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IL GREENING DEI PAGAMENTI DIRETT

Nel documento Rapporto sullo stato dell'agricoltura. 2013 (pagine 184-187)

Focus PAC: dalle proposte all’accordo

3.REGIONALIZZAZIONE E CONVERGENZA

4. IL GREENING DEI PAGAMENTI DIRETTI: I REQUISITI AMBIENTALI E LE IMPLICAZIONI PER L’ITALIA

4.1 IL GREENING DEI PAGAMENTI DIRETT

Il cosiddetto greening o “inverdimento” dei pagamenti diretti è stato certamente l’aspetto più controverso e discusso del negoziato sulla prossima fase di programmazione della PAC (2014-2020). L’intenso dibattito sulla quota di pagamento unico aziendale da destinare a obiettivi ambientali è nato all’indomani della proposta legislativa della Commissione Europea dell’ottobre 2011, che proponeva di vincolare una quota dei pagamenti diretti, pari al 30% del massimale nazionale, a pratiche agricole benefiche per l’ambiente e per il clima. Secondo questa proposta, per accedere alla componente “verde” dei pagamenti diretti, gli agricoltori che percepiscono il pagamento di base sono tenuti ad adottare le seguenti pratiche: diversificazione delle colture sulle superfici a seminativo superiori a 3 ettari, mantenimento delle superfici a foraggere permanenti e introduzione di aree d’interesse ecologico pari al 7% della superficie aziendale.

A seguito di questa proposta, a livello europeo è nato un acceso dibattito che ha visto coinvolti, spesso con posizioni contrastanti, gli Stati membri, i rappresentanti del mondo produttivo e le principali associazioni ambientaliste. Gli elementi maggiormente criticati riguardavano l’insufficiente flessibilità delle pratiche agricole da adottare, la loro dubbia efficacia ambientale, ma anche i costi aggiuntivi per gli agricoltori e il carico amministrativo e burocratico derivante dalla loro implementazione. Numerose critiche sono emerse anche a livello nazionale, in quanto nella loro forma iniziale i requisiti del greening sembravano particolarmente penalizzanti per la realtà produttiva italiana, caratterizzata da una dimensione aziendale inferiore alla media europea e, in alcune aree, da una marcata specializzazione nelle colture permanenti. Rispetto all’efficacia delle misure proposte, le critiche riguardavano soprattutto la diversificazione e l’introduzione delle aree d’interesse ecologico, requisiti che rischiavano di produrre impatti piuttosto consistenti sui bilanci economici delle aziende italiane, con benefici ambientali non sempre evidenti. In particolare il requisito della diversificazione con una soglia minima di 3 ettari avrebbe potuto impatti economici particolarmente significativi nelle zone caratterizzate da agricoltura intensiva, mentre l’introduzione delle aree d’interesse ecologico è apparsa particolarmente penalizzante per le aziende specializzate nelle colture permanenti (vite, olivo, frutticoltura).

Alcune delle istanze presentate dai principali portatori di interesse sono state successivamente sviluppate e dibattute dal Parlamento Europeo (COMAGRI) e dal Consiglio Europeo, che hanno presentato sostanziali modifiche alla proposta iniziale della Commissione, rendendo i tre requisiti ambientali meno stringenti e più flessibili. Nell’accordo raggiunto il 26 giugno 2013 in sede di Consiglio dei Ministri sulla riforma della Pac 2014-2020 sono state accolte molte di queste correzioni, tutte incentrate su una maggiore semplificazione e flessibilità dei requisiti ambientali da associare alla quota “verde” dei pagamenti diretti.

A seguito dell’accordo finale sul prossimo periodo di programmazione della PAC, il

greening si applica a tutte le aziende che ricevono pagamenti diretti, con l’esclusione delle

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Il finanziamento di questa componente “verde” rimane associato al 30% del massimale nazionale dei pagamenti diretti. Il mancato rispetto di questi requisiti potrà incidere fino al 125% della quota dei pagamenti verdi percepita dagli agricoltori29.

Più in dettaglio, il greening prevede l’applicazione, sulla superficie ammissibile ai pagamenti, dei seguenti requisiti:

- Diversificazione delle colture. Questo requisito si applica esclusivamente alle superfici a seminativo superiori a 10 ettari. Sulle superfici comprese tra 10 e 30 ettari che non sono interamente coltivate con colture sommerse per una parte significativa dell'anno, gli agricoltori devono assicurare la presenza contemporanea di almeno due colture, con la coltura principale che non può superare il 75% della superficie. Sulle superfici a seminativo superiori a 30 ettari, invece, le colture presenti devono essere almeno tre, e le due principali non possono superare, congiuntamente, il 95% della superficie e quella principale più del 75%. Questo obbligo non viene applicato nel caso di superfici a seminativo costituite per più del 75% da coltura da foraggio, da prati permanenti, da terreni a maggese o da colture sommerse per una parte significativa dell’anno, a condizione che la superficie a seminativo rimanente non superi i 30 ettari.

- Mantenimento dei prati permanenti. Il rapporto tra i terreni a prati permanenti e

la superficie agricola totale non deve ridursi oltre il 5% (l’anno di riferimento è il 2015). Gli Stati membri possono decidere di applicare questo requisito a livello aziendale oppure a livello territoriale (nazionale, regionale o sub-regionale). Inoltre non è possibile convertire o arare queste superfici se situate in aree ecologicamente sensibili ai sensi delle direttive sulla conservazione degli habitat naturali e sulla conservazione degli uccelli.

- Introduzione di aree d'interesse ecologico. Questo requisito si applica alle

aziende con una superficie a seminativo superiore a 15 ettari. Sono pertanto escluse da questa misura le superfici a prato-pascolo e a colture permanenti. Le aree d’interesse ecologico, rappresentate da superfici non coltivate (ad es. siepi, terreni a riposo, terrazzamenti, fasce tampone, elementi caratteristici del paesaggio, superfici oggetto d’imboschimento e con colture azoto-fissatrici), devono interessare almeno il 5% della superficie a seminativo. Questa quota potrà essere innalzata al 7% nel 2017, a seguito di una valutazione d’impatto presentata dalla Commissione Europea accompagnata da una specifica proposta legislativa. Sono escluse dall’applicazione di questo obbligo le aziende la cui superficie ammissibile è costituita per una quota maggiore del 75% da prati permanenti e foraggi o coltivata con colture sommerse per una parte significativa dell’anno e le aziende dove più del 75% della superficie a seminativo è interamente usata per la produzione di erba o altri foraggi erbacei, lasciata a riposo, coltivata con leguminose (o una combinazione di questi) a condizione che la superficie a seminativo rimanente non superi i 30 ettari.

Il regolamento prevede inoltre l’esenzione da questi obblighi, oltre che per la parte di ciascuna azienda sulla quale si pratica l’agricoltura biologica, anche per le aziende che, a seguito dell’adesione a misure agro-climatico-ambientali o ad alcune tipologie di

29 Durante i primi due anni d'implementazione del nuovo regolamento (2015-2016) le sanzioni

corrisponderanno al massimo al 100% dei pagamenti "verdi". A partire dal 2017 il mancato rispetto dei requisiti del greening, oltre a comportare la perdita del pagamento verde, inciderà sul pagamento di base (per il 20% del pagamento verde nel 2017 e per il 25% a partire dal 2018).

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certificazione, adottano pratiche benefiche per l’ambiente e per il clima che danno benefici equivalenti o maggiori rispetto a quelli del greening.

Il principio di equivalenza è stato uno degli elementi più discussi durante la fase finale del negoziato, in quanto potrebbe risultare particolarmente oneroso, dal punto di vista amministrativo e gestionale, creare un quadro comune che consenta di comparare le pratiche agricole e gli effetti ambientali dei numerosi schemi agro-climatico-ambientali e dei sistemi di certificazione nazionali e regionali adottati nei 27 Stati membri con i requisiti del

greening30. A questo proposito il compromesso raggiunto prevede una lista di misure

equivalenti che consentiranno agli agricoltori ad avere diritto automaticamente alla componente ecologica dei pagamenti diretti, in quanto i benefici ambientali ottenuti da queste pratiche sono ritenuti analoghi a quelli del greening31.

Tab. 4.1 – Greening dei pagamenti diretti: le aziende e le superfici ammissibili

Dal punto di vista del design delle politiche, nell’accordo finale si evidenzia infine la necessità di evitare la sovrapposizione tra le diverse forme d’intervento, soprattutto tra i requisiti obbligatori legati al pagamento “verde” e alcune misure del secondo pilastro, in particolare le misure agro-climatico-ambientali32. Il greening, infatti, introducendo requisiti

30 Sull’equivalenza tra i requisiti del greening e altri schemi ambientali si veda Hart e Menadue (2013),

Equivalence mechanisms used for complying with greening requirements under the new Common Agricultural Policy (CAP). A report to the European Environmental Bureau (EEB) by the Institute for European Environmental Policy.

31 Per evitare il doppio finanziamento alcune pratiche potranno beneficiare del solo pagamento verde e

per altre è previsto un coefficiente di riduzione da applicare sui pagamenti del secondo pilastro.

32 Sui problemi di demarcazione tra primo e secondo pilastro si veda Hart e Little (2012), Environmental

approach of the CAP legislative proposal, in PAGRI/IAP Politica Agricola Internazionale, Vol. 1.

Aziende Superfici e colture Deroghe e esenzioni Equivalenza

Diversificazione colturale

Aziende con sueprficie a seminativo > 10 ettari

Seminativi tra 10-30 ha: presenza di almeno 2 colture, con la principale fino al 75% della superficie ; Seminativi > 30 ha: almeno 3 colture e le due principali fino al 95% e la principale <75%

Escluse superficicon più del 75% a foraggio, prato permanente e con colture sommerse (riso) per una parte significativa dell'anno

Mantenimento prati permanenti

Aziende con prati permanenti e pascoli

Il rapporto tra prato permanente e superficie agricola totale non deve diminuire di oltre il 5% a livello aziendale o territoriale (nazionale, regionale o sub- regionale) Il mantenimento è obbligatorio in aree, designate dagli Stati membri, considerate ecologicamente sensibili ai sensi delle direttive sulla conservazione degli habitat naturali e sulla conservazione degli uccelli

Aree d'interesse ecologico

Aziende con superficie a seminativo > 15 ettari

5% della superficie a seminativi (7% dal 2017)

Escluse superficicon più del 75% a foraggio, prato permanente e con colture sommerse (riso) per una parte significativa dell'anno; escluse superfici con più del 75% con foraggi, coltivazioni di leguminose

Agricoltura biologica e pratiche equivalenti degli impegni agro-climatico- ambientali e dei sistemi nazionali o regionale di certificazione ambientale (se danno un equivalente o maggiore beneficio per il clima e l'ambiente)

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più stringenti delle buone pratiche agricole, si configura come una sorta di supplemento alla condizionalità, rappresentando così il nuovo livello di riferimento (baseline) su cui costruire azioni più mirate attraverso le misure del secondo pilastro.

Il pagamento ecologico, anche nella sua forma finale, sembra quindi rafforzare l’integrazione degli obiettivi ambientali all’interno della PAC, che vuole incrementare la sua azione di stimolo alla produzione di beni pubblici in agricoltura rafforzando l’azione ambientale del primo pilastro. Allo stesso tempo è doveroso chiedersi se sia stata raggiunta una giusta proporzione tra i vantaggi ambientali che si possono conseguire attraverso il

greening e l’aggravio burocratico-amministrativo connesso all’applicazione delle relative

norme. In linea generale sembra che si sia tenuto ampiamente conto delle sollecitazioni provenienti da alcuni Stati membri, tra cui l’Italia, e dal mondo produttivo, varando una riforma che rispetto alla proposta iniziale sembra meno orientata agli obiettivi ambientali e più attenta a non pregiudicare gli obiettivi produttivi e di mercato dell’agricoltura europea.

Nel documento Rapporto sullo stato dell'agricoltura. 2013 (pagine 184-187)

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