massima, i dati dei censimenti Istat confermano la deindustrializzazione del capoluogo e la crescita della prima e della seconda cintura: quest’ultima, nel periodo 1981-1991, ha addirittura superato il capoluogo relativamente al numero di addetti nel settore componentistica.

Tuttavia la distinzione tra prima e seconda cintura è piuttosto artificiosa: i principali comuni che appartengono alla seconda cintura, infatti, fanno a loro volta parte di altri sistemi locali, di cui spesso sono i centri principali. E pertanto opportuno confrontare, ove necessario, le dinamiche della manifattura nella RMT con quelle del resto della provincia o di sistemi locali del lavoro particolarmente significativi.

paragrafo si è sottolineato come questo settore abbia registrato una natimortalità positiva nel periodo 1990-1995 nel sistema locale torinese (Figura 1.4.1).

Figura 1.4.1: Imprese nate e cessate nel settore Componenti auto nel SLL di Torino

1990 1991 1992 1993 1994 1995 0 5 10 15 20 25 1990 1991 1992 1993 1994 1995 Cessate Nate

Il confronto con il resto della provincia ci permette di valutare meglio questa dinamica (Figura 1.4.2). Come si può osservare, mentre nella RMT il saldo positivo della natimortalità dipende esclusivamente dalle prestazioni del 1990 e del 1991, nel resto della Provincia la crescita del settore è conseguente a un’inversione nella dinamica del settore che vede saldi positivi consecutivamente dal 1992 al 1995.

Questo dato è una chiara indicazione del fatto che l’industria automobilistica estenda le proprie logiche territoriali ben al di là dei limiti della sola RMT. All’interno della Provincia si distingue la posizione di Pinerolo, il cui saldo nullo nel periodo 1990-1991 corrisponde a una situazione piuttosto vivace ma instabile, con 8 imprese nate e altrettante cessate e, all’opposto, di Avigliana, con un saldo complessivo positivo, con saldi annuali mai negativi.

Verosimilmente l’estensione dell’indagine lungo l’asse Sud della tangenziale, verso Villanova d’Asti, ci permetterebbe di aggiungere nuovi significativi tasselli alla comprensione delle logiche localizzative dell’industria automobilistica.

Figura 1.4.2: Imprese nate e cessate nel settore Componenti auto nel resto della provincia

1990 1991 1992 1993 1994 1995 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1990 1991 1992 1993 1994 1995 Cessate Nate

Un altro settore che può essere meglio valutato se esaminato su scale differenti è l’elettronica e l’informatica. In questo caso il sistema locale di riferimento è quello di Ivrea che, fino alla crisi dell’Olivetti, costituiva il principale polo della elettronica italiana, se non l’unico (l’indice di

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specializzazione elettronica per il sistema locale di Ivrea è pari a 11,16).

Il destino delle competenze e delle conoscenze sviluppate nell’Eporediese è probabilmente il punto centrale per comprendere l’evoluzione delle attività legate all’elettronica. L’analisi statistica offre una comprensione estremamente limitata delle dinamiche di questo comparto, in bilico tra industria e servizi, di recente crescita e non agevolmente coglibile ricorrendo alle fonti statistiche esistenti. Nondimeno può risultare interessante confrontare la natimortalità di questi settori nel sistema locale di Torino con quella nel sistema locale eporediese.

Figura 1.4.3: Confronto tra i sistemi locale torinese ed eporediese nel settore “Macchine per ufficio ed elaborazione dati” -10 -5 0 5 10 15 20 25 30 1990 1991 1992 1993 1994 1995 Saldo Ivrea Saldo Torino

La figura 1.4.3 mostra come, mentre la situazione è rimasta pressoché stabile nell’Eporediese, il settore rappresentato, strettamente legato all’informatica, sia invece cresciuto nella RMT. Al contrario, la natimortalità nel settore “Sistemi per il controllo dei processi industriali e componenti elettronici” indica chiaramente la marginalità della componentistica elettronica piemontese, dove alla sostanziale stabilità dell’Eporediese fa riscontro la crisi tra il 1990 e il 1993 del settore nel sistema locale torinese (figura 1.4.4).

Figura 1.4.4: Confronto tra i sistemi locale torinese ed eporediese nel settore componenti elettronici

-35 -30 -25 -20 -15 -10 -5 0 5 10 1991 1992 1993 1994 1995 Saldo Ivrea Saldo Torino

Restano da considerare brevemente alcuni fattori che, sebbene nella nostra prospettiva debbano essere valutati e misurati sul metro della competitività manifatturiera, permettono di definire il contesto – le opportunità e le debolezze – al cui interno evolve la struttura produttiva locale.

Servizi alle imprese. L’indagine condotta dall’Unione Industriale su un campione di circa 50 imprese

offre una serie di elementi utili per valutare il ruolo dei servizi all’impresa. Da questa indagine emerge come il comparto sia strettamente legato a quello manifatturiero: innanzitutto, si tratta di imprese medio-piccole che lavorano prevalentemente per il mercato locale e che potrebbero competere sul mercato comunitario con estrema difficoltà (appena il 20 per cento delle imprese intervistate è esportatrice abituale di servizi); in secondo luogo, il fatto che il 25 per cento delle imprese di servizi intervistate trae origine dal comparto manifatturiero. Analogamente, le strategie attuali di sviluppo vedono ai primi posti l’espansione della gamma e il consolidamento delle posizioni, piuttosto che l’espansione territoriale, la stipula di accordi o di franchising.

Ricerca scientifica. La ricerca scientifica e l’innovazione avvengono principalmente attraverso tre

circuiti relazionali privilegiati:

innanzi tutto le attività di ricerca e sviluppo che a Torino vedono la presenza di importanti centri di livello internazionale, soprattutto nel campo della metrologia (Istituto G. Colonnetti, Istituto Galileo Ferraris) e delle telecomunicazioni;

in secondo luogo, i centri di ricerca privati: l’attore più importante, in questo contesto, è il Centro Ricerche Fiat che costituisce un interlocutore privilegiato per molte imprese localizzate nel Torinese; tuttavia non si deve dimenticare che la maggior parte dell’innovazione viene gestita

internamente, con l’allestimento di centri di ricerca e lo sfruttamento dell’esperienza e di routines;

in terzo luogo, la collaborazione dei principali componentisti dell’industria automobilistica con i car

designer ha fatto sì che progettazione e produzione divenissero sempre più interconnesse e, pertanto,

che l’attività di ricerca e sviluppo dovesse essere svolta da ogni singolo fornitore di primo livello.

Investimenti esteri. Dall’indagine “Gli investimenti esteri in Piemonte”, curata dall’IRES, risultano

operanti in Piemonte 383 unità operative a capitale estero. La provincia di Torino è di gran lunga la principale destinazione degli investimenti esteri, con il 59,8 per cento delle unità, percentuale che sale all’85 per cento nel caso si considerino le sole imprese di servizi. La maggior parte di questi investimenti si concentra nella metalmeccanica (40 per cento delle unità locali) e in particolare nella filiera automobilistica (22 per cento delle presenze estere). Per quanto riguarda le modalità di localizzazione, l’analisi condotta dall’IRES su un campione di 71 imprese sottolinea la sempre minore incidenza delle localizzazione greenfield rispetto alle acquisizioni (gli insediamenti ex novo sono diminuiti dal 64 per cento per le localizzazioni antecedenti al 1973, al 40 per cento per le localizzazioni degli ultimi cinque anni). Questo dato appare particolarmente significativo se si considera che ormai una maggior ragguardevole parte dei principali “componentisti” torinese appartiene a grandi gruppi multinazionali fornitori di tutti i principali costruttori di automobili. Un altro elemento estremamente significativo è dato dal rapporto tra la destinazione (o scala) dell’insediamento e i fattori che sono stati giudicati fondamentali per le strategie delle imprese straniere in Piemonte. Infatti le imprese strategicamente orientate verso fattori specifici (vantaggi da costi, accesso a tecnologie ecc.) prediligono nel 74 per cento dei casi il sistema locale e si tratta per il 62 per cento di investimenti greenfield. Dall’altro lato, ove prevalga una strategia di ingresso nel

mercato l’interesse è piuttosto legato alla scala nazionale (41 per cento dei casi) e all’acquisizione di

imprese già operanti nel mercato (48 per cento degli insediamenti).

Il Piemonte ospita complessivamente circa il 15 per cento degli investimenti diretti esteri presenti in Italia, seconda regione dopo la Lombardia. La presenza di aziende in partecipazione estera rappresenta ormai da alcuni anni uno degli indicatori più importanti del grado di

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internazionalizzazione di una città e di un territorio. Sotto questo profilo, Torino e il Piemonte hanno una posizione importante nel Paese. Ma resta il fatto che l’Italia non ha mai fatto nulla per