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IL SETTORE SANITARIO

POLITICHE CULTURALI A TORINO

Sintesi

Tra gli elementi che hanno caratterizzato la storia torinese, una particolare importanza occupa certamente la sfera del lavoro e della produzione. La città ne ha tratto una convinta vocazione per il progresso, un peculiare carattere, dinamico e innovativo, che ha permeato anche il campo dell’arte e della cultura.

Questa spiccata sensibilità nei confronti del sapere inteso come saper fare, ha avuto come naturale conseguenza l’attenzione costante nei confronti della scienza e della tecnologia, nonché la spinta a rivolgere ben presto lo sguardo oltre i propri confini, alla ricerca di legami tra le economie e tra le culture.

Tale attitudine si è manifestata nello sviluppo della tecnologia, dell’industria, della ricerca scientifica e delle arti applicate, fino all’attuale design industriale. Torino conta su un prestigioso Politecnico e ospita organismi di importanza nazionale quali lo CSELT o l’Istituto Galileo Ferraris, oltre a una pluralità di istituzioni di prim’ordine in differenti campi della cultura e della formazione.

Questa ricca e articolata realtà non può certo essere dimenticata, costituendo anzi il contesto sul quale innestare ogni azione in campo culturale; tuttavia qui ci si limita a presentare l’iniziativa dell’amministrazione cittadina, proponendo una riflessione sui criteri che l’hanno ispirata, una breve rassegna delle sue principali realizzazioni e la proposta di alcuni progetti su cui lavorare nell’immediato futuro.

1 Qualche spunto di riflessione

Torino è spesso descritta come una città laboratorio: luogo di innovazione e di sperimentazione di esperienze e formule, destinate a costituire modelli in grado di espandersi ben oltre i suoi confini.

La scelta di investire sul patrimonio culturale è strettamente connessa non soltanto con la scommessa di costruire un nuovo modello di sviluppo della città, ma anche con l’obiettivo di trarre dal suo passato industriale e manageriale, ma anche finanziario e scientifico, le risorse necessarie per la propria innovazione.

Non è pensabile realizzare e gestire un cambiamento così vasto senza utilizzare le risorse professionali che la nostra città possiede. Occorre porle al servizio di una nuova generazione di dirigenti e di quadri capaci di applicarle su terreni nuovi, in un ambito – pubblico e privato – di innovazione nella gestione del patrimonio culturale.

Per questa città è di nuovo il momento di superare una certa separatezza non solo tra pubblico e privato, ma anche tra industria e cultura, come in tutti i momenti di svolta della sua storia. E insieme di fare appello allo Stato perché da questa città di frontiera, così vicina alle radici della nazione come alla sua vocazione europea, sappia trarre tutti gli stimoli e le risorse per un processo di rinnovamento che coinvolga l’intero paese. E’ stato così in passato, può esserlo ora.

1.1 Una città d’arte e di cultura

Vi sono città nelle quali il peso della storia è tanto grande e illustre da giungere quasi a limitarne il dinamismo e l’agilità; si deve innanzitutto accudire le memorie, subordinando ogni progetto alla conservazione dei beni. Torino può invece trovare un equilibrio che

sappia coniugare le esigenze della creazione e della modernità con le cure che il patrimonio esige.

La cultura non può identificarsi con la sola tutela né con la sola produzione, ma deve favorire la connessione di tutela e fruizione, di memoria e nuova produzione.

La tutela, infatti, da sola non regge neppure alle ingiurie del tempo: considerata come pura difesa è condannata alla sconfitta, perché è solo attraverso l’uso equilibrato che si protegge il bene. Ma la definizione dell’uso e delle funzioni di ogni bene non può competere solo a chi lo tutela. La cultura deve essere eredità del passato, vivacità del presente, organizzazione e partecipazione diffusa

L’amministrazione cittadina si propone come soggetto adeguato a svolgere un compito di coordinamento e di riconduzione a sistema della ricchezza e della pluralità di attori e di esperienze esistenti, nel rispetto delle funzioni e delle competenze proprie di ciascuno e in un clima di reciproca collaborazione.

1.2 Cultura e politica

Parlare di politica della cultura suscita preoccupazioni. E’ una reazione comprensibile, perché i valori che la cultura coinvolge - come tutti i valori - sono radicati nella libertà. Tuttavia, preoccupazioni ancor più forti dovrebbero suscitare l’incuria o una gestione solo apparentemente neutrale del potere. L’autonomia della cultura è sacrosanta ma non deve trasformarsi in lasciapassare per operare senza risponderne. L’autonomia riguarda il fatto che la politica non deve intromettersi nelle scelte, non che non può valutarle.

Il terreno culturale, in realtà, è un terreno eminentemente politico. Con ciò si vuole dire che l’identità di una comunità civile trova nella cultura la propria coscienza e la propria espressione e che, conseguentemente, laddove questa coscienza manca è l’identità stessa a essere minacciata.

Il problema fondamentale di una politica della cultura è quello di mettere capo a una identità che non solo tolleri, ma anche promuova le differenze. Lo schema di riferimento non può essere duale (e riproporre una obsoleta opposizione cultura della critica/cultura del

potere), ma deve cercare di recuperare un progetto tra forze cui è propria una forte tendenza

centrifuga.

In Italia, l’assenza di un soggetto nazionale della politica culturale ha fatto sì che il vuoto fosse occupato da soggetti diversi: gli enti locali, in particolare, si sono occupati di cultura ben al di là delle loro competenze, consolidando al tempo stesso propri apparati specializzati nel settore.

Gli interventi locali, però, sono stati spesso caratterizzati da un alto grado di improvvisazione. Improvvisate sono le istituzioni autonome nate in taluni settori dello spettacolo, ma anche le iniziative che, a partire dalle città e con la costituzione degli assessorati alla cultura, sono nate negli ultimi vent’anni. Quando si dice improvvisate, è bene sottolinearlo, non si vuole fare riferimento alla qualità degli interventi - talora di ottimo livello - bensì al loro carattere non sistematico.

1.3 Tra evento e istituzione

Frutto di questa situazione è in qualche misura anche la polemica tra cultura come avvenimento e cultura come istituzione, che ha avuto toni particolarmente accesi soprattutto nel corso degli anni Ottanta, ma che non può dirsi tuttora superata. Così posta, la questione non produce che una sterile polemica.

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E’ difficile negare che appartenga alla cultura la dimensione dell’evento, e dunque anche dell’effimero. Un gesto culturale, come ogni gesto di creatività e di libertà, accade in un luogo, in un tempo, anche una sola volta. Altrettanto però l’istituzione appare necessaria, poiché la cultura non si misura solo sull’eccezionalità dei risultati, ma anche sulla media delle sue opportunità, sulla capacità di renderne partecipi il più vasto numero di cittadini. Non ci pare però che si possano semplicemente giustapporre le due tendenze. Necessaria è piuttosto una dialettica, in cui l’evento critichi e metta in discussione l’istituzione e l’istituzione dia misura all’evento. Spetta allora al politico il compito non facile della mediazione dialettica tra evento e istituzione.

1.4 Le città come soggetti di politica culturale

L’assenza di una vera politica culturale nazionale ha favorito, come si è detto, il proliferare di soggetti locali. Tra essi le città, in particolare le città metropolitane, sono i più significativi. E’ questo un fatto che non può essere trascurato, tanto più che esso affonda robuste radici nella nostra storia e l’importanza dei centri cittadini costituisce un tratto tipico dell’evoluzione politico-sociale italiana fin dall’epoca medioevale.

Le città, in quanto aree metropolitane, mostrano di avere la capacità di contenere un insieme di differenze così significativo da evitare il rischio dell’imposizione e dell’omologazione culturale, disponendo al tempo stesso di un’identità non fittizia. Esse sono quindi un soggetto adeguato di politica culturale.

Le città conservano uno spiccato carattere di luoghi in cui grandi quantità di persone si concentrano e si identificano. Tanto è vero che chi vive nei centri della cosiddetta cintura è naturalmente portato ad asserire, quantomeno trovandosi fuori dalla sua regione, di vivere nel centro maggiore intorno al quale i centri minori inevitabilmente gravitano. C’è un dato simbolico importante in questo: sebbene io non lavori o non abiti in una certa città, ne riconosco la sfera di influenza, mi identifico in essa. E’ l’espressione di un bisogno di identificazione, di un punto di riferimento al quale correlarsi.

Anche nella prospettiva di una diffusione diversa e più complessa della popolazione sul territorio, di un sistema di trasporti e comunicazioni sempre più sofisticati e virtuali, è di questo centro di riferimento che noi continuiamo ad aver bisogno. Le città in questi anni si sono riproposte come luogo forte di cultura e possono diventare il luogo della concentrazione culturale.

Restano, beninteso, dimensioni che travalicano la città, che essa da sola non può esaurire, e che richiedono una rappresentanza nazionale, e dunque una politica nazionale. Misurarsi concretamente nella definizione di queste dimensioni è il compito che ci attende.

2 L’iniziativa dell’amministrazione cittadina

Gli anni più recenti hanno fatto rilevare, a Torino, un positivo clima di ripresa e di cambiamento in campo culturale. Il pubblico dei musei è in costante crescita (oltre un milione di visitatori all’anno), il Salone del Libro e quello, più giovane, della Musica richiamano centinaia di migliaia di visitatori, la rassegna estiva Giorni d’Estate coinvolge più di un milione e mezzo di persone, Settembre Musica è un appuntamento che ha ormai conquistato una sua risonanza internazionale, a Torino si tornano a girare film, il flusso turistico è in crescita.

Un rapido esame dei diversi campi di intervento può servire a mettere in luce i risultati e i limiti della situazione attuale.

La rassegna estiva Giorni d’Estate ha ulteriormente allargato il campo della collaborazione con le Circoscrizioni e i Comuni dell’area metropolitana: attraverso un accordo di programma, ben diciotto comuni della cintura sono stati coinvolti nell’iniziativa, che anticipa così, nei fatti, la realizzazione dell’area metropolitana. All’interno della kermesse, che mantiene il suo carattere di offerta variegata e rivolta a ogni tipo di pubblico, alcune rassegne hanno assunto una visibilità e un’importanza che travalicano l’ambito locale (JVC Jazz Festival, Pellerossa, ecc.).

La stagione musicale torinese garantisce un’offerta ricca e qualificata, pur permanendo alcune carenze, ad esempio sul fronte della musica contemporanea. Nel corso del 1997, Torino ha proposto quasi ottocento serate musicali, ripartite tra il Teatro Regio, il Piccolo Regio, il Conservatorio, l’Auditorium RAI e quello del Lingotto. L’ultima edizione di Settembre Musica ha fatto registrare 28.000 presenze (oltre diciannovemila ai concerti a pagamento e circa novemila a quelli gratuiti). Nonostante le difficoltà incontrate dal progetto Sistema Musica, è in questa ottica che la Città sta lavorando insieme con le diverse istituzioni.

Se una politica per la danza non è di fatto mai esistita, il rilancio del festival Torinodanza, con l’affidamento della direzione a Maurice Béjart, costituisce comunque un dato positivo. Per quanto riguarda il teatro, la Città si è impegnata attraverso una delibera-quadro a mettere ordine e a imprimere una svolta metodologica nelle relazioni con gli operatori cittadini. Il problema è semmai quello di riequilibrare il rapporto tra queste realtà e il Teatro Stabile, anche dal punto di vista dei finanziamenti. Il peso della Città, peraltro, è assai limitato, se si pensa che l’intervento regionale e statale in campo teatrale è rispettivamente di tre e di cinque volte superiore. Il carnet Metti una sera a Teatro (1.500 abbonati nel 1997) costituisce un buon esempio di azione trasversale, in grado di coinvolgere significativamente enti e istituzioni non comunali.

Nel campo del cinema l’azione è emblematicamente suddivisa tra la conservazione (ad esempio attraverso la sistemazione delle collezioni del Museo del Cinema alla Mole Antonelliana e il rilancio dell’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza) e la produzione (attraverso iniziative come la Commissione Film, il Parco Tecnologico Multimediale, Antenna Media). Il Festival Cinema Giovani (oggi Torino Film Festival), è ormai divenuto un appuntamento di rilievo internazionale e ha richiamato, nell’edizione ’97, 53.000 visitatori.

Il patrimonio delle Biblioteche Civiche è stato ulteriormente incrementato (oltre un miliardo di lire speso nell’ultimo anno per acquistare nuovi volumi), la loro visibilità e fruibilità è stata accresciuta attraverso il sito Internet e l’informatizzazione del catalogo, nuove sedi decentrate sono state aperte. Del sistema bibliotecario urbano fanno oggi parte quattordici biblioteche decentrate (di cui due all’interno, rispettivamente, del Casa Circondariale delle Vallette e del Ferrante Aporti) oltre alla Civica Centrale (che raccoglie 450.000 volumi, e conserva un’importante collezione di documenti e libri antichi). Nel corso del 1997 si sono registrate oltre un milione di presenze e più di mezzo milione sono stati i prestiti.

La situazione dei musei è per molti versi soddisfacente. Si è già ricordata la ripresa in termini di visitatori; la trasformazione della Galleria Civica d’Arte Moderna in istituzione è ormai compiuta e, oltre ad assicurare autonomia gestionale e di bilancio, ha consentito di giungere alla nomina di un direttore, carica vacante da oltre vent’anni. Conclusosi il lavoro della Commissione di esperti, incaricata di studiare l’assetto del nuovo allestimento del

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Museo d’Arte Antica a Palazzo Madama, si è proceduto all’affidamento del progetto di riallestimento. Occorre tuttavia ricordare che le competenze del Comune si esercitano su cinque soltanto dei quasi quaranta musei esistenti. E’ qui particolarmente evidente che un ragionamento in termini di sistema è imprescindibile. L’Abbonamento Musei, nato su iniziativa della Città e che oggi coinvolge diciassette musei torinesi, costituisce un buon esempio della direzione da intraprendere.

Torino assicura nel corso dell’anno una programmazione di mostre ricca e differenziata alla quale contribuiscono molte istituzioni pubbliche e private. Tra le più recenti iniziative della Città, le mostre Fontanesi e Chagall e il suo ambiente hanno richiamato rispettivamente 40.000 e 64.000 visitatori.

Per ciò che riguarda i giovani c’è una politica significativa e importante di sviluppo. Nel corso del 1997, Torino ha ospitato la Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo, che ha richiamato nella nostra città giovani creatori di differenti nazionalità, riscuotendo un grandissimo successo di pubblico. Dal 2000, si terrà a Torino la Biennale Italiana Giovani, una manifestazione voluta e sostenuta dal Comune insieme con la Provincia e la Regione. Il progetto Pass 15-Torino in tasca, attraverso l’invio di una tessera a domicilio, sancisce l’ingresso nella società di tutti i quindicenni torinesi, offrendo loro, per un anno, la possibilità di fruire gratuitamente delle opportunità culturali e sportive della città. E’ questo un settore, peraltro, nel quale occorre fare un salto di qualità, non tanto sul piano degli investimenti quanto nel tipo di mentalità: il tema dell’alleanza tra cultura e giovani può significare anche posti di lavoro per i giovani nel settore della cultura; la lotta al degrado sociale può coniugarsi con l’impegno per un’occupazione qualificata e per la formazione di figure professionali nuove, dove la cultura può giocare un ruolo di primo piano. Questo però è un tema che travalica di gran lunga le possibilità di un ente locale territoriale e sul quale l’impegno della Regione e dello Stato è essenziale.

Torino, unica città in Italia, si è dotata di un Centro Interculturale, mentre il Festival Identità e Differenza riconferma l’impegno nei confronti delle comunità di stranieri e la necessità di farsi carico dei nuovi problemi posti da una multiculturale. E’ questo un campo nel quale la cultura può rivendicare un ruolo importante, perché è sul suo terreno che i conflitti possono essere ricondotti alla parola e le differenze divenire arricchimento reciproco anziché contrasto.

L’Associazione Torino Città Capitale Europea, attraverso la quale si sono sapute raccogliere energie pubbliche e private, è nata con l’obiettivo di rilanciare un’immagine anche internazionale di Torino, favorendone l’inserimento nei grandi circuiti europei. Tra i suoi impegni, l’ambizioso progetto di recupero della Cavallerizza, le iniziative per la commemorazione dello Statuto Albertino e quelle per l’Ostensione della Sindone.

3 I progetti

Possiamo quindi affermare che Torino è già una capitale europea della cultura. Se ciò è avvenuto, peraltro, è stato quasi esclusivamente grazie alle politiche di consenso e di coordinamento locali, nonché a interventi pubblici e privati anch'essi locali.

Perché questa stagione decolli definitivamente e diventi un motore per l'intera nazione (in particolare come cerniera con l'Unione Europea), occorre che anche lo Stato si coinvolga in tale processo, favorendo nuove regole giuridico-amministrative, investendo risorse economiche, sostenendo ruoli e candidature nazionali e internazionali di Torino. Questa è

la premessa da cui partire per affrontare i progetti sui quali impegnarsi per il futuro della nostra città.

3.1 A favore dell’espressione giovanile

Come si è detto, Torino intende realizzare, a partire dalla primavera del 2000, una Biennale torinese dei Giovani Artisti; altri progetti, come Emporio Giovani e Spazio Murazzi, si propongono di rispondere all’esigenza di offrire un luogo in cui i servizi informativi, la produzione e la fruizione culturale, il tempo libero, i servizi commerciali trovino un punto di incontro con i giovani. Non soltanto informazione, non soltanto cultura, non soltanto intrattenimento: spazi polifunzionali completamente nuovi, dove è possibile e auspicabile sperimentare nuove forme di comunicazione con e tra i giovani. La Città, che ha assunto la Presidenza dell’Associazione per il Circuito dei Giovani Artisti Italiani per il triennio 1997/2000, ha posto come tema centrale il rapporto tra arte e territorio urbano e la riflessione sull’arte come elemento di trasformazione del passato e di continuità tra passato e futuro. Fornire ai giovani nuovi spazi significa anche evitare il rischio di ridurre le loro forme di espressione alla manifestazione di una sterile cultura contro.

In molte città d’Europa, fabbriche, ospedali, magazzini, collegi, caserme, prigioni, dopo aver svolto per secoli la loro funzione, ne assumono una nuova; non all’improvviso, ma dopo accurati lavori di restauro e di trasformazione che si propongono una completa metamorfosi dei luoghi.

Gli edifici recuperati a nuove funzioni ma ricchi di storia costituiscono lo scenario ideale per accogliere progetti artistici nati dalla sensibilità contemporanea, a fronte dell’incongruità spesso manifestata dai luoghi tradizionalmente adibiti allo spettacolo. Gli edifici abitati in passato dalle collettività conservano una vocazione di spazio aperto e consentono, dopo la trasformazione-restauro, a una rinnovata fruibilità, nella quale può espandersi adeguatamente il nuovo rituale dello spettacolo, della creazione artistica e dell’incontro.

3.2 Venaria e l'Istituto per la formazione dei giovani addetti alle attività culturali e turistiche

L’impegno per il restauro della residenza, con il coinvolgimento dell’Unione Europea e della Regione, è molto significativo. Esso però deve avere come obiettivo la presentazione arredata e animata dell’edificio in quanto tale, poiché esso, in quanto grande residenza, può di per sé attrarre, portando attenzione in generale sulla corona di residenze sabaude. La Venaria è una risorsa in quanto si correla con la città e, arricchita di propri autonomi richiami artistici, culturali ed espositivi, può costituire un fondamentale elemento di richiamo, con indubbi e positivi interscambi turistici con Torino. La scelta di collocarvi un Museo dell’Europa ne rafforza la funzione di luogo alto dell’interscambio culturale.

Considerata peraltro la vastità degli spazi e il carattere simbolico del restauro, altri obiettivi dovrebbero essere presi in considerazione.

La scelta di investire in modo consistente sul patrimonio culturale ha come logica conseguenza la proposta di creare un Istituto di alta formazionenel campo dei Beni Culturali, utilizzando le risorse professionali che Torino possiede. Questo Istituto potrebbe divenire una scuola di formazione a livello europeo e trovare un'adeguata collocazione all'interno del complesso della Venaria.