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LE QUESTIONI INERENTI I CRITERI DISTRIBUT

Nel documento Rapporto sullo stato dell'agricoltura. 2013 (pagine 177-184)

Focus PAC: dalle proposte all’accordo

3.REGIONALIZZAZIONE E CONVERGENZA

3.2 LE QUESTIONI INERENTI I CRITERI DISTRIBUT

Gli effetti della regionalizzazione sono strettamente legati, oltre che alla scelta della regione, anche ai criteri adottati per distribuire il massimale nazionale tra le regioni stesse. L’accordo stabilisce, a questo proposito, che il massimale nazionale venga suddiviso tra le regioni secondo criteri oggettivi e non discriminatori. Gli Stati membri hanno la facoltà di decidere che i massimali regionali siano sottoposti a modifiche annue progressive, da attuarsi secondo tappe annue predefinite e criteri oggettivi e non discriminatori, quali il potenziale agricolo o criteri ambientali. Una novità dell’accordo è quella che permette agli Stati membri di porre termine all’applicazione regionale del pagamento di base tornando sulle decisioni prese.

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La scelta del criterio di ripartizione del massimale nazionale è anch’essa guidata dagli effetti redistributivi che si vogliono ottenere dalla regionalizzazione. Prendendo come riferimento le Regioni amministrative, il criterio storico, legato al peso che ciascuna di esse riveste nell’attuale distribuzione dei pagamenti diretti (criterio PD), è quello più conservativo in termini di quota di risorse ricevute dalle Regioni25.

Un altro criterio è quello legato alla distribuzione della Superficie Agricola Utilizzata così come fotografata dal VI Censimento generale dell’agricoltura (2010). Si tratta di un criterio che ricalca quello adottato dalla Commissione per la distribuzione dei massimali nazionali tra gli Stati membri. Tale criterio, tuttavia, se applicato alle Regioni amministrative, determina di fatto un aiuto forfetario nazionale. In realtà è assai improbabile che tutta la superficie teoricamente disponibile (la SAU da Censimento) venga abbinata a titoli. La differenza tra la SAU rilevata e la superficie per la quale gli agricoltori chiederanno di fissare gli aiuti determinerà lo scostamento dell’aiuto medio regionale rispetto al dato medio nazionale. Rispetto all’attuale distribuzione degli aiuti, il criterio SAU risulta fortemente redistributivo (fig. 3.1). Questo è il caso, ad esempio, di Lombardia, Calabria e Veneto, che arriverebbero a perdere circa il 40% della quota di aiuti attualmente percepita, ma anche della Puglia, che ne perderebbe il 25% (tab. 3.1). All’opposto, si avrebbero incrementi notevoli per Regioni oggi poco sostenute perché localizzate in zone di montagna o perché specializzate in produzioni che in passato non hanno goduto di aiuti comunitari: la Valle d’Aosta, che triplicherebbe la propria quota, l’Abruzzo, la Sardegna e il Trentino Alto- Adige, che più che raddoppierebbero la quota di aiuti percepiti.

Un altro possibile criterio è quello legato alla distribuzione del Valore aggiunto agricolo (criterio VA). Tale criterio potrebbe essere considerato come quello che tiene maggiormente conto della “reale” importanza dell’agricoltura di ciascuna Regione nel contesto nazionale. Applicato sul territorio nazionale, tale criterio, come quello SAU, avrebbe notevoli effetti redistributivi visto che alcune Regioni amministrative hanno un peso sulla distribuzione del valore della produzione notevolmente differente dal peso sugli aiuti diretti o anche di quella sulla superficie agricola. In questo caso la forchetta di oscillazione della quota di aiuti è ancora più ampia e varierebbe tra il -50% del Molise e il +900% della Liguria (tab. 1)26.

Tuttavia, per valutare correttamente l’effetto della regionalizzazione occorre guardare non solo all’ammontare complessivo del massimale regionale, ma anche alla distribuzione della SAU tra regioni, che contribuisce a determinare l’importo unitario del pagamento a ettaro. A parità di massimale regionale, infatti, un’ineguale distribuzione della SAU determinerà un importo unitario più elevato nella regione in cui la superficie sarà inferiore, e, viceversa, un importo più basso nella regione in cui la superficie sarà superiore, con immediati effetti sugli aiuti ricevuti da aziende del tutto simili in termini di estensione di superficie ma appartenenti a due regioni diverse.

25 Il ragionamento è qui fatto in termini di quota di aiuto, giacché il massimale a disposizione dell’Italia, a

seguito del processo di convergenza esterno e della complessiva contrazione di risorse per i pagamenti diretti del primo pilastro della PAC, dovrebbe ridursi di circa l’8% rispetto alla programmazione 2007-2013 (Pupo D’Andrea, 2013).

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Fig. 3.1 – Criteri alternativi di distribuzione del massimale nazionale tra Regioni amministrative (%)

Fonte: elaborazioni INEA su dati ISTAT e AGEA

Tab. 3.1 – Guadagni/perdite di ciascuna Regione amministrativa in termini di quota di massimale nazionale rispetto alla distribuzione storica*

* Il confronto è fatto per ciascuna Regione amministrativa mettendo a rapporto la quota nella distribuzione secondo il criterio SAU, e secondo il criterio VA, con la quota nella distribuzione secondo il criterio PD (distribuzione storica)

Fonte: elaborazioni INEA su dati ISTAT e AGEA

0,0 2,0 4,0 6,0 8,0 10,0 12,0 14,0 16,0 Valle d'Aosta Trentino A.A. Abruzzo Umbria Marche Toscana Campania Sicilia Piemonte Lombardia Criterio VA Criterio SAU Distribuzione storica

criterio SAU/criterio PD criterio VA/criterio PD

Lombardia -41,2 Marche -50,0

Calabria -41,1 Puglia -41,8

Veneto -37,0 Molise -38,5

Puglia -25,4 Calabria -38,4

Piemonte -9,2 Umbria -37,5

Friuli Venezia Giulia -5,6 Basilicata -35,7

Campania -4,4 Piemonte -29,9

Emilia-Romagna -3,5 Friuli Venezia Giulia -27,8

Marche 2,8 Veneto -15,0 Umbria 4,2 Lombardia -13,0 Lazio 13,6 Sardegna -2,6 Molise 15,4 Emilia-Romagna 23,3 Sicilia 38,5 Sicilia 26,9 Basilicata 42,9 Abruzzo 37,5 Toscana 43,9 Lazio 40,9 Liguria 50,0 Toscana 70,7 Abruzzo 118,8 Campania 91,1

Sardegna 130,8 Valle d'Aosta 100,0

Trentino A.A. 133,3 Trentino A.A. 600,0

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Nel caso di regionalizzazione legata a criteri omogenei diversi da quelli amministrativi la distribuzione del massimale è funzione della distribuzione attesa nelle regioni e quindi di quale territorio e/o quale tipo di agricoltura e/o tipologia aziendale si intende avvantaggiare nella redistribuzione. Se l’obiettivo è di ridurre la redistribuzione del sostegno dalle aree di pianura (più fertili e più sostenute in passato) alle zone di montagna, le regioni e il conseguente massimale saranno costruiti in modo da garantire alle prima il maggior aiuto, unitario e complessivo.

3.3 ALCUNE CONSIDERAZIONI SUGLI EFFETTI DELLA

REGIONALIZZAZIONE E DELLA CONVERGENZA INTERNA

Qualsiasi discussione sulla regionalizzazione può avviarsi solo dopo aver chiaramente individuato gli obiettivi di politica agraria che con essa si vogliono conseguire, vale a dire solo dopo aver definito le aree, i settori, i sistemi produttivi che con essa si vogliono sostenere. Solo così sarà possibile valutarne correttamente gli effetti sui territori e sui beneficiari.

Nell’implementazione della regionalizzazione, tuttavia, occorre tenere presente degli effetti complementari che l’accordo sulla convergenza interna avrebbero sul valore dei titoli e sul loro mercato. Infatti, in presenza di una forte dispersione del valore unitario dei titoli attorno al valore medio nazionale/regionale (eventualità tanto più probabile quanto più la scelta delle regioni è guidata da un criterio amministrativo e quanto più è grande la regione27), la convergenza interna, per come è costruita, garantisce che si avvierà un graduale processo di approssimazione ma che non si giungerà ad una completa omogeneizzazione degli aiuti nell’ambito del paese/regione28. Questo significa che al termine del periodo di programmazione, gli aiuti di più elevato valore unitario continueranno a presentare un valore più alto della media e che gli aiuti con valore unitario più basso si avvicineranno alla media, ma non la raggiungeranno. In teoria, più la regione è piccola (o omogenea) meno convergenza ci sarà, perché minore è l’ammontare di risorse finanziarie che sarà necessario spostare da chi ha titoli di valore più alto della media verso coloro che hanno titoli di valore più basso. Il processo di regionalizzazione/convergenza, dunque, se non sufficientemente governato, potrebbe avere effetti distorsivi sull’attuale funzionamento del mercato dei titoli per via dell’aumento della domanda di titoli a più elevato valore unitario e contemporaneo congelamento dell’offerta, in attesa dell’assegnazione definitiva dei titoli dopo la riforma. In altre parole, il processo di convergenza interna potrebbe far sì che il valore attuale dei titoli avrà influenza sul valore dei pagamenti che si avranno in futuro. E questo è soprattutto vero per i paesi che passano dal modello storico a quello regionalizzato (Matthews, 2013). Questo rischio è presente nel’attuale accordo in virtù del fatto che il valore iniziale dei titoli rispetto al quale calcolare il 30% di perdita massima a regime è funzione dei pagamenti ricevuti nel 2014 (anno di domanda 2013) nell’ambito del Regime di pagamento unico; agricoltori più attenti e meglio

27 Le Regioni amministrative presentano al proprio interno tipologie di territori, uso della superficie

agricola, tipologie aziendali e indirizzi produttivi molto eterogenei. Questo determina una variabilità dell’aiuto unitario attorno alla media che è tanto più alta quanto più è grande la regione e raggiunge il suo massimo nel caso di Italia regione unica.

28 Non solo non è prevista una data entro la quale raggiungere un pagamento uniforme ma non è neanche

previsto il raggiungimento di una certa percentuale di forfetizzazione ad una data prefissata, come detto prima.

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informati potrebbero aver giocato d’anticipo con acquisizioni speculative di titoli di valore più alto.

La regionalizzazione, tuttavia, è solo una componente del più complesso impianto della PAC e quindi essa deve trovare la sua giusta collocazione tenendo conto degli effetti degli altri pezzi della riforma. Nel progetto complessivo sull’attuazione nazionale della PAC occorrerà guardare alla possibilità di usare le altre componenti dello spacchettamento dell’aiuto (ad esempio i pagamenti accoppiati, o quelli per le zone svantaggiate) per compensare quei settori e quei territori particolarmente penalizzati dalla regionalizzazione. A questo proposito è bene ricordare che la regionalizzazione, sganciandosi dalla distribuzione storica del sostegno, tenderà a penalizzare le aziende che fanno un uso intensivo della terra, e a escludere quelle operano senza terra (gli allevamenti intensivi). Nonché occorrerà guardare alla sinergia e alla complementarietà con la politica di sviluppo rurale per la crescita dei territori. Non bisogna dimenticare, infine, gli effetti che la distribuzione territoriale dei piccoli agricoltori che aderiscono al regime semplificato per loro previsto e l’applicazione della definizione di agricoltore attivo potrebbero avere sulla distribuzione degli aiuti tra regioni e all’interno di ciascuna regione. Secondo l’accordo, il regime semplificato per i piccoli agricoltori dovrebbe essere applicato a livello nazionale. Per esso non è previsto un accantonamento del massimale nazionale, ma il suo finanziamento avviene grazie ai risparmi ottenuti sugli stessi agricoltori che partecipano al regime (gli aiuti che avrebbero dovuto essere corrisposti individualmente vengono trattenuti e distribuiti in forma forfetaria) e, in caso di fondi insufficienti, attraverso un taglio sul pagamento base di tutti gli agricoltori. La distribuzione territoriale del numero dei piccoli agricoltori e degli ettari associati, tuttavia, va tenuta in conto quando si valutano gli effetti della regionalizzazione, in quanto una loro concentrazione territoriale avrebbe un effetto sull’ammontare dell’aiuto aiuto unitario garantito agli altri agricoltori diverso da quello atteso: a parità di massimale regionale, un numero più elevato di ettari associati ai piccoli agricoltori in una regione (piccoli agricoltori, che, lo ricordiamo, non partecipano alla distribuzione regionale) determina un valore più elevato dell’aiuto unitario a ettaro a cui hanno diritto gli altri agricoltori della regione stessa. Riguardo, invece, all’agricoltore attivo, a seconda della definizione più o meno restrittiva adottata si determinerà la platea dei beneficiari dei pagamenti diretti. La loro distribuzione territoriale avrà effetti sul valore unitario dell’aiuto garantito in ciascuna regione (e quindi sulla distribuzione aziendale degli aiuti nell’ambito della stessa regione).

Il processo di composizione del quadro complessivo, dunque, dovrebbe essere guidato dall’idea di fornire a tutti un pagamento base, da incrementare (per compensare o maggiormente sostenere) aree o produzioni particolarmente sensibili o strategiche con pagamenti ad hoc, da individuare nel pacchetto di aiuti a disposizione, sia del primo che del secondo pilastro.

BIBLIOGRAFIA

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Sotte F. (2005), “La natura economica del PUA”, Agriregionieuropa, 3, pp. 15-18.

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4. IL GREENING DEI PAGAMENTI DIRETTI: I REQUISITI

Nel documento Rapporto sullo stato dell'agricoltura. 2013 (pagine 177-184)

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