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Opportunità, vincoli, elementi da modificare

SPAZI URBANI E TERRITORIALI

3 Opportunità, vincoli, elementi da modificare

Manca una consapevole ed esplicita "lettura" di alcuni fra gli spazi urbani e territoriali esistenti o potenzialmente configurabili come elementi costituenti ambienti con i caratteri di “porta di ingresso” nella Città ma anche dall’esterno nell'area torinese e in particolare nella conurbazione. Non è tanto l'assenza o carenza di questi spazi il problema quanto quella di riconoscerli in quest'ottica e pertanto sviluppare per essi progetti e proposte che si arricchirebbero spazialmente e paesaggisticamente di un "valore aggiunto" a quello che tali spazi assumerebbero quando sono considerati come luoghi in sè (anche se inseriti in una rete di luoghi o di nodi).

A titolo d'esempio molti degli spazi che precedentemente sono stati considerati ed elencati potrebbero essere guardati nell'ottica di una loro "geografia volontaria" volta a cogliere anche la potenzialità di “porta” che essi potrebbero svolgere.

Nella Città ci si riferisce: all'ingresso da Nord, dall'ambito Spina 4 della Spina centrale; dall'area dell'ex Manifattura Tabacchi e del Regio Parco; all'ingresso da Ovest, dall'area della "Continassa" -Stadio delle Alpi e dall'innesto del prolungamento di C.so Grosseto fino alla Tangenziale (ed agli interventi di recupero urbano lungo il C.so Grosseto oggetto del più grande dei PRU progettati dalla Città di Torino), dall'area di trasformazione oggetto di programma di riqualificazione urbana "Castello di Lucento" ex-Texsid nel segmento più ad Ovest di C.so Regina, alla zona circostante C.so Francia a cavallo del confine comunale di Torino, nella quale sono localizzati l'intervento di riuso residenziale ed a servizi dell'ex-Venchi Unica ed il previsto Centro di ricerche aerospaziali Alenia nell'ambito della riorganizzazione dello stesso stabilimento industriale Alenia; all'ingresso Sud-Ovest e Sud, dalla zona Drosso-Mirafiori-C.so Orbassano (fra quelle qui considerate e questa la "porta" forse più difficile per la minor "durezza" e trasformabilità che il tessuto urbano presenta), alla zona di p.zza Bengasi e del Lingotto (il caso forse più esemplificativo di deficit di considerazione di questi spazi non solo come possibile porta di ingresso urbana da Sud ma, innanzitutto, come spazi relazionabili invece di presentarsi attualmente come del tutto estranei fra loro), la zona della riva sinistra del Po e d'Italia 61 (è questa forse l'unica zona che già oggi può essere considerata come già in grado di svolgere, almeno in parte, la funzione di porta d'ingresso di Torino lungo la penetrazione del corso Unità d'Italia dalle Autostrade e dalla Tangenziale).

Va sottolineato come il più importante ed esteso sistema di spazi urbani progettato dalla città, quale è la Spina centrale, pur potendo essere connotato da un prevalente carattere d'assialità, non è concepito ai suoi estremi come “porta della città” (se potenzialmente Spina 4 può essere inserita in quest'ottica, la conclusione della Spina indicata dal PRG in corso Turati/Unione Sovietica, sembra non cogliere la prospettiva di un prolungamento verso Sud, anche se può essere considerata più di una potenzialità la ideale prosecuzione della Spina lungo i Mercati Generali, l'ex Dogana e il Lingotto stesso fino al margine della conurbazione di Nichelino).

Per quanto riguarda le "porte" della conurbazione ci si riferisce in primo luogo al territorio intorno agli svincoli del sistema autostradale/tangenziale (Falchera, Aereoporto-Tangenziale, Borgaro, Venaria, C.so Regina, Collegno, Rivoli, C.so Allamano, Drosso-Mirafiori, Stupinigi-Debouché, La Loggia, Moncalieri); sono questi casi evidenti di latente potenzialità a fronte di uno stato di fatto che ignora completamente queste parti del territorio metropolitano come possibili luoghi territoriali (ad esempio proprio come "porte" della conurbazione stessa) oltre al, peraltro neanche sempre presente, utilizzo degli spazi intorno agli svincoli come zone ove localizzare attività e servizi esclusivamente o prevalentemente riferiti all'accessibilità ed alla mobilità mediante i mezzi di trasporto privati.

Torino Internazionale - I DATI FONDAMENTALI Spazi urbani e territoriali 112

Gli spazi urbani e territoriali già presenti o potenziali possono anche essere considerati come "oggetti" per inseririsi (e ciò vale per Torino ma anche per i Comuni della conurbazione nel cui territorio sono localizzati questi spazi) nelle reti di città europee, sia

quelle più "generaliste" (è il caso di Eurocity) che nelle reti più specializzate (ad esempio le reti

Quartiers en crise o quella delle città europee sedi di stazioni dell'Alta velocità ferroviaria europea);

spazi che possono anche essere considerati sia come "movente" e ragione per accedere ai fondi europei e consentire così ai Comuni di essere partner di politiche urbane dell'Unione Europea (quartieri pubblici da recuperare socioeconomicamente ed urbanisticamente, vuoti industriali nei confronti della produzione e dell'occupazione, spazi dell'innovazione tecnologica, parti consistenti del patrimonio storico ambientale di rango non locale da conservare e riqualificare-valorizzare, ecc., sono molti degli spazi urbani e territoriali che sono stati precedentemente evidenziati). Quello che sembra necessario, guardando con questa ottica gli spazi, ma anche più in generale, è la esplicitazione di politiche locali (a livello dell'intera area torinese o sub-regionale) che possono cogliere le differenze fra politiche di sostegno e sviluppo di un sistema urbano "autonomo" (e che in quanto tale si connette con "filiere" globali) e politiche di attrazione di segmenti decentrati e decentrabili di "cluster macro-regionali.

E’ utile, anche nel contesto e nell’ottica degli spazi urbani e territoriali, riprendere il tema dell’Alta velocità ferroviaria e della sua stazione (già considerato nel capitolo sui Trasporti). La prospettiva necessaria di un’Alta Velocità mista e cioè non specializzata soltanto per i passeggeri ma utile al rilancio del trasporto delle merci sul ferro, pone problemi di diversa natura per l’organizzazione funzionale e spaziale della città e del territorio metropolitano (centralità urbana per i passeggeri e localizzazione esterna per le merci ed i luoghi della loro intermodalità).

Va sottolineato, però, anche l’alto potenziale di effetti di riequilibrio per il territorio esterno alla Città se la stazione dell'Alta Velocità è un efficiente ed efficace nodo di integrazione dei diversi livelli (trasporto locale, regionale, nazionale ed internazionale) e modi di trasporto (ferrovia, aereo, gomma, mezzi individuali).

La stazione (oggi decaduta a semplice “biglietteria” o “pensilina” e quasi sempre a “centralità” del degrado socio-urbano) assume nuovi caratteri simbolici, assolve importanti funzioni puntuali ed è nodo di filamenti funzionali che interessano sia il sistema urbano che quello territoriale più vasto. La stazione è, in altri termini, un fuoco della stessa innovazione e riqualificazione della città come sistema locale e come nodo di reti sovralocali. L’intorno della stazione, come luogo contestualizzato alla città, deve ospitare funzioni nuove e riqualificare e reinterpretare quelle preesistenti che abbiano relazioni con il motivo dello spostamento (per business e lavoro) o del viaggio (per il tempo libero). In altri termini si tratta di concepire servizi ed attività rivolti ad un city-user interregionale ed europeo che si sposta su medi e lunghi percorsi nei nodi e poli della rete.

L’ambito della stazione (la sua dimensione, qualità morfologica ed accessibilità) è particolarmente importante proprio per il forte ruolo che può giocare per l’immagine stessa di Torino (è il punto di contatto e di distacco da essa), come “paesaggio” vicino e spesso metafora dello stesso paesaggio urbano più complessivo (durante il viaggio il paesaggio è trasfigurato dalla velocità e si può cogliere soltanto quello che appare in lontananza, all’orizzonte) e pertanto deve e può essere progettato come un “luogo”.

Nonostante incoraggianti segnali, rimane ancora debole il rapporto fra il progetto di Torino ed il territorio metropolitano e su di esso pesano un non completamente superato localismo dei comuni dell’area torinese e l’assenza della Città metropolitana come nuova condivisa Istituzione di governo del territorio. E’ uno scenario nel quale muove primi passi tentativi la Provincia di Torino e rispetto al quale si deve anche registrare una sostanziale “assenza” della Regione Piemonte.

E’ un rapporto, contraddistinto da relazioni fra comuni ed il capoluogo che restano improntate ad una certa “diffidenza” anche se nel tempo si sono affievoliti gli effetti e gli impatti, sul territorio della conurbazione, delle decisioni urbanistiche di Torino, sono mutati quantità e tipi di insediamenti direttamente od indirettamente determinati dalla Città sul territorio dei comuni metropolitani (prevalentemente quartieri di edilizia residenziale pubblica, attività industriali, attività ed infrastrutture grandi consumatrici di spazio); insediamenti che, più recentemente, hanno invece riguardato anche funzioni terziarie di livello metropolitano (Centro intermodale delle merci e nuovo Centro agro alimentare nella zona sud-ovest, quasi tutti i centri commerciali della grande distribuzione, ecc.), ma anche funzioni di servizio e culturali di rango non locale (museo del Castello di Rivoli, decentramento delle facoltà universitarie di Agraria e Veterinaria a Grugliasco, potenziamento del polo universitario-ospedaliero S. Luigi di Rivalta-Orbassano).

Recentemente è tuttavia possibile registrare una prospettiva più favorevole all’instaurarsi di un dialogo istituzionale ed operativo fra i comuni e Torino, fra i comuni stessi e la Provincia; ciò può essere colto nella compresenza di tre circostanze che potrebbero interagire virtuosamente.

La prima circostanza è costituita dall’intenzione esplicitata da Torino di assumere nella propria ottica strategica ed operativa di governo della città, una dimensione metropolitana basata su relazioni cooperative con i comuni e la Provincia; la seconda è rappresentata dalla volontà politica e dallo “stile” di comportamento istituzionale della Provincia di Torino basati su di una costruzione “dal basso” della pianificazione e dell’intervento territoriale, offrendosi come soggetto produttore di “valore aggiunto” di tipo cooperativo nel governo delle trasformazioni territoriali metropolitane; la terza consiste, infine, nella capacità che i Comuni hanno e stanno dimostrando di avere, di esplicitare loro strategie ed obbiettivi, avanzare progetti e proposte, promuovere patti locali, immettere sul “mercato” del territorio metropolitano vocazioni, immobili ed ambiente da valorizzare, opportunità per l’insediamento di funzioni non locali.

L’ultima circostanza evidenziata sembra, quasi paradossalmente, potersi considerare un esito positivo di una lunga fase di “vuoto” istituzionale e politico nella quale è venuta a trovarsi l’area torinese dopo il 1985 (con la fine dell’esperimento comprensoriale, l’attesa prima e l’indispensabile “apprendimento” poi da parte della Provincia dei nuovi compiti intermedi e di pianificazione del territorio, il forte ridimensionamento dell’azione della Regione e la sua sostanziale rinuncia ad intervenire nel coordinamento ed indirizzo metropolitano). In altre parole, è come se ciò, dopo una prima fase che ha visto accentuarsi il localismo (fino a configurarsi come sterile campanilismo), abbia aiutato i Comuni stessi ad una maturazione e maggiore consapevolezza della possibilità di avere ruolo e diritto di avanzare proposte non solo rivolte al proprio interno ma anche verso il territorio più vasto. Va colto come favorevole ad un “sentire”ed alla costituzione di una cultura cooperativa metropolitana, il fatto che i Comuni intorno a Torino possano discutere e decidere con il capoluogo e la Provincia a partire dai loro progetti e non solo da quelli (quasi sempre da contrastare “per principio”) dei soggetti istituzionali più forti.

Vi sono comunque ragioni più oggettive a sostegno della necessità ed opportunità che il progetto globale e locale di Torino faccia riferimento al territorio metropolitano.

E' in esso che si trova un cospicuo patrimonio ambientale, paesistico e storico-culturale con elementi fondamentali integrati o relazionabili con quelli della Città (il sistema del verde e dell’ambiente fluviale che penetra fin dentro il cuore di Torino, il sistema urbanistico monumentale barocco delle dimore e dei parchi sabaudi con, in particolare, l’ecclatante occasione del recupero della reggia di Venaria e del complesso di caccia di Stupinigi) che possono costituire struttura o sfondo fisico-ambientale favorevole e di sostegno della valorizzazione, trasformazione, individuazione di spazi urbani già esistenti e nuovi.

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E' nel territorio metropolitano che, fra polarità non solo locali già in atto, aree ed edifici dismessi (industriali e grandi contenitori di servizi non più in funzione come gli ex ospedali psichiatrici) e previsioni e progetti dei piani regolatori vigenti o in avanzata fase di rinnovo, si trovano consistenti opportunità insediative per grandi servizi (è il caso della proposta di Collegno e Grugliasco per l’università), per la residenza, per le attività terziarie e produttive di buon livello operativo ed urbanistico. Si tratta di opportunità che possono virtuosamente essere “messe in rete” con quelle di Torino (ed assumere i caratteri anche di un modello spaziale riconoscibile) oppure rimanere soltanto episodi locali restando significativamente al di sotto delle potenzialità che esprimono rischiando, in sostanza, di non conseguire gli stessi obbiettivi che si prefiggono localmente (rilancio occupazionale, sviluppo economico, riqualificazione ambientale ed urbana di quella grande periferia che potrebbe rimanere la conurbazione).

Nel territorio metropolitano i presupposti di tutto ciò sono però resi incerti dalla perdurante debolezza dell’armatura urbana, della sua qualità formale e dell’ “effetto città”, dalla modesta accessibilità con il trasporto pubblico, da una insufficiente e poco integrata organizzazione urbanistico-infrastrutturale, dalla limitata qualità dei servizi pubblici.

E’ proprio nel trasporto pubblico a sostegno dello sviluppo dell’accessibilità e della mobilità metropolitana che sembra necessario individuare la priorità dell’azione strategica e degli interventi operativi. Progetti e programmi di rilievo strutturale e carattere innovativo sono stati messi a punto ma le risorse economiche ed il tempo necessario per fruirne degli esiti positivi richiedono attenzione, impegno ed azioni non settoriali da parte di tutti i soggetti.

Schematicamente è possibile riassumere per punti alcune linee da perseguire per modificare elementi contraddittori o carenze nelle tendenze precedentemente considerate.

Nella Città è necessario ed opportuno:

- superare le molte difficoltà operative (urbanistiche ma soprattutto di mercato) di tante aree di trasformazione urbana, private e pubbliche, della Città e del territorio da riqualificare e rifunzionalizzare (a partire dalla Spina, dalle aree urbane dismesse ma non soltanto) accelerando le variazioni del PRG in corso di definizione, negli obbiettivi e contenuti (ricercando soprattutto un’efficace compatibilità fra finalità di competizione strategica della Città e risposta da dare anche a livello locale e di quartiere);

- in questo contesto vanno anche superate le troppe difficoltà al momento riscontrabili con cui procedono soprattutto le “dotazioni” di ambiente e di nuovi parchi urbani quale esito atteso delle trasformazioni previste dal PRG, una difficoltà che è in parte da afrrontare all’interno della normativa del PRG ma sopratuto sciogliendo i nodi che rallentano o rendono debole l’azione di trasformazione urbana;

- sostenere economicamente e realizzare nei tempi più rapidi possibili le innovazioni e le dotazioni relative al sistema della mobilità urbana in una visione integrata con le trasformazioni operabili relative agli spazi urbani fin qui richiamate (a partire dalle stazioni, da quelle più locali a quelle internazionali, del Passante ferroviario);

- esplicitare ruoli e funzioni più convincenti e coerenti all’interno di una visione strategica, per spazi sottoutilizzati o da rifunzionalizzare (è il caso, ad esempio, di Italia ‘61, di Torino Esposizioni o del grande edificio e dell’area delle ex OGR non compresi nel raddoppio del Politecnico in Spina 2). Nel territorio metropolitano è necessario ed opportuno:

- superare la competizione localizzativa fra i diversi territori comunali valorizzando cooperazione ed azioni più consapevolmente integrate (è il caso, ad esempio, della grande “occasione” costituita dal riassetto multipolare del sistema universitario di Torino) sviluppando una cultura del “valore aggiunto” conseguente all’operare in rete;

- superare la diffidenza paralizzante (e l’ancora non sufficiente iniziativa dei soggetti istituzionali) per un agire e governare “metropolitano”;

- esprimere una visione strategica condivisa dell’area torinese (e non solo della Città), aumen-tando la progettualità del territorio metropolitano;

- perseguire il massimo dell’integrazione possibile fra le politiche ed i progetti relativi ai grandi spazi urbani territoriali e quelle relative al sistema della mobilità.

Va infine colta e considerata con interesse una certa capacità di "produrre" una coesione di interessi (ai fini di esercitare una pressione nei processi decisionali esterni che possono favorire lo sviluppo della Città e dell’area torinese), che ha già recentemente trovato occasioni di sperimentazione. Ci si riferisce, prescindendo dagli esiti di successo o meno, alla ricerca di una "logica di squadra" via via meno fragile ed estemporanea nel proporre, ad esempio, Torino e l'area torinese come sede: dell'Authority delle telecomunicazioni, come "Centro" dei Giochi Olimpici Invernali del 2006, come sede per la finale di Coppa Davis, come nodo strategico della rete ferroviaria ad Alta Capacità collegato al sistema europeo attraverso Lione.

Quello che è interessante qui sottolineare è che il susseguirsi di "prove tecniche di coesione" sta comunque favorendo l'esprimersi di una "cultura della coesione" fra forze, poteri ed interessi diversi in grado di mobilitarsi insieme per il raggiungimento di un obiettivo strategico per la Città e l'area torinese.

Si tratta in altri termini di uno sfondo politico-organizzativo favorevole anche alla considerazione e lettura degli spazi urbani e territoriali in una visione d'insieme e mirata al tempo stesso, limitando consolidate prassi decisionali, ottiche ed azioni settoriali e scoordinate che, anche con riferimento al tema più specifico fin qui trattato, sono a tutt'oggi prevalse sia limitando potenzialità, sia non sfruttando appieno risorse già disponibili.

Come è già stato sottolineato, si è dunque di fronte ad un quadro con evidenti potenzialità positive, a fronte di tante questioni operative non risolte che chiedono di essere governate insieme nel breve periodo. Su tali potenzialità pesano l’incertezza ed una perdurante reciproca diffidenza sulla Città metropolitana ed il rischio di una condizione di “metà del guado” che va considerata attentamente per la relativa facilità con la quale si può tornare indietro, rispetto alla difficoltà reale rappresentata, invece, dal completamento del percorso.

Torino Internazionale - I DATI FONDAMENTALI Struttura dell’industria delle costruzioni